Conservazione e valenza probatoria del documento informatico

Giuseppe Vitrani
16 Aprile 2019

Il valore della prova legale del supporto informatico è subordinato al rispetto delle regole tecniche di produzione e conservazione dello stesso; in difetto del rispetto di queste, l'idoneità del documento informativo a soddisfare il requisito della forma scritta ed il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio.
Massima

Il valore della prova legale del supporto informatico è subordinato al rispetto delle regole tecniche di produzione e conservazione dello stesso; in difetto del rispetto di queste, l'idoneità del documento informativo a soddisfare il requisito della forma scritta ed il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio.

Il caso

Il caso scrutinato dalla Corte di Cassazione trae origine da un contenzioso previdenziale nel contesto del quale la Cassa di Previdenza dei geometri asseriva che a carico di un proprio iscritto era state verificate omissioni contributive. Per tale ragione era stata notificata apposita cartella esattoriale, che era stata però opposta dal libero professionista il quale sosteneva che non fosse stata fornita prova alcuna dei maggiori redditi che egli si riteneva avesse percepito (senza versare i relativi contributi).

La questione

La questione giuridica meritevole di esame nella fattispecie è relativa all'adempimento degli oneri probatori in capo alla Cassa previdenziale.

Quest'ultima infatti sosteneva che i dati necessari all'accertamento dell'effettiva situazione contributiva del professionista sarebbero stati custoditi all'interno di 11 compact disc che risultavano però illeggibili; in fase di merito era stata anche formulata istanza di CTU sui supporti in questione, che era stata però rigettata.

Le soluzioni giuridiche

La soluzione giuridica offerta dalla Corte di Cassazione si fonda sull'applicazione delle norme del Codice dell'Amministrazione Digitale.

In primo luogo viene richiamata la normativa in tema di idoneità del documento a soddisfare il requisito della forma scritta e poi viene giustamente sottolineata la validità e rilevanza delle registrazioni su supporto informatico se effettuate con modalità conformi a quanto previsto dalle regole tecniche attuative del d.lgs. n. 82 del 2005.

Nel caso si specie, si trattava proprio di quest'ultima fattispecie: oggetto di causa erano le registrazioni su supporto informatico (i cd-rom) di dati relativi alla situazione patrimoniale del libero professionista.

Partendo da tali premesse, la Corte di Cassazione giunge al vero cuore del problema e cioè il fatto che la conservazione dei documenti informatici è regolamentata, nel nostro sistema legislativo, da precise disposizioni normative (il Codice dell'Amministrazione Digitale) e regolamentari (il DPCM 3 dicembre 2013), che nel caso di specie erano state completamente disattese.

Alla luce di tale ricostruzione normativa è stata perciò ritenuta corretta la valutazione effettuata in sede di merito, che aveva portato:

  • a considerare che non era stata seguita la normativa sopra citata;
  • a rilevare che il contenuto dei supporti informatici offerti in comunicazione non era leggibile;
  • a negare la rilevanza probatoria della documentazione prodotta dalla Cassa di Previdenza, rigettando conseguentemente ogni richiesta di consulenza tecnica d'ufficio avanzata sul punto.
Osservazioni

La decisone della Suprema Corte è certamente corretta e, pur nella sua sinteticità, ben motivata.

La pronuncia è interessante perché si tratta di una delle prime volte nelle quali il mondo giustizia si confronta con il tema della conservazione dei documenti informatici; e per fortuna lo fa con il giusto approccio metodologico.

Si tratta dunque di una buona occasione per ribadire quali siano le garanzie che deve offrire un sistema di conservazione, anche al netto delle specifiche disposizioni del DPCM 3 dicembre 2013.

In primo luogo, il soggetto produttore di documenti informatici deve dunque preoccuparsi che i propri documenti informatici mantengano inalterate nel tempo le loro caratteristiche di integrità, leggibilità e autenticità.

A tal fine le regole tecniche attuative del codice dell'amministrazione digitale individuano specifiche soluzioni tecnologiche, attuative di standard ISO, che rappresentano, allo stato, la migliore tecnologia disponibile per garantire le caratteristiche suddette.

L'esame di queste disposizioni, calato nella realtà processuale, consente di fare delle utili considerazioni in tema di valenza probatoria dei documenti che confluiscono in un archivio digitale.

La Corte di Cassazione, con un atteggiamento attento alla realtà processuale ma anche a quelle sostanziale, non si focalizza sul mero rispetto burocratico del DPCM 3 dicembre 2013; è infatti interessante notare come nel caso di specie si giunge a negare valenza probatoria a documenti:

  • non conservati a norma;
  • ma anche non intellegibili.

Logica dunque la considerazione conseguente: se quei documenti fossero stati quantomeno leggibili, la mancata adozione di un sistema di conservazione in linea con le previsioni del già citato DPCM 3 dicembre 2013 avrebbe anche potuto perdere importanza. Il problema è nato nel momento in cui i files oggetto di causa non sono risultati leggibili, oltreché non conservati a norma.

A fronte di tale doppia situazione sfavorevole è giustamente scattata la sanzione processuale, con conseguente negazione del valore probatorio dei documenti offerti in comunicazione.

In conclusione, si può certamente concordare con la decisione della Corte di Cassazione, che può valere come precedente importante in tema di gestione e conservazione documentale.

Si delineano infatti due possibili direttrici:

  • ove si seguano le norme primarie del codice dell'amministrazione digitale (che sul punto, lo ricordiamo, si applica anche ai privati) e le norme regolamentari attuative, si godrà di una posizione di vantaggio dovuta al fatto che saranno stati scelti dei sistemi che, per espressa disposizione normativa sono in grado di garantire in primo luogo la leggibilità dei documenti;
  • ove ci si discosti dal suddetto impianto normativo, lo si farà a proprio rischio e pericolo, nel senso che la mancata leggibilità dei files non conservati a norma non potrà che portare alla inutilizzabilità dei documenti.

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