Mancata attestazione sulla copia depositata del ricorso per cassazione: l’invalida costituzione dell’intimato impedisce la sanatoria

Alessandro Barale
18 Aprile 2019

La Corte di Cassazione si è pronunciata sulle conseguenze della mancata attestazione sulla copia depositata del ricorso per cassazione stabilendo che l'invalida costituzione dell'intimato impedisce la sanatoria.
Massima

“Qualora la parte intimata non si sia costituita validamente nel procedimento di cassazione non possono operare le ipotesi di sanatoria costituite dal deposito, da parte del controricorrente, di copia analogica del ricorso ritualmente autenticata, ovvero dal mancato disconoscimento, sempre da parte del controricorrente, della conformità della copia informale all'originale notificato, sicché il ricorso per cassazione notificato a mezzo PEC, la cui copia analogica, depositata in cancelleria, nel termine di venti giorni dall'ultima notifica, manchi della attestazione autografa di conformità del difensore ai sensi dell'art. 9, commi 1-bis e 1-ter, della l. n. 53/1994, va dichiarato improcedibile (nella specie la parte intimata si era limitata a depositare una copia del proprio controricorso senza notificarlo alla controparte)”

Il caso

Il caso oggetto della pronuncia in commento trae origine da un'opposizione a decreto ingiuntivo emesso in favore di una autofficina per il corrispettivo della riparazione di un'autovettura. Dopo la revoca dell'ingiunzione nel giudizio d'opposizione svoltosi dinnanzi al Giudice di pace, nel quale l'ingiunto ha proposto e si è visto accogliere una domanda riconvenzionale di risarcimento del danno, ed il successivo grado d'appello, al cui esito la decisione di primo grado è stata integralmente sovvertita, la parte soccombente ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza del Tribunale.

Del ricorso per cassazione, ritualmente notificato a mezzo PEC, è stata però depositata in cancelleria una copia analogica sprovvista di attestazione autografa del difensore ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter, della l. n. 53/1994.

Da parte sua il controricorrente, anziché provvedere alla notifica del controricorso, si è limitato – forse scientemente – a depositare in cancelleria il proprio atto difensivo.

La Suprema Corte ha quindi dichiarato improcedibile il ricorso, vista la carenza dell'attestazione di conformità sulla copia depositata e la contestuale impossibilità di ritenere sanato il vizio a seguito della costituzione del controricorrente, essendo anch'essa ritenuta non valida.

La questione

Prima questione affrontata è la conseguenza alla mancata apposizione dell'attestazione di conformità, debitamente firmata, sulla copia cartacea del ricorso per cassazione notificato telematicamente.

Il tema è stato più volte trattato dalla Suprema Corte e deciso pressoché in modo univoco, conformemente al caso in discorso.

Seconda questione – strettamente collegata alla prima e soltanto sfiorata dalla decisione in commento, citando l'importante precedente che l'ha approfondita – è la possibilità di ritenere in qualche modo sanata la suddetta carenza nell'ipotesi di costituzione delle parti intimate depositando il controricorso.

Ciò avviene, in particolare, quando il controricorrente costituito non disconosca la conformità della copia informale all'originale notificatogli ovvero, a maggior ragione, nel caso in cui questi depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata, che quindi viene formalmente acquisita al fascicolo, sebbene su impulso del controricorrente.

La fattispecie in esame affronta infine un'ipotesi ancor più particolare: possono operare le suddette sanatorie qualora la parte intimata si sia costituita, ma tale costituzione sia ritenuta invalida?

Le soluzioni giuridiche

Il tema in discorso è assolutamente attuale e lo resterà fintanto che il deposito telematico degli atti di parte non sarà effettivamente esteso anche al giudizio di cassazione.

Per molteplici quanto ovvie ragioni, infatti, i difensori tendono a provvedere alla notificazione del ricorso per cassazione – da effettuarsi presso il domicilio eletto nel grado d'appello, e quindi normalmente presso un avvocato, dotato di PEC iscritta nel ReGIndE – secondo le modalità di cui all'art. 3-bis, della l. n. 53/1994, sebbene, entro la scadenza del relativo termine processuale, essi dovranno poi provvedere al deposito nella cancelleria della Suprema Corte di Cassazione di una copia analogica del ricorso notificato, opportunamente autenticata ai sensi di legge, come accade per tutti gli uffici giudiziari ove non è possibile provvedere al deposito telematico degli atti di parte.

Ed infatti sono molteplici le decisioni della Corte che hanno affrontato casi analoghi a quello in oggetto; per citare soltanto quelle dell'anno precedente alla sentenza in commento, si vedano:

a) con riferimento al ricorso per cassazione: Cass. Civ. Sez. Unite, 25 marzo 2019, n. 8312 (si veda la News); Cass. civ., 30 ottobre 2018, n. 27480; Cass. sez. un., 24 settembre 2018, n. 22438; Cass. civ., 18 luglio 2018, n. 19078; Cass. civ, 22 giugno 2018, n. 16496;

b) con riferimento al controricorso: Cass. civ., 13 dicembre 2018, n. 32231; Cass. civ., 22 maggio 2018, n. 12605; Cass. civ., 30 marzo 2018, n. 7900;

c) con riferimento alla sentenza oggetto dell'impugnazione: Cass. civ., 25 settembre 2018, n. 22757; Cass. civ., 22 maggio 2018, n. 12609; Cass. civ., 8 maggio 2018, n. 10941.

Secondo la corte di legittimità, in altre parole, la carenza dell'attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter, della l. n. 53/1994, ovvero la carenza della sottoscrizione autografa sull'attestazione, conducono all'improcedibilità del ricorso (ove il vizio concerna il ricorso per cassazione o la sentenza notificata), ovvero all'invalidità della costituzione del controricorrente con le relative conseguenze, tra cui ad esempio (secondo Cass. civ., 22 maggio 2018, n. 12605) il mancato riconoscimento delle spese di lite a favore del controricorrente vittorioso (nel caso in cui la mancata attestazione riguardi il controricorso).

Trattasi in realtà di corollari del più generale principio statuito dalle Sezioni Unite, secondo cui “Nel giudizio di cassazione, cui – ad eccezione delle comunicazioni e notificazioni a cura della cancelleria ex art. 16 del d.l. n. 179 del 2012, conv. con modif. in l. n. 221 del 2012 – non è stato ancora esteso il processo telematico, è necessario estrarre copie analogiche degli atti digitali ed attestarne la conformità, in virtù del potere appositamente conferito al difensore dagli artt. 6 e 9, commi 1-bis e 1-ter, della l. n. 53 del 1994” (Cass., sez. un., 27 aprile 2018, n. 10266, oggetto anche della Relazione Civile della Suprema Corte di Cassazione, 29 maggio 2018, n. 53, circostanza che ne denota l'importanza).

Davanti a siffatto formalismo, sono comunque molteplici le decisioni che – superando un'iniziale impostazione più rigorosa (sostenuta da Cass. civ., 22 dicembre 2017, n. 30918) – hanno individuato alcune circostanze che possono evitare l'irreparabile sanzione dell'improcedibilità.

Le Sezioni Unite, intervenute per sanare i contrasti sorti sul punto – con la “ben accolta” Cass. sez. un., 24 settembre 2018, n. 22438, (e Cass. Civ. Sez. Unite, 25 marzo 2019, n. 8312) – hanno ricondotto la “sanatoria” dell'improcedibilità essenzialmente a tre ipotesi:

  1. il caso in cui il controricorrente si costituisca validamente (seppure tardivamente) e depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata, in quanto una copia del ricorso notificato, idoneamente autenticata, viene comunque acquisita nel fascicolo;
  2. il caso in cui il controricorrente si costituisca validamente (seppure tardivamente) e non disconosca la conformità della copia informale all'originale notificatogli, ciò in applicazione dell'art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 82/2005, secondo cui “Le copie e gli estratti su supporto analogico del documento informatico, conformi alle vigenti regole tecniche, hanno la stessa efficacia probatoria dell'originale se la loro conformità non è espressamente disconosciuta” (così superando l'orientamento restrittivo “formatosi in ambiente di ricorso analogico” secondo cui “la preliminare verifica […] sulla regolarità della costituzione del contraddittorio nonché sulla sussistenza delle condizioni di ammissibilità e procedibilità dell'impugnazione” non potrebbe fondarsi sulla mancata contestazione di controparte, trattandosi di verifica “riservata (stante la rilevanza pubblicistica degli interessi) alla Corte”);
  3. il caso in cui il controricorrente (o uno di essi) non si costituisca ovvero costituendosi disconosca la conformità all'originale della copia analogica non autenticata del ricorso tempestivamente depositata ed il ricorrente depositi – ai sensi dell'art. 372 c.p.c. (e senza necessità di notificazione ai sensi del secondo comma della medesima disposizione) – l'asseverazione di conformità all'originale (ex art. 9 della legge n. 53 del 1994) della copia analogica depositata, sempreché tale deposito avvenga entro l'udienza di discussione (art. 379 c.p.c.) o all'adunanza in camera di consiglio (artt. 380-bis, 380 bis-1 e 380-ter c.p.c.).

Tali conclusioni sono state condivise ed applicate dalle decisioni successive, tra cui va menzionata in particolare la recentissima Cass. sez.un., 25 marzo 2019, n. 8312, che le ha sostanzialmente estese al caso in cui i vizi concernano non il ricorso bensì la copia della decisione impugnata.

Le ipotesi sopra tratteggiate sono tutt'altro che infrequenti e relegano di fatto la soluzione dell'improcedibilità al solo caso della mancata costituzione della controparte destinataria della notifica (o di una di esse) non seguita dal deposito dell'asseverazione di conformità da parte del ricorrente, in quanto ove l'intimato si costituisca producendo copia idoneamente autenticata del ricorso notificato (caso sub n. 1) ovvero comunque senza disconoscere la conformità all'originale della copia analogica non autenticata del ricorso depositata dal ricorrente (ipotesi sub n. 2), il vizio sarà sanato, mentre qualora il controricorrente operi il disconoscimento, sarà semplice per il ricorrente depositare nei termini di cui sopra l'attestazione di conformità (fattispecie sub n. 3).

L'irrilevanza – ai fini della sanatoria, che quindi opera comunque – della tardività della costituzione del controricorrente (inclusa nei casi nn. 1 e 2) viene poi giustificata richiamando un orientamento riconducibile ad una risalente decisione delle Sezioni Unite secondo cui “Il deposito nella cancelleria della Corte di Cassazione di una copia informe del ricorso” ex art. 369 c.p.c. non ne determina l'improcedibilità “qualora non vi siano dubbi sulla conformità all'originale della copia”, anche se tale certezza è acquisita successivamente, essendo comunque “soddisfatta la finalità, perseguita dalla suddetta norma, di radicare, con il deposito del ricorso, il procedimento di impugnazione”.

Se le ipotesi sopra delineate sembrano esaurire tutti gli scenari immaginabili, la fattispecie oggetto della sentenza in commento ne contempla invece uno ancora diverso, ovverosia quello in cui l'intimato si attivi ma non si costituisca validamente.

In tale ipotesi, ove cioè sia invalida la costituzione del controricorrente – che, a rigore, non dovrebbe quindi essere neppure definibile tale – non può operare, secondo la Corte, alcuna delle sanatorie sopra menzionate.

Sebbene la motivazione non si dilunghi sul punto, la suddetta conclusione si spiega con il fatto che evidentemente il Collegio ha ritenuto mancare nel giudizio un controricorrente costituito, che avrebbe potuto depositare copia autentica del ricorso ovvero non disconoscere la conformità all'originale della copia del ricorso depositata.

Osservazioni

Se si assume come corretto l'insegnamento delle Sezioni Unite di cui si è dato atto sopra, la decisione, sebbene molto stringata, è ineccepibile, in quanto il caso di invalida costituzione del controricorrente non può non essere parificato a quello della sua mancata costituzione.

Versandosi dunque in un'ipotesi ove non si può affermare che il controricorrente non abbia disconosciuto la conformità all'originale della copia analogica non autenticata del ricorso – in quanto egli non è costituito in giudizio – e non risultando depositata, nei termini sopra delineati, l'asseverazione mancante, la Corte ha coerentemente dichiarato improcedibile il ricorso.

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