I contratti esclusi

27 Agosto 2018

Il codice dei contratti pubblici disciplina le procedure di evidenza pubblica nei settori ordinari, prevedendo specifiche eccezioni in taluni ambiti esplicitamente esclusi dalle direttive dell'Unione Europea sugli appalti pubblici, sui contratti di concessione e sui settori speciali. Il presente contributo mira ad illustrare le peculiarità di tale regime derogatorio, segnalando le principali novità legislative intervenute e soffermandosi sulle esclusioni più rilevanti.
Genesi, inquadramento e principi

Il D.lgs. n. 50/2016 e il c.d. “correttivo appalti”, D.lgs. 50/17 (di seguito il codice o c.c.p.), hanno modificato e innovato l'intera materia dei contratti pubblici relativi a servizi, forniture e lavori, già disciplinata dal D.lgs. n. 163/2006. Ne ha risentito anche la parte relativa ai contratti c.d. “esclusi”, il cui quadro regolatorio è oggi costituito dagli artt. 4-20 all'interno del Titolo II.

Si tratta di poche e limitate situazioni, connotate da peculiarità, secondo l'acquis communautaire, che rendono inopportuna, se non del tutto impraticabile, l'applicazione della normativa di evidenza pubblica. Il giudizio di valutazione dell'esclusione, caratterizzato da discrezionalità presumibilmente mista, è operato dalla stazione appaltante (intesa in senso generale come tutti i soggetti che possono assumere il ruolo di committenza all'interno di quelli deputati all'applicazione del codice), soggetto che dovrà essere in grado di fornire adeguata prova nel caso di sindacato da parte di soggetti deputati a potestà ispettive.

La norma di apertura (e di chiusura) della disciplina sui contratti esclusi è costituita dall'art. 4, in virtù del quale l'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, esclusi in tutto o in parte dall'ambito di applicazione oggettiva del Codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica (questi ultimi due di nuova introduzione rispetto al D.lgs. 163/06), tutti di evidente matrice eurounitaria (cfr. in particolare, artt. 18,49 e 56 TFUE ed i considerando delle direttive comunitarie nn. 2015/23-24-25/UE).

Si può mettere in evidenza che l'ordine logico di estrinsecazione di tutti i principi potrebbe costituire, se avvalorato, un possibile indirizzo per l'interprete, ritenendo che, ad esempio, l'economicità possa essere prioritariamente considerata nel contemperamento con la proporzionalità. Secondo altro orientamento invece i suddetti principi dovrebbero essere tutti letti alla luce del superiore canone di ragionevolezza dal momento che sarebbe sempre necessario per l'interprete operare un equo contemperamento tra i medesimi per evitare antinomie sostanziali (a titolo esemplificativo, infatti, taluni adempimenti in materia di pubblicità potrebbero andare a detrimento dell'efficacia e dell'efficienza dell'azione pubblica sotto il profilo della tempestività o del divieto di non aggravare il procedimento amministrativo).

I principi di cui all'art. 4, cui si ispira l'attività amministrativa, non solo di evidenza pubblica, si integra con il successivo art. 5, le cui disposizioni individuano le condizioni e i limiti entro i quali può aver luogo l'esclusione e i casi in cui le stazioni appaltanti possono derogare al procedimento ordinario. La disciplina viene poi dettagliata ulteriormente in ragione dell'oggetto del contratto, rispettivamente, dei settori esclusi (artt.6-9) e dei settori speciali (artt. 10-16) e di altre specifiche esclusioni, già contemplate in gran parte dall'art.19 del D.lgs. n. 163 del 2006 (artt. 17-20). A tal uopo, pare opportuno evidenziare, sia pur incidentalmente, che all'interno della generale categoria delle esclusioni si annoverano almeno altre due tipologie di contratti: quelli c.d. “esenti” e quelli c.d. “estranei”, connotati da una diversa ratio normativa (distinzione evidenziata dall'Adunanza Plenaria n. 16/11). I primi, pur astrattamente rientranti nei settori di intervento delle direttive, ne vengono esclusi per ragioni di politica comunitaria: è il caso, a mero titolo esemplificativo e non esaustivo, degli appalti secretati, dei servizi di arbitrato e conciliazione, di acquisto o locazione di terreni, fabbricati o altri beni immobili. Diversa è invece la species dei contratti estranei, esclusi in quanto completamente al di fuori dei settori di intervento delle direttive ovvero dello stesso ordinamento comunitario: si pensi agli appalti da eseguirsi al di fuori del territorio dell'Unione Europea ovvero a quegli appalti che, seppur aggiudicati dagli enti dei settori speciali, hanno finalità diverse dall'esercizio delle attività nei settori speciali.

L'art. 4 novella, dunque, il previgente testo contenuto nell'art. 27, comma 1, D.lgs. n. 163 del 2006 laddove aggiunge e richiama espressamente i principi di pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica, dei quali si dirà più avanti. L'art. 213, comma 3, del Codice Appalti attribuisce all'ANAC il potere di vigilanza anche sui contratti pubblici esclusi.

Trovano inoltre applicazione, in aderenza al dettato contenuto nell'art. 30, comma 8, del Codice, la L. n. 241 del 90 e le disposizioni del Codice Civile. Tuttavia, rispetto ai principi generali di cui all'art.30, l'art. 4 fa riferimento alla sola fase di affidamento del contratto ma non a quella di esecuzione e non richiama il principio di libera concorrenza, sicuramente più attenuato nei contratti esclusi, nonché i principi di tempestività e di correttezza.

E' invece espressamente richiamato, a differenza dell'art. 30 riguardante i settori ordinari, il principio di imparzialità, in cui rientrano i principi di parità di trattamento e non discriminazione, il quale si sostanzia nella regola per cui tutti i partecipanti alle procedure di evidenza pubblica sono posti nelle medesime condizioni, senza profittare di favoritismi, asimmetrie informative ovvero di altre distorsioni di mercato. Un'importante derivazione di tale principio è quella relativa alla c.d. autolimitazione della discrezionalità, rilevante nella predeterminazione delle regole di gara. Sotto tali profili, si scorge l'evidente connessione con il principio di parità di trattamento degli operatori economici, di cui il principio di imparzialità costituisce il principale presidio. Altro elemento innovativo, rispetto al previgente art. 27 del D.lgs. 163/06, è quello relativo all'eliminazione delle restanti regole di tutela minima relative all'obbligo di invito di almeno cinque concorrenti (se compatibile con l'oggetto del contratto) e di indicazione esplicita dell'ammissibilità a condizioni del subappalto.

Il principio di proporzionalità si sostanzia nell'adeguatezza e nell'idoneità dell'agere amministrativo rispetto agli obiettivi da perseguire e al valore dell'importo del servizio. Costituisce derivazione del generale criterio secondo cui i pubblici poteri non devono esorbitare dai limiti necessari per preservare le loro attribuzioni (ad esempio, dichiarando esclusi contratti per motivi di supposta ma non oggettiva segretezza). La giurisprudenza comunitaria, non formalistica ma aderente al criterio funzionale, ha ammesso anche valutazioni di merito sul comportamento delle pubbliche amministrazioni.

Il principio di trasparenza, che presenta profili di intersezione sia con il principio di imparzialità che con il principio di pubblicità, si sostanzia nel garantire adeguatamente la conoscibilità delle procedure di gara nonché le motivazioni delle scelte dell'amministrazione, al fine di garantire la libertà di stabilimento sancita dall'art. 49 TFUE, promuovere la più ampia partecipazione alle gare da parte degli operatori e scongiurare scelte non arbitrarie e quindi fenomeni corruttivi. Il nuovo codice, diversamente dal precedente, dedica al suddetto principio uno specifico articolo, il 29, ponendosi in continuità con un quadro normativo che ha ormai da tempo intensificato gli obblighi connessi alla trasparenza e all'accesso a dati e informazioni detenuti dall'Amministrazione (cfr. L. n. 124/2015, D.lgs. n. 33/2013).

Peraltro, attraverso la pubblicità di tutte le informazioni necessarie prima che sia aggiudicato l'appalto, infatti, i soggetti interessati, oltre a verificare la correttezza del procedimento e all'occorrenza approntare l'adeguata tutela giurisdizionale, possono in tempo utile manifestare il proprio interesse. In relazione a tale principio va però rimarcato che l'ordinamento italiano, a partire dalla L. n. 190 del 12 (c.d. “anticorruzione”), ha previsto con disposizioni specifiche ed ulteriori rispetto alla normativa comunitaria, diversi adempimenti in materia di pubblicità, garantita con il mezzo che l'amministrazione riterrà più adeguato.

Il principio di economicità ed il principio di efficacia, unitamente a quelli di tempestività e correttezza, sono in generale validi per tutta l'attività amministrativa, come si evince dalla norma quadro enunciata nell'art. 97 Cost. nonché dagli artt. 1 e 2 della L. n. 241 del 1990. Il principio di economicità, di particolare importanza considerato il ruolo di politica economica svolto dal mercato dei contratti pubblici, si sostanzia nell'obbligo, per le stazioni appaltanti, di considerare l'entità della spesa e quindi di impiegare in maniera ottimale le risorse economiche necessarie allo svolgimento dell'intero iter procedurale. Esso può tuttavia essere subordinato, per espresso dettato normativo (art. 30) e nei limiti delle leggi vigenti, ad esigenze sociali nonché alla tutela della salute, dell'ambiente, del patrimonio culturale e alla promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista energetico.

Al suddetto principio si raccorda quello di efficacia, in forza del quale gli atti posti in essere dalle pubbliche amministrazioni devono risultare congrui rispetto allo scopo e all'interesse pubblico cui sono preordinati.

Programmatico e ridondante appare, infine, il richiamo ai principi ambientali e di efficienza energetica sebbene occorra dare atto che i predetti canoni stiano acquisendo sempre più importanza nelle strategie economiche e politiche dell'Unione Europea.

In definitiva può dunque affermarsi che l'art. 4 costituisca l'architrave mediante cui tenere insieme l'eterogeneo corpo degli affidamenti previsti dal Codice, tenendo presente che il legislatore, con la già evidenziata soppressione della consultazione di un numero minimo di operatori economici (come previsto nel D.lgs. 163/06) non ha affatto liberalizzato integralmente i settori in questione né ha abbracciato, in questa specifica materia, la teoria della c.d. “deregulation”. Sembra invece definitivamente tramontato l'orientamento minoritario che individuava una giurisdizione civile in materia di scelta diretta del contraente nei settori esclusi.

La peculiare esclusione dell'affidamento c.d. in house

L' art.5 del nuovo Codice specifica i principi comuni in materia di esclusione per concessioni, appalti pubblici e accordi tra enti e amministrazioni aggiudicatrici nell'ambito del settore pubblico, positivizzando le condizioni di legittimità in cui è consentito ricorrere ad affidamenti diretti cd. “in house”, il cui regime speciale è disciplinato dall'art. 192 del testo codicistico. La nozione di “in house providing”, elaborata, come noto, dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea a partire dalla famosa sentenza Teckal del 18 novembre 1999, C-107/98, attiene alla possibilità concessa all'Amministrazione di provvedere all'affidamento diretto, senza espletare procedure di gara, una concessione o un appalto pubblico ad un soggetto costituito ad hoc, che non sia di fatto diverso dalla stessa Amministrazione e non detenga quindi autonoma capacità decisionale. Tale principio di autoproduzione, oggi espressamente richiamato dall'articolo 2 della direttiva n. 2014/23/UE consente pertanto alla P.A. di evitare l'esternalizzazione rivolgendosi al mercato e, di conseguenza, fornire i beni e i servizi che è tenuta ad erogare attraverso i mezzi di cui dispone. Il citato principio, risente, come è intuibile, di un necessario contemperamento con il principio di libera concorrenza, al fine di tutelare gli operatori commerciali ed evitare condotte elusive delle norme poste a presidio della dialettica di mercato. L'esclusione, e quindi la possibilità da parte di un'amministrazione aggiudicatrice o di un ente aggiudicatore di aggiudicare a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato, è consentita se ricorrono determinati requisiti. Il primo, riguarda l'esercizio del c.d. controllo analogo da parte dell'amministrazione affidante sull'organismo in house. Tale controllo, che può essere indiretto o congiunto, a seconda che sia esercitato da un ente controllato dall'ente controllante ovvero sia esercitato da più enti controllanti su un unico soggetto in house, si sostanzia nell'esercizio di una influenza determinante sul perseguimento di obiettivi strategici e sull'assunzione di decisioni significative, analogo appunto a quello che l'Amministrazione esercita sulle proprie articolazioni organizzative. Il secondo requisito riguarda, invece, la c.d. attività prevalente e implica che oltre l'80% dell'attività svolta del soggetto aggiudicatario sia realizzata con il medesimo ente controllante, al fine di evitare che la società in house che ha beneficiato dell'affidamento diretto operi sul mercato in concorrenza con altre imprese che svolgono la stessa attività. La determinazione della percentuale dell'80% avviene prendendo in considerazione il fatturato totale medio per i tre anni precedenti l'aggiudicazione dell'appalto o della concessione ovvero ricorrendo a criteri prognostici nel caso di soggetti aggiudicatari di recente costituzione. Risulta tuttavia più attendibile un processo valutativo operato in concreto, anche e soprattutto in relazione alla eventuale parte di attività svolta per il mercato privato.

L'ultimo requisito previsto dal codice attiene al divieto previsto in via generale di partecipazione diretta di capitali privati nell'ambito di società in house, salvo che vi sia una specifica disposizione di legge che lo preveda e che non si ponga in contrasto con i Trattati europei e sempre che la partecipazione non influisca in modo determinante sulla persona giuridica controllata.

Sono altresì previsti più stringenti obblighi di pubblicità e trasparenza per gli affidamenti in house, puntualmente elencati dall'art. 192, compendiate nella istituzione presso l'ANAC di un elenco delle stazioni appaltanti che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società domestiche, nell'obbligo di effettuare una preventiva valutazione sulla congruità economica dell'offerta dei soggetti controllati e nell'obbligo di motivare in ordine alle ragioni giustificative della scelta di non ricorrere al mercato privato.

Appare opportuno, inoltre, evidenziare l'incidenza del Testo unico di riordino sulle società partecipate (D.lgs. N. 175/2016) in tema di affidamenti interni, relativamente al rapporto tra il principio di autoproduzione in forma societaria degli enti controllanti e l'assoggettabilità delle società pubbliche in house alle procedure fallimentari ed il connesso divieto di procedere a costituire società per lo svolgimento di servizi analoghi nei casi di fallimento, che sembrerebbe sancire una primazia del diritto commerciale sulla stessa riserva di amministrazione, nel cui alveo si colloca tradizionalmente lo svolgimento di servizi pubblici in autoproduzione.

L'art. 5, inoltre, al comma 6 introduce un'altra ipotesi di inapplicabilità del Codice, relativa al caso di cooperazione tra soggetti pubblici. Come noto, già l'art. 15 della L. 241/1990 prevede la possibilità per le amministrazioni di perseguire obiettivi di interesse generale attraverso la cooperazione a carattere orizzontale realizzata con gli accordi tra PP.AA. Il criterio differenziale tra i due istituti, sulla scorta degli insegnamenti della giurisprudenza amministrativa, si estrinseca nella circostanza che il contratto ha ad oggetto lo scambio tra prestazione e corrispettivo; al contrario, l'accordo organizzativo permette una collaborazione tra enti pubblici al fine di coordinare gli interventi di ciascun ente su un oggetto di interesse comune. Nell'ipotesi contemplata dal Codice l'esclusione opera se la cooperazione è prestata per conseguire obiettivi comuni, si fonda esclusivamente su considerazioni inerenti l'interesse pubblico e le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione. La regola generale, pertanto, è che la gara deve essere esperita anche qualora si preveda un accordo tra pubbliche amministrazioni; eccezionalmente, però, in presenza dei riferiti presupposti, è possibile derogarvi.

Artt. 6-16: altre esclusioni.

Il regime di esclusioni nei settori speciali è tradizionalmente giustificato da due ordini di motivi: in primo luogo perché si tratta di settori monopolistici e in secondo luogo perché assistiti da speciali requisiti tecnici che richiedono una maggiore flessibilità nelle procedure di appalti (si pensi, a titolo esemplificativo, al settore ferroviario, dove la fase di progettazione e quella di realizzazione delle opere pubbliche non sono agevolmente separabili senza incidere sui costi complessivi della commessa).

Gli artt. 6 e 7 non introducono aspetti di particolare novità rispetto alle ipotesi di esclusione in precedenza disciplinate dall'art. 218 del Codice. Nello specifico, l'art. 6, in attuazione delle direttive 2014/25/UE e 2014/23/UE, in deroga all'art. 5, prevede che il Codice non si applica agli appalti nei settori speciali e alle concessioni aggiudicate da una joint venture, ovvero un'associazione o consorzio o impresa aventi personalità giuridica composti esclusivamente da più enti aggiudicatori, per svolgere un'attività ai sensi degli artt. da 115 a 121 di cui all'allegato II con un'impresa collegata a uno di tali aggiudicatori nonchè da un ente aggiudicatore alla joint venture di cui fa parte. L'art. 3, comma 1, lett. h, chiarisce che per joint venture si intende l'associazione tra due o più enti, finalizzata all'attuazione di un progetto o di una serie di progetti o di determinate intese di natura commerciale o finanziaria.

L'art. 7 del Codice esclude dall'applicazione del Codice le concessioni e agli appalti nei settori speciali aggiudicati da un ente aggiudicatore a un'impresa collegata o da una joint venture, composta esclusivamente da più enti aggiudicatori per svolgere attività descritte agli articoli da 115 a 121 e di cui all'allegato II a un'impresa collegata a uno di tali enti aggiudicatori. Si tratta, a titolo esemplificativo, di speciali raggruppamenti per lo sviluppo di piattaforme comuni o applicazioni sperimentali nei vari ambiti di riferimento, come nel caso di una istituzione di un consorzio ferroviario transnazionale ovvero di affidamenti diretti nel settore aeroportuale tra imprese collegate. Tali accordi necessitano di una specifica autorizzazione da parte della Commissione europea.

L'art. 8 riguarda la possibilità, all'interno di ogni singolo settore speciale (i.e. attività relative a gas ed energia elettrica, acqua, elettricità, servizi di trasporto, porti e aeroporti, servizi di trasporto, servizi postali, gas e prospezione ed estrazione di carbone o altri combustibili solidi rientranti nei settori speciali), per le specifiche tipologie di attività ovvero singole porzioni di territorio, di ottenere, se sussistenti le condizioni di mercato, una particolare esenzione richiesta, per l'Italia, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e indirizzata alla Commissione Europea, che valuta se un'attività è direttamente esposta alla concorrenza in ragione dell'attività in questione e considerato il mercato geografico di riferimento, sulla base di parametri desunti dalle disposizioni TFUE in materia di concorrenza. Non è quindi necessario che l'attività abbia il carattere dell'esclusività, potendo essere esercitata anche nell'ambito di un settore più ampio. Si tratta di una disposizione alquanto strategia dal momento che, come in altri settori (es. telecomunicazioni) qualora la concorrenza si sposti sul mercato “a valle” tra più operatori non v'è più ragione per richiedere ai soggetti pubblici operanti nel settore contendibile di effettuare procedura di gara “strumentali” alla soddisfazione del servizio.

I contratti di servizi sono disciplinati dall'art. 9 che, recependo l'art. 11 della direttiva 2014/24/UE, l'art.22 della direttiva 2014/25/UE e l'art. 10 par. 1 e 2 della direttiva 2014/23/UE, prevede un'ulteriore casistica per la quale opera l'esclusione dall'applicazione del Codice, sulla base di un diritto esclusivo previsto da una norma di rango legislativo o regolamentare purché non in contrasto con il TFUE, sia nei settori ordinari che speciali.

I settori speciali vengono regolamentati nel dettaglio a partire dall' art. 10 del Codice, relativo ai contratti nel settore dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali. Le disposizioni contenute nella norma svolgono una funzione di raccordo tra la disciplina dei settori speciali di cui al capo primo del sesto titolo con quella dei settori ordinari, distinguendone i campi di applicazione.

L' art. 11, relativo ad appalti per l'acquisto di acqua e per la fornitura di energia o di combustibili destinati alla produzione di energia, recepisce testualmente il dettato contenuto nell'art. 23 della direttiva 2014/25/UE ed è analogo a quanto già stabiliva l'art. 25 del D.lgs. n. 163 del 2006. L'esclusione è giustificata dal carattere marcatamente territoriale della distribuzione dell'acqua che rende impossibili delle dinamiche concorrenziali vista la natura di monopolio "naturale" del servizio.

Il successivo art. 12 invece, riguarda più specificamente il regime delle concessioni nel settore idrico, stabilendo l'esclusione per fornire o gestire reti fisse destinate alla fornitura di un servizio pubblico in concessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile, nonché per l'alimentazione di tali reti con acqua potabile, unitamente all'esclusione per progetti di ingegneria idraulica, irrigazione, drenaggio, smaltimento e trattamento delle acque reflue. La materia, come si ricorderà, era stata oggetto di referendum abrogativo nel 2011 e il mero recepimento della direttiva all'interno del nuovo codice senza dare attuazione al criterio di concessione del servizio idrico di cui alla legge delega n. 11 del 2016 presenta profili di contrasto normativo, già segnalato dal Consiglio di Stato in sede di parere sul Codice.

L' art. 13 introduce ulteriori esclusioni in materia di appalti nei settori speciali aggiudicati a scopo di rivendita o di locazione a terzi, analogamente a quanto già previsto dall'art. 24 del vecchio codice. Le disposizioni però non trovano applicazione, in conformità all'ultimo comma della norma, alle categorie di prodotti o attività oggetto degli appalti in questione considerati esclusi dalla Commissione Europea con atto pubblicato sulla GUUE per una serie di prodotti e attività. L'esclusione prevista dall'art. 13 si giustifica considerando che non esistendo diritti speciali o esclusivi, non si ritiene sussistente in via presuntiva l'influenza dominante sui comportamenti dell'ente aggiudicatore da parte dell'autorità pubblica che gli ha attribuito diritti speciali o esclusivi e non risultano quindi necessari precipui interventi del legislatore comunitario a tutela della concorrenza.

Gli appalti e i concorsi di progettazione aggiudicati o organizzati per fini diversi dal perseguimento di un'attività interessata o per l'esercizio di un'attività in un Paese terzo costituiscono l'oggetto delle disposizioni contenute nell'art. 14, con profili di disciplina analoghi all'articolo precedente. Sono categorie di appalti astrattamente riconducibili alla disciplina prevista per i settori speciali, esclusi perché l'oggetto della prestazione riguarda finalità diverse dalle attività dei settori speciali. Si tratta dunque, non semplicemente di appalti esclusi cioè esentati dall'ambito di applicazione delle direttive, bensì di appalti estranei in cui, in via residuale, si inseriscono tutti gli appalti estranei ai settori speciali. Le ipotesi delineate dall'art.14 riflettono un particolare rapporto tra ordinamento giuridico interno e ordinamento comunitario, cui è demandato il controllo sulla corretta applicazione della norma, considerato che spetta agli enti aggiudicatari fornire una definizione di categorie ed attività escluse da comunicare, su richiesta, alla Commissione europea.

Specifiche esclusioni sono inoltre previste nell'ambito delle comunicazioni elettroniche, sia nel settore ordinario che in quello speciale, dall'art. 15, che costituisce il precipitato normativo dell'art. 8 della Direttiva 2014/24/UE e dell'art. 11 della Direttiva 2014/23/UE. In particolare, le disposizioni del Codice non si applicano agli appalti pubblici e ai concorsi di progettazione nei settori ordinari e alle concessioni principalmente finalizzati a permettere alle amministrazioni aggiudicatrici la messa a disposizione o la gestione di reti pubbliche di telecomunicazioni o la prestazione al pubblico di uno o più servizi di comunicazioni elettroniche, trattandosi di settore liberalizzato. Il codice delle comunicazioni elettroniche definisce le nozioni di “rete pubblica di comunicazioni” e “servizio di comunicazione elettronica”.

L'art. 16, relativo a contratti e concorsi di progettazione aggiudicati o organizzati in base a norme internazionali, si applica sia agli appalti realizzati nei settori ordinari che in quelli speciali. L'esclusione è prevista nel caso di procedure stabilite secondo criteri sovranazionali da una fonte che crea obblighi internazionali (i.e. accordo internazionale) oppure da un'organizzazione internazionale o da una istituzione finanziaria internazionale, quando gli appalti, i concorsi di progettazione o le concessioni, sono finanziate dalla stessa organizzazione o istituzione.

Esclusioni specifiche per gli appalti e concessioni di servizi: l'art. 17

L'art. 17 del Codice riguarda particolari tipologie di servizi, in armonia con l'art. 10 della direttiva 2014/ 24/UE, l'art. 21 della direttiva 2014/ 25/UE e l'art.10, par. 8 della direttiva 2014/23/UE. Si tratta di una formulazione delle esclusioni previste dal previgente art. 19, D.lgs. n. 163 del 2006 con l'aggiunta di nuove fattispecie. La ragion d'essere del regime delle esclusioni per determinati appalti, come già ricordato, si rinviene nella cedevolezza, a livello transfrontaliero, del principio di concorrenza, che occorre assicurare solo ove ricorra un innalzamento del valore dell'appalto, come previsto per i servizi disciplinati dal Titolo III. Viene inoltre estromessa dal testo codicistico la tradizionale distinzione tra servizi prioritari e non prioritari.

L'esclusione relativa ai servizi legali

costituisce una delle ipotesi più dibattuta e controversa, tale da meritare uno specifico approfondimento. Nell'economia della presente trattazione, si ritiene utile ricordare che sono in corso di redazione alcune linee guida ANAC, che fanno seguito al documento di consultazione pubblicato nel mese di maggio 2017 ove si evidenzia come in taluni ambiti sia necessario procedere alla gara qualora non si tratti di incarichi relativi al contenzioso ma di procedure legate a servizi di consulenza.

Sull'inquadramento di tali servizi e sull'ampiezza dell'esenzione si sono registrati orientamenti difformi nella giurisprudenza contabile e amministrativa. Dibattuta è anche la natura giuridica del contratto di difesa legale nell'ambito dell'appalto di servizi ovvero nell'ambito della prestazione di lavoro autonomo. In particolare, secondo l'orientamento della magistratura contabile, gli incarichi legali aventi ad oggetto il singolo patrocinio legale sono riconducibili agli affidamenti di servizi, non rilevando il carattere fiduciario, elemento, questo, ritenuto invece essenziale dal Consiglio di Stato. La norma di recepimento della direttiva n. 24 annovera le prestazioni legali tra i servizi e dettaglia i differenti regimi applicabili alle varie attività professionali. Una delle novità di maggior rilievo riguarda le categorie di servizi legali di rappresentanza in giudizio, di consulenza in preparazione di un giudizio o connessi all'esercizio di pubblici poteri, che non sono soggette all'applicazione del Codice. Tuttavia, con il nuovo Codice, anche il semplice conferimento di un incarico legale costituisce un appalto di servizio, non più affidabile secondo le norme del codice civile sul contratto di prestazione d'opera intellettuale, ma è necessario rispettare i principi generali richiamati dall'art. 4, con obbligo delle amministrazioni di definire una procedura che consenta l'iscrizione degli avvocati in appositi elenchi e garantisca, tra gli altri, il criterio della rotazione tra gli iscritti.

L'acquisto o locazione di terreni fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni costituisce la prima ipotesi di esclusione presa in considerazione dall'art. 17, giustificata dal necessario rapporto che lega gli immobili al territorio in cui sono collocati. La considerazione più rilevante in merito a tale tipologia di esclusione riguarda la tradizionale distinzione tra contratti attivi, cioè contratti che comportano un'entrata per le casse dello Stato, e contratti passivi, che viceversa implicano una spesa. Tale distinzione, che rileva più a fini contabili che giuridici, è però importante per individuare la disciplina applicabile che, per la prima tipologia (quelli attivi) è costituita dalla normativa sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato (R. D. 18 novembre 1923, n. 2440 e R.D. 23 maggio 1924, n. 827); i contratti passivi, invece, rientrano in quella sull'evidenza pubblica, come peraltro già prevedono i citati regolamenti. Questioni interpretative, risolte dall'Adunanza della Commissione speciale del Consiglio di Stato con il parere n. 1241/2018, si sono tuttavia poste a seguito della modifica dell'art. 4 del Codice, apportata dal d. lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (c.d. correttivo), che ha annoverato i contratti attivi tra quelli esclusi. L'esplicito riferimento ai soli contratti attivi aveva ingenerato il dubbio che potessero restare fuori dalla portata applicativa del codice i contratti diversi da quelli attivi, non richiamati espressamente. E' così intervenuto il supremo Consesso che, dopo aver ricordato il confine normativo tra i contratti semplicemente esclusi, rientranti nell'ambito di applicazione delle direttive ma specificamente esentati e i contratti del tutto estranei a tale ambito, ha chiarito che con l'inserimento dell'inciso sui contratti attivi, il legislatore del correttivo ha ricompreso nell'ambito di azione delle direttive anche i contrati estranei, tra cui quelli di alienazione e locazione in cui la p.a. sia parte attiva, così assoggettandoli ai principi dei Trattati richiamati dall'art. 4 e quindi accomunati, sotto questo aspetto, ai contratti esclusi. Ad analoga conclusione si perviene per i contratti aventi ad oggetto l'acquisto di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni; ne consegue che il potere di vigilanza e controllo anche su tali contratti è attribuito all'Autorità Nazionale Anticorruzione ai sensi dell'art. 213 del Codice.

La procedura di gara risulta però sempre necessaria nei casi di contratti misti che si verifica laddove la causa del contratto non è soltanto quella tipica della locazione poiché la detenzione dell'immobile risulta collegata ad una serie di servizi e forniture idonee a concretizzare ulteriori prestazioni affatto accessorie (è il caso, ad esempio, dei c.d. gruppi concorso, in cui la locazione dell' immobile è accompagnata da una serie di prestazione di forniture e servizi, dall'allestimento di uffici, segreteria, servizi igienici al presidio sanitario).

Un'ulteriore esclusione è prevista per i contratti pubblici aventi ad oggetto l'acquisto, lo sviluppo, la produzione o coproduzione di programmi destinati ai servizi di media audiovisivi o radiofonici che sono aggiudicati da fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici, ovvero gli appalti, anche nei settori speciali, e le concessioni concernenti il tempo di trasmissione o la fornitura di programmi aggiudicati ai fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici. Un'interpretazione rigorosa del dettato normativo, da leggersi in raccordo con l'art. 216, comma 24 del Codice e con la Legge di riforma Rai n. 220 del 2015, impone pertanto di ricomprendere nell'ambito della disciplina sui contratti pubblici qualsiasi altra attività accessoria non espressamente menzionata dall'art. 17, lett. b), considerato che la ratio dell'esclusione è da rinvenire nella rilevanza culturale e sociale di tali attività, che rendono inadeguata l'applicazione della disciplina generale sull'aggiudicazione degli appalti.

Sono esclusi, inoltre, i contratti pubblici concernenti servizi di arbitrato e conciliazione e, in generale, forme analoghe di alternative dispute resolution, in ragione del carattere infungibile delle prestazioni, che prevedono modalità di selezione non disciplinabili attraverso le comuni norme sull'aggiudicazione degli appalti. Vi rientrano sicuramente l'arbitrato c.d. rituale e quello irrituale disciplinati dal codice di procedura civile, come anche l'arbitraggio di cui all'art. 1349 c.c., che si sostanzia nell'attività compiuta dal terzo arbitratore incaricato dalle parti per determinare uno degli elementi del rapporto negoziale e la perizia contrattuale, figura volta a prevenire controversie sulla determinazione dell'importo di un eventuale indennizzo.

Tematica di particolare rilievo è quella inerente l'esclusione dei "servizi finanziari relativi all'emissione, all'acquisto, alla vendita e al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari...servizi forniti da banche centrali e operazioni concluse con il Fondo europeo di stabilità finanziaria e il meccanismo europeo di stabilità" e, alla successiva espressa esclusione dei prestiti "a prescindere dal fatto che siano correlati all'emissione, all'acquisto, alla vendita e al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari". Si tratta di cospicue tipologie di servizi finanziari, sia assicurativi che bancari. La nuova formulazione dell'art. 17, d.lgs n. 50 del 2016 differisce da quella del Codice del 2006, che si limitava a elencare, all'art. 19, comma 1, lett. d), unicamente gli accordi "concernenti servizi finanziari relativi all'emissione, all'acquisto, alla vendita e al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari, in particolare le operazioni di approvvigionamento in denaro o capitale delle stazioni appaltanti, nonché i servizi forniti dalla Banca d'Italia". L'esclusione dei servizi relativi ai titoli trae la sua giustificazione dalle peculiari caratteristiche dei prodotti finanziari, la cui negoziazione è imprescindibilmente connessa al ranking di affidabilità del singolo operatore unitamente alla valutazione di convenienza basata sulla solidità dell'impresa offerente. Diversamente, l'esclusione dei servizi offerti dalle banche centrali e conclusi con il Fondo Europeo di stabilità finanziaria e il MES (c.d. Fondo salva-Stati), trovano la ratio dell'esclusione nella esigenza di non interferire con le politiche economiche, sia sotto il profilo di indirizzo della politica monetaria e del debito pubblico che sotto quello di gestione dei tassi di cambio e delle riserve ufficiali. Anche in tali ipotesi, il rispetto dei principi indicati dall'art. 4 costituisce il parametro di legittimità dell'attività posta in essere dalle stazioni appaltanti nella selezione dell'istituto di credito.

Altra specifica esclusione riguarda i contratti di lavoro in ragione di attrazione ad altra disciplina specialistica (quella dei concorsi pubblici) salvo il rispetto delle procedure per l'individuazione delle categorie di c.d. manpowering.

Tra le esclusioni rientrano, inoltre, i servizi di difesa civile e di trasporto pazienti, per ragioni connesse alla particolare natura dei soggetti che prestano tali servizi, organizzazioni e associazioni senza scopi di lucro, la cui finalità sociale sarebbe difficile da preservare qualora i prestatori di servizi dovessero essere scelti secondo le procedure di evidenza pubblica. Tuttavia, un diverso regime pare delinearsi per i servizi di trasporto si pazienti in ambulanza, che dovrebbero essere assoggettati al regime speciale previsto per i servizi sociali e altri servizi specifici, diversificato in relazione alla natura del contratto.

Non sono oggetto di procedura di gara (salvo il rispetto delle normative in tema di trasparenza) anche le campagne politiche peraltro oggetto di finanziamento da parte delle rispettive associazioni.

Il successivo art. 17-bis, introdotto col decreto correttivo, prevede una deroga per gli appalti aventi ad oggetto l'acquisto di prodotti agricoli e alimentari sotto la soglia di 10.000 euro annui per ciascuna impresa, da imprese agricole singole o associate situate in comuni classificati totalmente montani, di collina o delle isole minori, siccome individuati nell'elenco ISTAT o nelle circolari ministeriali citate dalla norma.

In tal modo, si è inteso venire incontro alle esigenze dei piccoli imprenditori agricoli, che diversamente avrebbero risentito in maniera eccessiva dei vincoli normativi concepiti per i grandi appalti.

Artt. 18-20: categorie residuali.

L'art. 18 è circoscritto alle sole ipotesi di concessioni in materia di trasporto aereo, trasporto pubblico locale passeggeri (materia ormai disciplinata incisivamente dal Regolamento n. 1370 del 23 ottobre 2007) e, in generale, le lotterie o sfruttamenti materiali di reti o aree geografiche.

L'art. 19 del Codice disciplina in via generale l'affidamento dei contratti di sponsorizzazione, procedendo ad una semplificazione della disciplina previgente contenuta nell'art. 26, D.lgs. n. 163 del 2006. Come evidenziato nel parere del Consiglio di Stato (n. 855/16) la sponsorizzazione costituisce, ipso facto, un'operazione di partenariato pubblico-privato apparentemente gratuita ma non priva di connotazioni economiche. In tale contesto il legislatore ha introdotto un doppio regime a seconda della soglia di valore dell'intervento promosso dal privato. La vera novità rispetto al codice previgente è costituita dalla sponsorizzazione pura o di puro finanziamento, che si realizza quando lo sponsor si impegna nei confronti della stazione appaltante solo al riconoscimento di un contributo e non anche allo svolgimento di altre attività. Solo per gli affidamenti sopra la soglia dei 40.000 euro (tipologia c.d. pura) che si realizza mediante erogazione di denaro, accollo del debito o altre modalità di assunzione del pagamento dei corrispettivi dovuti è prevista la pubblicazione di un avviso di ricerca di sponsor sul sito istituzionale dell'amministrazione per almeno trenta giorni,trascorsi i quali si può procedere alla stipula del contratto tra il promotore e gli eventuali soggetti interessati, sempre nel rispetto dei principi di imparzialità e parità di trattamento e previa verifica del possesso dei requisiti morali necessari per stipulare con la P.A.. Il successivo comma 2 si preoccupa di prevedere il possesso di tutti i requisiti previsti dalle specifiche previsioni nell'ipotesi di sponsorizzazione cd. tecnica, per i casi in cui lo sponsor intenda realizzare lavori, servizi o forniture a propria cura e a proprie spese, seguendo la medesima procedura prevista per la sponsorizzazione pura. Con riferimento alla fase dell'esecuzione, giova evidenziare che è potestà dell'amministrazione sponsorizzata impartire le prescrizioni in ordine alla progettazione, l'esecuzione delle opere o delle forniture nonché in merito alla direzione dei lavori e collaudo degli stessi. Sotto la soglia dei 40.000 euro non sono previste specifiche procedure, potendosi procedere ad affidamento diretto.

L'art.151 (ex art. 199 bis nel vecchio codice) disciplina la sponsorizzazione con riferimento specifico agli interventi relativi ai beni culturali.

Il titolo II si chiude con l'art. 20, che esaurisce le ipotesi di esclusione previste dal codice e si applica alle opere pubbliche realizzate a spese del privato, che riguarda il caso in cui un'amministrazione pubblica stipuli una convenzione con la quale un soggetto pubblico o privato si impegni alla realizzazione, a sua totale cura e spesa e previo ottenimento di tutte le necessarie autorizzazioni, di un'opera pubblica o di un suo lotto funzionale o di parte dell'opera prevista nell'ambito di strumenti o programmi urbanistici, fermo restando il rispetto dell'art. 80.

Si tratta quindi di una ipotesi diversa dalle opere di urbanizzazione a scomputo e dal c.d. “baratto amministrativo”. La prima, prevista dall'articolo 16 del D.P.R. n. 380 del 2001 (Testo Unico sull'edilizia), l'opera non è realizzata integralmente a spese del privato ma appunto a scomputo degli oneri di urbanizzazione, nascenti da una legittima attività edilizia e previamente disciplinati da una convenzione comunale, come tali soggetti alla disciplina di evidenza pubblica. La seconda ipotesi, quella del baratto amministrativo, introdotto nel 2014 con il decreto Sblocca Italia (articolo 24 del d.l. 133/2014) contempla la possibilità, per i comuni, di accettare, sempre previa delibera di uno specifico regolamento comunale che definisca criteri e condizioni per la realizzazione di interventi di riqualifica del territorio, la proposta formulata da cittadini in comprovate condizioni di disagio economico di compiere una serie di attività socialmente utili (a titolo esemplificativo, pulizia delle strade, manutenzione e 'abbellimento delle aree verdi, interventi di decoro urbano) a fronte dell'esenzione dal pagamento di determinate categorie di tributi locali e solo per un periodo di tempo limitato, purchè non si tratti di debiti pregressi. Tale opzione, al fine di non vulnerare le norme poste a presidio della evidenza pubblica, non può trovare applicazione per le imprese. Sempre con riferimento all'esclusione di cui all'art. 20, inoltre, il Consiglio di Stato, nel parere sul nuovo Codice, ha evidenziato che "(...) la circostanza che l'opera sia realizzata a cura e spese del privato non toglie, infatti, che si tratta di opera pubblica e che sussista il cogente interesse della pubblica amministrazione alla sua corretta realizzazione da parte di un soggetto qualificato professionalmente e dotato dei requisiti morali. Non senza considerare che fattispecie di tal fatta (assunzione di opere pubbliche a cura e spese dei privati), non necessariamente sono connotate da liberalità o gratuità, essendovi ipotesi in cui l'accollo dell'opera pubblica costituisce la controprestazione del privato a fronte dello scomputo di oneri economici di urbanizzazione e costruzione di opere private. La norma, in ogni caso, si appalesa eccessivamente generica e non chiarisce la finalità e le modalità attuative della stessa (...)". Su quest'ultimo punto è quindi intervenuta anche l'ANAC, fornendo una interpretazione restrittiva della norma e precisando che il carattere oneroso della prestazione sussiste in tutti i casi in cui, a fronte di una prestazione, vi sia per il privato il riconoscimento di un corrispettivo, non solo in termini monetari, ma anche, a titolo esemplificativo, nel riconoscimento di un diritto di sfruttamento dell'opera ovvero mediante la cessione in proprietà o in godimento di beni. La valutazione di gratuità dell'operazione, che è condizione necessaria per l'esclusione dall'ambito di applicazione del Codice, deve dunque essere compiuta con estremo e accurato rigore considerato che il raggiungimento di un interesse patrimoniale da parte del privato, ricondurrebbe l'opera da realizzare nell'ambito dell'appalto pubblico di lavori, con conseguente applicazione del regime di evidenza pubblica. In sostanza, il termine di paragone per procedere all'esclusione risiede nell'assoluta gratuità e liberalità dell'operazione.

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