Collocamento paritario dei figli: innovazione o illusione?
03 Maggio 2019
Massima
Il collocamento della figlia minore presso entrambi i genitori, in modo paritetico, rispetta il principio della bigenitorialità e tiene conto in via prioritaria delle esigenze della figlia. Non deve essere disposto l'assegno di mantenimento della minore, laddove si valutino le condizioni economiche dei genitori pressoché equilibrate e la piena paritarietà del contributo che ciascun genitore dà in via diretta al mantenimento ordinario della figlia minore. Il caso
Caia adiva il Tribunale di Roma chiedendo la cessazione degli effetti civili del matrimonio, l'affidamento congiunto della figlia minore e la collocazione della stessa presso di sé, l'assegnazione della casa coniugale e un contributo a titolo di mantenimento ordinario della figlia pari a € 2.000,00 mensili, oltre al rimborso del 50% delle spese straordinarie sostenute nell'interesse della minore. Tizio resisteva in giudizio con la richiesta di affidamento congiunto, collocazione della minore presso di sé e mantenimento diretto di quest'ultima da parte di ciascun genitore nel proprio tempo di permanenza con la figlia. In subordine, chiedeva l'ampliamento degli orari di visita e la corresponsione alla madre di un assegno di mantenimento della minore di importo pari a € 500,00 mensili. Il Tribunale di Roma affida la figlia minore ad entrambi i genitori, prevede il collocamento paritetico della stessa e il mantenimento ordinario diretto nei momenti di permanenza della medesima presso ciascuno dei genitori. La questione
Il tema del collocamento paritario dei figli si sta sviluppando in dottrina e giurisprudenza alla luce dei recenti interventi della letteratura scientifica in materia. Si sta procedendo verso una rideterminazione dell'art. 337 ter c.c. o è sempre necessario verificare il caso concreto e il preminente interesse del minore? Le soluzioni giuridiche
Importanti novità in materia di diritto di famiglia sono state introdotte con la l. n. 54/2006, la quale ha previsto come regola l'affido condiviso e reso eccezione l'affido esclusivo. La riforma ha, altresì, sancito per la prima volta in Italia l'importanza della bigenitorialità, il diritto per i figli di coppie separate e divorziate «di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi». La norma del codice civile rubricata «provvedimenti riguardo ai figli» è stata modificata attraverso il D.Lgs. n. 153/2014, il quale, nell'ottica di una diversa prospettiva di valutazione del rapporto genitori-figli, ha preferito parlare di «responsabilità genitoriale» in luogo di «potestà». L'art. 337 ter c.c. dispone la rilevanza della valutazione del Giudice in ordine all'affidamento congiunto e la determinazione dei tempi e delle modalità circa la presenza dei figli presso ciascun genitore. La portata innovativa sancita a livello legislativo prima nel 2006 e, successivamente, nel 2013 non ha trovato adeguata corrispondenza a livello giurisprudenziale. Prima di discorrere nel merito delle questioni giuridiche, è necessario analizzare alcuni dati. Il MIUR ha recentemente asserito che «va constatato che, nei fatti, ad otto anni dall'approvazione della legge sull'affido condiviso, questa non ha mai trovato una totale e concreta applicazione» (Circolare MIUR del 2 settembre 2015 n.5336). L'Istituto Nazionale di Statistica, prendendo a campione una serie di questionari compilati dalle coppie in separazione nell'arco temporale 2000-2015, ha avuto modo di chiarire che «al di là dell'assegnazione formale dell'affido condiviso, che il giudice è tenuto a effettuare in via prioritaria rispetto all'affidamento esclusivo, per tutti gli altri aspetti considerati in cui si lascia discrezionalità ai giudici, la legge non ha trovato effettiva applicazione» (Report novembre 2016). Giurisprudenza costante ha adottato negli anni la consolidata prassi dell'affidamento condiviso, ma anche del collocamento presso un genitore con la conseguente determinazione di uno specifico regime di visita per l'altro genitore. Si prenda come paradigma riassuntivo di questo indirizzo prevalente, una recente pronuncia della giurisprudenza di legittimità. Secondo la Cassazione la regola dell'affidamento condiviso dei figli non esclude la collocazione del minore presso uno dei genitori, ritenendo idonea, dunque, la figura del genitore collocatario (Cass. civ. sez. I, sent. 12 settembre 2018, n.22219). Recentemente, tuttavia, si è registrata un'inversione di tendenza. Il Tribunale di Brindisi, nel marzo 2017, ha adottato Linee guida per la sezione famiglia chiarendo alcuni punti innovativi: - la residenza dei figli ha valenza puramente anagrafica, poiché i figli saranno domiciliati presso entrambi i genitori; - la frequentazione dei genitori avverrà ispirandosi al principio delle pari opportunità per il figlio di frequentare l'uno e l'altro genitore, secondo un modello il più possibile paritetico; - revocando la figura del genitore collocatario viene meno il problema dell'assegnazione della casa familiare. La frequentazione è equilibrata e continuativa con entrambi i genitori: la casa familiare rimarrà al proprietario dell'abitazione; - il mantenimento deve assumere la forma diretta: l'assegno corrisposto da un genitore all'altro per il mantenimento del figlio (forma indiretta) deve essere ritenuto idoneo solo in via residuale quando tra i due genitori vi è sperequazione economica. In contrasto con quanto asserito dalla Corte Suprema nel settembre 2018, vi è un unico precedente del Tribunale di Roma, successivamente preso a modello dal Tribunale di Catanzaro. Nella sentenza del 2017 il Tribunale capitolino ha operato una scelta innovativa: affido condiviso e riconoscimento del domicilio delle figlie minori ad entrambi i coniugi con una frequentazione a settimane alterne. Da ciò è disceso l'obbligo di mantenimento in maniera diretta nel tempo di permanenza presso ciascun genitore (Trib. Roma decreto n. 25623/2017). Il Tribunale di Catanzaro, con una recente pronuncia, ha analizzato a fondo l'aspetto del collocamento paritario e del mantenimento del figlio (Trib. Catanzaro sez.I, sent. 28 febbraio 2019, n. 443). Prima di una considerazione relativa alla prassi giurisprudenziale italiana, il Tribunale di primo grado ha riportato una sintetica, ma efficace cronistoria del collocamento dei figli di coppie separate e divorziate. In primo luogo, sottolinea il Tribunale di prime cure, vi è da considerare la differenza tra collocamento legale paritario e custodia fisica condivisa dei figli. Mentre i paesi nordeuropei seguono la prassi di collegare le due aree tematiche, la giurisprudenza italiana traduce l'affidamento condiviso in ‘collocamento prevalente' del minore presso un genitore, facendo svanire, dunque, l'importanza della custodia fisica presso entrambe le figure genitoriali. Il Tribunale, inoltre, nel dichiarare la rilevanza della c.d. shared custody, riporta alcune pronunce a livello comunitario. La Risoluzione del Consiglio d'Europa n. 2079/2015 (Uguaglianza e responsabilità genitoriale condivisa: il ruolo dei padri), sottoscritta anche dall'Italia, invita gli Stati membri a condividere misure tali da tutelare le varie forme della responsabilità genitoriale condivisa, sottolineando, al contempo, i devastanti effetti per i figli causati dall'allontanamento di un genitore. Il Tribunale di Roma nella sentenza del 26 marzo 2019 prosegue in linea con il filone giurisprudenziale innovativo disponendo l'affidamento condiviso, il collocamento della figlia minore presso entrambi i genitori in modo paritetico secondo le modalità di visita imposte e il mantenimento diretto ordinario, oltre alla corresponsione del 50% delle spese straordinarie. Traducendo sul piano pratico quanto statuito e considerato, altresì, che le condizioni economiche dei genitori risultavano pressoché speculari e che la figlia non aveva particolari problemi relazionali con una delle figure genitoriali, appare di immediata comprensione la motivazione per la quale non è stato disposto un contributo economico a titolo di mantenimento della figlia: entrambi i genitori devono provvedere al suo sostentamento, essendo stati disposti tempi uguali di frequentazione. Osservazioni
Il focus della sentenza ruota attorno al tema del collocamento paritario dei figli di coppie separate e divorziate. Il Tribunale di Roma, sulla scia di alcune pronunce innovative, ha preso una netta posizione in materia; ciò induce inevitabilmente a riflettere circa l'eventuale creazione di un precedente. Al di là di letteratura scientifica nazionale e internazionale in punto di diritto, è evidente come il collocamento perfettamente paritario non possa assurgere a regola unica e indissolubile. È un errore, infatti, ritenere la materia del diritto di famiglia uniforme e priva di variazioni. Sovente le dinamiche familiari si differenziano, proprio perché diversi sono gli equilibri che caratterizzano il nucleo familiare. Il Tribunale capitolino ha analizzato il caso in esame seguendo un filo logico-argomentativo coerente; tuttavia, tale ragionamento non può applicarsi tout court in ogni occasione. Fondamentale è l'attenzione che il Giudice deve riservare ai dettagli del caso concreto, tenendo sempre presente che l'interesse dei figli minori rappresenta la priorità. Diversamente, a voler ridurre il collocamento dei figli a mera questione di contesa tra genitori, si vanificherebbe ogni sforzo interpretativo e innovativo di giurisprudenza e dottrina. Bisogna necessariamente tener distinto l'affidamento dal collocamento, quest'ultimo inteso in senso fisico. Se in ordine al primo concetto non vi è dubbio che l'affidamento condiviso ad entrambi i genitori debba rappresentare la regola, salvo gravi motivi, non altrettanto può dirsi per il collocamento paritetico, il quale non può essere considerato un automatismo. È logico che, laddove i figli abbiano un armonioso rapporto con entrambi i genitori, essi debbano essere posti nelle condizioni di frequentare padre e madre per tempi uguali; qualora, invece, la situazione richiedesse l'intervento di assistenti sociali ovvero di personale qualificato per risolvere alcuni conflitti tra genitore-figlio, il collocamento presso entrambi i genitori potrebbe essere indubbiamente controproducente. Pensiamo al figlio che si oppone alla frequentazione con uno dei genitori per svariati motivi: fermo restando l'obbligo dell'altro genitore di favorire un riavvicinamento, forzare una condivisione di momenti, prima della risoluzione del problema a monte, significa prolungare il disagio del minore se non acuirlo. Il tema relativo al collocamento paritario, inoltre, porta con sé altre conseguenze: mantenimento diretto e revoca dell'assegnazione della casa familiare. Ecco, dunque, l'importanza di stabilire caso per caso quale sia la soluzione migliore che si adatti ad ogni particolare situazione. |