Codice Civile art. 1834 - Depositi di danaro.

Caterina Costabile

Depositi di danaro.

[I]. Nei depositi di una somma di danaro presso una banca [2195 n. 4], questa ne acquista la proprietà [1782, 1813] ed è obbligata a restituirla nella stessa specie monetaria [1278], alla scadenza del termine convenuto ovvero a richiesta del depositante [1771], con la osservanza del periodo di preavviso stabilito dalle parti o dagli usi.

[II]. Salvo patto contrario, i versamenti e i prelevamenti si eseguono alla sede della banca presso la quale si è costituito il rapporto.

Inquadramento

I depositi di denaro, o depositi bancari in senso stretto, costituiscono l'operazione passiva essenziale della banca, quella operazione attraverso la quale la banca provvede alla «raccolta del risparmio» e cioè alla raccolta dei capitali necessari per l'esercizio della funzione creditizia.

I depositi bancari possono essere classificati secondo diversi criteri.

In relazione alle modalità stabilite per la restituzione si distinguono depositi liberi, che consentono prelevamenti a richiesta del depositante salvo il rispetto dei termini di preavviso, e depositi vincolati, nei quali le somme possono essere ritirate soltanto alla scadenza.

I depositi vengono, inoltre, tradizionalmente classificati, sulla scorta della regolamentazione convenzionale tipizzata, in ordinari o semplici, a risparmio, in conto corrente.

Attesa la funzione propria del contratto, la disponibilità da parte della banca delle somme depositate costituisce un carattere essenziale del deposito di denaro: l'effetto legale tipico del deposito ex art. 1834 è che la banca acquisti la proprietà delle somme depositate e sia soltanto obbligata a restituirle alla scadenza convenuta nella stessa specie monetaria.

Trattasi di contratto reale che si perfeziona con la dazione del denaro e a titolo oneroso, implicando la corresponsione degli interessi.

La qualificazione giuridica del contratto risulta discussa sia in dottrina che in giurisprudenza.

Il contratto di deposito, come tutti i contratti bancari, deve essere redatto per iscritto (art. 117 d.lgs. n. 385/1993).

Natura giuridica

Il deposito bancario di denaro, nelle varie forme conosciute nella prassi, si presta a soddisfare sia una funzione di custodia a favore del tradens, il quale sostituisce la disponibilità della somma di denaro con la disponibilità del tantundem quale particolare qualità del credito di restituzione correlato al passaggio di proprietà della somma all'accipiens, sia una funzione di godimento o prestito in favore di quest'ultimo (la banca) che può disporre della somma ricevuta pur assicurando al tradens la disponibilità del tantundem grazie alla gestione in massa delle operazioni di raccolta e impiego (Ferri, 278; Fiorentino, in Comm. S. B., 1972, 40).

In dottrina si discute in ordine alla qualificazione giuridica del contratto che viene alternativamente ricondotto al mutuo (Porzio, Il deposito bancario, in Tr. Res., XII, Torino, 1985, 907) o al deposito irregolare (Ferri, in Tr. Res., 279) a seconda che si consideri preminente la funzione di finanziamento dell'istituto di credito o quella di custodia del denaro del cliente. Secondo altra impostazione si sarebbe in presenza di autonomo negozio tipico (Campobasso, 2).

Anche la giurisprudenza appare incerta sulla qualificazione del deposito bancario, considerandolo talora come un deposito irregolare (Cass. I, n. 689/1963) e tal altra come un «rapporto atipico» riconducibile prevalentemente al mutuo (Cass. I, n. 2055/1972).

In tempi più recenti, la S.C. lo ha qualificato come negozio complesso, che pur partecipando della struttura dell'uno e dell'altro contratto, è dotato di propria autonomia (Cass. I, n. 788/2012). I giudici di legittimità hanno all'uopo evidenziato che, se è vero che anche nel deposito bancario, così come nel deposito irregolare, la consegna comporta l'acquisto in capo al depositario della proprietà della somma ed il sorgere dell'obbligo di restituzione del tantundem, solo il primo è un contratto d'impresa caratterizzato da profili speculativi, in cui l'interesse della banca alla raccolta ed alla gestione del risparmio concorre con l'interesse del privato alla custodia ed alla remunerativà della somma versata, Ancor più evidenti appaiono le differenze col mutuo, che non assicura la conservazione e la permanente disponibilità della somma, e con il deposito regolare, che ha invece ad oggetto principale l'obbligo di custodia. L'art. 1834 avrebbe, dunque, previsto un autonomo negozio di durata, in cui la permanenza della somma presso la depositaria comporta la soddisfazione di entrambe le parti, ovvero quella della banca di gestire in operazioni finanziarie il risparmio raccolto e quella del cliente di essere remunerato di tale utilizzo attraverso gli interessi che gli vengono periodicamente accreditati.

In dottrina risulta discussa anche la classificazione del deposito bancario tra gli atti di ordinaria o di straordinaria amministrazione (in arg. v. Campobasso, 4).

Tipologia di depositi

Il deposito può essere libero se il depositante ha la facoltà di pretendere la restituzione del denaro a vista (salvo, se del caso, il solo termine usuale di preavviso dovuto in relazione all'entità della somma), ovvero vincolato se la restituzione non può avvenire prima del decorso di un determinato lasso di tempo (Campobasso, ult. cit.; Guglielmucci, 256).

Tradizionalmente i depositi vengono poi distinti in a) ordinari o semplici; b) a risparmio; c) in conto corrente (Campobasso, ult. cit.; Guglielmucci, ult. cit.).

I depositi ordinari o semplici sono caratterizzati dalla circostanza che non è riconosciuta al depositante né la facoltà di versare altre somme, né di compiere prelevamenti. In genere vengono rilasciate al depositante lettere di accreditamento, o ricevute di cassa da presentare al momento del rimborso e aventi efficacia meramente probatoria. Appartengono a questa categoria i buoni fruttiferi e i certificati di deposito.

I depositi a risparmio consentono, invece, sia versamenti che prelevamenti successivi all'accensione del conto e talvolta infatti sono denominati in conto corrente, ma si differenziano da questi ultimi perché tutte le operazioni devono essere effettuate in contanti. Questi depositi sono comprovati dal c.d. libretto di deposito a risparmio, rilasciato dalla banca e sul quale devono essere annotate tutte le operazioni.

I depositi in conto corrente sono caratterizzati anche dalla possibilità di versare ed emettere assegni. Si ritiene quindi che sul deposito si innesti anche una componente gestoria attraverso un rapporto di mandato che regola le modalità di svolgimento del rapporto di deposito (Campobasso, ult. cit.). Il libretto di deposito in questo caso non è più l'unico strumento di documentazione del rapporto perché le operazioni risultano anche dagli assegni e dagli altri ordini di pagamento dati alla banca.

Deposito bancario

La giurisprudenza ha evidenziato che, perché il deposito possa dirsi effettuato «presso» una banca, come richiede l'art. 1834, non è necessario che il versamento della somma di danaro avvenga all'interno dei locali dell'istituto, ma è sufficiente che la sua consegna sia fatta a persona incaricata di riceverla per conto della banca.

In particolare, i giudici di legittimità hanno ritenuto decisivo, per la configurabilità dell'operazione, non il luogo dove la stessa è compiuta, ma la qualità della persona che ha ricevuto materialmente la somma di danaro. Tale necessità non può essere sostenuta con riferimento al comma 2 dello stesso art. 1834, in quanto una tale norma è dettata ad altri fini, e, precisamente, allo scopo di derogare alla regola generale sancita dall'art. 1182, comma 3 c.c. (secondo cui le obbligazioni pecuniarie debbono essere adempiute al domicilio del creditore), e di «localizzare» il rapporto presso la sede della banca presso la quale esso è stato costituito.

Si palesano, altresì, inidonee ad escludere la regolarità dell'operazione e la sua riferibilità alla banca l'assenza della sottoscrizione del presidente o la mancata contabilizzazione dell'operazione (Cass. I, n. 1224/1998).

Deposito cauzionale

La presenza di una destinazione specifica delle somme ricevute dalla banca fa sorgere dubbi in ordine alla riconducibilità alla disciplina del deposito bancario del versamento di somme di denaro effettuato al fine di assicurare l'adempimento di un'obbligazione o il recupero di ciò che si intende prestare in adempimento dell'obbligazione medesima qualora venga meno (Molle, in Tr. C. M., 1981, 126).

La giurisprudenza, in una ipotesi di deposito irregolare, effettuato presso un istituto di credito e vincolato giudiziariamente a garanzia dell'esecuzione di una confisca penale, ha ravvisato un rapporto atipico, riconducibile prevalentemente al mutuo (Cass. I, n. 2055/1972).

Deposito innominato

I giudici di legittimità hanno ritenuto valida la stipula, fra la banca ed un suo cliente, di un contratto innominato, che partecipi degli estremi del deposito a risparmio e del deposito in conto corrente, in forza del quale il cliente deposita una certa somma su libretto di risparmio con l'autorizzazione, da parte della banca, di utilizzarla per mezzo di assegni di conto corrente (Cass. I, n. 1151/1977).

Interessi

L'art. 1834 tace in ordine alla corresponsione degli interessi a favore del depositante, normalmente prevista nei contratti bancari.

La giurisprudenza ha evidenziato che l'obbligo di corrispondere interessi sulle somme depositate in banca non è legato all'esigibilità del credito restitutorio, ma discende dalle regole del deposito irregolare e del mutuo, cui questo è a tal fine assimilabile: trattandosi, quindi, di interessi connaturati al mero fatto che le somme depositate siano poste nella disponibilità della banca depositaria, essi spettano al depositante per tutto il tempo in cui tale situazione perduri.

Per tali ragioni l'intervento di un vincolo esterno alla restituzione (pignoramento o sequestro) non incide sulla causa giuridica da cui deriva il debito per interessi, perché quel vincolo impedisce al depositante di richiedere nell'immediato alla banca depositaria la restituzione di dette somme, ma non le rende medio tempore indisponibili per la banca medesima (Cass. I, n. 17945/2003).

Prescrizione

Nel deposito bancario l'obbligo restitutorio della banca sorge (salvo il caso di previsione di un termine convenzionale di scadenza del contratto) solo a seguito della richiesta del cliente, il quale ha, per converso, la mera facoltà, e non certo l'obbligo, di esercitare il proprio diritto di credito (alla restituzione).

L'esercizio di tale diritto si configura, dunque, quale condizione di esigibilità del credito, in difetto della quale permangono (in alternativa) il diritto del depositante a mantenere la disponibilità delle somme (a detto credito corrispondenti) presso la banca e l'obbligo della depositaria di conservarle a sua disposizione.

Il comportamento del depositante che, pur non compiendo ulteriori operazioni di deposito, non richiede la restituzione, non può perciò essere di per se stesso interpretato come indicativo di un disinteresse a far valere il suo diritto di credito, configurante inerzia (all'esercizio del diritto medesimo) cui si ricollega il decorso del termine di prescrizione.

Ne consegue che la prescrizione del diritto del depositante ad ottenere la restituzione delle somme depositate non inizia a decorrere prima che il cliente abbia richiesto la somma in restituzione, facendo sorgere il corrispondente obbligo della banca (Cass. I, n. 8998/2021; Cass. I, n. 788/2012).

Forma e modifica del contratto

A seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 385/1993, recante il nuovo testo unico in materia bancaria e creditizia, il contratto di deposito, come tutti i contratti bancari, deve essere redatto per iscritto e deve contenere l'indicazione del tasso d'interesse e di ogni altro prezzo o condizione praticati. Un esemplare del contratto deve, inoltre, essere consegnato al cliente (art. 117 d.lgs. n. 385/1993).

Il successivo art. 118 d.lgs. n. 385/1993 ammette, poi, che possa essere convenuta la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni, ma accorda al cliente la facoltà di recedere dal contratto senza penalità entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione di intervenuta modifica, fruendo in sede di liquidazione del rapporto delle condizioni precedentemente praticate.

Capacità delle parti

Il depositario deve essere una banca perché, altrimenti, si avrebbe un deposito irregolare o un mutuo e non un deposito ex art. 1834.

Il depositante deve avere la piena capacità di agire.

Minori

Non è consentito ai minori di anni diciotto di effettuare depositi bancari.

L'art. 7, comma 3 d.m. 6 ottobre 2004 — come modificato dal d.m. 29 febbraio 2016 — prevede, tuttavia, che i libretti di risparmio postale nominativi possono essere intestati anche ai minori di età. Tali libretti sono cartacei e, ove indicato nei fogli informativi, possono essere emessi, a scelta del titolare, anche in forma dematerializzata.

Non sono consentite cointestazioni del libretto e per la gestione dei libretti di risparmio postale nominativi intestati ai minori di età, è prevista l'applicazione delle disposizioni contenute nel codice civile, per tutto quanto non disciplinato nel d.m. 6 ottobre 2004.

Coniuge in regime di comunione

Nel caso di deposito bancario intestato a uno soltanto dei coniugi, l'opinione prevalente è che i prelievi e i versamenti possono essere compiuti liberamente dal coniuge intestatario del deposito (in arg. v. Salanitro, in Tr. Vas., 1983, 199).

Secondo alcuni, la possibilità per il coniuge intestatario di effettuare liberamente operazioni risiede nella circostanza che nella comunione legale non andrebbero inseriti i diritti di credito.

Secondo una diversa impostazione, invece, ciò sarebbe dovuto al fatto che le somme depositate non integrerebbero un'ipotesi di «acquisto» ai sensi dell'art. 177, comma 1, lett. a) c.c. divenendo semmai oggetto della comunione i beni successivamente acquistati con quelle somme e, nel caso di scioglimento, se non consumate, le somme depositate rientrerebbero nella comunione de residuo (art. 177, lett. c) c.c.).

Deposito cointestato

Quando la parte che assume il ruolo di depositante sia pluripersonale si verifica l'ipotesi della contitolarità del deposito.

Si possono avere depositi congiunti semplici, in quanto ciascun depositante ha sulle somme depositate un diritto proporzionale alla propria quota, oppure depositi congiunti solidali qualora ognuno dei cointestatari abbia facoltà di compiere da solo qualsiasi operazione avendo diritto di chiedere l'adempimento dell'intera prestazione (Ferri, 283).

Se i cointestatari nulla prevedono al momento della stipula del rapporto, si è in presenza di un deposito congiunto semplice e, dunque, i cointestatari devono agire congiuntamente per ritirare l'intero importo, mentre singolarmente possono esigere solo la quota di loro spettanza (che si presume uguale a quella degli altri compartecipi ex art. 1298, comma 2 c.c.).

Anche la S.C. ha rimarcato che, in tema di deposito bancario, la mera cointestazione del libretto comporta l'accensione di un deposito congiunto semplice, su cui ciascun cointestatario, se non può agire anche per l'altro, impedendogli la disciplina della comunione di estendere il proprio diritto sulla cosa comune in danno dell'altro, può, però, disporre della sua quota ed esigerla, stante la divisibilità dell'obbligazione di denaro (Cass. III, n. 23844/2008).

Nel caso, invece, in cui il deposito bancario sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni attive e passive anche disgiuntamente, si realizza una solidarietà dal lato attivo della obbligazione, che sopravvive alla morte di uno dei contitolari (Cass. I, n. 15231/2002).

Pertanto, il contitolare ha diritto di chiedere, anche dopo la morte dell'altro, l'adempimento dell'intero saldo del libretto di deposito a risparmio e l'adempimento così conseguito libera la banca verso gli eredi dell'altro contitolare (Cass. I, n. 12385/2014).

Bibliografia

Campobasso, Deposito, III, Deposito bancario, in Enc. giur., X, Roma, 1988; Ferri, voce Deposito Bancario, in Enc. dir., XII, Milano, 1964; Guglielmucci, Deposito bancario, in Dig. comm., IV, Torino, 1989; Maggiolo, Libretto di deposito, in Noviss. Dig. it., IX, Torino, 1963; Santoro, voce Libretto di deposito a risparmio, in Enc. dir., XXIV, Milano, 1974; Sotgia, Contratti bancari, in Commentario al codice civile a cura di D'Amelio e Finzi, Firenze, 1949.

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