Codice Civile art. 1609 - Piccole riparazioni a carico dell'inquilino.

Francesco Agnino

Piccole riparazioni a carico dell'inquilino.

[I]. Le riparazioni di piccola manutenzione, che a norma dell'articolo 1576 devono essere eseguite dall'inquilino a sue spese, sono quelle dipendenti da deterioramenti prodotti dall'uso, e non quelle dipendenti da vetustà o da caso fortuito.

[II]. Le suddette riparazioni, in mancanza di patto, sono determinate dagli usi locali.

Inquadramento

Il legislatore si preoccupa di specificare quali siano le riparazioni di manutenzione ordinaria al fine di evitare contrasti tra locatore e conduttore.

Al riguardo, le obbligazioni del locatore previste dagli artt. 1575 e 1576 c.c., non comprendono l'esecuzione di opere di modificazione o trasformazione della cosa locata, anche se imposte da disposizioni di legge o dell'autorità, sopravvenute alla consegna, per rendere la cosa stessa idonea all'uso convenuto, né il locatore è tenuto a rimborsare al conduttore le spese sostenute per l'esecuzione di tali opere, salva l'applicazione della normativa in tema di miglioramenti (Cass. n. 24987/2014; Cass. n. 2458/2009).

La S.C. ha statuito infatti che una diversa opinione comporterebbe trasmodamento dell'obbligo manutentivo in quello di imputazione, con sopportazione di oneri di spese non previste. Ma la S.C. ha anche affermato che l'inidoneità dell'immobile all'esercizio di una determinata attività commerciale o industriale, per il quale è stato locato, non può costituire valida ragione per pretendere che il locatore operi trasformazione della cosa, che né per legge né per contratto fa carico al locatore stesso (Cass. n. 3341/2001, ove si è affermato che le opere da effettuare per conseguire il certificato di prevenzione incendi appartengono al genere sopra indicato perché comportano interventi che andrebbero a modificare le strutture originarie del bene. Tale obbligo non può essere posto a carico del locatore il quale non può rispondere della denunciata mancanza del certificato sopra menzionato, a prescindere dal fatto che non era necessario il rilascio del certificato per l'utilizzazione del locale in oggetto).

Individuazione delle riparazioni di piccola manutenzione

Con specifico riferimento alla ripartizione delle spese di manutenzione tra il locatore e il conduttore il sistema codicistico fa riferimento al concetto quantitativo della tenuità della spesa e a quello della riferibilità causale della stessa spesa dall'uso normale del bene per gravare il conduttore, esclusivamente, delle spese di «piccola manutenzione», alla stregua di una valutazione d'insieme della modesta entità del loro valore economico, della destinazione dell'immobile e dei corrispondenti obblighi di custodia del locatario, degli usi locali (Cass. n. 2181/1978), lasciando a carico al locatore tutte le altre spese di manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, quale modalità di adempimento della fondamentale obbligazione di mantenere la cosa in buono stato e in modo da servire all'uso cui è destinata (artt. 1575, n. 2, artt. 1576, 1577,1609); mentre il sistema introdotto dalla l. n. 392/1978 ha previsto che siano a carico del conduttore, sub specie di oneri accessori (ex art. 9, tuttora in vigore, nonostante l'abrogazione del regime del canone legale), alcune spese di carattere continuativo o periodico, correlate a servizi di cui usufruisce il conduttore — quali quelle relative al servizio di pulizia e alla fornitura di altri servizi comuni — che, in quanto necessarie a mantenere in buone condizioni di uso le cose comuni, sono ascrivibili all'ordinaria manutenzione delle parti comuni, nonché le spese relative al funzionamento e all'ordinaria manutenzione dell'ascensore (Cass. n. 27540/2013).

Si è così specificato che in tema di locazione di immobili urbani, nella categoria delle riparazioni di piccola manutenzione, a carico del conduttore ex art. 1609, non rientrano quelle relative agli impianti interni alla struttura dell'immobile (elettrico, idrico, termico) per l'erogazione dei servizi indispensabili al suo godimento (Cass. n. 5459/2006).

Principio di recente riaffermato: in tema di locazione di immobili urbani, nella categoria delle riparazioni di piccola manutenzione, a carico del conduttore ex art. 1609 c.c., non rientrano quelle relative agli impianti interni alla struttura dell'immobile (elettrico, idrico, termico) per l'erogazione dei servizi indispensabili al suo godimento (Cass. n. 11353/2014).

In tema di art. 1576 c.c. e dei relativi oneri di mantenimento della cosa locata in buono stato, ha statuito che non rientrano tra le riparazioni a carico dell'inquilino a norma dell'art. 1609 c.c. quelle relative agli impianti interni della struttura del fabbricato (elettrico, idrico, termico) per l'erogazione dei servizi indispensabili al godimento dell'immobile, atteso che, mancando un contatto diretto del conduttore con detti impianti, gli eventuali guasti manifestatisi improvvisamente e non dipendenti da colpa dell'inquilino per un uso anormale della cosa locata, devono essere imputati a caso fortuito o vetustà, e pertanto le spese delle relative riparazioni grava sul locatore che, ai sensi dell'art. 1575 c.c., comma 2 deve tenere costantemente l'immobile in stato da servire all'uso convenuto (Cass. n. 271/1989; Cass. n. 24737/2007: tra le riparazioni a carico dell'inquilino rientrano anche quelle relative alla rottura di elementi «esterni» dell'impianto idrico per la cui sostituzione non occorre intervenire nelle opere murarie. Nella fattispecie la Cassazione ha ritenuto che dei danni provocati dalla rottura del tubo flessibile del bidet debba rispondere l'inquilino, atteso che la serpentina è un tubo pieghevole non inglobato nell'impianto interno idrico, per la cui sostituzione non occorre intervenire nelle opere murarie e, di conseguenza, è sotto la vigilanza del conduttore-inquilino che sarà responsabile dei relativi danni).

A quanto precede va poi aggiunto che il conduttore ha diritto al risarcimento del danno in caso di mancata riparazione della cosa locata, stante l'obbligo del locatore di provvedere alle riparazioni eccedenti la normale manutenzione; quando, poi, dette riparazioni hanno il carattere dell'urgenza, lo stesso conduttore, una volta avvisato il locatore e nell'inerzia di questi — come nel caso all'esame —, ha facoltà di provvedere direttamente ai lavori, non essendo richiesta per tale tipo di intervento la preventiva autorizzazione, e non risultando neppure di ostacolo l'eventuale divieto del locatore (Cass. n. 16136/2010).

Sotto altro aspetto, nelle locazioni sottratte alla normativa inderogabile di cui alla l. n. 392/1978, spetta all'autonomia dei privati determinare il contenuto economico del contratto, in modo che ognuno possa trarne l'utile desiderato, sia tramite la fissazione dell'importo del canone, sia con altri mezzi, fra cui l'assunzione, da parte del conduttore, degli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria in misura diversa e più grave, rispetto a quella prevista dalle norme, meramente dispositive, del codice civile (Cass. n. 18510/2007).

Si tratta di un principio di diritto che può considerarsi consolidato ed uniforme.

La riconferma, in relazione a una locazione abitativa non soggetta, ex art. 26 l. n. 392/1978, alla disciplina inderogabile della legge sull'equo canone (villetta di dieci vani sita in un comune con popolazione inferiore ai cinquemila abitanti) riveste particolare interesse nell'attuale panorama normativo delle locazioni per uso abitativo che ha ampliato l'autonomia negoziale delle parti, prevedendo la libera determinazione del canone locatizio e superando, così, la logica dell'equo canone che limitava la pattuizione dell'accollo al conduttore delle spese per manutenzione ordinaria o straordinaria dell'immobile locato perché ciò avrebbe violato la misura massima del corrispettivo stabilito imperativamente dalla legge. La nuova l. n. 431/1998 ha, infatti, restituito una parte considerevole dei contratti per uso abitativo alla «esclusiva» disciplina codicistica (immobili vincolati ex lege n. 1089/1939 e immobili iscritti nelle categorie catastali A/1; A/8 e A/9) mentre per gli altri immobili consente la libera determinazione del canone (art. 2, c.d. «contratti liberi»), ferma restando, però, l'inderogabilità della durata legale della locazione, stabilita nella durata minima iniziale di quattro anni, rinnovabile obbligatoriamente per un ulteriore periodo di quattro anni. La durata legale lunga del rapporto locatizio origina la stessa ed identica esigenza, già avvertita per le locazioni commerciali, di pattuire l'accollo al conduttore che eviti una valutazione prognostica che comporti una maggiorazione, prudenziale e cautelativa del corrispettivo della locazione, per la conservazione dell'equilibrio sinallagmatico del contratto. Sotto il profilo della meritevolezza, si osserva che il pregresso regime vincolistico prevedeva, espressamente, la possibilità per il conduttore di provvedervi personalmente, dopo aver avvertito il locatore, trattenendo, poi, le relative somme dal canone di legge dovuto. Il successivo regime giuridico della l. n. 392/1978 ha, invece, previsto, in via ordinaria, per la conservazione dell'equilibrio sinallagmatico e del contenuto minimo della proprietà, il diritto del locatore di pretendere, automaticamente e senza la necessità di espressa pattuizione, l'integrazione del canone con la misura dell'interesse legale delle somme necessarie per «importanti ed improrogabili opere necessarie per conservare la destinazione dell'immobile locato» (art. 23) che, significativamente, non specifica come straordinarie. Tale diritto non è stato, però, previsto per le locazioni commerciali — tuttora soggette alla l. n. 392, cit. — per le quali è stato, quindi, ritenuto che le parti potessero, comunque, prevederlo contrattualmente all'atto della conclusione del contratto in quanto ricompreso nella «libera» determinazione del corrispettivo della locazione (Pret. Genova 13 ottobre 1995, ma, in senso contrario, Pret. Torino 4 luglio 1998).

In coerenza con la predetta considerazione di meritevolezza, la Suprema Corte, nell'ormai risalente sentenza n. 1302/1989, ha statuito che con riguardo alle locazioni di immobili adibiti ad uso non abitativo, la pattuizione che, in deroga a quanto disposto dagli art. 1576 e 1609 c.c., impone al conduttore l'obbligo sia della manutenzione ordinaria che di quella straordinaria relativa agli impianti ed alle attrezzature particolari (nella specie, si trattava di locale ad uso autorimessa ed officina), restando a carico del locatore soltanto le riparazioni delle strutture murarie, non incorre nella sanzione di nullità stabilita dall'art. 79, comma 1, l. n. 392/1978, atteso che la disciplina delle suddette locazioni non contempla anche l'art. 23 di tale legge in tema di riparazioni straordinarie, né la predeterminazione legale di limiti massimi del canone, suscettibili di superamento in caso di attribuzione convenzionale dell'onere economico delle spese di manutenzione.

Il principio risulta ribadito, successivamente, da Cass. n. 15388/2002, Cass. n. 9019/2005, Cass. n. 15592/2007 ed è stato condiviso anche dalla giurisprudenza di merito (Trib. Monza, 20 ottobre 2004).

Il fondamento del principio risiede essenzialmente nella libera determinazione del corrispettivo della locazione e nella natura dispositiva della disposizione codicistica che stabilisce l'accollo al locatore delle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, in relazione — occorre sottolineare — alla corrispondente libera determinazione «anche» della durata della locazione che giustifica tale ripartizione di spesa. Allorquando, invece, la durata del rapporto è stabilita dalla legge in un periodo lungo che può con consentire l'esatta previsione di tali spese da tenere presente nella quantificazione del canone, appare logica e ragionevole una pattuizione contrattuale che ponga a carico del conduttore tali spese, in luogo di una misura maggiore del corrispettivo che, prognosticamente, inglobi tali oneri economici del locatore che possono ridurre sensibilmente la remuneratività della locazione.

L'incidenza di tali spese sul sinallagma contrattuale è fatta palese, oltre che dalla cennata legislazione vincolistica, anche dalla giurisprudenza. Infatti se, da un lato, è stato ritenuto che per le locazioni di immobili urbani destinati ad uso di abitazione, soggette alla disciplina di cui alla l. n. 392/1978, è nullo ai sensi dell'art. 79 della citata legge il patto in deroga all'art. 1576 c.c., con il quale le parti abbiano convenuto che siano a carico del conduttore le spese per la straordinaria manutenzione occorrenti per conservare all'immobile locato l'attitudine all'uso abitativo, poiché esso integra per il locatore un indebito vantaggio in contrasto con la predeterminazione legale dei limiti massimi del canone (Cass. n. 2142/2006), dall'altro lato, è stato giudicato — sempre nell'ipotesi di canone legalmente determinato — che qualora il canone di una locazione abitativa, soggetta alla l. n. 392, cit., sia stato convenzionalmente determinato in misura superiore a quella legale risultante dall'applicazione degli art. 12 e 22 della stessa legge (poi successivamente abrogati, come l'art. 23, per effetto dell'art. 14 l. n. 431/1998), iniziato dal conduttore nel corso del rapporto o dopo la sua cessazione un giudizio di determinazione del canone legale e di restituzione di quanto corrisposto in eccedenza, nei limiti in cui la differenza non superi l'aumento del canone legale che sarebbe stato consentito dall'art. 23 della stessa legge, l'aumento va computato a partire dalla data di ultimazione delle opere di manutenzione straordinaria anche in mancanza di una richiesta del locatore, con la conseguenza che la domanda del conduttore di condanna del locatore alla restituzione della somma pagata in più del dovuto va negli stessi limiti rigettata (Cass. n. 8100/2006).

Conseguentemente, quando il rapporto non è soggetto a norme vincolistiche della determinazione del canone, le parti possono validamente derogare alla norma dell'art. 1576 c.c. nel momento genetico del contratto, per cui l'obbligo di provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria dell'immobile locato può essere posto legittimamente a carico del conduttore.

Tuttavia, tale patto può essere convenuto soltanto al momento della conclusione del contratto e non durante il suo svolgimento, eccetto la ricorrenza della novazione del rapporto, nella sussistenza delle relative condizioni.

Tale limitazione è stata ritenuta per le locazioni ad uso diverso da un indirizzo giurisprudenziale (Cass. n. 2932/2008; Cass. n. 8410/2006; Cass. n. 10286/2001; Cass. n. 16089/2003), ma che è estensibile anche alle locazioni ad uso abitativo, ma solo a quelle, stipulate in forma scritta, ai sensi dell'art. 2 l. n. 431/1998 (c.d. «contratti liberi»), quindi, non ai contratti concordati con le organizzazioni sindacali che continuano a prevedere una misura massima invalicabile del canone.

La legittimità della predetta pattuizione è stata ritenuta anche sotto il profilo della regolarità contabile. Infatti è stato ritenuto che l'ente locale che, per ottenere in locazione immobili di proprietà di un ente pubblico economico e far fronte alle esigenze abitative della collettività amministrata, accetti una clausola contrattuale che esclude l'obbligo da parte dell'ente proprietario di effettuare interventi di manutenzione straordinaria, usa correttamente la proprio discrezionalità amministrativa, trattandosi di disciplina contrattuale derogabile dalle parti e non si configura una responsabilità amministrativa per danno erariale (C. conti n. 139/2006).

Bibliografia

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