Anagrafe condominiale

Alberto Celeste
09 Maggio 2019

L'incombente, in capo all'amministratore, di curare la tenuta (e l'aggiornamento) del registro dell'anagrafe condominiale, imposto dal novellato art. 1130, n. 6), c.c. coinvolge profili molto delicati della realtà condominiale, che riguardano, a monte, le esigenze di trasparenza ed efficienza della gestione, la tutela della riservatezza delle posizioni dei singoli partecipanti, la lotta all'evasione fiscale
Inquadramento

Il testo dell'art. 1130, n. 6), c.c. partorito dalla l. n. 220/2012 - entrata in vigore il 18 giugno 2013 - prevedeva che, tra le (notevolmente implementate) attribuzioni dell'amministratore, ci fosse anche quella di curare la tenuta del registro dell'anagrafe condominiale, che doveva contenere i dati anagrafici dei condomini, ma anche di tutti coloro che, quali usufruttuari, conduttori o comodatari, vantavano diritti reali o personali di godimento aventi ad oggetto le singole unità abitative del fabbricato; di ciascuno di questi soggetti, si dovevano ottenere le generalità, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché “ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza” (correlata appunto a ciascuna unità immobiliare).

Inoltre, per quanto concerne l'aggiornamento, si prescriveva che le variazioni dei suddetti dati dovevano essere comunicate, da parte dei condomini, all'amministratore “in forma scritta” entro 60 giorni dal loro verificarsi; si statuiva, infine, che, ove tali comunicazioni non avvenissero o quando comunque i dati da inserire nell'anagrafe risultassero incompleti, l'amministratore poteva chiedere ragguagli agli interessati con lettera raccomandata; decorsi 30 giorni dal suo ricevimento, se all'amministratore non perveniva una risposta soddisfacente, quest'ultimo poteva acquisire aliunde le informazioni necessarie, addebitandone il costo “ai responsabili”.

In argomento, mette conto segnalare che l'art. 1, comma 59, della l. n. 208/2015 (c.d. legge di stabilità 2016) ha novellato l'art. 13 della l. n. 431/1998 - che disciplina i “patti contrari alla legge” nell'ambito delle locazioni abitative - stabilendo, al comma 1, che è onere del locatore “provvedere alla registrazione nel termine perentorio di trenta giorni, dandone documentata comunicazione, nei successivi sessanta giorni, al conduttore e all'amministratore del condominio, anche ai fini dell'ottemperanza agli obblighi di tenuta dell'anagrafe condominiale di cui all'articolo 1130, numero 6), del codice civile”.

Le esigenze di gestione

A ben vedere, qualcosa di simile all'attuale istituzione dell'anagrafe condominiale si rinveniva già nella c.d. scheda immobile, che l'amministratore diligente compilava al momento dell'assunzione dell'incarico, con impegno (morale o giuridico) dei condomini di comunicargli tempestivamente qualsiasi variazione significativa.

Risultava, però, controverso se l'amministratore fosse obbligato o meno a tenere una sorta di anagrafe condominiale, al fine di conoscere esattamente e periodicamente chi sono i proprietari delle singole unità immobiliari di cui si compone lo stabile da lui amministrato.

L'elenco dei condomini è, infatti, necessario per la corretta gestione del condominio, se solo si pensi, tanto per fare qualche esempio, alla convocazione delle assemblee, alla ripartizione delle spese alla riscossione dei contributi condominiali, al perseguimento dei condomini morosi in sede giudiziale.

Una questione connessa, riguardava, poi, le modalità di confezione ed aggiornamento di tale elenco, se cioè l'amministratore fosse tenuto ad esperire periodicamente ogni ricerca presso i pubblici uffici, oppure se sussistesse un onere per il singolo partecipante di relazionare l'amministratore di ogni vicenda inerente il proprio appartamento.

Le problematiche di cui sopra sono state affrontate dalla giurisprudenza soprattutto cercando di dare una risposta al quesito inerente l'applicabilità del principio dell'apparenza in materia condominiale, dove la questione assumeva una connotazione peculiare in quanto sorgevano determinate posizioni giuridiche, attive e passive, connesse alla titolarità di una porzione sita nello stabile, relativamente alla quale sussisteva la possibilità di controllare se vi fosse coincidenza tra la situazione apparente e quella reale consultando i pubblici registri, aventi ad oggetto le proprietà immobiliari.

Al riguardo, il nostro ordinamento ha previsto l'applicazione del sistema di pubblicità a mezzo dei registri immobiliari e di un certo formalismo per il regime di circolazione dei predetti beni proprio per soddisfare l'esigenza della certezza erga omnes dei diritti reali immobiliari, che potrebbe essere disattesa ove si attribuisse indiscriminatamente rilievo decisivo a meri comportamenti uti dominus, la cui consistenza resta peraltro affidata all'elaborazione giurisprudenziale.

Si trattava, quindi, di verificare se vi fosse o meno compatibilità tra l'apparenza tutelabile ed il predetto sistema pubblicitario, ed individuare quali condotte dovesse assumere l'amministratore, e cioè se questi dovesse accettare (supinamente o meno) la situazione per come gli si presentava, oppure dovesse (talvolta o sempre) eseguire i prescritti controlli, e valutare se il comportamento assunto dallo stesso amministratore fosse conforme a diligenza o se questi si fosse trovato in colpa oggettivamente inescusabile.

Tali questioni risultano attualmente superate dal nuovo testo dell'art. 1130, n. 6), c.c. che - come sopra rilevato - impone all'amministratore di condominio di istituire (e tenere aggiornato) il registro dell'anagrafe condominiale.

Il versante della sicurezza

Tuttavia, anche nella nuova impostazione delineata dalla l. n. 220/2012, era soprattutto il versante della sicurezza quello che destava maggiore preoccupazione e caos, in quanto, approfittando della vacatio legis di sei mesi, gli amministratori solerti avevano inviato appositi questionari ai condomini al fine di monitorare la situazione dei rispettivi appartamenti di proprietà esclusiva, ricevendo, però, comunicazioni (in buona o in mala fede) incomplete o, nella migliore delle ipotesi, inesatte perché per lo più tratte dalla percezione personale piuttosto che da attestazioni di tecnici abilitati (si era, tra l'altro, posta la questione se si potesse assolvere a tale incombente mediante una mera autocertificazione da parte dell'interessato).

In particolare, l'adempimento non si rilevava in linea con l'inquadramento della figura dell'amministratore, pur sempre volta alla conservazione delle parti “comuni” dello stabile, anche se risultava coerente, sul versante sistematico, con il disposto dell'art. 1122 c.c. come era emerso nei lavori parlamentari, laddove si contemplava un potere ispettivo, in capo all'amministratore, anche all'interno dei singoli appartamenti, con tanto di verifiche, accessi, autorizzazioni del magistrato, sanzioni, ecc.

Quest'ultima norma è stata (per fortuna) abortita lungo il cammino riformatore, permanendo però l'obbligo in capo al condomino, pur contemplato dal medesimo art. 1122 c.c., di notiziare preventivamente l'amministratore circa le opere eseguite all'interno del proprio appartamento anche qualora non rechino pregiudizio alla stabilità/sicurezza/decoro dell'edificio (“in ogni caso”), con l'onere di quest'ultimo di “riferirne all'assemblea” (debitamente convocata, e non solamente ai singoli condomini).

Le parti comuni dell'edificio

In forza dell'art. 1, comma 9, lett. c), del decreto-legge n. 145/2013 (c.d. destinazione Italia), convertito, con modificazioni dalla legge n. 9/2014, all'art. 1130, n. 6), c.c. di cui sopra, dopo le parole “nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza”, sono inserite le seguenti: “delle parti comuni dell'edificio”, escludendo così che tali condizioni afferiscano alle unità immobiliari esclusive.

Premesso che, per “parti comuni”, è ragionevole ritenere che si sia voluto interessare non solo la struttura edilizia dello stabile (fondazioni, scale, lastrico, ecc.), ma anche gli impianti in essa allocati (ascensore, centrale termica, riscaldamento, autoclave, fogne, fili elettrici, citofono, antenne, condutture, ecc.), vale la pena soffermarci sul sostantivo (“dato”) e sull'aggettivo (“ogni”).

Il termine “dato” sembra correlarsi al concetto di “informazione” (sfogliando un qualsiasi dizionario, ci si riferisce alla notizia raccolta e comunicata per un utilizzo pratico ed immediato); d'altronde, tale interpretazione risulta avvalorata dallo stesso testo del n. 6) dell'art. 1130 c.c., dove, in prosieguo, si raccomanda che “ogni variazione dei dati” va soltanto comunicata all'amministratore e quest'ultimo, in caso di inerzia/mancanza/incompletezza della suddetta comunicazione, richiede all'interessato le “informazioni” necessarie, potendo sempre, qualora il sollecito non abbia sortito gli effetti sperati, acquisire le “informazioni”, addebitandone i costi ai responsabili.

Da ciò consegue che esula dall'obbligo della regolare tenuta/aggiornamento dell'anagrafe condominiale quello di allegare la “documentazione” inerente la sicurezza dell'edificio, tanto che lo stesso n. 6) non utilizza il verbo “allegare” a proposito di tale registro (sarebbe stato più corretto, in una diversa prospettiva, utilizzare espressioni del tipo “ogni documento” relativo alla sicurezza o, in caso di mutamenti, stabilire che ogni variazione venga “trasmessa” all'amministratore).

Peraltro, quando il legislatore ha voluto riferirsi a tale preciso incombente lo ha fatto espressamente, come nell'art. 1129, comma 8, c.c. allorché prescrive all'amministratore cessato dall'incarico di consegnare tutta la “documentazione” in suo possesso, o all'art. 1130, n. 8), c.c. obbligando lo stesso amministratore a conservare tutta le “documentazione” inerente la propria gestione.

Comunque, se si concorda nell'escludere che il registro debba contenere la documentazione di cui sopra, si presume che i dati presuppongano che l'amministratore sia in possesso, sia pure altrove, della stessa documentazione (ad esempio, il registro indicherà che l'impianto elettrico è a norma o che l'ascensore è stato oggetto della revisione, ma l'amministratore dovrà avere con sé, anche al fine del suddetto passaggio delle consegne, la dichiarazione di conformità o il contratto di manutenzione).

In ordine all'aggettivo “ogni” (dato), la locuzione usata è volutamente generica, e sembrerebbe richiedere all'amministratore di preoccuparsi non solo a raccogliere, nel suddetto registro dell'anagrafe condominiale, le informazioni già a sua disposizione, ma anche di attivarsi, presso gli uffici competenti, per acquisire tutti i dati riguardanti la sicurezza lato sensu dell'edificio, che potrebbero coinvolgere, ad esempio, la conformità e rispondenza degli impianti (d.m. n. 37/2008) o l'agibilità del fabbricato (d.lgs. n. 380/2001), ma anche il cancello motorizzato, il luogo di lavoro del portiere e, persino, l'altalena nel parco attrezzato.

La portata generale dell'obbligo di nuovo conio potrebbe indurre a ritenere che l'amministratore debba effettuare, in via preliminare, una sorta di inventario delle parti/impianti comuni riguardo all'osservanza dei prescritti standard di sicurezza, e, poi, monitorare costantemente la situazione per individuare eventuali rischi o analizzare potenziali pericoli, da segnalare tempestivamente ai condomini, salvo sempre il suo potere/dovere di vigilanza ed intervento (urgente o pianificato) desumibile dall'obbligo di compiere gli “atti conservativi” delle stesse parti comuni in forza dell'invariato precetto di cui all'art. 1130, n. 4), c.c.

In evidenza

A tale obbligo di “curare” la tenuta del registro dell'anagrafe condominiale (nel senso sia di redazione ex novo che di aggiornamento periodico), corrisponde, per un verso, in caso di inottemperanza (prevista espressamente come “grave irregolarità”), l'eventualità che lo stesso amministratore possa essere revocato dall'autorità giudiziaria ai sensi dell'art. 1129, comma 12, n. 7), c.c., e, per altro verso, il diritto dei condomini di prenderne visione (gratis) ed estrarne copia (a pagamento), sia pure previa indicazione, da parte dello stesso amministratore al momento della sua nomina in forza dell'art. 1129, comma 2, c.c., delle modalità (di luogo e di tempo) in cui tale iniziativa sia realizzabile.

Le prospettive future

Nell'ottica di cui sopra, si è chiesti se, all'interno del registro dell'anagrafe condominiale, o in quel sub registro dell'anagrafe della sicurezza - meglio noto con l'acronimo R.A.S. - possa ricomprendersi quel fascicolo del fabbricato che … uscito dalla porta, rientrerebbe quindi dalla finestra.

Va ricordato, in proposito, che le varie leggi regionali che avevano reso obbligatorio tale fascicolo del fabbricato sono cadute tutte sotto la scure dei giudici della Consulta.

I profili di incostituzionalità hanno interessato, da un lato, il conflitto di attribuzione, attenendo la materia alla competenza esclusiva allo Stato (trattandosi di protezione civile e incolumità delle persone non rientrante ex art. 117 Cost. nelle prerogative legislative delle Regioni), e, dall'altro, l'imposizione ai privati di oneri eccessivamente gravosi che comportavano, anche a carico dei proprietari di più modeste condizioni economiche, l'obbligo di ricorrere ad una pluralità di professionisti (ponendosi in contrasto con l'art. 3 Cost. sotto il profilo delle disparità di trattamento e del principio di ragionevolezza, e con l'art. 42 Cost. dove si contemplavano limiti alla proprietà privata non necessari ad assicurarne la funzione sociale).

Nonostante ciò, specie sull'onda emotiva dei recenti eventi sismici che hanno coinvolto il centro Italia, si riaffacciano periodicamente varie iniziative parlamentari volte ad istituire il fascicolo del fabbricato (che non sembra un mero raccoglitore di “dati” ma piuttosto di documenti, quasi una sorta di CTU).

Quest'ultimo sarebbe la “carta d'identità” dell'immobile da redigersi, con regolare cadenza, da parte del proprietario dell'edificio o dall'amministratore qualora lo stabile è in regime condominiale.

Su tale fascicolo, dovrebbero annotarsi tutte le informazioni relative all'edificio di tipo identificativo, progettuale, strutturale, impiantistico, ambientale, urbanistico, ecc., allo scopo di pervenire ad un idoneo quadro conoscitivo dello stabile, partendo dalle fasi costruttive e riportando anche le eventuali modifiche apportate rispetto alla configurazione originaria, con particolare riferimento alle componenti statiche e funzionali (tale fascicolo potrebbe essere propedeutico al rilascio di autorizzazioni o certificazioni relative al fabbricato, oltre che obbligatorio in caso di compravendita o rinnovo di contratti di locazione).

Non si disconosce che una gran parte dei condominii in Italia è “vulnerabile”, nel senso che, in disparte i rischi sismici, lo stabile in sé, sia storico che costruito in cemento armato da oltre cinquant'anni, ha forse oramai terminato il suo “ciclo vita edilizio”, ma occorre che la spesa per dotarsi di questa eventuale “fotografia aggiornata” del fabbricato goda di adeguate detrazioni fiscali (e in questa meritevole ottica, anche preventiva, si inquadra il c.d. sisma bonus contemplato nella recente legge di stabilità 2017).

Dunque, in mancanza di un'assunzione di oneri da parte delle Amministrazioni pubbliche, che potrebbero finanziare (in tutto o in parte) gli interventi necessari per superare le “criticità statiche” dell'edificio, l'eventuale introduzione obbligatoria del fascicolo del fabbricato non deve tradursi in una (ennesima) nuova tassa, un nuovo balzello a carico dei proprietari di immobili, ma dovrebbe costituire soltanto un adempimento finalizzato a prevedere il “comportamento” dello stabile in caso di calamità naturali e, nella consapevolezza dei livelli di rischio e dello stato di conservazione e/o degrado dell'immobile, dovrebbe consentire l'attuazione delle idonee operazioni di “messa in sicurezza”, favorendone la manutenzione programmata.

I profili attinenti alla privacy

Il Garante della privacy è intervenuto di recente per dirimere alcuni dubbi operativi che erano sorti a seguito delle novità apportate dall'entrata in vigore il 18 giugno 2014 della l. n. 220/2012 di riforma della normativa in materia di condominio (v. newsletter n. 387 del 23 aprile 2014, in www.garanteprivacy.it).

Nello specifico, la suddetta Authority, al fine di conciliare le esigenze di trasparenza della gestione condominiale e di riservatezza delle posizioni dei singoli partecipanti, ha stabilito che il condomino non deve fornire prove documentali delle informazioni rese all'amministratore per la tenuta del registro di anagrafe condominiale.

Si è sopra rilevato che l'art. 1130, n. 6), c.c. contempla, tra le attribuzioni dell'amministratore, quella di curare la tenuta del registro dell'anagrafe condominiale, che deve contenere i dati anagrafici dei condomini, ma anche di tutti coloro che, quali usufruttuari, conduttori o comodatari, vantano diritti reali o personali di godimento aventi ad oggetto singole unità abitative del fabbricato; di ciascuno di questi soggetti, si dovranno ottenere le generalità, “comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare”.

Rimangono ferme le prescrizioni più volte indicate dallo stesso Garante della privacy in ordine alle operazioni di trattamento di dati personali effettuate nell'àmbito delle attività connesse all'amministrazione condominiale (v., soprattutto, il provvedimento del 19 maggio 2006).

In particolare, in virtù del principio di “liceità”, di cui all'art 11 del d.lgs. n. 196/2003 (c.d. Codice della privacy), possono formare oggetto di trattamento da parte dell'amministratore - quale responsabile ai sensi degli artt. 4, comma 1, lett. g), e 29 - le sole informazioni personali “pertinenti” rispetto allo svolgimento delle attività di gestione delle parti comuni ed idonee a determinare le posizioni di dare-avere dei singoli partecipanti (siano essi proprietari o usufruttuari).

In questa prospettiva, le informazioni trattate possono, altresì, riferirsi a ciascun partecipante, individualmente considerato, sempre, però, in quanto “necessarie” ai fini dell'amministrazione comune: rientrano in tale àmbito sicuramente i dati anagrafici e gli indirizzi dei condomini - ora espressamente previsti dal novellato art. 1130, n. 6), c.c. - elementi la cui conoscenza risulta indispensabile per consentire la regolare convocazione dell'assemblea; parimenti, possono formare oggetto di lecito trattamento le quote millesimali attribuite a ciascuno dei condomini, rilevanti per la determinazione degli oneri contributivi nonché per l'individuazione dei quorum occorrenti alla formazione della volontà assembleare.

Invece, solo in presenza del consenso dell'interessato - salvo l'eventuale loro previo inserimento in appositi elenchi pubblici - potranno inserirsi nel suddetto registro le informazioni relative alle utenze telefoniche intestate ai singoli partecipanti.

Al riguardo, il Garante della privacy ha, da ultimo, ribadito che l'amministratore può acquisire le informazioni che consentono di identificare e contattare i singoli partecipanti al condominio - siano essi proprietari, usufruttuari, conduttori o comodatari - chiedendo le generalità comprensive di codice fiscale, residenza o domicilio, del pari può chiedere i dati catastali della singola unità immobiliare (sezione urbana, foglio, particella, subalterno, ecc.), tuttavia, non può chiedere, perché risulterebbe “eccedente”, copia della relativa documentazione, come, ad esempio, l'atto di compravendita in cui sono riportati tali dati.

Mette punto rammentare, al contempo, che le variazioni dei suddetti dati devono essere comunicate all'amministratore “in forma scritta” entro 60 giorni dal loro verificarsi: quest'onere di comunicazione fa il paio con i commi 4 e 5 del riformato art. 63 disp. att. c.c., in forza dei quali, fermo l'obbligo solidale di pagamento dei contribuiti dell'anno in corso e di quello precedente, gravante su chi subentri nei diritti di un condomino, chi ceda tali diritti su unità immobiliari resta ora obbligato solidalmente con l'avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all'amministratore “copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto”.

In quest'ottica, i contratti di cessione dei diritti di condominio mantengono, secondo regola, natura consensuale, nel senso che il loro perfezionamento consegue al solo scambio del consenso tra il precedente condomino cedente ed il condomino subentrante cessionario, tuttavia la comunicazione della variazione della titolarità della porzione esclusiva - non solo per iscritto, per l'annotazione nel registro dell'anagrafe, ma accompagnata dalla trasmissione di copia autentica dell'atto di proprietà - diviene necessaria al fine di garantire la liberazione dell'alienante dall'obbligo di contribuzione alle spese condominiali.

La comunicazione della variazione soggettiva deve essere compiuta entro 60 giorni dal verificarsi della vicenda traslativa e non può utilmente assumere forma diversa da quella scritta, della quale dovrà reputarsi elemento essenziale la sottoscrizione; non sono, tuttavia, prescritte modalità specifiche di trasmissione, sicché essa può avvenire pure in modo indiretto, purché chiaro e idoneo allo scopo; in quest'ottica, la forma della raccomandata postale può dirsi consigliata se non altro perché assicura la conoscenza da parte dell'amministratore e conferisce certezza della tempestiva comunicazione.

Casistica

CASISTICA

Disposizione del regolamento

In tema di assemblea condominiale, deve essere convocato il vero proprietario della porzione immobiliare e non anche colui che si sia comportato, nei rapporti con i terzi, come condomino senza esserlo, difettando nei rapporti tra il condominio ed i singoli partecipanti ad esso le condizioni per l'operatività del principio dell'apparenza del diritto, che è volto essenzialmente all'esigenza di tutela dei terzi in buona fede, fra i quali non possono considerarsi i condomini; d'altra parte, non è in contrasto, ma anzi in armonia con tale principio, la norma del regolamento condominiale che, imponendo ai condomini di comunicare all'amministratore i trasferimenti degli immobili di proprietà esclusiva, ha lo scopo di consentire la corretta convocazione dei soggetti legittimati a partecipare all'assemblea condominiale (nella specie, è stata dichiarata illegittima la delibera approvata dall'assemblea alla quale non aveva partecipato la proprietaria di un'unità immobiliare, essendo stata la relativa convocazione inviata al marito il cui nominativo era indicato nell'elenco dei condomini) (Cass. civ., sez. II, 9 febbraio 2005, n. 2616).

Principio dell'apparenza

In caso di azione giudiziale dell'amministratore del condominio per il recupero della quota di spese di competenza di un'unità immobiliare di proprietà esclusiva, legittimato passivo è esclusivamente il proprietario di detta unità, e non chi possa apparire tale, non sussistendo le condizioni per l'operatività del principio dell'apparenza del diritto, avuto riguardo sia al fatto che tale istituto è strumentale essenzialmente ad esigenze di tutela dei terzi in buona fede, non riscontrabili nei rapporti tra condominio e singoli condomini, sia alla natura non processuale dell'istituto, sia al sistema delle garanzie del credito (Cass. civ., sez. un., 8 aprile 2002, n. 5035).

Morte del condomino

In tema di convocazione dell'assemblea condominiale, l'amministratore, il quale sia a conoscenza del decesso di un condomino, non è tenuto ad inviare alcun avviso ai di lui eredi, fino a quando questi non gli manifestino la loro qualità (nella specie, la si è confermata, correggendone la motivazione ex art. 384, comma 2, c.p.c., la sentenza di merito che aveva escluso la nullità dell'assemblea condominiale e delle relative delibere in base al rilievo che, avendo l'amministratore comunicato l'avviso di convocazione impersonalmente agli eredi del condomino defunto presso il domicilio di uno di loro, poteva presumersi, in considerazione della comunanza di interessi e dello stretto legame di parentela, che la comunicazione stessa fosse stata portata a conoscenza anche degli altri eredi) (Cass. civ., sez. II, 22 marzo 2007, n. 6926).

Revoca giudiziale dell'amministratore

In tema di revoca giudiziale, deve ritenersi che non integri mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari ex art. 1129, comma 12, n. 2) c.c. il comportamento dell'amministratore condominiale che - a fronte dell'intervenuta sospensione giudiziale di delibera assembleare con cui era stata decisa la chiusura dell'impianto di riscaldamento centralizzato - non sia nelle condizioni di dare immediata attuazione all'accensione del riscaldamento centralizzato stesso, attesa la mancanza di denaro per l'acquisto di combustibile, per avere l'assemblea - con delibera non impugnata sul punto - eliminato dal bilancio preventivo le voci di spesa relative al riscaldamento; parimenti, deve ritenersi che non integri motivo di revoca ex art. 1129, comma 12, n. 7), c.c. il comportamento dell'amministratore che - a soli pochi mesi dall'entrata in vigore della riforma che ha introdotto all'art. 1130, n. 6), c.c. l'obbligo di tenere il registro dell'anagrafe condominiale, senza però stabilire espressamente un termine - si sia attivato con una lettera ai condomini per richiedere le informazioni necessarie alla tenuta del registro medesimo (Trib. Udine 22 dicembre 2014).

Guida all'approfondimento

Chiesi, L'apparenza del diritto alla prova del registro dell'anagrafe condominiale, in Condominioelocazione.it.;

Tortorici, Il registro anagrafe condominiale - Compiti e poteri dell'amministratore, in Amministr. immobili, 2016, fasc. 207, 20;

Gallucci, Anagrafe condominiale ovvero la banca dati dei condomini e delle unità immobiliari, in Immob. & proprietà, 2013, 699;

Salciarini, Anagrafe condominiale e doveri dell'amministratore di condominio - Un'indagine sulle fonti, in Arch. loc. e cond., 2001, 556.

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