In rassegna gli aspetti fiscali del DEF
13 Maggio 2019
Premessa
Il Documento di Economia e Finanza (DEF) costituisce il principale strumento di programmazione della politica economica del Governo. Il DEF va trasmesso entro il 10 aprile alle Camere, ciascuna delle quali si esprime sul Documento con apposita risoluzione dell'Aula. L'esame del DEF 2019 è stato avviato con qualche giorno di ritardo - il 15 aprile - dalle Commissioni Bilancio di Camera e Senato; le due assemblee non si sono ancora pronunciate, ma non dovrebbero esserci soprese alla luce del dibattito svoltosi nelle commissioni parlamentari. Benché sia la legge di bilancio l'asse normativo della politica fiscale e non sempre sia un fedele specchio degli intendimenti talora necessariamente generici del Documento, anche per il cambiamento sempre più accelerato ed imprevedibile, negli ultimi tempi, degli indicatori economici, il DEF dovrebbe essere in sostanza l'asse portante programmatico delle politiche economiche del governo. Vogliamo qui concentrarci sugli aspetti fiscali di tali politiche, almeno nel quadro previsionale in cui il DEF si muove. Flat tax
Il documento esordisce (pag. VI) con l‘evocazione della discussa flat tax, che espressamente cita come elemento costitutivo della prossima legge di bilancio, in linea con il Contratto di Governo, e nel quadro di una generale semplificazione del sistema fiscale. L'obbiettivo sociale enunciato è di alleviare l'imposizione a carico dei ceti medi, sebbene la flat tax, almeno nella sua accezione classica, non sia esattamente lo strumento per alleggerire il carico fiscale sui ceti medi. Nessun dato specifico è qui però indicato, quindi al momento – a parte le voci che circolano – nel documento ufficiale della programmazione economica non ci sono aliquote da cui trarre il regime effettivo della tassa e verificare se è piatta in senso proprio o articolata su più aliquote.
Green finance
A pag. VII si fa riferimento anche alla “green finance” come elemento importante per la crescita economica, il che fa pensare a misure di sostegno a tale settore. La definizione di green finance indica infatti un gruppo eterogeneo di investimenti che coinvolgono progetti e prodotti finanziari che incoraggiano lo sviluppo di un'economia sostenibile. La finanza green riguarda infatti sia prodotti e progetti direttamente legati al clima, che vengono indicati con la locuzione di “climate finance”, sia prodotti di tipo finanziario tradizionale (azioni, bond, fondi di investimento in infrastrutture, pubblici e privati) in differenti settori: impianti per la produzione di energie rinnovabili, misure ed investimenti finalizzati all'edilizia a risparmio energetico, risorse finalizzate alla protezione della biodiversità e sostegno ad una gestione dei rifiuti sempre più ecocompatibile. Non è dato sapere, dal DEF, in quale specifica direzione prioritariamente si muoverà la legge di bilancio; vista la generica evocazione del settore, è ipotizzabile al momento intanto l'iterazione delle misure già in atto. Alleggerimento del carico fiscale
Il Governo - prosegue il DEF (pag. VIII) - intende proseguire sulla strada dell'alleggerimento del carico fiscale e della destinazione di maggiori risorse a favore delle famiglie, con particolare riguardo a quelle numerose e con componenti in condizione di disabilità. Iniziative future verteranno prioritariamente sul riordino dei sussidi per la natalità e la genitorialità, la promozione del welfare familiare aziendale, il miglioramento del sistema sanitario e delle relative infrastrutture. Sul versante della competitività, l'economia italiana sarà rafforzata dal miglioramento del contesto produttivo indotto dalla riduzione dei costi per le imprese, sia di tipo fiscale, sia più in generale inerenti al sistema burocratico. Dopo tali enunciazioni nella parte introduttiva del documento, la parte più tecnica non sembra conseguente compiutamente a tali ambiziosi obbiettivi, o almeno non li prevede se non in futuro e senza dare indicazioni certe. Infatti “la legislazione vigente in materia fiscale viene confermata nell'attesa di definire misure alternative nel corso dei prossimi mesi, in preparazione della Legge di Bilancio 2020. Si prevedono, inoltre, aumenti aggiuntivi delle entrate nel 2021 e nel 2022, che deriverebbero principalmente da misure volte a rafforzare il contrasto all'evasione fiscale. In aggiunta alle misure dal lato delle entrate, sarà anche attuato un programma di revisione organica della spesa pubblica, con effetti crescenti nel tempo.” (DEF, pag. 7) Improbabile dunque, a legislazione invariata 2019 e misure che aumenteranno il carico fiscale nel biennio 2020/2021, che si registrino queste nuove misure di sostegno ad obiettivi pur sicuramente condivisibili. Le dinamiche delle entrate tributarie
Si prevede infatti un calo delle entrate tributarie a legislazione vigente al 28,5 per cento del PIL per il 2019, ma un aumento al 29,4 per cento per ciascuno degli anni 2020 e 2021, ed una futura ulteriore diminuzione, ma solo al 29,2 per cento, cioè sempre più di adesso, nell'anno successivo.
In realtà la riduzione del 2019, come lo stesso DEF afferma, sconta gli effetti dei provvedimenti introdotti con la Legge di Bilancio 2019, che ha previsto, tra l'altro, la disattivazione delle clausole di salvaguardia, l'estensione dell'ambito di applicazione del regime forfettario agevolato e la tassazione a favore delle imprese che reinvestono gli utili in beni strumentali e per l'incremento dell'occupazione nonché l'aumento della deducibilità̀ dell'IMU sugli immobili strumentali e la proroga al 2019 delle detrazioni fiscali delle spese destinate all'efficientamento energetico. Negli anni seguenti, la dinamica delle entrate tributarie risente delle disposizioni che hanno aggiornato dal 2020 gli aumenti automatici dell'IVA e delle accise, e anche l'obbligo della trasmissione elettronica dei corrispettivi all'Agenzia delle Entrate, nonché accordato la definizione agevolata delle contestazioni fiscali e delle controversie tributarie pendenti.
In base alla legislazione vigente, le imposte indirette in rapporto al PIL saliranno dal 14,5 per cento nel 2019 al 15,6 per cento nel 2020 e al 15,7 per cento nel 2021, mentre torneranno sul livello del 15,6 per cento nel 2022. Le imposte dirette nel 2019 segneranno un lieve calo dello 0,1 per cento ma nel 2020 riprenderanno la crescita. In rapporto al PIL, tuttavia, passeranno dal 14,0 per cento nel 2019 al 13,5 per cento del PIL a fine periodo. In una prudente nota in calce al testo, il DEF evidenzia che rispetto alla legislazione vigente si determinano effetti finanziari pari a circa 23 miliardi nel 2020 (circa 1,3 punti percentuali di PIL) e a 28,7 miliardi a decorrere dal 2021. I contributi sociali sono stimati anch'essi crescere del 2,4 per cento nel 2019, mentre nel 2020 e 2021 la crescita rallenterà, con tassi di crescita pari all'1,5 per cento e all'1,7 per cento. Nel 2022 sono previsti crescere ad un ritmo più sostenuto, pari al 2,1 per cento.
Tale andamento è l'effetto congiunto dell'andamento dei redditi da lavoro dipendente, del venir meno degli effetti economici delle misure di esonero contributivo previste dalle Leggi di Stabilità 2015 e 2016 per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, degli interventi di agevolazione per le assunzioni di giovani introdotti con la Legge di Bilancio 2018 e ai provvedimenti previsti dalla Legge di Bilancio 2019 in materia di occupazione. In rapporto al PIL, i contributi sociali saliranno al 13,5 per cento nel 2019 per scendere gradualmente al 13,2 per cento nel 2022. Non meno interessante è la previsione della pressione fiscale, che si ipotizza ridursi di 0,1 punti percentuali nel 2019, collocandosi al 42,0 per cento del PIL. Nel 2020 e 2021 è prevista una ripresa al 42,7 per cento e un successivo calo al 42,5 per cento alla fine del periodo. La dinamica di crescita dal 2020 sconta gli effetti della prevista attivazione della clausola di salvaguardia, che non a caso il Ministro Tria ha dichiarato al momento misura necessaria in mancanza di nuove e diverse entrate o di una robusta riduzione delle uscite.
Stupisce che, nonostante il DEF espressamente ammetta che la manovra di finanza pubblica e i primi provvedimenti intrapresi nel 2019 comportino un incremento dell'indebitamento netto di circa 11,5 miliardi nel 2019, 14,4 miliardi nel 2020 e 9,2 miliardi nel 2021, non siano state già previste entrate anche solo parzialmente corrispondenti, segno che l'idea rimane quella di finanziare a deficit le maggiori spese, fidando su una ormai in verità assai improbabile crescita economica e una nuova trattativa in sede europea. Anche in termini di fabbisogno, è previsto un peggioramento di circa 12,8 miliardi nel 2019, 15,6 miliardi nel 2020 e 9,5 miliardi nel 2021. Sul bilancio dello Stato si determina un aumento del saldo netto da finanziare di circa 19,5 miliardi nel 2019 e 14,3 miliardi nel 2020 e nel 2021.
Gli interventi a sostegno della crescita economica
Sul piano contabile, le coperture finanziarie (maggiori entrate e minori spese) della manovra di finanza pubblica ammontano a circa 29,7 miliardi nel 2019, 34,9 miliardi nel 2020 e 40,3 miliardi nel 2021. Gli interventi (minori entrate e maggiori spese), pari a circa 41,2 miliardi nel 2019, 49,4 miliardi nel 2020 e 49,5 miliardi nel 2021, sono finalizzati a sostenere la crescita economica, attraverso la riduzione della pressione fiscale e il rilancio degli investimenti pubblici e privati e a prevedere nuove misure in materia di previdenza e inclusione sociale, le cui modalità̀ attuative sono definite con il Decreto Legge n. 4/2019, tramite l'impiego di risorse stanziate con la manovra in appositi fondi del bilancio dello Stato. Secondo il DEF, alcuni interventi previsti ed attuati nel corso del 2019 sarebbero sostanzialmente neutrali come effetto sui saldi di finanza pubblica. Tra questi vengono enumerati il D.L. n. 1/2019 (convertito con modificazioni dalla L. n. 16/2019, recante misure urgenti a sostegno della Banca Carige S.p.a. - Cassa di Risparmio di Genova e Imperia), il D.L. n. 22/2019 (misure urgenti per assicurare sicurezza, stabilità finanziaria e integrità dei mercati, nonché tutela della salute e della libertà di soggiorno dei cittadini italiani e di quelli del Regno Unito, in caso di recesso di quest'ultimo dall'Unione europea) e il D.L. n. 27/2019, recante disposizioni urgenti in materia di rilancio dei settori agricoli in crisi e di sostegno alle imprese agroalimentari colpite da eventi atmosferici avversi di carattere eccezionale e per l'emergenza nello stabilimento Stoppani, sito nel Comune di Cogoleto.
Appare improbabile che si tratti di misure non incidenti totalmente sui saldi di finanza pubblica. Pure neutrali sul saldo di bilancio delle Amministrazioni centrali nel 2019, con riferimento ai sottosettori della PA, sarebbero anche la manovra e il Decreto-legge n. 4/2019, ed anzi comporterebbero un miglioramento di circa 3,6 miliardi nel 2020 e 8,5 miliardi nel 2021, dipendente in larga parte dalla disattivazione delle clausole di salvaguardia per l'anno 2019 e dalla loro rideterminazione a decorrere dal 2020.
Altri dati non positivi, ma presentati con una finalità che li renda accettabili, sono l'aumento del disavanzo delle Amministrazioni locali, di circa 1,2 miliardi nel 2019, 4,3 miliardi nel 2020 e 4,0 nel 2021, giustificato perché “da imputare essenzialmente alle disposizioni dirette a stimolare il rilancio degli investimenti degli Enti territoriali” e un impatto fortemente peggiorativo sul deficit degli Enti di previdenza, per circa 10,3 miliardi nel 2019, 13,8 miliardi nel 2020 e 13,7 nel 2021, a seguito della previsione di nuove modalità̀ di pensionamento anticipato dei lavoratori e all'istituzione del reddito di cittadinanza. Un enorme aumento del debito, che - trattandosi di misure stabili - rischia di divenire negli anni voragine e sicuramente – dato l'importo enorme – in parte a carico della fiscalità generale ed in parte a carico del sistema previdenziale medesimo (cioè, delle generazioni, specie giovani, che al momento versano la contribuzione previdenziale). Non ci sono però nel DEF proiezioni di aumento per gli anni futuri delle entrate previdenziali in relazione a tali accertate misure di spesa. In cambio, nel breve orizzonte i dati sono positivi: è prevista la completa disattivazione per il 2019 delle cosiddette clausole di salvaguardia (aumenti automatici delle aliquote IVA e delle accise sui carburanti) per complessivi 12,5 miliardi. Si estende l'ambito di applicazione del regime fiscale forfettario agevolato, elevando a 65.000 euro la soglia di ricavi e compensi per l'accesso (in termini netti, 0,3 miliardi nel 2019, 1,8 miliardi nel 2020 e 1,4 miliardi nel 2021) e, a favore degli imprenditori individuali e degli esercenti arti e professioni che percepiscono compensi compresi tra 65.000 e 100.000 euro, si introduce un'imposta sostitutiva delle attuali imposte sul reddito, con aliquota unica al 20 per cento (circa 0,1 miliardi nel 2020 e a 1,13 miliardi nel 2021). Gli interventi a sostegno delle imprese
A beneficio delle imprese è prevista una tassazione agevolata al 15 per cento sulla parte di reddito corrispondente agli utili reinvestiti in azienda per l'acquisto dei soli beni materiali strumentali (ad esclusione degli immobili e veicoli non strumentali) e per l'incremento dell'occupazione a tempo determinato e indeterminato (circa 1,9 miliardi nel 2020 e 1,8 miliardi nel 2021). Viene disposto, inoltre, l'aumento dal 20 per cento al 40 per cento della deducibilità̀ ai fini IRES e IRPEF dell'IMU versata per gli immobili strumentali (0,3 miliardi nel 2020 e 0,2 miliardi nel 2021).Per favorire la competitività̀ e lo sviluppo sono prorogate al 2019 le detrazioni fiscali per le spese relative agli interventi di efficientamento energetico, ristrutturazione edilizia, acquisto mobili e sistemazione a verde (circa 0,6 miliardi nel 2020 e 0,9 miliardi nel 2021), le agevolazioni riguardanti gli investimenti in beni materiali strumentali nuovi e immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica delle imprese (c.d. iperammortamento), prevedendo al contempo una rimodulazione del beneficio fiscale riconosciuto, e quelle inerenti l'acquisto di beni immateriali strumentali rientranti nella categoria di particolari software (c.d. superammortamento) con un effetto complessivo di circa 0,4 miliardi nel 2020 e 0,8 miliardi nel 2021. È prevista, inoltre, limitatamente al triennio 2019-2021, la riduzione delle tariffe dei premi contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali gestite dall'INAIL (in termini netti, circa 0,4 miliardi nel 2019 e nel 2020 e 0,5 miliardi nel 2021).
Gli interventi in ambito previdenziale e assistenziale ed internazionale
In ambito previdenziale e assistenziale si prevede l'istituzione di appositi fondi finalizzati, rispettivamente, all'introduzione del reddito di cittadinanza e della pensione di cittadinanza (circa 7,1 miliardi nel 2019, 8,1 miliardi nel 2020 e 8,2 miliardi nel 2021), e alla definizione di ulteriori modalità̀ di pensionamento anticipato (circa 4 miliardi nel 2019, 8,3 miliardi nel 2020 e 8,7 miliardi nel 2021). Il Decreto-legge n. 4/2019 ha individuato le misure attuative per erogare la spesa. In ambito sociale rifinanziati il fondo per le non autosufficienze e per il caregiver (0,1 miliardi annui dal 2019), quello per le politiche sociali (0,1 miliardi annui dal 2019) quello per le politiche per la famiglia (0,1 miliardi annui dal 2019) e quello per l'assistenza agli alunni con disabilità fisiche e sensoriali (0,1 miliardi annui nel periodo 2019-2021). Esteso al 2019 l'assegno per la natalità - il cosiddetto bonus bebè - (circa 0,2 miliardi nel 2019 e nel 2020).
Nel settore del pubblico impiego sono previste risorse per la contrattazione collettiva nazionale del triennio 2019-2021 e per i miglioramenti economici del personale delle amministrazioni centrali dello Stato (circa 0,7 miliardi nel 2019, 0,9 miliardi nel 2020 e 1,3 miliardi nel 2021 che al netto degli effetti fiscali e contributivi corrispondono a 0,3 miliardi nel 2019, 0,5 miliardi nel 2020 e 0,7 miliardi a decorrere dal 2021) e per le assunzioni di personale del settore statale (considerando anche gli oneri per l'espletamento delle procedure concorsuali circa 0,3 miliardi nel 2019, 0,9 miliardi nel 2020 e 1,1 miliardi nel 2021 che al netto degli effetti fiscali e contributivi corrispondono a 0,1 miliardi nel 2019, 0,5 miliardi nel 2020 e 0,6 miliardi nel 2021).
Per sostenere gli investimenti delle Amministrazioni centrali dello Stato è istituito un apposito fondo, da ripartire con uno o più̀ decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, con un effetto in termini di indebitamento netto di circa 0,4 miliardi nel 2019, 1,2 miliardi nel 2020 e 1,7 miliardi nel 2021 (a fronte di stanziamenti di bilancio dello Stato di circa 43,6 miliardi nel periodo 2019-2033).
Si prevedono, inoltre, spese per la mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico (0,6 miliardi nel 2019, 0,8 miliardi nel 2020 e 0,9miliardi nel 2021) e l'attuazione di un primo stralcio del Piano nazionale di interventi nel settore idrico già previsto dalla Legge di Bilancio del 2018 (0,1 miliardi annui dal 2019 al 2028).
Per rilanciare gli investimenti degli Enti territoriali è previsto lo ‘sblocco' degli avanzi di amministrazione delle Regioni e degli Enti territoriali (0,4 miliardi nel 2020 e 0,7 miliardi nel 2021); la riduzione per gli anni 2019 e 2020 del concorso alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario, disponendo la contestuale assegnazione di un contributo e l'obbligo di conseguire un valore positivo del saldo di bilancio (complessivamente circa 0,8 miliardi nel 2019, 1,7 miliardi nel 2020 e 1 miliardo nel 2021) e altri interventi per complessivi 0,9 miliardi nel 2019, 0,7 miliardi nel 2020 e 1,2 miliardi nel 2021, tra cui rientrano la manutenzione e messa in sicurezza di strade, scuole e le misure di premialità̀ per gli investimenti delle regioni. Sono previste risorse per fronteggiare le emergenze e, in particolare, quelle relative agli eventi sismici e alluvionali degli ultimi anni, interventi per assicurare il sostegno alla popolazione della città di Genova per i danni provocati dal crollo del viadotto Polcevera e misure per la prevenzione del rischio sismico (complessivamente circa 1 miliardo nel 2019, 0,6 miliardi nel 2020 e 2021). Infine, tra gli altri interventi sono rifinanziate, per il 2020, le missioni internazionali per 1,5 miliardi (1,1 miliardi al netto degli effetti fiscali e contributivi) e si introducono nuove misure per il ristoro dei risparmiatori che hanno subito un danno ingiusto a seguito dell'acquisto di strumenti finanziari emessi dalle banche sottoposte ad azione di risoluzione (in termini netti circa 0,05 miliardi nel 2019, 0,3 miliardi nel 2020 e 0,4 miliardi nel 2021 rispetto a corrispondenti stanziamenti di bilancio di circa 0,5 miliardi annui nel triennio), che ora sono già in corso di attuazione, dopo le faticose negoziazioni con la UE sui limiti di un rimborso generalizzato. Requisiti in materia previdenziale
In materia previdenziale si disciplina, in via sperimentale per il triennio 2019-2021, il diritto a conseguire la pensione anticipata in presenza del requisito anagrafico pari a 62 anni e di un'anzianità contributiva minima di 38 anni, disponendo, al contempo, apposite norme che regolano la decorrenza del trattamento e la possibilità di cumulo con i redditi da lavoro e prevedendo il blocco dal 2019 fino al 2026 dell'adeguamento alla speranza di vita del requisito contributivo per l'accesso alla pensione anticipata indipendentemente dall'età anagrafica, con contestuale posticipo di tre mesi dal 2019 della prima decorrenza utile del trattamento pensionistico dalla data di maturazione del requisito contributivo medesimo (complessivamente, considerati anche gli effetti dell'anticipo del TFR dei lavoratori che accedono a tale tipologia di pensionamento anticipato, circa 4,2 miliardi nel 2019, 7,9 miliardi nel 2020 e 8,4 miliardi nel 2021). I soggetti rientranti nel sistema di calcolo contributivo possono riscattare in tutto o in parte, nella misura massima di cinque anni, periodi precedenti non coperti da contribuzione presso forme di previdenza obbligatoria, prevedendo la rateizzazione dei versamenti contributivi fino a 120 mesi e una detraibilità̀ dell'onere del 50 per cento in cinque quote annuali. Viene esteso il regime opzionale di pensionamento anticipato delle donne (c.d. opzione donna) alle lavoratrici che maturano, entro il 31 dicembre 2018 un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un'età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome), con conseguenti effetti finanziari di circa 0,25 miliardi nel 2019, 0,4 miliardi nel 2020 e 0,5 miliardi nel 2021. Si prevede inoltre la proroga al 31 dicembre 2019 dell'APE sociale (circa 0,1 miliardi nel 2019, 0,2 miliardi nel 2020 e 0,17 miliardi nel 2021), la detassazione del trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici (0,2 miliardi complessivi nel biennio 2020-2021) e il blocco dal 2019 fino al 2026 dell'adeguamento alla speranza di vita del requisito contributivo per l'accesso alla pensione anticipata indipendentemente dall'età anagrafica dei lavoratori c.d. ‘precoci', introducendo, anche in questo caso, dal 2019 un regime delle decorrenze con posticipo di tre mesi rispetto alla data di maturazione del requisito contributivo medesimo (circa 0,13 miliardi complessivi nel triennio considerato). Si dispone infine che, per l'anno 2019, il 50 per cento dell'incremento dell'addizionale comunale sui diritti di imbarco sia devoluto a favore del Fondo di solidarietà del trasporto aereo (0,13 miliardi nel 2019). In tali casi il trattamento pensionistico è determinato interamente con il sistema contributivo ed è previsto il posticipo della prima decorrenza utile del trattamento pensionistico medesimo di 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e di 18 mesi per le lavoratrici autonome dalla data di maturazione dei requisiti. Non risulta chiara la sistemazione dei c.d. “esodati”, cioè dei soggetti rimasti, dopo la c.d. Legge Fornero e le reiterate misure degli anni successivi, senza trattamento previdenziale praticabile pur avendo cessato prima della maturazione del diritto a pensione l'attività lavorativa. Reddito di cittadinanza e nuove forme di pensionamento anticipato
Il DEF da molto spazio all'analisi dei provvedimenti già adottati nel 2019, il reddito di cittadinanza e le nuove forme di pensionamento anticipato. Il reddito di cittadinanza (5,6 miliardi nel 2019, 7,2 miliardi nel 2020 e 7,4 miliardi nel 2021) viene descritto correttamente come un sussidio a due componenti: una reddituale, di integrazione del reddito rispetto ad una determinata soglia e una di sostegno alla spesa per i canoni di locazione delle famiglie non proprietarie di immobili. L'importo del beneficio è variabile a seconda della numerosità̀ del nucleo familiare e non può̀ superare complessivamente i 9.360 euro annui (moltiplicato per il corrispondente parametro della scala di equivalenza, ridotto per il valore del reddito familiare), né essere inferiore a 480 euro annui ed ha una durata continuativa massima di 18 mesi, ma rinnovabile dopo un mese di sospensione. Appare evidente già da questi dati la eccessiva forbice fra minimo e massimo e la difficile sostenibilità negli anni, in caso di rinnovo, di una misura da 9.360 euro annui. La prestazione assume la denominazione di pensione di cittadinanza per i nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più̀ componenti di età pari o superiore a 67 anni, adeguata agli incrementi della speranza di vita. In entrambi i casi, i nuclei familiari dei soggetti beneficiari dovranno possedere un indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) inferiore a 9.360 euro, un valore del patrimonio immobiliare, come definito a fini ISEE, non superiore a 30.000 euro e un valore del patrimonio mobiliare, come definito a fini ISEE, non superiore a una soglia di euro 6.000, accresciuto in ragione del numero dei componenti il nucleo familiare. Come ormai ampiamente noto, i beneficiari del reddito di cittadinanza devono aderire a un percorso di reinserimento (lavorativo, di completamento degli studi, di formazione professionale, etc.) e accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue. Nei limiti delle predette risorse autorizzate, previo apposito accantonamento, sono previsti esoneri contributivi per le aziende che assumono un beneficiario del reddito di cittadinanza e incentivi, sia per gli enti di formazione che prendono in carico un beneficiario e lo conducono ad un'effettiva assunzione, sia per i soggetti che avviano un lavoro autonomo nei primi 12 mesi di fruizione della prestazione. Sono adottate apposite disposizioni per consentire l'avvio del reddito di cittadinanza e l'attuazione di un piano straordinario di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro. Per tali finalità̀ si autorizza l'ANPAL Servizi spa a procedere alla stipula di contratti di collaborazione e alla stabilizzazione del proprio personale già dipendente a tempo determinato e vengono incrementate le risorse per il suo funzionamento. Contestualmente sono previste assunzioni di personale, da parte delle regioni e delle province autonome, da destinare ai centri per l'impiego, per i quali viene altresì stabilita una rimodulazione delle risorse precedentemente disposte per il loro potenziamento dalla legge di bilancio (complessivamente gli effetti di tali misure ammontano a circa 0,29 miliardi nel 2019, 0,42 miliardi nel 2020 e 0,3619 miliardi nel 2021, che, al netto degli effetti fiscali e contributivi, corrispondono a circa 0,2 miliardi annui nel 2019 e nel 2020 e a 0,3 miliardi nel 2021). Come si vede, uno strumento di grande ambizione sociale, che non è scopo del presente intervento analizzare in dettaglio, se non per i dati economico-finanziari di sistema che conseguono alla sua attuazione; uno strumento il cui collegamento diretto con il mondo del lavoro e dell'economia, ci limitiamo qui a dire, non è molto nitido e che ha dato già luogo a molte delusioni, anche per gli importi effettivamente erogati, per l'affrettata ed enfatica presentazione di cui era stato oggetto. Contestualmente all'introduzione del reddito di cittadinanza, dal mese di aprile 2019 il reddito di inclusione (REI) non può più essere riconosciuto né rinnovato. Di conseguenza, per il soddisfacimento delle richieste del REI già presentate precedentemente all'entrata in vigore del Reddito di Cittadinanza si determinano oneri per circa 0,3 miliardi nel biennio 2019-2020.
Un capitolo a parte il DEF lo dedica al contrasto all'evasione fiscale. Nel corso del 2018 sono stati riscossi dall'Agenzia delle Entrate oltre 16 miliardi dalle ‘ordinarie' attività di controllo, l'11 per cento in più̀ rispetto al 2017 (14,5 miliardi). Di questi, 11,25 miliardi derivano dai versamenti diretti su atti emessi dall'Agenzia (+10 per cento), circa 1,8 miliardi sono il frutto dell'attività di promozione della compliance (+38 per cento), 3,1 miliardi il recupero derivante dalla riscossione coattiva (+4 per cento) di competenza. Come si vede, il dato della riscossione coattiva è ancora molto esiguo, soprattutto rispetto all'enorme stock di debito tributario esecutivo che il sistema economico ed i privati hanno verso l'Erario, e della cui effettiva determinazione ed esigibilità prima o poi qualcuno dovrà occuparsi seriamente. Variazione negativa invece, del 46 per cento, riferita al recupero derivante da misure ‘straordinarie' pari a 3 miliardi contro i 5,6 del 2017. Di questi, 100 milioni (-87 per cento rispetto al 2017) derivano dalla definizione agevolata delle controversie tributarie, 2,59 miliardi (- 41 per cento rispetto al 2017) derivano dalla ‘rottamazione' delle cartelle riferite all'Agenzia delle Entrate, 300 milioni (- 25 per cento rispetto al 2017) dalla voluntary disclosure e 50 milioni dalla definizione agevolata di cui all'articolo 2 del D.L. n. 119/2018. Complessivamente, nel corso del 2018 l'attività di recupero dell'evasione ha fatto registrare incassi per un ammontare pari a 19,2 miliardi, con una riduzione del 4,5 per cento circa rispetto al 2017. Il dato non meraviglia, sia perché sono ancora in corso le procedure della rottamazione, la ter scadrà il 30 aprile, ma già si parla di una proroga dei termini, sia perché sono terminati gli effetti di talune misure premiali (guai a chiamarle condoni, ma sicuramente incoraggiavano ad una definizione anticipata delle pendenze fiscale, come la Voluntary prima maniera, con prevedibile flop di quella bis) sia infine perché sono stati probabilmente sovrastimati gli effetti di altre misure fra cui, ad esempio, la rottamazione delle liti fiscali. Al netto delle variazioni dovute alle clausole di salvaguardia, gli incrementi delle entrate tributarie risulterebbero pari a circa 5,3 miliardi nel 2020 (rispetto al 2019), a circa 9,4 miliardi nel 2021 (rispetto al 2020) e a circa 8,9 miliardi nel 2022 (rispetto al 2021). Sulla base degli ultimi dati disponibili, relativi al 2016, l'evasione tributaria e contributiva nel DEF è stata stimata in 107.522 milioni, di cui la sola evasione tributaria è pari a 96.330 milioni; in media, nel periodo 2014-2016, l'evasione tributaria e contributiva è pari a 108.977 milioni, e la sola componente tributaria risulta pari a 97.607 milioni. L'incremento del tax gap nel 2016 rispetto al 2015 è pari a 709 milioni, mentre la propensione al gap si è ridotta di 0,1 punti percentuali, passando dal 21,2 per cento nel 2015 al 21,1 per cento nel 2016; in particolare, aumenta di 412 milioni il tax gap dell'IVA e si riduce di 297 milioni quello relativo all'IRAP. Risultano in aumento il tax gap IRES (di circa 989 milioni) e quello dell'IRPEF di circa 1,2 miliardi (con una riduzione di -115 milioni per i lavoratori dipendenti e un aumento di 1,3 miliardi per lavoratori autonomi e imprese). Inoltre, rispetto al 2015, si registrano una riduzione della propensione all'evasione dell'IRPEF, pari a -0,1 punti percentuali sia per lavoratori autonomi e imprese che per i lavoratori dipendenti irregolari, e una riduzione della propensione all'evasione dell'IRAP di 0,4 punti percentuali; la propensione all'evasione dell'IRES, invece, aumenta di 1,8 punti percentuali. Ulteriori miglioramenti del tax gap sono attesi nei prossimi anni a seguito delle nuove misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva introdotte con i più recenti provvedimenti.
Il Governo dichiara di puntare, inoltre, a consolidare la governance dell'amministrazione fiscale, attraverso un rafforzamento del coordinamento generale e un miglioramento della gestione strategica in seno alle Agenzie, in linea con un'impostazione di contrasto all'evasione che privilegi le attività in grado di incentivare l'assolvimento degli obblighi tributari e favorisca l'emersione spontanea delle basi imponibili rispetto ai tradizionali interventi di controllo e accertamento ex post. Questo obiettivo deve essere conseguito anche attraverso la semplificazione e la digitalizzazione degli adempimenti, la riduzione del tax gap e il miglioramento del sistema della riscossione. L'attività di contrasto di fenomeni evasivi ed elusivi degli obblighi fiscali è stata, infine, potenziata anche mediante una sempre più efficace cooperazione amministrativa sul piano internazionale. In particolare, l'entrata in vigore dello standard internazionale (Common Reporting Standard - CRS), per lo scambio automatico di informazioni sulle attività finanziarie detenute all'estero dai contribuenti residenti in ciascuna delle 92 giurisdizioni che hanno aderito, alla data del 17 agosto 2017, ad accordi internazionali, rappresenta uno strumento di grande rilevanza operativa e consente alle amministrazioni fiscali degli Stati aderenti di ricevere informazioni sui conti finanziari detenuti all'estero al 31 dicembre di ogni anno, entro il 1°ottobre dell'anno successivo. L'avvio del primo scambio automatico di dati finanziari tra autorità fiscali è avvenuto nel settembre 2017 tra 47 giurisdizioni che avevano il quadro giuridico nazionale e internazionale in linea con il nuovo standard internazionale. Altre 53 giurisdizioni si sono impegnate a effettuare il primo scambio di informazioni entro il 30 settembre 2018. La rete delle giurisdizioni aderenti al CRS si è successivamente ampliata includendo anche 8 giurisdizioni che si sono impegnate a scambiare entro il 30 settembre 2019 o 2020, oltre a 45 Paesi in via di sviluppo che, pur aderendo alla rete CRS, non hanno ancora definito la data di effettivo avvio dello scambio. Per quanto riguarda l'Italia, la rete internazionale comprende, ad oggi, 103 partner che si sono impegnati a trasmettere i dati CRS. La qualità dei dati è particolarmente elevata tenuto conto degli obblighi di due diligence che impegnano gli intermediari finanziari che inviano le informazioni alle amministrazioni fiscali ad applicare le regole stabilite dallo standard CRS per individuare i beneficiari dei conti finanziari; tali regole sono ispirate alle norme antiriciclaggio internazionali. I dati di fonte estera possono essere utilizzati ai fini dell'analisi del rischio di evasione, mediante l'incrocio con i dati fiscali presenti in Anagrafe tributaria.
Fatturazione elettronica
Il DEF si intrattiene molto sulla fatturazione elettronica, obbligo per tutti i soggetti IVA (B2B) e nei confronti dei consumatori finali (B2C) introdotto con la Legge di Bilancio 2018. La fatturazione elettronica obbligatoria attraverso il Sistema di Interscambio consente all'Amministrazione finanziaria di acquisire in tempo reale le informazioni contenute nelle fatture emesse e ricevute fra operatori, consentendo alle autorità tributarie di effettuare controlli tempestivi e automatici della coerenza fra l'IVA dichiarata e quella versata, e imprimendo un impulso alla digitalizzazione e alla semplificazione amministrativa. Sotto il profilo del contrasto alle frodi IVA, prima dell'introduzione di tale obbligo, servivano circa 18 mesi all'Amministrazione fiscale per accertare l'esistenza di un operatore inadempiente. La disponibilità immediata delle fatture elettroniche consente di ridurre questo lasso di tempo a tre mesi, in modo tale da poter contrastare più rapidamente, rispetto al passato, le possibili ‘catene fraudolente' di operatori economici, incrementando l'efficacia di tali azioni di contrasto. L'effetto atteso dall'introduzione dell'obbligo della fatturazione elettronica è principalmente la riduzione dell'evasione da omessa dichiarazione (evasione senza consenso). L'efficacia di tale strumento può essere attestata dalle prime analisi del rischio basate su e-fatture e dati del portale Fatture e corrispettivi che, in poco più di due mesi del 2019, hanno accertato un complesso sistema di frodi messo in atto attraverso false fatturazioni tra società cartiere, intercettando e inibendo falsi crediti IVA per importi significativi. In aggiunta, la fatturazione elettronica obbligatoria presenta molteplici vantaggi: automatismi degli obblighi di conservazione delle fatture, efficientamento dei processi contabili integrati coi sistemi di fatturazione, disponibilità di dati puntuali (non solo di riepilogo IVA) e in tempo reale, con la possibilità di attivare un confronto pre-dichiarativo costante con i contribuenti, miglioramento della trasparenza mettendo a disposizione le fatture nel portale fatture e corrispettivi presente nel sito internet dell'Agenzia delle Entrate. Il Decreto Fiscale, secondo il DEF, rafforza il quadro legislativo vigente in materia di fatturazione elettronica, prevedendo l'obbligo di memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi all'Agenzia delle Entrate per le transazioni effettuate al consumo finale (B2C). Il nuovo obbligo è previsto dal 1°luglio 2019 per le imprese con un volume d'affari superiore a 400.000 euro e dal 1°gennaio 2020 per le altre imprese. Il Governo con il DEF ha anche evidenziato come con il decreto-legge n. 119 del 2018 (il già citato decreto fiscale) sono state introdotte disposizioni volte ad agevolare la chiusura delle posizioni debitorie aperte, per consentire all'attività di riscossione ordinaria di riprendere con maggiore efficienza. Lo stesso obiettivo viene perseguito con riguardo al contenzioso, favorendo la chiusura delle liti pendenti. Nel 2019 sarà valutata la possibilità di introdurre misure simili anche per le posizioni debitorie delle imprese.
Il medesimo decreto fiscale ha disposto inoltre che dal 1° luglio 2019 il processo telematico diventerà obbligatorio anche in materia tributaria, una giurisdizione che ha un notevole impatto economico per cittadini e imprese: il valore economico delle controversie tributarie attivate nel 2018 è stato pari ad oltre 24 miliardi, mentre il valore dei giudizi pendenti, nei due gradi di giudizio al 31 dicembre del medesimo anno, si attesta a circa 43 miliardi. L'introduzione degli ISA (indici sintetici di affidabilità fiscale), in sostituzione degli studi di settore e dei parametri, risponde alla esigenza di rafforzare il carattere collaborativo della relazione tra fisco e contribuente, incentivando la tax compliance, la trasparenza e il dialogo. Gli ISA sono elaborati con una metodologia basata su analisi di dati e informazioni relativi a più periodi d'imposta e rappresentano, con riferimento al singolo periodo di imposta, il posizionamento di ogni contribuente rispetto all'affidabilità dei suoi comportamenti fiscali. È una media semplice del risultato dell'applicazione degli indicatori elementari di affidabilità e di anomalia ed assume un valore compreso da 1 a 10. La visualizzazione degli esiti dell'applicazione degli indicatori elementari e dell'indice sintetico di affidabilità consente al contribuente, che presenta un grado di affidabilità basso, di modificare per tempo i propri comportamenti al fine di migliorare il proprio profilo contabile e reddituale già in sede di dichiarazione dei redditi, con riflessi anche in ordine all'accesso a molteplici benefici premiali. È previsto, infatti, nei casi di alto grado di affidabilità, un meccanismo di premialità basato su uno o più livelli. Adempimenti attuativi per il completamento della riforma del bilancio dello Stato
Successivamente alla presentazione del Documento di Economia e Finanza 2018 sono proseguiti gli adempimenti attuativi per il completamento della riforma del bilancio dello Stato. In particolare, lo scorso settembre è stato emanato un provvedimento correttivo delle disposizioni riguardanti la struttura del bilancio dello Stato e la disciplina delle gestioni contabili operanti in tesoreria, il D.Lgs. 12 settembre 2018, n. 116, che ha recato modifiche al D.Lgs. 12 maggio 2016, n. 90, e successivamente sono intervenuti il d.P.R. 12 novembre 2018, n. 140, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 299 del 27 dicembre 2018 ed il decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze del 25 maggio 2018, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 210 del 10 settembre 2018. In termini di Pil, gli effetti di maggior gettito atteso dall'attivazione delle clausole di salvaguardia rappresentano circa l'1,3 nel 2020 e l'1,5 per cento negli anni 2021 e 2022. Come in realtà chiarisce anche il dossier redatto dai servizi di Camera e Senato, molte e pesanti sono tuttora le discrasie fra indirizzi europei in materia di tassazione e contenuti degli strumenti interni di politica e legislazione fiscale. In una precisa raccomandazione, infatti, il Consiglio dell'Unione europea dopo avere rilevato che nessun progresso è stato realizzato nel 2018 riguardo all'alleggerimento della pressione fiscale sui fattori produttivi, alla revisione delle agevolazioni fiscali e alla riforma del sistema catastale, mentre progressi limitati si sono avuti nel potenziamento delle fatturazioni e dei pagamenti elettronici obbligatori, raccomanda che si sposti la pressione fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati, e che si intensifichino gli sforzi per ridurre l'economia sommersa, in particolare potenziando i pagamenti elettronici obbligatori mediante un abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti. La Commissione europea, nella Relazione per Paese 2019 relativa all'Italia, ha sottolineato che il sistema fiscale italiano grava pesantemente sul lavoro e sul capitale, mentre altre fonti di entrate sono sottoutilizzate; le entrate derivanti dalle imposte sul lavoro in percentuale del totale del gettito fiscale corrispondono alla media dell'UE, ma rimangono relativamente elevate in percentuale del PIL. Di fatto, il cuneo fiscale sul lavoro a parere dell'UE è uno dei più elevati dell'Unione, pari al 47,7% nel 2017 sul salario medio del lavoratore a fronte di una media UE del 42,8%. Analogamente, nel 2017 il carico fiscale sul capitale era ben superiore alla media UE.
Al contrario, la Commissione rileva che le entrate derivanti dall'imposta sul valore aggiunto (IVA) sono relativamente basse, pari al 14,9% del gettito fiscale complessivo nel 2017, rispetto al 18,1% per l'UE. La Commissione sottolinea anche che non vi sono ancora piani per ridurre il numero e la portata delle spese fiscali, non sia stato riformato l'obsoleto sistema catastale e che l'estensione del regime forfettario determinerà una perdita netta di gettito mentre viene valutata positivamente l'introduzione dell'obbligo della fatturazione elettronica. In conclusione
In conclusione, un DEF che, se dovessimo guardarlo con gli occhi di Esopo, esalta la cicala dell'anno elettorale in corso, ma rende assai faticoso il compito della formica degli anni a venire.
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