Il nuovo piano attestato di risanamento

Fabio Gallio
13 Maggio 2019

La nuovo disciplina del piano attestato di risanamento è contenuta nell'art. 56 del Codice della crisi e dell'insolvenza. In particolare, tale disposizione prevede che l'imprenditore in stato di crisi o di insolvenza può predisporre un piano, rivolto ai creditori, che appia idoneo a consentire il risanamento della propria esposizione debitoria e ad assicurare il riequilibrio della relativa situazione finanziaria.
Premessa

La nuovo disciplina del piano attestato di risanamento è contenuta nell'art. 56 del Codice della crisi e dell'insolvenza.

In particolare, tale disposizione prevede che l'imprenditore in stato di crisi o di insolvenza può predisporre un piano, rivolto ai creditori, che appia idoneo a consentire il risanamento della propria esposizione debitoria e ad assicurare il riequilibrio della relativa situazione finanziaria.

Pertanto, mutuando quanto sancito dall'art. 2 del medesimo Codice, che riporta alcune definizioni utilizzate nel testo normativo, il piano attestato di risanamento lo può presentare un soggetto debitore in stato di difficoltà economico-finanziaria che renderebbe probabile la sua insolvenza. Tale stato, per le imprese, si manifesterebbe come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate.

Non solo. Tale piano può essere utilizzato anche da debitori che, con inadempimenti o altri fatti esteriori, non sono più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

Gli indicatori della crisi

Anche se le relative disposizioni sono contenute nel titolo relativo alle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, potrebbe essere utile, per stabilire quando un soggetto si trova in tale stato di crisi, fare riferimento agli indicatori della crisi esposti nell'art. 13 del nuovo Codice.

Tale norma ha introdotto la definizione di indicatori della crisi, identificandoli come squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario che si possono rilevare tramite elaborazione di appositi quozienti, che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i 6 mesi successivi, ovvero, delle prospettive di continuità aziendale per l'esercizio in corso oppure, quando la durata residua del periodo amministrativo al momento della valutazione è inferiore a 6 mesi, per i 6 mesi successivi.

Tra questi indici, risultano significativi quelli che misurano la sostenibilità degli oneri dell'indebitamento con i flussi di cassa che l'impresa è in grado di generare e l'adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi.

Peso rilevante avranno anche i ritardi nei pagamenti reiterati e significativi, anche sulla base di quanto previsto dall'art. 24, comma 1, c.c.i., che, in breve, li individua nell'esistenza di debiti:

  • per retribuzioni scaduti da almeno 60 giorni, in misura eccedente alla metà dell'importo complessivo mensile delle retribuzioni;
  • verso fornitori scaduti da almeno 120 giorni, per un ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti.

Inoltre, non va dimenticato che l'art. 13 comma 2, affida al Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, l'elaborazione, con cadenza almeno triennale, in riferimento ad ogni tipologia di attività economica secondo le classificazioni Istat ed alla particolarità di alcune di queste, quali quelle svolte dalle start up innovative, di appositi indici economici che consentono di rilevare in modo più agevole, omogeneo ed obiettivo segnali che, unitariamente considerati, fanno ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell'impresa.

Con il fine di tener conto delle specificità delle singole imprese, che potrebbe rendere gli indici elaborati concretamente inidonei a evidenziare la possibile situazione di crisi, la norma prevede che l'impresa, nella nota integrativa al bilancio di esercizio, possa dichiarare le ragioni per le quali ritiene inadeguati gli indici elaborati dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed indicarne altri, ritenuti più idonei. In tal caso, un professionista indipendente attesterà l'adeguatezza di tali indici in rapporto alla specificità dell'impresa e, a partire dall'esercizio successivo, l'impresa sarà “valutata” sulla base di questi diversi indici.

Tali indicatori servono per percepire tempestivamente i sintomi della crisi d'impresa che permettono di attivare le relative procedure d'allerta, rispetto alle quali è stato dato un ruolo fondamentale agli organi di controllo delle società, quali il collegio sindacale, anche monocratico, nonché il revisore o la società di revisione.

La procedura del piano di risanamento in esame dà importanza al ruolo del professionista attestatore, il quale avrà il compito di effettuare una specifica ed approfondata analisi degli elementi finanziari, economici, aziendali e giuridici che caratterizzano l'impresa. E questi indicatori potrebbero essere di ausilio, quanto meno per capire i motivi della crisi e per individuare le azioni principali per cercare di risolverla.

Il contenuto del piano

Dal punto di vista del contenuto del piano, questo deve avere data certa e deve indicare una serie di informazioni, quali:

  • la situazione economico-patrimoniale e finanziaria dell'impresa;
  • le principali cause della crisi;
  • le strategie di intervento e dei tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria;
  • i creditori e l'ammontare dei crediti dei quali si propone le rinegoziazione e lo stato delle eventuali trattative;
  • gli apporti di finanza nuova;
  • i tempi delle azioni da compiersi, che consentono di verificare la realizzazione, nonché gli strumenti da adottare nel caso di scostamento tra gli obiettivi e la situazione in atto.

Al piano devono essere allegati alcuni documenti, tra i quali si segnalano le dichiarazioni dei redditi e d i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi (vi è un rinvio espresso all'art. 39).

Inoltre, gli atti unilaterali ed i contratti posti in essere in esecuzione del piano devono essere provati per iscritto e devono avere data certa. La data certa e la forma scritta del piano e dei relativi contratti sono una delle novità più importanti rispetto a quanto richiesto dalla legge fallimentare .

Il piano deve essere attestato da un professionista indipendente, così come definito dall'art. 2 del medesimo codice, che deve certificare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità economica e giuridica del piano. Si ritiene che tale soggetto potrà continuare a fare riferimento ai principi per la redazione dei piani di risanamento elaborati dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti contabili (CNDCEC) nel mese di settembre 2017.

È evidente che il ruolo dell'attestatore può avere un ruolo determinate nel caso di successivo fallimento del debitore. Infatti, analogamente all'accordo di ristrutturazione del debito, il piano attestato di risanamento consente l'esenzione delle revocatorie e dei reati fallimentari, solamente in presenza di alcune condizioni. Ciò si potrebbe verificare nel caso in cui l'attestazione sia completa e contenga in modo dettagliato quanto richiesto dal legislatore, come, ad esempio, un'approfondita analisi dello stato di crisi dell'impresa e delle prospettive di risanamento.

Al contrario, però, dell'accordo di ristrutturazione del debito che è soggetto ad omologa e rispetto al quale l'idoneità del piano non dovrebbe essere sindacata dall'autorità giudiziaria, avendola già valutata precedentemente, nell'istituto in esame tale vaglio giudiziario non c'è stato.

Conseguentemente, in caso di piano e di attestazione non conforme a quanto richiesto dal legislatore, potrebbe sorgere il rischio che il curatore ed il giudici possano esercitare, rispettivamente, le azioni revocatorie e quelle penali fallimentari, facendo venire meno uno dei principali scopi del piano attestato di risanamento; ovvero di evitare che gli atti, i pagamenti effettuati e le garanzie concesse sui beni del debitore posti in essere in esecuzione del piano non siano soggetti all'azione revocatoria, così come previsto dall'art. 166, comma 3, lettera d), del codice della crisi.

Adempimenti tributari e contabili

Non vi è obbligo di pubblicare il piano presso il Registro delle imprese, ma vi può essere una convenienza fiscale.

Infatti, vi sono alcune norme tributarie che, per tale istituto, fanno riferimento all'iscrizione presso il registro delle imprese.

Ad esempio, l'art. 101, comma 3, del TUIR, ritiene possibile dedurre la perdita su crediti se il debitore ha proposto ai creditori un piano attestato ai sensi dell'art. 67, comma 3, lett. d), l.fall. (ciò dovrebbe valere anche per il nuovo art. 56), ma a partire dalla data di iscrizione nel Registro delle imprese.

Il comma 4-ter dell'art. 88, del medesimo TUIR, prevede che, in caso di un piano attestato ai sensi dell'art. 67, comma 3, lett. d), l.fall., pubblicato nel registro delle imprese, la riduzione dei debiti dell'impresa non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all'articolo 84, senza considerare il limite dell'ottanta per cento, la deduzione di periodo e l'eccedenza relativa all'aiuto alla crescita economica di cui all'art. 1, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (normativa abrogata con la finanziaria 2019), e gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati di cui al comma 4 dell'articolo 96 del presente testo unico.

Per quanto riguarda gli aspetti contabili, dovrebbe valere quanto stabilito dal principio contabile OIC 19, il quale definisce ristrutturazione del debito “un'operazione mediante la quale il creditore (o un gruppo di creditori), per ragioni economiche, effettua una concessione al debitore in considerazione delle difficoltà finanziarie dello stesso, concessione che altrimenti non avrebbe accordato. Per tali ragioni, il creditore è disposto ad accettare una ristrutturazione del debito che comporti modalità di adempimento più favorevoli al debitore”.

Per quanto riguarda l'ambito di applicazione, si fa riferimento anche al piano di risanamento attestato di cui all'art. 67, comma 3, lett. d) l.fall. Pertanto, si ritiene che anche in questo caso si possa fare riferimento al nuovo art. 56.

E' da rilevare che, al contrario della normativa tributaria, dove viene data importanza all'iscrizione del piano nel registro delle imprese, la data alla quale fare riferimento per la rilevazione degli effetti contabili è definita quella dalla quale si rilevano gli effetti dell'eliminazione contabile e coincide con il momento a partire dal quale l'accordo diviene efficace tra le parti, che, in caso di piano di risanamento attestato ex art. 67, comma 3, lett. d) l.fall., coincide con la data di adesione dei creditori.