Azioni del curatore per la sospensione dei rapporti di lavoro subordinato

Francesco Geria
13 Maggio 2019

Alla luce del nuovo Codice della crisi d'Impresa, quali azioni deve intraprende il curatore fallimentare qualora volesse avvalersi della facoltà di sospensione dei rapporti da lavoro subordinato?

Alla luce del nuovo Codice della crisi d'Impresa, quali azioni deve intraprende il curatore fallimentare qualora volesse avvalersi della facoltà di sospensione dei rapporti da lavoro subordinato?

Il curatore fallimentare chiamato ad amministrare il patrimonio di un'azienda, interviene su designazione del tribunale di competenza, ed entra in esercizio dei propri poteri contestualmente alla nomina e alla sentenza dichiarativa della liquidazione giudiziale. Ai sensi del nuovo art. 189 del D.lgs 14/2019 (c.d. Codice della Crisi d'Impesa), i rapporti di lavoro subordinato in essere vengono sospesi, ed entro 30 gg dalla nomina, il curatore fallimentare ha l'obbligo di comunicare all'Ispettorato Territoriale del Lavoro, l'elenco dei dipendenti in forza nell'azienda al momento dell'apertura della liquidazione giudiziale stessa. Tale termine può essere prorogato di ulteriori 30 giorni, su richiesta del curatore, quando l'azienda in oggetto occupa più di cinquanta dipendenti. Il nuovo codice delle crisi d'impresa chiarisce che la stessa sentenza di liquidazione giudiziale non costituisce motivo di licenziamento.

L'eventuale recesso dai rapporti di lavoro subordinato spetta alla decisione del curatore che provvede con l'autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori. Il recesso ha effetto dalla data di apertura della liquidazione giudiziale.

Valutata la situazione dell'azienda, qualora non sussistano opportunità di continuazione o trasferimento dell'azienda, anche di un ramo della stessa, il curatore procede senza indugio al recesso dai rapporti di lavoro subordinato. Il recesso deve essere comunicato per iscritto. In assenza di questa comunicazione comunque i rapporti di lavoro si intendono risolti di diritto dopo quattro mesi dalla data di apertura della liquidazione giudiziale. Qualora invece si ritengano sussistenti possibilità di ripresa o trasferimento a terzi dell'azienda o di un suo ramo, il curatore o il direttore dell'Ispettorato territoriale del lavoro possono chiedere al giudice delegato una proroga del termine di recesso di diritto dai rapporti di lavoro. Tale proroga è assegnata in virtù dei contenuti e delle prospettive descritte nel piano di ripresa dell'attività (o di trasferimento). Qualora anche al termine di questa proroga il curatore non proceda al subentro o al recesso dai rapporti, questi si intendono risolti di diritto.

È opportuno qui precisare che la disciplina qui descritta dovrà essere osservata decorsi 18 mesi dalla data di entrata in vigore del D.Lgs 12 gennaio 2019, n. 14. Sino ad allora rimangono valide le disposizioni di cui alla Legge Fallimentare.

Riferimenti normativi - D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d'impresa), art. 189; art. 2119, comma 2, c.c..

La spiegazione della dottrina - Anteriormente alla promulgazione del nuovo codice della crisi d'impresa, uno dei principali e più noti problemi di interpretazione della legge fallimentare riguardava gli effetti della procedura concorsuale sullo stato dei rapporti di lavoro subordinato, in antitesi o meno rispetto al trattamento di tutti gli altri contratti oggetto della procedura concorsuale. L'orientamento più recente della giurisprudenza aveva già assimilato il contratto di lavoro ai contratti in senso più ampio, giustificandone quindi la sospensione nel momento di avvio della sentenza di fallimento. Con l'entrata in vigore del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, in materia di Codice della crisi d'impresa si è risolto questo dubbio interpretativo, dando forza legislativa all'orientamento già assunto dalla Suprema Corte di Cassazione.