Codice Civile art. 1384 - Riduzione della penale.

Rosaria Giordano

Riduzione della penale.

[I]. La penale può essere diminuita equamente dal giudice, se l'obbligazione principale è stata eseguita in parte ovvero se l'ammontare della penale è manifestamente eccessivo, avuto sempre riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento [1174, 1256 2; 163 trans.].

Inquadramento

La disposizione in esame consente al giudice la riduzione equitativa della penale convenuta dalle parti, nell'ipotesi di parziale esecuzione della prestazione ovvero qualora l'ammontare della stessa sia manifestamente eccessivo.

Ratio della norma è quella di ristabilire l'equilibrio contrattuale, al fine di evitare che il potere riconosciuto all'autonomia privata di stabilire sanzioni sia privo di controllo giudiziale (Marini, 140; Zoppini, 254).

Almeno secondo l'impostazione dominante, l'art. 1384 c.c. ha valenza eccezionale, in quanto incide sull'autonomia negoziale delle parti che viene ex post limitata dall'intervento esterno del giudice (De Nova, 381)

Presupposti per l'esercizio del potere giudiziale di riduzione della penale

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, risolvendo il contrasto che si era formato all'interno della giurisprudenza di legittimità sulla questione, hanno sancito il principio per il quale il potere di riduzione ad equità, attribuito al giudice dall'art. 1384 c.c. a tutela dell'interesse generale dell'ordinamento, può essere esercitato d'ufficio per ricondurre l'autonomia contrattuale nei limiti in cui essa appare meritevole di tutela, e ciò con riferimento sia alla penale manifestamente eccessiva sia all'ipotesi in cui la riduzione avvenga perché l'obbligazione principale è stata in parte eseguita, giacché in quest'ultimo caso la mancata previsione da parte dei contraenti di una riduzione della penale in caso di adempimento di parte dell'obbligazione si traduce comunque in un'eccessività della penale se rapportata alla sola parte rimasta inadempiuta (Cass. S.U., n. 18128/2005; conf., da ultimo, Cass. n. 15753/2018).

In dottrina permane invece una differenza di impostazione tra quanti ritengono che ove la clausola penale sia manifestamente eccessiva viene turbato l'intero equilibrio del regolamento negoziale e l'autonomia negoziale ad esso sottesa, a cui il giudice può porre rimedio d'ufficio attraverso un intervento equitativo diretto a ristabilire detto equilibrio, in applicazione dei principi generali dell'ordinamento di solidarietà e buona fede che trascendono gli interessi particolari delle parti (Marini, 152) e coloro i quali ritengono che il giudice possa esercitare tale potere solo a fronte di un'istanza di parte, in ragione della finalità della riduzione di tutelare lo stesso debitore (De Nova, 382; Magazzù, 195).

Il potere officioso di riduzione della penale eccessiva, a norma dell'art. 1384 c.c., può essere esercitato anche qualora le parti ne abbiano convenuto l'irriducibilità, trattandosi di un potere funzionale a un interesse generale dell'ordinamento (v., tra le altre, Cass. II, n. 33159/2019).

In ogni caso, il potere del giudice di ridurre l'importo della penale prevista in un contratto, ex art. 1384 c.c., può essere esercitato solo se la parte obbligata al pagamento abbia allegato e provato i fatti dai quali risulta l'eccessività della penale stessa (Cass. n. 34021/2019; Cass. n. 22747/2013; Cass. n. 23273/2010; Cass. n. 8071/2008; Cass. n. 24166/2006). La possibilità per il giudice di ridurre d'ufficio la clausola penale di importo manifestamente eccessivo implica che la relativa domanda possa essere proposta per la prima volta in appello (purché siano state dedotte e dimostrate dalle parti le circostanze rilevanti per formulare un giudizio di manifesta eccessività della penale stessa: Cass., n. 19320/2018).

Se, come evidenziato, il giudice, anche in assenza di istanza di parte può ridurre l'entità della clausola penale, nell'esercizio del potere previsto dall'art. 1384 c.c.: peraltro, ove lo stesso non sia stato sollecitato in tale senso, non è obbligato a motivare sul mancato esercizio di tale potere (Cass., n. 12408/2014).

Nel valutare se ridurre o meno una penale il giudice deve avere come riferimento il corretto equilibrio degli interessi contrattuali contrapposti (Cass. n. 13902/2016).

In base a tale indicazione, in sede applicativa si è osservato che l'apprezzamento del giudice del merito concernente l'eccessività dell'importo fissato con clausola penale dalle parti contraenti, nonché la misura della riduzione equitativa dell'importo è fondato, a norma dell'art. 1384 c.c., sulla valutazione dell'interesse dei creditore all'adempimento alla data di stipulazione del contratto, avuto riguardo all'effettiva incidenza dell'adempimento sull'equilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale, indipendentemente da una rigida ed esclusiva correlazione con l'effettiva entità del danno subito (cfr. Trib. Roma II, 1° giugno 2017, n. 11108). In sostanza, il criterio che il giudice deve utilizzare per valutarne l'eccessività, a norma dell'art. 1384 c.c., ha natura oggettiva, dovendosi tener conto non della situazione economica del debitore e del riflesso che la penale possa avere sul suo patrimonio, ma solo dello squilibrio tra le posizioni delle parti, avendo il riferimento all'interesse del creditore la funzione di indicare lo strumento per mezzo del quale valutare se la penale sia, o meno, manifestamente eccessiva, e dovendo la difficoltà del debitore riguardare l'esecuzione stessa della prestazione risarcitoria (ove, ad esempio, venga a mancare una proporzione tra danno, costo ed utilità), senza che occorrano ragioni di pubblico interesse che ne giustifichino l'ammontare (Trib. Monza I, 19 agosto 2016, n. 2308).

La S.C. ha chiarito che ai fini dell'esercizio del potere di riduzione della penale, il giudice non deve valutare l'interesse del creditore con esclusivo riguardo al momento della stipulazione della clausola - come sembra indicare l'art. 1384 c.c., riferendosi all'interesse che il creditore "aveva" all'adempimento - ma tale interesse deve valutare anche con riguardo al momento in cui la prestazione è stata tardivamente eseguita o è rimasta definitivamente ineseguita, poiché anche nella fase attuativa del rapporto trovano applicazione i principi di solidarietà, correttezza e buona fede, di cui agli artt. 2 Cost., 1175 e 1375 c.c., conformativi dell'istituto della riduzione equitativa, dovendosi intendere, quindi, che la lettera dell'art. 1384 c.c., impiegando il verbo "avere" all'imperfetto, si riferisca soltanto all'identificazione dell'interesse del creditore, senza impedire che la valutazione di manifesta eccessività della penale tenga conto delle circostanze manifestatesi durante lo svolgimento del rapporto (Cass. III, n. 11908/2020).

In ogni caso, non è manifestamente eccessiva la clausola penale che si limita a garantire a una delle parti contrattuali ciò che avrebbe legittimamente ottenuto in caso di corretto adempimento delle obbligazioni contrattuali da parte dell'altra (Trib. Reggio Emilia II, 2 novembre 2017).

Più in generale, è incontroversa la tesi per la quale l'apprezzamento della eccessività dell'importo fissato con clausola penale dalle parti contraenti, per il caso di inadempimento o di ritardato adempimento, e della misura della riduzione equitativa dell'importo medesimo rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio è incensurabile in sede di legittimità se non negli aspetti relativi alla motivazione (Cass. n. 23570/2018).

Il potere del giudice di ridurre la penale, previsto dall'art. 1384 c.c., non può essere esercitato per la caparra confirmatoria, sia a cagione del carattere eccezionale della norma in questione, che ne preclude l'applicazione analogica, sia per le differenze strutturali intercorrenti tra i due istituti, in quanto la caparra pur assolvendo, come la clausola penale, alla funzione di liquidare preventivamente il danno da inadempimento, svolge l'ulteriore funzione di anticipato parziale pagamento per l'ipotesi di adempimento (v., da ult., Cass. II, n. 17715/2020).

Casistica

Il potere di riduzione della penale ad equità, attribuito al giudice dall'art. 1384 c.c., in quanto volto a tutelare l'interesse generale dell'ordinamento di assicurare l'equilibrio contrattuale, può essere esercitato d'ufficio, anche quando la penale è prevista a favore della P.A. da disposizioni di capitolati generali, richiamate e recepite nel contratto stipulato con il privato; in tal caso, la disapplicazione delle stesse, quali clausole contrattuali, per contrasto con la norma primaria ed inderogabile dettata dalla indicata disposizione, è subordinata all'assolvimento degli oneri di allegazione e prova incombenti sulle parti circa le circostanze rilevanti per la valutazione dell'eccessività della penale (Cass. VI, n. 11439/2020).

Nel contratto di leasing immobiliare le clausole che attribuiscano alla società concedente il diritto di recuperare, nel caso di inadempimento dell'utilizzatore, l'intero importo del finanziamento ed in più la proprietà e il possesso dell'immobile, attribuiscono alla società stessa vantaggi maggiori di quelli che essa aveva il diritto di attendersi dalla regolare esecuzione del contratto, venendo a configurare gli estremi della penale manifestamente eccessiva rispetto all'interesse del creditore all'adempimento, di cui all'art. 1384 c.c. (Trib. Roma VIII, 25 ottobre 2018, n. 20511).

Per stabilire se l'ammontare della penale convenuta in un patto parasociale è manifestamente eccessivo, il giudice, nel valutare l'interesse del creditore all'adempimento, deve considerare i fatti occorsi e i comportamenti tenuti durante il rapporto parasociale (Cass. I, n. 18138/2018).

Alla clausola penale manifestamente eccessiva può essere assimilata la clausola con cui si determina convenzionalmente la misura degli interessi moratori con funzione liquidativa del risarcimento dei danni conseguenti all'inadempimento di obbligazioni pecuniarie (Cass. n. 23273/2010): invero, la funzione degli interessi di mora, quale strumento risarcitorio del danno in misura predeterminata e forfettaria, ne consente una sostanziale assimilazione nell'ambito delle obbligazioni pecuniarie all'istituto negoziale generale in materia di obbligazioni rappresentato dalla clausola penale, con la conseguenza che rimane astrattamente percorribile la possibilità per il debitore di avanzare istanza di riduzione ex art. 1384 c.c., prospettandone i presupposti di manifesta eccessività riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento (Trib. Milano VI, 16 febbraio 2017, n. 1906)..

Bibliografia

Basini, Risoluzione del contratto e sanzione dell'inadempiente, Milano, 2001; Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino 1990; Bonilini, Sulla natura vessatoria della clausola penale, in Contratti 1993, 247; Cariota Ferrara, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, 1949; Cataudella, I contratti. Parte generale, Torino, 2014; De Luca, La clausola penale, Milano, 1998; De Nova, Clausola penale e caparra, in Dig. civ., Torino, 1988; Di Majo, La riduzione della penale ex officio, in Corr. giur. 2005, 1538; Magazzù, Clausola penale, in Enc. dir., Milano, 1960; Marini, La clausola penale, Napoli, 1984; Moscati, Pena privata e autonomia privata, in Riv. dir. comm. 1985, I, 511 ss.; Trimarchi, La clausola penale, Milano, 1954; Trimarchi, Caparra, in Enc. dir., Milano, 1960; Zoppini, La pena contrattuale, Milano, 1991.

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