Inammissibile il ricorso straordinario avverso l'ordinanza del tribunale che risolve le controversie sorte in sede di vendita forzata delegata

Giacinto Parisi
16 Maggio 2019

La Suprema corte ha affrontato per la prima volta la questione dell'impugnabilità mediante ricorso straordinario per cassazione dell'ordinanza resa dal tribunale in sede di reclamo avverso il provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione ha risolto le controversie insorte in sede di vendita forzata delegata.
Massima

L'ordinanza pronunciata dal tribunale in sede di reclamo avverso il provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione risolve le controversie insorte in sede di vendita forzata delegata non è impugnabile mediante ricorso per cassazione.

Il caso

Con ordinanza del 23 marzo 2017, il tribunale di Castrovillari rigettava il reclamo proposto, ai sensi degli artt. 591-ter, ultimo periodo, e 669-terdecies c.p.c., dal debitore avverso il decreto con cui il giudice dell'esecuzione aveva a sua volta respinto il ricorso ex art. 591-ter c.p.c. promosso nei confronti degli atti compiuti dal professionista delegato nel corso dell'udienza di vendita.

Avverso l'ordinanza resa dal tribunale il debitore proponeva, quindi, ricorso per cassazione.

La questione

La Suprema Corte ha affrontato per la prima volta la questione dell'impugnabilità mediante ricorso straordinario per cassazione dell'ordinanza resa dal tribunale in sede di reclamo avverso il provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione ha risolto le controversie insorte in sede di vendita forzata delegata.

Le soluzioni giuridiche

Enunciando il principio di diritto riportato nella massima, la Corte di legittimità ha sciolto in senso negativo la questione sopra esposta.

Disattendendo le conclusioni rassegnate dal Procuratore Generale, la Suprema Corte ha, infatti, stabilito che l'ordinanza collegiale pronunciata ai sensi dell'art. 591-ter, ultimo periodo, c.p.c. (nel testo sostituito dall'art. 13, comma 1, lett. cc-bis), d.l. n. 83/2015 conv. con modif. dalla l. n. 132/2015) non è ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c. in quanto non è una sentenza e non è pronunciata in grado di appello. La predetta ordinanza, poi, non può essere nemmeno impugnata mediante ricorso cd. straordinario ex art. 111, comma 7, Cost. in quanto priva dei requisiti della decisorietà e della definitività.

Secondo la sentenza in commento, sulla base di un'interpretazione teleologica dell'art. 591-ter c.p.c., si deve ritenere che il procedimento in esame abbia esclusivamente la funzione di risolvere le difficoltà pratiche incontrate dal professionista delegato nello svolgimento del proprio incarico, ma non quella di risolvere con efficacia di giudicato questioni di diritto.

Tale funzione sarebbe, peraltro, confermata: i)sia dalla collocazione sistematica del medesimo art. 591-terc.p.c. nell'ambito del paragrafo sulla delega delle operazioni di vendita nell'espropriazione immobiliare (limitando così il perimetro applicativo del suddetto procedimento ai dubbi sollevati, alle incertezze riscontrate o agli errori commessi dal professionista delegato); ii)sia dalla circostanza per cui l'attività da cui scaturisce il procedimento in esame è imputabile, in ogni caso, al professionista delegato, al quale è attribuito il compito di svolgere atti aventi carattere meramente materiale.

Peraltro, l'art. 591-ter c.p.c. prevede che il procedimento possa essere attivato dal professionista delegato per chiedere istruzioni al giudice dell'esecuzione, là dove nel corso delle operazioni di vendita sorgano “difficoltà”, ossia, sulla base di una lettura di tale ultimo lemma ricavabile anche dagli artt. 534-ter, 610, 613, 669-duodecies, 678 e 755 c.p.c., ostacoli di ordine pratico ed incertezze operative del medesimo professionista: ciò, ancora una volta, confermerebbe che dall'oggetto del procedimento esula qualsivoglia controversia su diritti.

Inoltre, secondo la Suprema Corte, la medesima conclusione potrebbe essere raggiunta sulla base di una interpretazione sistematica: qualora si dovesse ritenere che l'ordinanza resa dal tribunale in sede di reclamo ex artt. 591-ter, ultimo periodo, e 669-terdecies c.p.c. abbia natura decisoria (e di conseguenza che su di essa possa formarsi il giudicato), dovrebbe ammettersi che la medesima efficacia possa essere assunta dall'ordinanza del giudice dell'esecuzione, dal decreto con cui il medesimo giudice dà istruzioni al professionista delegato e dai provvedimenti adottati da quest'ultimo, nel caso in cui essi non siano reclamati.

Si tratta di assunto che la Cassazione confuta in quanto, in primo luogo, il professionista delegato è un ausiliario del giudice privo di poteri giurisdizionali al di fuori di quelli previsti dalla delega. Inoltre, la legge non prevede alcun termine per la proposizione del reclamo avverso gli atti del professionista delegato. Da qui l'affermazione che essi siano privi del carattere di stabilità, salvo ammettere che i vizi da cui i medesimi atti siano affetti provochino una nullità derivata del successivo atto della procedura (ad esempio, il decreto di trasferimento o l'approvazione del piano di riparto), il quale è impugnabile con i rimedi suoi propri (per esempio, mediante opposizione ex art. 617 c.p.c. o sollevando una controversia distributiva, ai sensi dell'art. 512 c.p.c.).

Da ultimo, secondo la sentenza in commento, l'ordinanza collegiale pronunciata all'esito del reclamo avverso i provvedimenti del giudice dell'esecuzione ex art. 591-ter c.p.c. è anche priva del carattere della definitività: il giudice dell'esecuzione, ove si presentino difficoltà analoghe a quelle manifestatesi in precedenza, potrebbe comunque dare istruzioni difformi da quelle già adottate, a prescindere dalle statuizioni nel frattempo rese dal tribunale in sede di reclamo.

Osservazioni

Il d.l. n.83/2015, conv. con modif. dalla l. n. 132/2015, è intervenuto sul testo dell'art. 591-ter c.p.c., prevedendo che il rimedio esperibile avverso il provvedimento reso dal giudice dell'esecuzione in sede di risoluzione delle controversie insorte nella vendita forzata delegata sia «il reclamo ai sensi dell'articolo 669-terdecies», anziché la tradizionale opposizione agli atti esecutivi. Scopo della riforma del 2015 è stato quello di «accelerare la definizione delle pendenze» (cfr. Relazione alla l. n. 132/2015, di conversione del d.l. n. 83/2015), attraverso la sostituzione di un mezzo di impugnazione a cognizione piena (qual è l'opposizione ex art. 617 c.p.c.) con «un rimedio impugnatorio» (cfr. Relazione alla l. n. 132/2015) disciplinato secondo le forme del procedimento camerale, espressamente richiamato dall'art. 669-terdecies c.p.c.

Ciò posto, tra le varie questioni poste dalla nuova normativa vi è quella dell'esperibilità del ricorso per cassazione avverso l'ordinanza resa dal tribunale in composizione collegiale in sede di reclamo ex artt. 591-ter, ultimo periodo, e 669-terdecies c.p.c.

Invero, la soluzione negativa offerta dalla sentenza in commento alla suddetta problematica non può essere condivisa in quanto i provvedimenti reclamabili ai sensi dell'art. 591-ter c.p.c. hanno, nella maggior parte dei casi, natura decisoria (si pensi, a titolo esemplificativo, al caso in cui il professionista escluda dalla gara l'offerente) e la medesima natura è condivisa dalle successive decisioni del giudice dell'esecuzione e del tribunale (Farina).

In altri termini, come sostenuto anche dal Procuratore Generale nella proprie conclusioni, si deve ritenere che la riforma del 2015 abbia modificato le forme attraverso cui viene svolto il controllo sugli atti del giudice dell'esecuzione, ma non la sostanza e la natura di esso, che resta un controllo giurisdizionale a cognizione piena e con formazione di giudicato.

L'inammissibilità del ricorso ex art. 111 Cost. non potrebbe, inoltre, derivare dal fatto che il reclamo ex art. 591-ter c.p.c. ha come presupposto un atto del professionista delegato: ed infatti è priva di coerenza una disciplina che consente il ricorso straordinario contro i soli provvedimenti esecutivi opposti ai sensi dell'art. 617 c.p.c., escludendolo per i medesimi provvedimenti fondati, in forza di delega del giudice, su atti del professionista (Farina).

Ancora, al contrario di quanto affermato dalla Suprema corte, si deve ritenere che gli atti del professionista e i successivi provvedimenti del giudice non reclamati (o reclamati e confermati dal collegio) non possano più essere opposti ai sensi dell'art. 617 c.p.c. e che il reclamo, una volta accolto, determini la caducazione ex tunc di tutti gli atti e provvedimenti adottati dal (professionista o dal) giudice, che rimane vincolato dalla decisione del collegio e non può emettere il decreto di trasferimento (Farina).

Opinare in senso contrario vuol dire, infatti, privare di valenza lo strumento del reclamo ex art. 591-ter c.p.c., e ciò in contrasto con la funzione propria di qualunque rimedio impugnatorio.

Merita, inoltre, rilevare che, come nel caso della delega della vendita mobiliare, il regime di cui all'art. 591-ter c.p.c. si differenzia da quello della procedura senza delega al professionista, nel senso che, in quest'ultimo, contro i singoli atti esecutivi è sempre proponibile l'opposizione di cui all'art. 617 c.p.c., che si conclude con sentenza ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost.: la suddetta disparità di rimedi deve essere, quindi, risolta ammettendo che, anche avverso la decisione sul reclamo ex artt. 591-ter, ultimo periodo, e 669-terdecies c.p.c., ove di natura decisoria, sia esperibile il ricorso ex art. 111, comma 7, Cost. (Mandrioli-Carratta).

In sintesi: la decisione in commento crea un doppio, diverso regime impugnatorio a seconda che la vendita sia delegata al professionista oppure si svolga, ex art. 591-bis, comma 2, c.p.c.,direttamente davanti al giudice dell'esecuzione. Se in quest'ultima ipotesi i singoli atti esecutivi possono essere impugnati nei termini di cui all'art. 617 c.p.c. e, in mancanza, sono stabilizzati per effetto dell'inutile decorso del termine dei venti giorni, nella diversa fattispecie della vendita delegata, tutti i vizi (eventualmente occorsi dalla ordinanza di delega in poi), sono destinati a riverberarsi sul decreto di trasferimento, provvedimento esclusivo del giudice dell'esecuzione e, pertanto, impugnabile mediante opposizione ex art. 617 c.p.c.

Guida all'approfondimento
  • P. Farina, L'ennesima espropriazione forzata «efficiente» (ovvero accelerata, conveniente, rateizzata e cameralizzata), in Riv. dir. proc., 2016, 145 ss.;
  • S. Leuzzi, Il controllo dell'attività del delegato e il nuovo meccanismo della reclamabilità “diffusa”, in www.inexecutivis.it, 28 aprile 2018;
  • C. Mandrioli-A. Carratta, Diritto processuale civile, IV, Torino, 2017, 181.
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