Giudice competente a determinare la quota di ripartizione della pensione di reversibilità di un senatore
16 Maggio 2019
Per la suddivisione della pensione di reversibilità di un senatore tra ex coniuge e coniuge superstite, è competente il giudice ordinario o il senato, per il principio della autodichia?
L'autodichia – dal greco autos e dike –, conosciuta anche come giustizia domestica, è la prerogativa attribuita ai due rami del Parlamento, al Presidente della Repubblica e alla Corte Costituzionale, di disciplinare, con propri atti normativi interni, i rapporti che intercorrono fra tali organi e i propri dipendenti e di risolvere, attraverso un organismo giurisdizionale interno, le controversie relative all'interpretazione e applicazione di tali norme. Tale forma di giurisdizione esclusiva, espressione del principio di autonomia delle Camere sancito dagli artt. 64 e 66 Cost., ha lo scopo di tutelare gli organi del parlamento da ingerenze esterne - garantendone così l'indipendenza – e trova la sua disciplina nel T.U. delle norme regolamentari dell'amministrazione riguardanti il personale del Senato della Repubblica (approvato dal Cons. di presidenza del Senato il 18 dicembre 1987 ed emanato con decr. Presidente del Senato 1° febbraio 1988 n. 6314). La legittimità dell'autodichia per le controversie relative allo stato e alla carriera giuridica ed economica dei dipendenti del parlamento, con esclusione del sindacato di qualsiasi altro giudice esterno, è stata espressamente riconosciuta dalla Consulta, che (Corte Cost. sent. n. 20/2014) ha affermato che la protezione dell'area di indipendenza e libertà parlamentare non attiene soltanto all'autonomia normativa, ma si estende al momento applicativo delle stesse norme regolamentari; il giudice delle leggi ha precisato che tale forma di giurisdizione è compatibile con la carta costituzionale - che pure sancisce il divieto di istituire giudici speciali – essendo ammissibili deroghe alla giurisdizione per gli organi immediatamente partecipi del potere sovrano dello Stato, situati ai vertici dell'ordinamento in posizione di assoluta autonomia ed indipendenza. Successivamente, con la decisione n. 262/2017 ha ribadito che gli organi di autodichia sono chiamati a decidere sulle posizioni giuridiche soggettive dei dipendenti in luogo dell'autorità giudiziaria comune, ma che ciò non significa che la tutela delle posizioni giuridiche soggettive dei dipendenti sia assente, poiché «la tutela delle posizioni giuridiche dei dipendenti, nelle controversie che li oppongano all'organo costituzionale, risulta assicurata per il tramite dell'istituzione di organi interni e procedure di garanzia variamente conformate, in un contesto che al tempo stesso consente che l'interpretazione e l'applicazione della specifica normativa approvata in materia dagli organi costituzionali sia sottratta ad ingerenze esterne». Ne consegue che la tutela dei dipendenti è assicurata non già attraverso un giudice speciale ex art. 102 Cost., ma «mediante organi interni non appartenenti all'organizzazione giudiziaria, in tanto giustificati in quanto finalizzati alla migliore garanzia dell'autonomia dell'organo costituzionale. L'affidamento a collegi interni del compito di interpretare e applicare le norme relative al rapporto di lavoro dei dipendenti con gli organi costituzionali di cui si tratta, nonché la sottrazione delle decisioni di tali collegi al controllo della giurisdizione comune è, in definitiva, un riflesso dell'autonomia degli stessi organi costituzionali». In rima con tale orientamento, la Cassazione (Cass. civ. sez. Lav., 10 settembre 2018, n. 21972) ha recentemente affermato che le controversie inerenti al rapporto di lavoro del personale della Camera dei deputati (ma identico principio vale anche per il Senato) spettano in via esclusiva ai suoi organi di autodichia, esulando dalla cognizione del giudice ordinario in forza dell'art. 12 del Regolamento della Camera del 18 febbraio 1971, norma che si sottrae al sindacato di costituzionalità e non è suscettibile di disapplicazione da parte del giudice ordinario. Per rispondere al quesito relativo all'organo competente a decidere in materia di ripartizione della pensione di reversibilità di un senatore tra l'ex coniuge divorziato e il coniuge superstite, la prima valutazione è di carattere terminologico: la riserva di giurisdizione si riferisce alle controversie relative allo stato e alla carriera dei dipendenti, in cui il dipendente è parte del procedimento; da un lato è evidente che il parlamentare non è un dipendente del Senato e, sotto altro profilo, in ipotesi di controversia per la ripartizione della pensione di reversibilità, il dipendente del Senato non è comunque parte processuale, poiché la controversia riguarda il coniuge superstite e l'ex coniuge divorziato titolare di assegno divorzile. Si deve ritenere, quindi, che nella fattispecie oggetto del quesito non sussista una riserva in favore degli organi parlamentari, e che competente sia il Tribunale Ordinario. Nell'unico precedente giurisprudenziale rinvenuto in termini, peraltro (Cass. civ. sez. I, 20 giugno 2012, n. 10177), la causa è stata trattata dal giudice ordinario, con la costituzione in giudizio, oltre al coniuge superstite, anche di Inpdap e della Camera dei Deputati. Giova rilevare, inoltre, che l'attribuzione della quota della pensione di reversibilità ex art. 9, l. n. 898/1970 può riguardare esclusivamente la pensione di reversibilità e non anche l'assegno vitalizio spettante ai parlamentari cessati dal mandato, non avendo quest'ultimo natura previdenziale, ma caratteri, criteri e finalità diverse dalla pensione. |