L’ accertamento dei gravi illeciti professionali: tra discrezionalità e motivazione

Carlo M. Tanzarella
22 Maggio 2019

Il Tar per la Lombardia ricostruisce l'istituto dell'esclusione per gravi illeciti professionali, anche alla luce di recenti innovazioni normatuve che confermano l'ampia discrezionalità di cui godono le stazioni appaltanti nella valutazione dei “mezzi di prova adeguati”.

Il caso. La vicenda esaminata dal Tar per la Lombardia e definita con la sentenza in epigrafe concerne l'esclusione di un operatore economico cui il Comune di Milano, stazione appaltante, ha contestato la commissione di gravi illeciti professionali, ai sensi dell'art. 80, comma 5 lett. c) del Codice dei contratti pubblici, in relazione ad una vicenda penale per la quale era stata formulata richiesta di rinvio a giudizio dell'impresa per illecito amministrativo dipendente dai reati di corruzione e turbata libertà degli incanti ascritti ad un ex socio e amministratore.

Con il proprio ricorso, l'impresa ha dedotto l'illegittimità dell'esclusione sotto due profili: da un lato, ha sostenuto che la fattispecie dei gravi illeciti professionali richiederebbe un accertamento definitivo, non essendo invece sufficiente una richiesta di rinvio a giudizio; dall'altro, ha lamentato il difetto di motivazione e di istruttoria del provvedimento opposto, che si sarebbe limitato ad un mero richiamo dei contenuti della richiesta di rinvio a giudizio, senza alcuna autonoma valutazione dei fatti da parte dell'Amministrazione.

L'accertamento dei gravi illeciti professionali. Il primo profilo di censura non è stato ritenuto meritevole di condivisione poiché, secondo il Tar, in linea generale anche i fatti oggetto di accertamento in un procedimento penale ancora in corso possono essere considerati mezzi adeguati per dimostrare la sussistenza di gravi illeciti professionali (cfr. Tar Puglia, Lecce, Sez. II, 12 novembre 2018, n. 1664, con commento C.M. Tanzarella, Il computo del periodo di incapacità negoziale previsto dal Codice dei contratti pubblici: dibattito giurisprudenziale e recentissime innovazioni normative).

A tal proposito, la sentenza richiama sia l'insegnamento della Corte di Giustizia (sentenza 24 ottobre 2018, in causa C-124/17), secondo cui occorre distinguere le funzioni proprie delle Autorità investigative nazionali, cui compete stabilire la responsabilità di determinati soggetti per la violazione di norme di diritto, e quelle delle Amministrazioni aggiudicatrici, cui compete invece valutare l'affidabilità del concorrente ai fini della stipulazione del contratto, sia l'insegnamento della giurisprudenza amministrativa, che ha affermato come non sia affatto indispensabile che i gravi illeciti professionali siano accertati con sentenza, anche se non definitiva, essendo sufficiente che gli stessi siano ricavabili da gravi indizi (Cons. Stato, Sez. V, 27 febbraio 2019, n. 1367).

In tale prospettiva, il Tar ha sottolineato l'ampia discrezionalità riconosciuta alle stazioni appaltanti dall'art. 57, comma 4, lett. c) della Dir. 2014/24/UE, ed esaminato la più recente evoluzione normativa nazionale (in particolare, le modifiche dell'art. 80, comma 5 del Codice dei contratti recate dal d.l. n. 135/2018), dando atto che, ai fini della individuazione dei gravi illeciti professionali si assiste ad una tendenziale riduzione delle fattispecie generali e astratte normativamente previste, venendo tale onere direttamente demandato alle amministrazioni aggiudicatrici

L'onere di motivazione rafforzato. Poiché, dunque, il punto di equilibrio tra tutela della concorrenza ed esigenze delle stazioni appaltanti è spostato in favore di queste ultime, il Tar ha affermato che tale più ampia discrezionalità deve essere sostenuta da una congrua motivazione: poiché l'art. 80, comma 5 lett. c) del Codice correla l'esclusione ad un concetto giuridico indeterminato, declinabile caso per caso (Cons. Stato, Sez. III, 23 novembre 2017, n. 5467), e poiché a fronte di concetti giuridici indeterminati emerge una maggior discrezionalità potenzialmente suscettibile di pregiudicare il principio di legalità, l'Amministrazione deve adeguatamente motivarne l'esercizio, ed in maniera ben più rigorosa ed impegnativa rispetto a quanto avviene a fronte delle particolari ipotesi esemplificate dal testo di legge (Cons. Stato, Sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299).

In conclusione. Sotto qust'ultimo profilo, il Tar ha accolto il ricorso, alla luce dell'assenza di idonea motivazione del provvedimento impugnato, nei termini più sopra indicati, atteso che il mero richiamo alla richiesta di rinvio a giudizio, non sorretto da ulteriori ed autonome valutazioni della stazione appaltante, non può cosituire mezzo adeguto di prova della sussistenza di un grave illecito professionale.

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