Atti di straordinaria amministrazione nel concordato: i patti paraconcordatari di rinegoziazione di mutuo

Remo Tarolli
Laura Riondato
05 Luglio 2018

Nell'ambito di un concordato in continuità viene sottoscritto con i creditori ipotecari bancari un accordo per il riscadenziamento dei mutui. Tale accordo, essenziale per il buon esito della procedura, è sospensivamente condizionato all'omologa del concordato. Si domanda se l'accordo deve essere considerato un atto di straordinaria amministrazione e come tale la società debba presentare istanza per essere autorizzata alla sottoscrizione a norma dell'art. 167, comma 2, l.fall. o dell'art. 161, comma 7, l.fall.

Nell'ambito di un concordato in continuità viene sottoscritto con i creditori ipotecari bancari un accordo per il riscadenziamento dei mutui. Tale accordo, essenziale per il buon esito della procedura, è sospensivamente condizionato all'omologa del concordato. Si domanda se l'accordo deve essere considerato un atto di straordinaria amministrazione e come tale la società debba presentare istanza per essere autorizzata alla sottoscrizione a norma dell'art. 167, comma 2, l.fall. o dell'art. 161, comma 7, l.fall.

La tematica oggetto del quesito riguarda l'amministrazione del patrimonio societario durante la procedura di concordato preventivo e, a monte, la distinzione tra atti di ordinaria amministrazione e atti di straordinaria amministrazione. Distinzione che rileva - come emerge dallo stesso quesito - in quanto il debitore concordatario può compiere efficacemente atti di straordinaria amministrazione solo su autorizzazione del Tribunale nella fase di preconcordato ex art. 161, comma 7, l. fall. (se urgenti) o su autorizzazione del Giudice Delegato a seguito del decreto di ammissione alla procedura predetta ex art. 167, comma 2, l. fall.

Nello specifico, l'atto del debitore concordatario qui considerato è un accordo con i creditori bancari diretto al “riscadenziamento dei mutui”. A tal riguardo va osservato che, secondo l'orientamento maggioritario della giurisprudenza, i mutui non possono essere qualificati come contratti pendenti qualora la banca abbia già interamente eseguito la propria obbligazione di trasferimento della somma pattuita; in tale ipotesi, residua la sola obbligazione del cliente di restituzione della somma predetta, il cui correlativo credito, a fronte del deposito della domanda di concordato preventivo, deve considerarsi scaduto e dunque immediatamente esigibile a noma dell'art. 55, comma 2, l. fall, giusta il richiamo operato dall'art. 169, comma 1, l. fall. in ambito concordatario. Nel quadro così delineato, non è infrequente che la banca mutuante acconsenta a una rinegoziazione del rapporto, anche mediante la previsione di un piano di ammortamento del dovuto di durata superiore alla moratoria di un anno dall'omologazione consentita dall'art. 186-bis, comma 2, lett. c), l. fall. L'accordo tra debitore concordatario e banca che eventualmente ne deriva è stato denominato - traslando la locuzione dal concordato fallimentare - “patto paraconcordatario”.

Tanto premesso, la riconduzione di un c.d. patto paraconcordatario tra gli atti di ordinaria o straordinaria amministrazione dipende, con ogni evidenza, dal contenuto del patto stesso. In proposito, l'art. 167, comma 2, l. fall. (ma lo stesso vale per relationem anche per l'art. 161, comma 7, l. fall.) sottopone gli atti del debitore concordatario alla previa autorizzazione del Giudice Delegato secondo un duplice criterio: devono, infatti, superare il vaglio degli organi della procedura (i) gli atti rientranti nei tipi elencati nella citata disposizione e (ii), in via generale e residuale, “gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione”. Per ciò che qui interessa, l'elencazione predetta, comunemente riconosciuta come esemplificativa e non esaustiva, comprende - oltre che i mutui, le transazioni e le concessioni di garanzie - altresì le “ricognizioni di diritti di terzi”. E la rilevanza di tale voce in relazione a un patto paraconcordatario non può essere concretamente esclusa, anche laddove tale accordo si limiti a una mera ridefinizione del piano di ammortamento di un mutuo: la “rateizzazione” di un debito implica - secondo un orientamento giurisprudenziale peraltro controverso - di per sé un preventivo riconoscimento del debito stesso; se così fosse, ne discenderebbe quindi la necessità di ottenere l'autorizzazione di cui sopra.

Con riguardo al criterio generale enunciato dalla norma suddetta, è stato costantemente statuito che “il carattere di atto di straordinaria amministrazione dipende dalla sua idoneità ad incidere negativamente sul patrimonio del debitore, pregiudicandone la consistenza o compromettendone la capacità a soddisfare le ragioni dei creditori, in quanto ne determina la riduzione, ovvero lo grava di vincoli e di pesi cui non corrisponde l'acquisizione di utilità reali prevalenti su questi ultimi” (Cass. 20 ottobre 2005, n. 20291). Il criterio di fondo è pertanto, in definitiva, l'“interesse della massa dei creditori[…] non già dell'imprenditore” (Cass. 11 agosto 2004, n. 15484). Muovendo da tale assunto, con specifico riferimento a un atto di rinegoziazione di mutuo fondiario, riduzione di ipoteca e frazionamento di mutuo (al quale la debitrice concordataria in quel caso concreto ha preso parte in qualità di garante), la Corte d'Appello di Venezia in una pronuncia del 29 maggio 2014 ha escluso la natura di atto eccedente l'ordinaria amministrazione con talune opportune precisazioni. La predetta Corte si è soffermata, in particolare, sul tema del tasso di interesse in favore della banca mutuante: secondo i giudici investiti del giudizio d'appello, un effetto sfavorevole alla massa dei creditori potrebbe essere ravvisato, in ipotesi di rinegoziazione del mutuo, nell'eventuale obbligo del debitore di “pagare anche gli interessi maturati dalla data di deposito della domanda di concordato in bianco […] alla data di stipula del negozio […] mentre, in mancanza dell'accordo ed in applicazione dell'art. 55 l. fall., il decorso degli interessi per tale periodo sarebbe sospeso”. Lo stesso - si aggiunge - potrebbe dirsi in ipotesi di qualsivoglia aumento delle garanzie in favore della banca. Con la conseguenza che (solo) in tali casi - i.e. nei casi di patti paraconcordatari con effetti penalizzanti per la massa dei creditori - diverrebbe necessario interpellare i competenti organi del concordato ai fini del rilascio di una specifica autorizzazione.

Un contributo per la soluzione della questione in esame potrebbe trarsi inoltre dalla motivazione resa dal Tribunale di Milano in una pronuncia del 4 novembre 2014, che ha sottolineato come “i creditori […avessero] acconsentito a una dilazione del pagamento del residuo debito ipotecario, ben oltre il termine annuale di cui all'art. 186-bis comma 2 lett. c) l.f., accordando tale dilazione in conformità delle scadenze dell'originario piano di ammortamento”. Cosicché, secondo l'orientamento espresso dai giudici milanesi, una dichiarazione unilaterale di mero riscadenziamento del mutuo proveniente dalla banca potrebbe ovviare ab origine alla necessità di valutare una richiesta di autorizzazione e, prima di essa, eventuali effetti negativi di un accordo paraconcordatario con il creditore predetto.

L'attuale quadro giurisprudenziale così ricostruito consente dunque di qualificare un patto paraconcordatario di riscadenziamento di mutui come atto di ordinaria amministrazione entro il limite dell'integrità del patrimonio del debitore a garanzia dell'interesse dei creditori. Con la conseguenza che non si potrà prescindere da una puntuale ed attenta valutazione in concreto dei contenuti del patto predetto e dei relativi effetti, da cui indagare in ogni caso con estrema cautela la necessità/opportunità di chiedere l'autorizzazione in questione.

Riferimenti normativiArt. 161, comma 7, l. fall. e art. 167, comma 2, l. fall.

Riferimenti giurisprudenziali – Sulla distinzione tra atti di ordinaria amministrazione e atti di straordinaria amministrazione, Cass. 22 giugno 2017, n. 15467, Cass. 20 ottobre 2005, n. 20291 e Cass. 11 agosto 2004, n. 15484, nonché nella giurisprudenza di merito, in generale, Trib. Lucca 14 marzo 2018, Trib. Crotone 17 luglio 2014, in Il caso, Trib. Terni 28 dicembre 2012, ivi, 2012, e Trib. Milano 11 dicembre 2012, ivi, 2012. Sulla rinegoziazione dei rapporti bancari, App. Venezia 29 maggio 2014, in Il caso, Trib. Rovigo 24 maggio 2016, in Fall., Trib. Milano 4 novembre 2014 in questo portale, e Trib. La Spezia 5 novembre 2010, in Fall.; si veda inoltre, in tema di modifica delle condizioni contrattuali, Trib. Pavia 25 novembre 2014, in Il caso.

Riferimenti dottrinali – Sui patti paraconcordatari, Giurdanella, I rapporti bancari nella fase prenotativa ed ammissiva del concordato preventivo, in Fall., 2017, 4, 377 ss.; Aiello, Il c.d. “patto para-concordatario”: appunti per la ricostruzione della fattispecie, in Fall., 2016, 12, 1333 ss.; Ambrosini, Concordato preventivo e autonomia privata: i cc.dd. patti paraconcordatari, in Dir. Fall., 2016, 6, 1464 ss.; Leuzzi, Note sui mutui pendenti nel concordato preventivo, tra anticipata scadenza e moratoria, ivi, 2015, 1, 109 ss.; Tersilla, Soluzioni “consensuali” nei concordati: il prepackaged bankruptcy all'italiana, in Fall., 2011, 7, 774 ss. Sulla distinzione tra atti di ordinaria amministrazione e atti di straordinaria amministrazione, ex multis, Arato, La domanda di concordato preventivo, in Crisi d'impresa e procedure concorsuali, diretto da Cagnasso-Panzani, Torino, 2016, 3341 ss.; Secondo, Atti di straordinaria amministrazione nel concordato preventivo “in bianco”, in Giur. comm., 2015, 6, 1326 ss.; Iorio, Effetti dell'ammissione al concordato preventivo, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, a cura di Caiafa-Romeo, Padova, 2014, 44 ss., e Palladino, Gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione nel concordato preventivo “in bianco”, in questo portale, 2017.