Il regime delle decisioni rese in sede di ottemperanza dalle Commissioni tributarie

28 Maggio 2019

La peculiare disciplina dei provvedimenti resi nell'ambito del giudizio di ottemperanza alle decisioni delle Commissioni tributarie, che si sostanzia, invero, nell'emanazione delle disposizioni del collegio per consentire la conformazione alla decisione da eseguire con sentenza e della conclusione, una volta adottati dall'Amministrazione i provvedimenti necessari per adeguarsi alle statuizioni rese in sede cognitiva, con ordinanza che dichiara chiuso il procedimento rende ragione di una serie di interrogativi di carattere sistematico, non scevri tuttavia di rilevanza pratica sul regime riservato a siffatte decisioni.
Premessa

Ai sensi dell'art. 70, comma 7, del D.Lgs. n. 546/1992, ove la parte proponga un giudizio di ottemperanza al giudicato nei confronti dell'Amministrazione che non si sia conformata, nonostante la messa in mora, ad una decisione esecutiva (anche se non passata in giudicato) resa dal giudice tributario, la Commissione competente,sentite le parti in contraddittorio ed acquisita la documentazione necessaria, adotta con sentenza i provvedimenti indispensabili per l'ottemperanza in luogo dell'Ufficio che li ha omessi, ovvero nomina al proprio interno o nell'amministrazione a tal fine un commissario ad acta.

Quanto al regime di tale sentenza, il successivo comma 10 della medesima disposizione stabilisce che la stessa può essere impugnata con ricorso per cassazione esclusivamente per violazione di norme sul procedimento.

La sentenza contenente le disposizioni per l'ottemperanza. Inappellabilità

Pertanto, la sentenza pronunciata dalle Commissioni tributarie, anche provinciali, adite in sede di ottemperanza alle decisioni esecutive o passate in giudicato delle stesse, non è assoggettata ad appello alla medesima stregua di quanto avviene per le altre pronunce delle stesse Commissioni tributarie provinciali.

Sulla questione, stante la competenza delle Commissioni tributarie regionali per l'ipotesi nella quale debba eseguirsi una decisione pronunciata dalle stesse, la S.C. ha evidenziato che un differente sistema sarebbe disarmonico in quanto l'appello non è compatibile con le pronunce delle Commissioni tributarie regionali. Per queste ragioni, la Corte di cassazione ha ritenuto che il ricorso per cassazione costituisca l'unico rimedio ammesso non solo quanto la decisione della Commissione adita con ricorso per ottemperanza sia di accoglimento dello stesso, come quella prevista dall'art. 70, comma 7, del D.Lgs. n. 546/1992, ma anche nella ipotesi di decisioni di rigetto o di inammissibilità (cfr. Cass. Civ., sez. trib., n. 20639/2015).

Tale sistema non contrasta con i principi in tema di giusto processo, in quanto l'appello non è un mezzo di gravame costituzionalmente garantito, a differenza di quanto avviene per il ricorso per cassazione per violazione di legge ex art. 111, comma 7, Cost.

Vizi denunciabili mediante ricorso per Cassazione

Lo stesso art. 70, comma 10, del D.Lgs. n. 546/1992, limita la possibilità di proporre ricorso in sede di legittimità contro le sentenze pronunciate dalle Commissioni tributarie (provinciale o regionale, a seconda della competenza nel caso concreto), alla violazione delle norme sul procedimento.

Questa previsione pone invece qualche problema di compatibilità, almeno in astratto, con l'art. 111, comma 7, Cost., laddove stabilisce che è sempre dato ricorso per cassazione contro le sentenze per violazione di legge, essendo tale espressione riferita, evidentemente, anche alla violazione del diritto sostanziale.

Né, peraltro, può al fine di escludere tale garanzia farsi riferimento alla giurisprudenza consolidata che ammette il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. per i provvedimenti, anche aventi forma diversa dalla sentenza, purché siano decisori e definitivi, in quanto il comma 7 dell'art. 70 del D.Lgs. n. 546/1992 prevede espressamente, come evidenziato, che sul ricorso di ottemperanza la Commissione adita decida con sentenza.

Invero, qualora non fosse prevista tale forma, e, quindi, nell'ipotesi di assunzione della decisione con decreto o con ordinanza, potrebbe ritenersi che non operi l'art. 111, comma 7, Cost., stante la mancanza di decisorietà su diritti soggettivi di un provvedimento reso in sede esecutiva e non cognitiva.

Pertanto, la compatibilità costituzionale in parte qua dell'art. 70, comma 10, del D.Lgs. n. 546/1992, appare correlata ad un'interpretazione dell'art. 111, comma 7, Cost., nel senso che anche quando prevede la garanzia del ricorso per cassazione per violazione di legge contro le sentenze, intende fare riferimento alla richiamata nozione di sentenza cd. in senso sostanziale, quale provvedimento decisorio e definitivo.

In una recente pronuncia, peraltro, la S.C., nella consapevolezza della problematica in ordine ai limiti di tutela che pone l'art. 70, comma 10, del D.Lgs. n. 546/1992 ove ammette il ricorso per cassazione contro la sentenza pronunciata in esito al giudizio di ottemperanza è ammesso per "violazione delle norme del procedimento", ha evidenziato che la norma deve essere interpretata nel senso che è possibile denunciare alla Corte di cassazione non soltanto la violazione delle norme disciplinanti il predetto giudizio, ma anche ogni altro error in procedendo nel quale sia incorso il giudice dell'ottemperanza e, in particolare, il mancato o difettoso esercizio del potere - dovere di interpretare ed eventualmente integrare il dictum costituito dal giudicato cui l'amministrazione non si sia adeguata o l'omesso esame di una pretesa che avrebbe dovuto trovare ingresso in quella sede (Cass. Civ., sez. trib., n. 23487/2018).

Ordinanza che dichiara chiuso il giudizio di ottemperanza

L'art. 70, comma 8, del D.Lgs. n. 546/1992, prevede che il collegio, eseguiti i provvedimenti di cui al comma precedente ovvero preso atto di quelli emanati ed eseguiti dal componente delegato o dal commissario ad acta nominato, dichiara chiuso il procedimento con ordinanza.

Rispetto al regime di tale provvedimento, la Corte di cassazione ha più volte ribadito che, avendo lo stesso un contenuto meramente ordinatorio, che si limita a dichiarare chiuso il procedimento, una volta preso atto dell'avvenuta esecuzione dei provvedimenti emessi con la sentenza che ha precedentemente pronunciato sulla richiesta di ottemperanza, ex art. 70, comma 7, del citato decreto, e di quelli eventualmente adottati nella successiva fase esecutiva, il medesimo di regola, non è impugnabile per difetto di contenuto decisorio, come si desume dall'art. 70, comma 10, del D.Lgs. n. 546/1992, che limita l'esperibilità del ricorso per cassazione, per inosservanza delle norme sul procedimento, alla sola sentenza emessa ai sensi del comma 7 del medesimo articolo (Cass., Sez. 5, n. 3804/2018).

Peraltro, è stato al contempo precisato, in omaggio alle regole generali, che, qualora la stessa ordinanza assuma un contenuto decisorio e definitivo, contro di essa è proponibile ricorso straordinario per cassazione, per violazione di legge, ex art. 111 Cost., in applicazione del principio secondo cui ogni provvedimento giudiziario, ancorché emesso in forma di ordinanza o di decreto, che abbia carattere decisorio e definitivo, può essere oggetto di ricorso alla stregua della detta disposizione costituzionale (cfr. Cass. Civ., sez. trib., n. 16086/2017).

Nella delineata prospettiva, la S.C. ha ad esempio ritenuto che l'ordinanza con la quale, ai sensi dell'art. 70, comma 8, del D.Lgs. n. 546/1992, si dichiara chiuso il procedimento di ottemperanza assume contenuto decisorio ed è suscettibile di ricorso straordinario per cassazione, per violazione di legge, ex art. 111 Cost., qualora, senza limitarsi alla mera presa d'atto dell'avvenuta esecuzione dei provvedimenti emessi con la sentenza che ha precedentemente pronunciato sulla richiesta di ottemperanza, per converso contenga un giudizio sulla correttezza dell'operato del commissario ad acta nell'interpretazione e nell'attuazione del decisum (Cass., Sez. 5, n. 22877/2017).

Più di recente, la proponibilità del ricorso straordinario per cassazione è stata ammessa anche nella ipotesi di ordinanza che dichiarando concluso il giudizio di ottemperanza decida sulle spese, sebbene sulle stesse abbia già provveduto la sentenza adottata ai sensi dell'art. 70, comma 7, dello stesso decreto, dovendosi ritenere tale statuizione affetta dal più radicale vizio di abnormità, che pure consente il sindacato della S.C. (Cass., Sez. 5, n. 29300/2018).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario