Contratti pubblici e riparto di giurisdizione: l’accertamento della nullità delle clausole penali del capitolato d'oneri

Lorenzo Piscitelli
28 Maggio 2019

In tema di contratti pubblici e riparto di giurisdizione, la domanda di accertamento della nullità di talune clausole (penali) del capitolato d'oneri è sindacabile solo dal giudice amministrativo o può essere legittimamente avanzata anche dinanzi al giudice ordinario nell'ambito di un giudizio civile mirato ad ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento?

In seguito alla stipula di un contratto pubblico la domanda di accertamento della nullità di talune clausole penali prescritte dal capitolato d'oneri può essere legittimamente avanzata dinanzi al giudice ordinario?

Ai sensi di quanto disposto dall'articolo 133 del Decreto Legislativo, 2 luglio 2010, n. 104 (“c.p.a.”), sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, inter alia, “le controversie relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale (…)”.

Come noto, il richiamo esplicito del Legislatore alle “procedure di affidamento” ha indotto la giurisprudenza a individuare nella stipula del contratto il vero e proprio spartiacque tra giurisdizioni:

  1. tutta la fase precedente alla stipula del contratto (e.g. pubblicazione ed applicazione della documentazione di gara, valutazione delle offerte, aggiudicazione della gara), avente natura pubblicistica, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; mentre
  2. la parte successiva, avente natura privatistica, è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario.

Siffatta chiave di lettura è confermata da un vasto e consolidato orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione Civile in materia di appalti pubblici (tra le tante, Cassazione Civile, Sezioni Unite, 29 maggio 2017, n. 13454), secondo cui il predetto articolo 133 del c.p.a. deve essere interpretato nel senso che, nelle procedure ad evidenza pubblica aventi ad oggetto l'affidamento di contratti pubblici, la cognizione di comportamenti ed atti assunti prima della aggiudicazione e nella successiva fase compresa tra aggiudicazione e stipula dei singoli contratti spetta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre, nella successiva fase contrattuale riguardante l'esecuzione del rapporto, la giurisdizione spetta al giudice ordinario.

La ratio di siffatto criterio distintivo risiede nella circostanza che la giurisdizione del giudice ordinario, (quale giudice dei diritti), diviene pienamente operativa nella fase aperta dalla stipula del contratto: questa seconda fase, pur strettamente connessa con la precedente e ad essa consequenziale ha inizio con la stipulazione del contratto e prosegue con tutte le vicende in cui si articola la sua esecuzione; infatti, a valle della sottoscrizione del contrato, i contraenti (i.e. pubblica amministrazione ed impresa aggiudicataria) si trovano in una posizione paritetica e le rispettive situazioni soggettive si connotano del carattere, rispettivamente, di diritti soggettivi ed obblighi giuridici a seconda delle posizioni assunte in concreto.

L'attribuzione al giudice ordinario delle controversie relative alla fase di esecuzione dell'appalto si fonda, pertanto, sulla considerazione che tali liti incidono non su interessi legittimi (la cui cognizione, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 7 del c.p.a. spetta alla giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo) bensì su diritti soggettivi.

Ebbene, tra queste controversie vanno annoverate quelle aventi ad oggetto, come nella fattispecie in esame, la risoluzione anticipata del contratto autoritativamente disposta dalla pubblica amministrazione committente a causa dell'inadempimento delle obbligazioni poste a carico dell'appaltatore: anch'esse, infatti, attengono alla fase esecutiva, implicando la valutazione di un atto avente come effetto tipico lo scioglimento del contratto, e quindi incidente sul diritto soggettivo dell'appaltatore alla prosecuzione del rapporto.

In tale contesto, l'espressione “controversie aventi ad oggetto la fase esecutiva del contratto” volta a delineare il perimetro giurisdizionale di competenza del giudice ordinario, deve essere interpretata non in senso restrittivo ma in senso ampio e sistematico, includendo, dunque, non solo le controversie che riguardano il contratto in sè e per sé e/o quelle che attengono al suo adempimento e quindi concernenti l'interpretazione dei diritti e degli obblighi delle parti, ma anche quelle volte ad accertare le condizioni di validità, efficacia, nullità o annullabilità del contratto, siano esse inerenti, estranee o sopravvenute alla struttura del contratto, comprese quelle derivanti da irregolarità o illegittimità della procedura amministrativa a monte.

Dall'analisi di tale opzione ermeneutica consegue – e si addiviene alla risoluzione del quesito in commento – che anche l'eventuale nullità di talune clausole penali del capitolato d'oneri, benché formalmente estranee alla struttura del contratto, può essere legittimamente accertata dal giudice ordinario nell'ambito di un giudizio civile mirato ad ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento, attesa la rilevanza tutt'altro che marginale di siffatte clausole in sede di esecuzione del rapporto negoziale instaurato con la pubblica amministrazione.

Difatti – se si assume che il giudice ordinario possa accertare le condizioni di validità, efficacia, nullità o annullabilità del contratto anche laddove esse siano inerenti o estranee alla struttura del contratto – ne discende che anche le clausole del capitolato d'oneri e, in particolare, quelle recanti la previsione di penali, aventi con tutta evidenza delle ripercussioni considerevoli sulla valutazione dell'inadempimento di una delle parti ai rispettivi obblighi contrattuali, possono essere oggetto di censura dinanzi al giudice ordinario.

La ragionevolezza di tali conclusioni appare d'altra parte confermata altresì da alcuni recenti arresti della massima giurisprudenza che in fattispecie relative alla risoluzione di un rapporto contrattuale hanno statuito che la clausola penale, seppur prescritta da un atto di gara e non direttamente dal contratto di appalto, è pur sempre uno strumento di commisurazione anticipata del danno che presuppone fisiologicamente l'inadempimento dell'appaltatore, di cui di regola deve conoscere il giudice ordinario (ex multis, in tal senso, Cassazione Civile, Sezioni Unite, 10 aprile 2017, n. 9149; Cassazione Civile, Sezioni Unite, 22 dicembre 2011, n. 28342).

Per le ragioni che precedono, si può concludere che:

(a) a valle della sottoscrizione del contratto tra impresa aggiudicatrice e stazione appaltante, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la cognizione delle controversie afferenti la nullità o meno delle clausole del capitolato d'oneri; e, pertanto

(b) che è legittimo avanzare una domanda di accertamento della nullità di talune clausole penali del capitolato d'oneri nell'ambito di un giudizio civile mirato ad ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento.