Non fondata la questione di legittimità costituzionale sulla prostituzione, anche se volontariamente esercitata
11 Giugno 2019
Con la sentenza n. 141/2019, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 1, nn. 4, prima parte e 8) della legge 20 febbraio 1958, n. 75 (Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui), sollevate con riferimento agi artt. 2, 3, 13, 25, comma 2, 27 e 41 Cost., da parte della Corte d'Appello di Bari, con ordinanza n. 71/2018. Con tale ordinanza, la Corte d'Appello di Bari aveva avanzato dubbi di legittimità costituzionale in relazione alla sentenza emessa dalla sentenza del Tribunale di Bari con cui sono stati dichiarati colpevoli quattro imputati appellanti del delitto di reclutamento di persone a fini di prostituzione, di cui all'art. 3, comma 1, n. 4), della legge 75/1958, e – limitatamente a uno degli appellanti – anche del delitto di favoreggiamento della prostituzione. La Corte d'Appello, investita del gravame, ha rilevato che i fatti oggetto di giudizio sono costituiti, nella sostanza, «dall'aver gli imputati organizzato, in favore dell'allora premier S.B., incontri con escort occasionalmente o professionalmente dedite alla prostituzione»: dovendosi intendere per escort, secondo la più comune e consolidata accezione del termine, «l'accompagnatrice ovvero la persona retribuita per accompagnare qualcuno e che è disponibile anche a prestazioni sessuali», con esclusione, quindi, delle forme di esercizio della prostituzione a carattere coattivo o necessitato da ragioni di bisogno. Secondo la Corte, le questioni così come sollevate sarebbero rilevanti perché, se accolte, darebbero luogo ad una assoluzione piena nel merito da parte degli imputati; non infondata, perché il «fenomeno sociale della prostituzione professionale delle escort rappresenterebbe un elemento di “novità” atto a far dubitare della legittimità costituzionale della legge n. 75 del 1958, ideata in un'epoca storica nella quale il fenomeno stesso non era conosciuto e neppure concepibile». La Corte costituzionale, a conclusione di un attento excursus storico della legislazione in materia di prostituzione, ha rigettato le questioni di legittimità costituzionale: in primis, ha ritenuto non pertinente il riferimento al parametro dell'art. 2 Cost., non essendo quest'ultima disposizione “conferente rispetto all'(intromissione di terzi nell')esercizio dell'attività di prostituzione”. Infondata anche la questione relativa all'art. 41 Cost., atteso che, «in base all'art. 41, co. 2, Cost. la libertà di iniziativa economica è tutelata a condizione che non comprometta altri valori che la Costituzione considera preminenti: essa non può, infatti, svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». Secondo la Corte, è indubbio che la legislazione penale sullo sfruttamento della prostituzione è rivolta proprio alla tutela della dignità umana. Rigettate anche le questioni attinenti nel merito al reato di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, sotto il profilo del principio di legalità e dei suoi corollari (tassatività e offensività); così come è stata respinta anche l'ultima questione sul principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. |