Grave errore professionale e precedente risoluzione contrattuale “non contestata in giudizio” bensì soltanto in via stragiudiziale

13 Giugno 2019

In base all'interpretazione letterale e conforme al diritto eurounitario, l'art.80, comma 5, lett. c) del decreto legislativo n. 50 del 2016, nella parte in cui fa riferimento a risoluzioni “non contestate in giudizio”, si riferisce al caso in cui la risoluzione non sia stata impugnata innanzi ad un giudice, essendo irrilevanti eventuali contestazioni stragiudiziali che non siano sfociate in un giudizio.

La vicenda. Un'impresa è stata esclusa da un appalto, relativo al conferimento del servizio di assistenza infermieristica, in quanto la Stazione appaltante ha tenuto, tra l'altro, rilevante, una precedente risoluzione contrattuale disposta da altra stazione appaltante non contestata in giudizio, ai sensi art. 80, comma 5, lett. c) del decreto legislativo n. 50 del 2016.

L'impresa ha impugnato la propria esclusione, deducendo che la risoluzione era stata stragiudizialmente contestata e che fosse ancora pendente il termine per la richiesta di annullamento della risoluzione, non essendo ancora intervenuta alcuna decadenza e/o prescrizione.

A parere della ricorrente, quindi, tale risoluzione non solo non poteva dirsi “confermata all'esito di un giudizio”, ma nemmeno “non contestata in giudizio”, dal momento che la formula normativa “non contestata in giudizio”, implicava che al provvedimento di risoluzione avrebbe dovuto essere stata prestata un'acquiescenza, circostanza che non sarebbe avvenuta nella fattispecie in esame, tenuto conto delle impugnazioni stragiudiziali citate dalla ricorrente.

La soluzione. Il T.A.R. ha respinto il ricorso, ritenendo di non poter interpretare la norma nel senso prospettato dalla ricorrente e cioè che per poter considerare una risoluzione “non contestata in giudizio” debba essere decorso il termine per poter contestare la risoluzione medesima e che il provvedimento di esclusione possa essere adottato solo nel caso in cui l'impresa abbia fatto acquiescenza alla risoluzione medesima.

Secondo il Collegio, invero, in base ad un'interpretazione letterale art. 80, comma 5, lett. c) del decreto legislativo n. 50 del 2016.

, nella versione applicabile ratione temporis, (“Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all'articolo 105, comma 6, qualora…lett. c), la stazione appaltante “dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio..”) il riferimento normativo a risoluzioni “non contestate in giudizio”, si riferisce al caso in cui la risoluzione non sia stata impugnata innanzi ad un giudice, come avvenuto nel caso in esame.

A sostegno viene citata la sentenza n. 1470 del 21 settembre 2017, con cui il T.A.R. Lecce ha osservato che non si può ritenere che la norma in parola, già di dubbia interpretazione, ove letta nel senso di privare di rilevanza le risoluzioni oggetto di contestazione fino alla loro inoppugnabilità (ragion per cui il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, con ordinanza del 23 agosto 2018, n. 5033, ha sollevato la questione di compatibilità dell'art. 80, comma 5, lett. c) del decreto legislativo con il diritto eurounitario ovvero “Se il diritto dell'Unione europea e, precisamente, art. 57 par. 4 della Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, unitamente al Considerando 101 della medesima Direttiva e al principio di proporzionalità e di parità di trattamento ostano ad una normativa nazionale, come quella in esame, che, definita quale causa di esclusione obbligatoria di un operatore economico il "grave illecito professionale", stabilisce che, nel caso in cui l'illecito professionale abbia causato la risoluzione anticipata di un contratto d'appalto, l'operatore può essere escluso solo se la risoluzione non è contestata o è confermata all'esito di un giudizio”) porti alla paradossale conseguenza per cui la p.a. debba addirittura attendere l'assenza di future, eventuali iniziative giudiziarie dei concorrenti, iniziative sottoposte peraltro dal c.p.c. a termini processuali evidentemente non in linea con gli interessi oggetto dei procedimenti e dei processi amministrativi in tema di appalti.

Nella specie, pertanto, la stazione appaltante ha legittimamente escluso la ricorrente dalla gara, non risultando che il provvedimento di risoluzione sia stato contestato giudizialmente bensì esclusivamente in via stragiudiziale.

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