L'assegnazione dell'animale domestico nella separazione dei coniugi

24 Giugno 2019

Il sentimento per gli animali costituisce un valore meritevole di tutela.
Massima

In mancanza di accordo tra i coniugi, il giudice della separazione può disporre l'assegnazione dell'animale domestico, in via esclusiva alla parte che assicuri il miglior sviluppo possibile dell'identità del cane o del gatto, oppure in via alternata a entrambi i coniugi, a prescindere dall'eventuale intestazione risultante dal microchip, tenendo conto del benessere dell'animale stesso, e regolamentare gli aspetti economici (spese veterinarie e straordinarie) legati alla sua cura e al suo mantenimento.

Il caso

Due coniugi decidono di separarsi e, tra le altre domande avanzate in giudizio, non avendo raggiunto alcun accordo sul punto, chiedono al Presidente di pronunciarsi in ordine alla gestione del cane e del gatto con loro conviventi in costanza di matrimonio, sia sotto il profilo del godimento degli animali, sia sotto il profilo economico.

La questione

Nell'ipotesi in cui i coniugi, nel contesto separativo, non riescano ad accordarsi sulla gestione degli animali domestici, in assenza di una normativa ad hoc, il Tribunale può decidere in ordine al loro affidamento (rectius: assegnazione), ai tempi di permanenza presso l'uno e l'altro, alla suddivisione delle spese da sostenere nell'interesse dell'animale?

Le soluzioni giuridiche

Il provvedimento del Tribunale di Sciacca si colloca nella scia di altre tre pronunce emesse dalla giurisprudenza di merito degli ultimi anni (Trib. Roma 16 marzo 2016, Trib. Pescara 9 maggio 2002) con cui è stata regolamentata, nell'ambito di giudizi di separazione personale dei coniugi, in mancanza di accordo tra di essi, la gestione dell'animale domestico, sia sotto il profilo relazionale, sia sotto il profilo economico.

Tuttavia, a differenza delle pronunce sopra citate, il Presidente del Tribunale siciliano non fa alcun riferimento alla disciplina prevista dagli artt. 316, comma 4, e 337bis c.c. in materia di affidamento dei figli: l'utilizzo del termine «assegnazione» in luogo di «affidamento» è già un chiaro segnale in questo senso.

Due sono i principi espressi dall'ordinanza in esame: innanzitutto, il Presidente afferma che «il sentimento per gli animali costituisce un valore meritevole di tutela, anche in relazione al benessere dell'animale stesso» e, in secondo luogo, indica il criterio che deve guidare il giudicante nella scelta del regime di assegnazione dell'animale (se esclusivo a favore di uno solo dei coniugi o alternato tra di essi), chiarendo che deve essere preferita la parte che assicuri il «miglior sviluppo dell'identità dell'animale stesso».

In realtà, è opportuno precisare che l'orientamento prevalente dei giudici di merito ritiene che la domanda di affidamento dell'animale domestico sia inammissibile poiché il riconoscimento di un vero e proprio «diritto soggettivo all'animale da compagnia» non giustifica l'istituzione di diritti d'azione inediti, non sorretti da una specifica previsione normativa. In sostanza, non è possibile giungere ad equiparare i figli minori agli animali domestici «posto che i primi solo (e non i secondi) sono persone fisiche, sia nella trama codicistica di diritto interno che nella legislazione sovranazionale» (si veda Trib. Milano, decr. 24 febbraio 2015, conformi Trib. Roma, sent. 16 aprile 2016, Trib. Milano, sent. 17 luglio 2013).

Ciò non significa, d'altronde, che il titolare del diritto soggettivo resti privo di protezione giuridica, ben potendo esercitare le azioni previste a tutela della proprietà, nonché attingere alle altre misure rimediali previste per l'esercizio di diritti su beni altrui o in comproprietà.

Del medesimo tenore è anche una pronuncia del Tribunale di Como, 3 febbraio 2016, in cui viene confermata l'inammissibilità della domanda di affidamento dell'animale domestico, pur riconoscendo la facoltà per i coniugi di assumere liberamente accordi in ordine a tale questione, il cui contenuto non dovrà essere vagliato, nel merito, dal Tribunale in sede di omologazione.

Osservazioni

Si avverte sempre di più nel nostro ordinamento l'assenza di una normativa che regolamenti le sorti degli animali domestici quando i loro padroni decidono di porre fine alla loro unione, che sia una semplice convivenza o un matrimonio.

Ecco allora che i Tribunali di merito si dividono: alcuni giudici applicano in via analogica la disciplina prevista per l'affidamento dei figli minori, altri, come nella pronuncia esaminata, parlano di assegnazione, altri ancora, invece, seguendo uno schema più rigoroso, dichiarano la domanda relativa all'affidamento dell'animale da compagnia inammissibile, fatti salvi, ovviamente, gli accordi assunti liberamente dalle parti di cui il Tribunale può prendere atto anche qualora abbiano un contenuto esulante da quello tipico.

Pur considerando ammirevole il tentativo di rispondere a un'esigenza sempre più preminente nel panorama delle vicende separative, quella di stabilire il destino del cane o del gatto da compagnia, non si può negare che l'animale domestico, da considerare sì essere senziente (si veda il Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 13 dicembre 2007), non possa comunque essere paragonato ai figli della coppia, mancando, sul punto, una norma ad hoc. Tanto che il Tribunale di Milano riconosce al titolare del diritto soggettivo all'animale da compagnia la facoltà di esercitare le azioni a tutela della proprietà.

Dunque, finché il Legislatore non deciderà di emanare uno dei tanti Progetti di Legge fermi sul tavolo del Parlamento, ogni pronuncia che regolamenterà l'affidamento, i tempi di permanenza e la suddivisione delle spese dell'animale domestico, sarà una pronuncia che andrà oltre la normativa attuale, che applicherà una legge che ancora legge non è.

Non è compito della giurisprudenza creativa colmare la lacuna normativa in materia, ma soltanto del Legislatore.

In conclusione, dunque, la sentenza in esame è da considerarsi lodevole per lo scopo prefissatosi ma non si può ignorare la circostanza che sia del tutto manchevole di un supporto normativo.

Pertanto, allo stato attuale, la domanda avente ad oggetto la regolamentazione dell'animale domestico a seguito della separazione dovrà essere dichiarata inammissibile; mentre nulla osta al recepimento di accordi stipulati liberamente dai coniugi in ordine a tale questione.

Guida all'approfondimento

CALABRESE, Ci separiamo. E il cane?, in ilfamiliarista

ROVACCHI, Gli animali da compagnia nella separazione di partners, in ilfamiliarista

SIMEONE, Per il Tribunale di Roma è possibile l'affido di “Fido”, in ilfamiliarista

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