Modalità di scelta alternativa nella nomina del legale: criteri

Luca Crotti
25 Giugno 2019

L'amministratore di condominio può, dopo la nomina assembleare di un difensore, nominarne autonomamente un altro, convocando apposita assemblea per revocare il primo mandato alle liti e ratificare il secondo?

L'amministratore di condominio può, dopo la nomina assembleare di un difensore, nominarne autonomamente un altro, convocando apposita assemblea per revocare il primo mandato alle liti e ratificare il secondo? Il legale revocato quali strumenti può esperire a propria tutela contro l'amministratore?

Alla luce del quesito, per come prospettato, parrebbe che la vicenda demandata alla cura del legale non rientrasse tra le specifiche attribuzioni dell'amministratore (art. 1130, c.c.) non spiegandosi altrimenti (alla luce dell'art. 1131 c.c.) le ripetute sollecitazioni assembleari finalizzate a decidere sulla nomina del difensore. Infatti, per ius receptum, “l'amministratore di condominio, per conferire procura al difensore al fine di costituirsi in giudizio nelle cause che rientrano nell'ambito delle proprie attribuzioni, non necessita di alcuna autorizzazione assembleare che, ove anche intervenga, ha il significato di mero assenso alla scelta già validamente compiuta dall'amministratore medesimo” (Trib. Velletri sez. II, 15 maggio 2018; Cass. civ. sez. II, 21 settembre 2017, n. 21965; Trib. Lecce, 27 luglio 2016 e Cass. civ. sez. II, 25 maggio 2016, n. 10865), senza che perciò detta ipotetica delibera, sostanziandosi in un'espressione di mero gradimento, debba essere adottata dalla maggioranza dei condomini (Trib. Genova sez. III, 21 dicembre 2005 e Cass. civ. sez. II, 3 dicembre 1999, n. 13504) e, dunque ancora, senza che si possano imputare al difensore, costituito in giudizio in nome e per conto dell'ente di gestione, criticità di rilievo in tema di ius postulandi.

Se invece la materia litigiosa fuoriesce dalle normali competenze dell'amministratore, come parrebbe nel caso in esame, la nomina del legale richiede, senza tema di smentita, la delibera assembleare per le liti “attive” del condominio (pur quando lo stesso ente, convenuto in un giudizio conservativo delle parti comuni, agisce in riconvenzione avanzando una pretesa che si pone al di fuori del perimetro tracciato dall'art. 1130 c.c.), mentre per le liti “passive” ritorna in gioco la facoltà dell'amministratore (quale mandatario ex lege del condominio) di nominare il legale per assicurare la resistenza allo stabile, essendo comunque nella disponibilità dell'assemblea, avvisata ratione materiae a mente dell'art. 1131, comma 3, c.c., di pronunciarsi anche nel senso di ratificare la nomina ovvero di modificare l'incarico conferito dal gestore, spostandolo su altro professionista (Cass. civ. sez. Unite, 6 agosto 2010, n. 18331) – non appaiono invece condivisibili gli ulteriori differenti orientamenti, che estremizzano la soluzione, per cui l'amministratore, nelle liti “passive”, ha pieni e incondizionati poteri di nomina del legale (Cass. civ. sez. II, 21 maggio 2003, n. 7958) ovvero per cui il conferimento al legale della procura ad litem, anche nelle vertenze “passive”, è comunque predicabile sin dall'origine, per una valida costituzione in giudizio dell'ente di gestione, esclusivamente per diretta determina dell'assemblea (Cass. civ. sez. II, 26 novembre 2004, n. 22294).

Infine, si segnala, per completezza espositiva, che la delibera assembleare di nomina di un difensore non richiede particolari contenuti, essendo stata ritenuta “valida” la decisione «che autorizza genericamente l'amministratore a "coltivare" la lite con un determinato difensore, essendo rimessa a quest'ultimo la scelta tecnica di modulare le difese» (Cass. civ. sez. II, 24/02/2014, n. 4366).

Da quanto sopra illustrato, e dall'analisi dell'art. 2237, comma 1, c.c. (recesso ad nutum del cliente), consegue che l'assemblea condominiale, nella ricorrenza dei quorum legali (art. 1136, comma 4, c.c.), ha legittimamente sostituito il secondo difensore al primo, il quale potrà far valere nei confronti del cliente (che, nel caso di specie, è anche la parte assistita, ossia i condòmini) il solo diritto al compenso maturato per l'opera concretamente svolta (quand'anche limitata alla sola fase di studio della pratica, con relativo peso della prova a carico del difensore sollevato dall'incarico, a norma dell'art. 2697, comma 1, c.c.).

Certo è che l'avvocato rimosso dal patrocinio, prima di abbandonare la difesa e reclamare i propri diritti, è tenuto prudenzialmente ad accertarsi, per non rischiare di incorrere in responsabilità professionale, che la revoca del mandato, munendosi delle evidenze del caso, si sia perfezionata secondo diritto (si pensi all'ipotesi della nomina assembleare di un avvocato per la gestione di una controversia relativa ad una materia che esula dalle normali attribuzioni previste dall'art. 1130 c.c. e la successiva revoca, del tutto inefficace, comunicata solo dall'amministratore motu proprio: in questo caso il legale è tenuto a continuare nella difesa, pena incorrere in profili di responsabilità professionale qualora abbia incautamente cessato di curare la vicenda affidatagli dai condòmini).

Che se poi la lite, nel caso in esame, ricadesse invece, sebbene non parrebbe, su una questione attinente alle ordinarie attribuzioni dell'amministratore, solo la nomina del secondo legale, fatta direttamente dal gestore, appare idonea a consentire una regolare difesa dell'edificio, senza che il primo legale, essendosi colpevolmente attivato sulla base di una procura inefficace, abbia alcunché da dolersi verso chicchessia (imputet sibi), con il rischio per l'avvocato, nei rapporti interni con il condominio, di dover rispondere, in via di regresso, delle spese di lite (Cass. civ. sez. Lavoro, 14 novembre 2006, n. 24281 e Cass. civ. sez. Unite, 10 maggio 2006, n. 10706).