Revisione del Regolamento Bruxelles II bis: cosa cambia

Paolo Bruno
03 Luglio 2019

Applicabile a partire dal 1° agosto 2022 il nuovo Regolamento Bruxelles II-bis, pubblicato in G.U.U.E. L 178 del 2 luglio 2019 reca con sé molte novità ed in alcune parti recepisce la giurisprudenza della Corte di Giustizia, innovando rispetto al testo attualmente vigente. Frutto di un difficile compromesso, raggiunto dopo tre anni di negoziato governato dalla regola che impone l'unanimità dei consensi tra tutti gli Stati membri ai sensi dell'art. 81(3) TFUE, il regolamento si applicherà a tutti gli Stati dell'Unione europea con l'eccezione della Danimarca.
Abolizione dell'exequatur

Innovando rispetto allo status quo, che vede le decisioni sul diritto di visita e quelle sul ritorno del minore viaggiare su una corsia privilegiata rispetto a tutte le altre, il nuovo regolamento prevede l'abolizione dell'exequatur per tutte le decisioni in materia di responsabilità genitoriale che hanno efficacia esecutiva nello Stato membro in cui sono state disposte; le stesse saranno dunque eseguibili in un altro Stato membro senza che sia richiesta una dichiarazione di esecutività.

Le garanzie per l'abolizione dell'exequatur saranno contenute nei motivi di diniego del riconoscimento e dell'esecuzione, da considerarsi tassativi, e segnatamente: la manifesta contrarietà con l'ordine pubblico dello Stato membro richiesto; l'incompatibilità con altra decisione tra le parti; la mancata notifica o comunicazione effettiva al convenuto in caso di sua mancata comparizione; la mancata possibilità per i titolari della responsabilità genitoriale di essere ascoltati; la mancata possibilità per il minore di essere ascoltato, salvo che il procedimento riguardi solo i suoi beni o sussistano altri seri motivi per omettere l'audizione, e il mancato rispetto della procedura di consultazione per i collocamenti transfrontalieri (artt. 39 e 41).

Come nel regolamento vigente, resta prerogativa del diritto nazionale stabilire se tali motivi possono essere sollevati solo ad istanza di parte o anche d'ufficio; le nuove norme mettono tuttavia in chiaro che le decisioni in materia di responsabilità genitoriale che già ora godono di un trattamento speciale in relazione alla circolazione transfrontaliera rimarranno comunque privilegiate, fatte salve opportune garanzie. Resta dunque il trattamento speciale delle decisioni certificate che concedono il diritto di visita e delle decisioni che comportano il ritorno di un minore nel quadro del cosiddetto “meccanismo della prevalenza”: decisioni che saranno corredate di un certificato avente effetti giuridici vincolanti, rettificabile o revocabile dallo Stato membro di origine nei casi in cui esso sia stato rilasciato erroneamente. La possibilità di contestare il certificato nel solo Stato membro di origine dovrebbe rafforzare i diritti della difesa e promuovere la fiducia reciproca tra Stati membri, mentre le contestazioni relative al riconoscimento e l'esecuzione nello Stato membro richiesto saranno limitate ai casi di incompatibilità, al fine di non frustrare il funzionamento del meccanismo incorrendo in una indebita revisione del merito della decisione.

La circolazione degli accordi privati sugli status

Dato il numero crescente di Stati membri che consentono accordi extragiudiziali in materia di separazione personale e divorzio o di responsabilità genitoriale, il compromesso trovato dagli Stati membri all'esito del negoziato chiarisce che la circolazione di tali atti pubblici e accordi è una realtà che deve essere agevolata, fatte salve talune garanzie.

Il legislatore europeo stabilisce di conseguenza che atti pubblici ed accordi in materia di separazione personale e divorzio aventi effetti giuridici vincolanti in uno Stato membro devono essere equiparati alle decisioni ai fini dell'applicazione delle norme sul riconoscimento.

Recependo sul punto la giurisprudenza della Corte di Lussemburgo (C-372/16, Soha Sahyouni contro Raja Mamisch,) il regolamento non consente la libera circolazione di semplici accordi privati, ma prevede che la circolazione sia possibile solo se un'autorità dipendente da ciascun sistema nazionale abbia formalmente redatto o registrato un atto pubblico o abbia registrato l'accordo; la circolazione potrà avvenire solo se nello Stato membro di origine sia stata verificata la competenza dello Stato membro le cui autorità hanno formalmente redatto o registrato l'atto pubblico o registrato l'accordo.

Inoltre deve essere rilasciato il pertinente certificato, che in determinati casi può essere rettificato o revocato, tanto ad istanza di parte che d'ufficio, e sono contemplate ulteriori garanzie, quali la possibilità di rifiutarne il riconoscimento nel caso di contrarietà all'ordine pubblico dello Stato richiesto o di incompatibilità con altra decisione tra le stesse parti (art. 68).

È infine chiarito nei Considerando che l'obbligo di dare al minore la possibilità di esprimere la propria opinione non si dovrebbe applicare agli accordi, e pertanto una eventuale omissione dell'ascolto non dovrebbe dare luogo ad un automatico rifiuto di riconoscimento o esecuzione dei medesimi.

La scelta del foro e gli accordi sulla giurisdizione

Il negoziato ha consegnato agli operatori del diritto una norma (art. 10) che ora consente una scelta del foro per i soli procedimenti in materia di responsabilità genitoriale ed in favore dello Stato membro con cui il minore ha un legame sostanziale (che il par. 1, lett. a rinviene nei casi in cui almeno uno dei titolari della responsabilità genitoriale abbia la residenza abituale nello Stato del foro, o ivi si trovi la precedente residenza abituale del minore, o di cui il minore abbia la cittadinanza) a condizione che siano rispettati determinati requisiti di forma e la scelta sia conforme all'interesse superiore del minore.

Detta scelta resta, peraltro, limitata al solo procedimento in questione ed è destinata a cessare con la sua definizione, senza alcuna ultrattività o estensione a futuri giudizi tra le parti, al fine di assicurare che il principio di prossimità sia sempre rispettato.

Rispetto all'attuale art. 12 (proroga di competenza) la nuova norma chiarisce meglio, dunque, il suo ambito di operatività ed i requisiti formali (l'accettazione deve essere espressa, e non è sufficiente che si realizzi «in qualsiasi altro modo univoco»; deve inoltre risultare da atto scritto, datato e firmato ovvero da una comunicazione elettronica che consenta una registrazione durevole). Viene inoltre opportunamente specificato che l'accordo di scelta del foro può essere «messo agli atti dell'autorità giurisdizionale conformemente al diritto e alle procedure nazionali», ciò che consentirà un più agevole coordinamento con le regole del processo civile telematico italiano (nel quale è il giudice a predisporre il verbale in forma digitale). La norma precisa, infine, che solo la competenza accettata durante il processo – e non anche quella concordata prima del medesimo – è esclusiva, riducendo in tal modo la portata applicativa della stessa.

La nuova norma sull'audizione del minore

Una delle novità destinate a suscitare maggiore dibattito è senz'altro l'introduzione di una norma-principio, quale quella del nuovo art. 21 (rubricata «diritto del minore di esprimere la propria opinione») che esprimerà la sua forza applicativa in tutti i procedimenti che riguardano il minore.

All'esito del negoziato le delegazioni degli Stati membri hanno infatti concordato sul fatto che «i procedimenti in materia di responsabilità genitoriale e (…) in materia di ritorno ai sensi della convenzione dell'Aia del 1980 dovrebbero (…) dare al minore oggetto del procedimento e capace di discernimento una possibilità concreta ed effettiva di esprimere la propria opinione quale principio di base e garantire che tale opinione sia presa debitamente in considerazione ai fini della valutazione dell'interesse superiore del minore» lasciando tuttavia «al diritto e alle procedure nazionali degli Stati membri la facoltà di stabilire chi ascolterà il minore e le modalità dell'audizione».

Si è inoltre molto opportunamente chiarito che, pur rimanendo un diritto del minore, l'audizione di quest'ultimo non costituisce un obbligo assoluto, ma deve essere valutata tenendo conto dell'interesse superiore del minore, per esempio nei casi in cui esiste un accordo tra le parti; la precisazione consente di far salva l'audizione ogniqualvolta il giudice ritenga che – per la particolare materia trattata o per la manifesta superfluità dell'audizione – non sia opportuno coinvolgere il minore in un procedimento conflittuale.

Infine, è stato ribadito che laddove tale autorità giurisdizionale decida di dare al minore la possibilità di essere ascoltato, è necessario che essa adotti tutte le misure appropriate ai fini di una siffatta audizione, tenendo conto dell'interesse superiore del minore e delle circostanze di ogni singolo caso, allo scopo di garantire l'efficacia di tali disposizioni e di dare al minore la possibilità concreta ed effettiva di esprimere la propria opinione.

La norma in parola scolpisce il principio per cui nell'esercitare la competenza gli organi giurisdizionali degli Stati membri danno al minore capace di discernimento, conformemente al diritto e alle procedure nazionali, la possibilità concreta ed effettiva di esprimere la propria opinione, direttamente o tramite un rappresentante o un organismo appropriato. Qualora decida, conformemente al diritto e alle procedure nazionali, di dare al minore la possibilità di esprimere la propria opinione ai sensi del presente articolo, l'organo giurisdizionale tiene debito conto dell'opinione del minore in funzione della sua età e del suo grado di maturità.

In particolare, per quanto riguarda gli accordi, nei Considerando si chiarisce che sebbene l'obbligo di dare al minore la possibilità di esprimere la propria opinione a norma del presente regolamento non si applichi agli atti pubblici e agli accordi, il diritto del minore di esprimere la propria opinione continua ad applicarsi e il fatto che al minore non sia stata data la possibilità di esprimere la propria opinione non dovrebbe costituire automaticamente un motivo di diniego del riconoscimento e dell'esecuzione degli atti pubblici e degli accordi in materia di responsabilità genitoriale.

Minima armonizzazione del procedimento di esecuzione

Non potendosi raggiungere un consenso unanime su una armonizzazione dei procedimenti di esecuzione in materia familiare, date le considerevoli differenze procedurali tra Stati membri sul punto, il Consiglio dell'UE ha stabilito che il procedimento di esecuzione delle decisioni emesse in un altro Stato membro dovrebbe in linea di principio continuare a essere disciplinato dal diritto dello Stato membro di esecuzione, indipendentemente dalla natura dei provvedimenti utilizzati, siano essi sanzioni pecuniarie o altri provvedimenti coercitivi.

Tuttavia è apparso di fondamentale importanza, per il rafforzamento del sistema di libera circolazione delle decisioni in questo settore, prevedere norme minime armonizzate sulle modalità per gestire un mutamento significativo delle circostanze intervenuto successivamente alla pronuncia della decisione.

Tali norme comprendono ora un certo numero di ragioni armonizzate per sospendere o rifiutare l'esecuzione in quanto tale nello Stato membro di esecuzione, al dichiarato scopo di assicurare che l'esecuzione possa essere rifiutata o sospesa in tutti gli Stati membri ampiamente alle stesse condizioni, aumentando in tal modo la certezza giuridica per tutti i genitori e i minori.

Tale approccio non esclude in via di principio l'applicazione di motivi di diniego nazionali che siano compatibili con il regolamento (attinenti, ad esempio, al rispetto di requisiti formali del diritto e delle procedure nazionali di esecuzione; o al fatto che la decisione sia già stata eseguita, o non possa essere eseguita per grave malattia, decesso o stato di detenzione della persona a cui il minore va consegnato, etc.). I motivi nazionali, tuttavia, non possono essere applicati in modo tale da estendere indebitamente le condizioni e le modalità di quelli comuni previsti dal regolamento.

Il nuovo regime dei provvedimenti provvisori e cautelari

Il Regolamento contiene ora una definizione puntuale di provvedimenti provvisori e cautelari (art. 2), che abbraccia tanto quelli adottati da un giudice competente per il merito quanto quelli disposti da giudice non competente; questi ultimi, relativi a minori (o loro beni) presenti sul territorio del giudice adito e adottabili anche nel contesto di un procedimento di sottrazione internazionale per proteggere il minore da pregiudizi psico-fisici derivanti dal ritorno, sono comunque recessivi rispetto ai provvedimenti adottati dal giudice del merito.

I provvedimenti di cui trattasi possono essere eseguiti solo se muniti di certificato (che indicherà se il giudice emittente è o non è competente per il merito) oppure, quando resi inaudita altera parte, solo previa dimostrazione dell'avvenuta notifica al destinatario (art. 35).

La novità principale, introdotta per adeguare la loro disciplina alla giurisprudenza della Corte di Giustizia consiste nei chiarimenti introdotti con riguardo al regime circolatorio: i provvedimenti provvisori e cautelari adottati da giudice incompetente non sono riconosciuti né eseguiti in alcun altro Stato membro salvo che non si tratti di provvedimenti adottati per proteggere il minore dal grave rischio di cui all'articolo 13, primo comma, lettera b), della convenzione dell'Aia del 1980. In tale ultimo caso, tuttavia, essi cessano di avere efficacia una volta adottati provvedimenti da parte del giudice del merito e – come chiarito nei Considerando – non dovrebbero essere utilizzati per minare la ripartizione di competenza tra giudice competente per il merito e giudice del ritorno (ciò che la Corte aveva chiarito nella pronuncia C-403/09, Jasna Detiček contro Maurizio Sgueglia).

La sottrazione internazionale di minori

Nella rifusione, la circolazione delle decisioni che dispongono il ritorno del minore ai sensi della convenzione dell'Aia del 1980 è ora inclusa tra le norme generali in materia di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni. Altri provvedimenti di ritorno risultanti dal «meccanismo della prevalenza» continuano a circolare in quanto decisioni «privilegiate», conformemente a norme speciali in materia di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni.

Il testo di compromesso prevede tuttavia che tale meccanismo dovrebbe essere limitato alle decisioni di merito relative al diritto di affidamento che implicano il ritorno del minore e che sono state rese nello Stato membro della (precedente) residenza abituale del minore dopo che in un altro Stato membro era stata emessa una decisione che negava il ritorno del minore, esclusivamente sulla base di taluni motivi di diniego stabiliti dalla convenzione dell'Aia del 1980. Ciò dovrebbe contribuire a fare chiarezza sulle norme applicabili nei casi di sottrazione di minore all'interno dell'UE e sulla relazione con la Convenzione dell'Aia del 1980.

Inoltre la rifusione introduce termini temporali chiari e realistici non solo per le Autorità Centrali (art. 23) ma anche per le autorità giurisdizionali che dovranno trattare i casi di sottrazione di minore quanto più rapidamente possibile e comunque – in ciascuna fase del procedimento – entro sei settimane da quando sono state adite (art. 24).

È dato maggiore risalto alla risoluzione alternativa delle controversie al fine di agevolare soluzioni basate sull'autonomia delle parti che siano tuttavia rispettose del miglior interesse del minore (art. 25); inoltre, per ridurre al minimo i possibili rischi per il benessere fisico e psicologico del minore, nel corso dei procedimenti per sottrazione possono essere disposti opportuni provvedimenti cautelari (artt. 15 e 27) anche per garantire i contatti tra il genitore al quale il minore è stato sottratto e il minore stesso durante il procedimento, qualora ciò sia nell'interesse superiore di quest'ultimo, e provvedimenti volti a ridurre al minimo il grave rischio di danni fisici o psicologici ai quali il minore potrebbe essere esposto a causa del ritorno.

Nei Considerando viene inoltre raccomandato agli Stati membri di considerare l'opportunità di limitare a una il numero delle possibili impugnazioni avverso la decisione che dispone o nega il ritorno del minore ai sensi della Convenzione dell'Aia del 1980 e di concentrare la giurisdizione sulla responsabilità genitoriale nell'Autorità giurisdizionale investita di un procedimento di ritorno.

Il collocamento in altro Stato membro

Il collocamento del minore in un altro Stato membro continuerà a essere soggetto a una procedura di consultazione per ottenere l'approvazione; il nuovo testo, tuttavia, definisce in modo più chiaro tanto l'ambito di applicazione delle norme in materia di collocamento transfrontaliero quando la procedura, così recependo le indicazioni della Corte di Giustizia (C-92/12, Health Service Executive contro S. C., A. C.).

Sotto la vigenza del nuovo testo l'autorità che intende disporre un collocamento oltre frontiera dovrà ottenere preventivamente il consenso dell'autorità competente dello Stato membro in cui il minore deve essere collocato, e la mancata risposta entro tre mesi dalla richiesta – che dovrà peraltro essere corredata da una relazione sul minore e dall'indicazione delle ragioni della domanda e della durata del collocamento – si intenderà come diniego.

Rientreranno nella procedura anche i collocamenti a fini educativi a seguito di comportamenti devianti del minore, mentre continueranno ad essere esclusi quelli – siano essi di carattere educativo o punitivo – disposti a seguito di un atto del minore che potrebbe costituire un fatto punibile ai sensi del diritto penale nazionale se commesso da un adulto, indipendentemente dal fatto che nel caso di specie ciò possa condurre o meno a una condanna.

I collocamenti presso i genitori (o, se e nella misura in cui è notificato dallo Stato membro in cui potrebbe essere collocato, presso altri parenti stretti) non saranno invece soggetti a tale procedura.

Poiché, inoltre, il regolamento si prefigge l'obiettivo di facilitare lo scambio di informazioni per individuare parenti o altri soggetti che potrebbero essere idonei a prendersi cura del minore, laddove si intenda procedere al collocamento in affidamento in un istituto o presso una famiglia, esso non preclude agli Stati membri la possibilità di mantenere o concludere accordi o regimi transfrontalieri che semplifichino la procedura di consultazione per ottenere l'approvazione nelle loro relazioni reciproche.

In conclusione

Applicato sin dal 2005, ed in breve diventato il pilastro portante della cooperazione giudiziaria in materia di famiglia nell'Unione Europea, il Regolamento Bruxelles II-bis necessitava di una “messa a punto” che lo rendesse maggiormente flessibile e recepisse alcuni importanti arresti della Corte di Lussemburgo, allo stesso tempo resistendo alla tentazione di fare alcuni passi indietro sul terreno della mutua fiducia tra autorità giudiziarie.

Il che non era scontato, se si considera che un certo numero di Stati membri – a cui era stato a suo tempo imposto come parte dell'acquis al momento della loro accessione all'UE, avvenuta dopo l'approvazione del testo attuale – non ne aveva mai fino in fondo condiviso lo spirito.

Benché il risultato finale, in termini quantitativi, consegni agli operatori del diritto un testo ben più ponderoso del precedente, sono diverse le novità che verosimilmente faranno chiarezza su alcuni snodi applicativi che nello strumento attualmente in vigore avevano occupato gli interpreti.

Tra le tante, viene delimitato l'ambito applicativo dei provvedimenti cautelari; si aprono le porte alla circolazione transfrontaliera degli accordi extragiudiziali sugli status; si offrono alle Autorità Centrali nuovi strumenti di collaborazione e circolazione delle informazioni; si tenta di ridurre la durata dei procedimenti di sottrazione internazionale di minore; si chiarisce il meccanismo di collocamento transfrontaliero, che in passato si era prestato a pratiche non proprio ortodosse.

In definitiva, e pur consapevoli che la validità di alcune soluzioni potrà essere verificata solo una volta divenuto applicabile, ci pare che l'Unione Europea sia comunque riuscita in un'impresa non scontata, portando a compimento un'opera di revisione sulla quale incombeva la spada di Damocle dell'unanimità dei consensi e nel bel mezzo di una crisi di identità del progetto europeo senza precedenti.

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