I limiti dell’autotutela all’esito di una procedura ad evidenza pubblica

Redazione Scientifica
04 Luglio 2019

L'istanza di revoca ai sensi dell'art. 21-quinquies, L. 241/90, dell'avviso di gara, presentata al termine dell'espletamento di una procedura ad evidenza pubblica al fine di ottenere l'assegnazione diretta di concessioni in uso e in locazione di beni demaniali ex art. 2, comma 3, lett. c) del D.PR. n. 296/2005, soggiace ai limiti imposti all'esercizio del potere di autotutela.

L'istanza di revoca ai sensi dell'art. 21-quinquies, L. 241/90, dell'avviso di gara, presentata al termine dell'espletamento di una procedura ad evidenza pubblica al fine di ottenere l'assegnazione diretta di concessioni in uso e in locazione di beni demaniali ex art. 2, comma 3, lett. c) del D.PR. n. 296/2005, soggiace ai limiti imposti all'esercizio del potere di autotutela.

La stazione appaltante non è tenuta a verificare la sola sussistenza dei requisiti richiesti per l'affidamento mediante trattativa privata (ipotesi eccezionale rispetto al principio generale dell'evidenza pubblica che governa la concessione dei suddetti beni nel rispetto delle regole della concorrenza e della massima partecipazione), dovendo piuttosto operare un bilanciamento degli opposti interessi in gioco. Nello specifico, la sussistenza dei requisiti per l'assegnazione diretta, non tempestivamente fatti valere, non rappresenta, nel bilanciamento dei diversi interessi, circostanza giustificativa sufficiente a rendere necessitato un provvedimento in autotutela da parte della stazione appaltante, titolare di un potere discrezionale, considerato l'interesse della società concessionaria, già aggiudicataria, e l'interesse generale a preservare l'esito dell'espletamento di una gara pubblica.

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