Caduta da scala a pioli all’interno del cimitero: doveri del danneggiato e caso fortuito in occasione dell’evento di danno da cosa in custodia
08 Luglio 2019
Massima
Nell'ipotesi di danno cagionato da cosa in custodia, il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, è connotato dall'esclusiva efficienza causale nella produzione dell'evento; a tal fine, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza sull'evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell'art. 1227, comma 1, c.c., e deve essere valutata tenendo conto del dovere centrale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà, espresso dall'art. 2 Cost. Pertanto quanto più la situazione di possibile danno e suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benché astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale. Il caso
La Corte d'Appello confermava la decisione del Tribunale, con la quale era stata rigettata una domanda risarcitoria proposta da una persona che, utilizzando una scala a pioli collocata all'interno di un cimitero comunale, al fine di accedere ai loculi più alti, era caduta rovinosamente e si era procurata un ingente danno fisico. La parte danneggiata proponeva ricorso per cassazione lamentando violazione e falsa applicazione dell'art. 2051 c.c. e l'omesso esame di un fatto decisivo e controverso, per avere il giudice di merito ricondotto il sinistro alla fattispecie del cd. fortuito incidentale, dipendente quindi dalla condotta colposa del danneggiato, senza avere valutato che la scala, di proprietà comunale, si trovava all'interno di una ristretta area cimiteriale, sottoposta alla custodia del Comune, anche mediante la figura del custode a ciò preposto, e che era priva di gommini antiscivolo, nonché il fatto che la pavimentazione fosse particolarmente liscia. La parte ricorrente, inoltre, tacciava come priva di logica l'affermazione dei giudici di merito in base alla quale la scala, pur priva dei presidi antiscivolo, avrebbe dovuto essere considerata idonea allo scopo, in quanto la stessa parte danneggiata aveva ammesso di averla già utilizzata altre volte senza nocumento. Aggiungeva la parte ricorrente che il comportamento della danneggiata era privo di qualsiasi carattere di eccezionalità e imprevedibilità e che, come tale, non avrebbe potuto interrompere il nesso di causalità; in definitiva, secondo la parte ricorrente, la scala rappresentava un pericolo perché non a norma e, poiché il Comune sapeva che la scala veniva utilizzata all'interno dell'area cimiteriale, avrebbe dovuto verificare se la medesima, potesse scivolare. La Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso perché la decisione impugnata aveva deciso questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e perché l'esame dei motivi proposti non offriva elementi per mutare l'orientamento. La questione
Se l'utilizzatore di una cosa sottoposta all'altrui custodia, nonostante la responsabilità di carattere oggettivo disciplinata dall'art. 2051 c.c., abbia il dovere di rapportarsi con la medesima adottando ogni cautela normalmente attesa e prevedibile in rapporto alle circostanze, poiché quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista da parte del danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo. Le soluzioni giuridiche
La sentenza della Cassazione ribadisce come all'obbligo di custodia della cosa fa sempre riscontro un dovere di cautela da parte di chi entri in contatto con essa, poiché quando la situazione di possibile pericolo che si ingenera appare superabile con l'adozione di un comportamento ordinariamente cauto, da parte dello stesso danneggiato, può escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, che viene così ridotta al rango di mera occasione dell'evento (v. anche Cass. civ., n. 4661/2015). Si tratta di un'interpretazione in linea con la tesi, sviluppatasi da diversi anni, che individua anche nel fatto del terzo e dello stesso danneggiato il caso fortuito, atto a escludere la responsabilità del custode ai sensi dell'art. 2051 c.c. (v. Cass. civ., n. 9726/2013) e non solo in un accadimento naturale esterno. Nell'ordinanza in commento, la Cassazione, richiamando ufficiosamente l'art. 1227, comma 1, c.c., in tema di fatto colposo del creditore, quale elemento di valutazione del grado di incidenza della produzione dell'evento, individua, inoltre, nella cautela che deve caratterizzare il comportamento del soggetto che entra in contatto con la cosa, un preciso adempimento del dovere di solidarietà previsto dall'art. 2 della Carta Costituzionale. Il caso fortuito, atto a escludere la responsabilità del custode ai sensi dell'art. 2051 c.c., continua quindi ad essere inteso come evento interruttivo del nesso causale fra la cosa in custodia ed il danno ed è comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato (v. anche: Cass. civ., n. 9726/2013). Inoltre, il giudizio sull'autonoma efficienza causale della condotta del danneggiato, ovvero del terzo, deve essere adeguato alla natura e alla pericolosità della cosa, tanto che più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione delle normali cautele, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente (della vittima o del terzo) e tale comportamento diviene pertanto idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra cosa e danno, così da escludere la responsabilità del custode. Tuttavia, accanto a tali dati oggettivi, acquista rilevanza anche il comportamento dell'utente medio, il quale deve rapportarsi a precisi doveri di prudenza.
Osservazioni
La prevedibilità dell'evento consiste nella concreta possibilità, per l'utente danneggiato, di percepire o prevedere con l'ordinaria diligenza la situazione di pericolo. Ove poi tale pericolo sia visibile, si richiede al soggetto che entra in contatto con la cosa un grado maggiore di attenzione, in quanto la situazione di pericolo appare del tutto percettibile con l'ordinaria diligenza (v. anche: Cass. civ., n. 23919/2013 e Cass. civ., n. 999/2014). Nel caso esaminato dalla Corte, la scala a pioli presentava indubbiamente aspetti di intrinseca criticità (era priva dei gommini antiscivolo, il pavimento sul quale era collocata era molto liscio) e veniva utilizzata da una generalità di utenti non specificatamente addestrati, essendo collocata all'interno di un area cimiteriale, con lo scopo di permettere, a chiunque, di raggiungere i loculi posti più in alto per compiere così atti di devozione nei confronti dei defunti ivi tumulati, quali il collocamento di fiori e la pulizia delle lapidi. Tuttavia, la Corte, facendo proprie le osservazioni dei giudici di merito, ha ritenuto che la caduta dalla scala da parte della persona poi infortunatasi e che la stava utilizzando per l'attività appena descritta, non fosse dipesa da un difetto strutturale della scala stessa, ma dall'errato posizionamento che l'utilizzatore le aveva dato, in quanto non aveva tenuto conto del giusto grado di inclinazione. In tema di nesso causale, la stessa Corte aveva affermato che la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia è oggettivamente configurabile qualora la cosa custodita sia di per sé idonea a sprigionare un'energia o una dinamica interna alla sua struttura, tale da provare il danno (scoppio di una caldaia, esalazioni venefiche da un manufatto, ecc.). Qualora, invece, si tratti di cosa di per sé statica e inerte e richieda che l'agire umano, e in particolare quello del danneggiato, si unisca al modo di essere della cosa, per la prova del nesso causale occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presenti peculiarità tali da renderne potenzialmente dannosa la normale utilizzazione (buche, ostacoli imprevisti, mancanza di guardrail, incroci non visibili e non segnalati, ecc.) (v. Cass. civ., n. 22787/2014). Nell'ordinanza in commento l'attenzione viene focalizzata sulla condotta dello stesso danneggiato, arrivando a individuare un vero e proprio dovere di cautela in capo all'utilizzatore, in quanto questi deve avere coscienza di essere inserito in un preciso tessuto sociale che, oltre a garantirgli determinati diritti, gli impone anche precisi “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, secondo il dettato codificato all'art. 2 Cost. Tra questi doveri di solidarietà rientra, pertanto, anche quello di effettuare una preventiva valutazione della situazione potenzialmente pericolosa che la cosa potrebbe ingenerare, indipendentemente dai doveri, di altro tipo, che competono al custode della cosa e, in ogni caso, di porre in essere un'attenzione rapportata alla situazione concreta. Più la situazione di potenziale pericolo è palese, più l'utilizzatore deve prestare attenzione e, se del caso, anche astenersi dall'utilizzare la cosa. Qualora, invece, non traspaia nessuna situazione pericolosa, ovvero questa non sia percettibile mediante l'uso dell'ordinaria diligenza, riprende pienamente vigore il carattere di responsabilità oggettiva connesso all'art. 2051 c.c. Peraltro, la violazione del dovere di cautela da parte di chi entra in contatto con la cosa, finisce per relegare quest'ultima a mera occasione dell'evento (v. Cass. civ., n. 11661/2014 e Cass. civ., n. 23584/2013), così privandola anche della necessaria efficienza causale. Il provvedimento esaminato appare perfettamente in linea con le tre ordinanze della Corte di Cassazione, sez. III civ., del 1 febbraio 2018 (la n. 2480, la n. 2481 e la n. 2482), nelle quali la Corte aveva elencato dettagliatamente i principi di diritto da applicare in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c.: a) l'imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa in capo al custode della cosa, sicché il danneggiato deve dare soltanto prova del rapporto causale tra la cosa e l'evento dannoso; b) la rilevanza, ai soli fini previsti dall'art. 2043 c.c., di omissioni, violazioni di obblighi di legge e di regole tecniche da parte del custode, salvo che ciò sia diretto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno; c) l'irrilevanza della diligenza del custode in relazione al caso fortuito, rappresentato da un fatto naturale o del terzo, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale , o della causalità adeguata; d) il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, è connotato dall'esclusiva efficienza causale nella produzione dell'evento; la condotta del danneggiato incontra l'applicazione anche ufficiosa dell'art. 1227 c.c., comma 1, e va valutata tenendo conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà di cui all'art. 2 Cost. In applicazione di tali principi, la Cassazione ha escluso, con l'ordinanza n. 2480/2018, la responsabilità, ex art. 2051 c.c., dell'ente proprietario della strada per avere installato un guardrail conforme alla normativa, anche in altezza, che fu però scavalcato dal corpo di un motociclista, uscito di strada in quel punto e purtroppo precipitato nel sottostante burrone, non potendo l'ente proprietario rispondere dei danni causati, in via esclusiva, dalla condotta del danneggiato, da qualificarsi oggettivamente non prevedibile come corrispondente alla normale regolarità causale delle condizioni dei luoghi. Con l'ordinanza n. 2481/2018, la Corte Suprema ha escluso la responsabilità, ex art. 2051 c.c., dell'ente proprietario di un selciato, in parte destinato a canale di scolo delle acque e su cui erano presenti grossi ciottoli, uno dei quali, ruotando, aveva causato la caduta di un passante che aveva voluto attraversarlo, avendo rilevato, nella condotta del passante, un atto imprudente tale da costituire caso fortuito idoneo a recidere il nesso causale, attesa la palese situazione di pericolo. Infine, con l'ordinanza n. 2482/2018, la Cassazione, accogliendo uno dei motivi del ricorso, ha ravvisato, nelle precipitazioni atmosferiche piovose, l'ipotesi del caso fortuito, ex art. 2051 c.c., solo quando esse assumano i caratteri dell'imprevedibilità oggettiva e dell'eccezionalità, da accertarsi, però, con indagine orientata da dati scientifici di tipo statistico in relazione alle caratteristiche in cui si presentava la cosa al momento dell'evento atmosferico (nel caso esaminato, dopo forti piogge, da uno svincolo e da un sottopasso stradale si erano propagate le acque piovane che avevano invaso le proprietà limitrofe e il giudice di merito aveva recepito l'evento atmosferico come eccezionale per il solo fatto che tale era stato definito in un'ordinanza della giunta regionale, senza però svolgere i rilievi come suggeriti dalla Corte). |