La mancata comunicazione dell'indirizzo PEC vanifica la digitalizzazione della Giustizia Amministrativa

Elia Barbujani
09 Luglio 2019

Il contegno omissivo serbato dall'Amministrazione rispetto all'obbligo di comunicazione dell'indirizzo PEC, pur non precludendo radicalmente la notifica dell'atto processuale (possibile mediante le tradizionali modalità cartacee), vanifichi il raggiungimento degli obiettivi di digitalizzazione della giustizia posti dal legislatore.
Massima

“È di tutta evidenza come il contegno omissivo serbato dall'Amministrazione rispetto all'obbligo di comunicazione dell'indirizzo PEC sancito dalla predetta norma, pur non precludendo radicalmente la notifica dell'atto processuale (residualmente possibile, infatti, mediante le tradizionali modalità cartacee), vanifichi il raggiungimento degli obiettivi di digitalizzazione della giustizia posti dal legislatore, rispetto ai quali la telematizzazione delle comunicazioni funge da fattore trainante”.

Il caso

Alcune note Associazioni rappresentative degli avvocati amministrativisti, unitamente a colleghi in nome proprio, hanno presentato un ricorso ai sensi dell'art. 31 c.p.a. per richiedere al TAR Catania di accertare l'inottemperanza del Comune di Catania rispetto all'obbligo di comunicare al Ministero della Giustizia un valido indirizzo di posta elettronica certificata ove ricevere le comunicazioni e le notificazioni al fine di farlo inserire nell'elenco “Registro PP.AA.” tenuto dal Ministero della Giustizia ai sensi dell'art. 16, comma 12 d.l. n. 179/2012.

Il TAR Catania, rilevando che l'omissione dell'Amministrazione aveva ad oggetto un comportamento (ossia la mancata comunicazione al Ministero dell'indirizzo PEC) e non l'emissione di un provvedimento amministrativo, aveva dichiarato inammissibile il ricorso con sentenza non definitiva (TAR Sicilia - Catania, 11 gennaio 2019, n. 33). Tuttavia, con il medesimo provvedimento, il giudice amministrativo aveva ritenuto sussistere le condizioni di ricevibilità e ammissibilità del ricorso ai sensi del rito di cui al d.lgs. n. 198/2009 c.d. class action e, pertanto, disponeva la conversione dell'azione ai sensi dell'art. 32 c.p.a..

In seguito alla conversione, nella nuova udienza pubblica celebrata, il Comune di Catania vedeva accolta la richiesta che fosse riconosciuta la cessazione della materia del contendere in quanto, nel frattempo, aveva provveduto a comunicare il proprio indirizzo PEC istituzionale al Ministero della Giustizia.

Nonostante la soddisfazione dell'interesse dei ricorrenti, il TAR Sicilia ha comunque argomentato sulla fondatezza della pretesa dei ricorrenti.

La questione

La questione della mancata comunicazione, da parte delle Pubbliche Amministrazioni, degli indirizzi PEC al Ministero della Giustizia è ormai risalente, una sorta di “peccato originale” del processo telematico.

Il d.l. n. 179/2012, che ha dato via al percorso di implementazione normativa dei processi telematici, aveva istituito con l'art. 16-ter i pubblici elenchi validi ai fini delle notificazioni e comunicazioni degli atti giudiziari e stragiudiziali nei processi telematici civile e amministrativi.
Successivamente, parte dell'elencazione è stata richiamata anche dalle regole tecniche del Processo Contabile Telematico.

I pubblici elenchi richiamati dalla norma in esame sono:

  • ANPR (Anagrafe nazionale della popolazione residente);
  • Registro PP.AA. (Registro delle Pubbliche Amministrazioni);
  • Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio;
  • INI-PEC (Indice Nazionale degli Indirizzi PEC);
  • ReGIndE (Registro Generale degli Indirizzi Elettronici).

Attualmente, gli avvocati possono effettuare notifiche in proprio a mezzo PEC ai sensi della legge n. 53/1994 esclusivamente se l'indirizzo PEC del destinatario sia presente in uno dei pubblici elenchi indicati.

Pertanto, il fatto che un indirizzo PEC non sia presente in uno degli elenchi previsti dalla legge rende quantomeno dubbia l'ammissibilità della notifica a mezzo PEC a altro indirizzo.

Tale circostanza ha provocato, e continua a provocare, gravi difficoltà nel processo amministrativo telematico in quanto l'art. 14 del D.P.C.M. 40/2016 prevede che le notifiche nei confronti delle Amministrazioni Pubbliche debbano essere effettuate utilizzando esclusivamente gli indirizzi contenuti nel Registro PP.AA.

Tale previsione si scontra con un dato fattuale allarmante: il Registro PP.AA. risulta, ad oggi, perlopiù un recipiente vuoto in quanto la maggior parte delle Amministrazioni Pubbliche non ha mai adempiuto all'obbligo di comunicare il proprio indirizzo PEC al Ministero della Giustizia ai sensi dell'art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012.
Tale grave contegno omissivo delle Amministrazioni continua sebbene la comunicazione avrebbe dovuto essere effettuata entro il 30 novembre 2014.

Le soluzioni giuridiche

La situazione di fatto creatasi ha fatto emergere due questioni interpretative.

In primo luogo, sull'ammissibilità delle notifiche a mezzo PEC effettuate nei confronti di indirizzi estratti dal registro IndicePA e, in secondo luogo, sulle conseguenze dell'inadempimento dell'obbligo di comunicazione al Registro PP.AA. da parte dell'Amministrazione.

Per quanto attiene alla prima questione, il Registro IndicePA è stato istituito dall'art. 16, comma 8, d.l. n. 185/2008 e reca gli indirizzi di posta elettronica della quasi totalità delle Pubbliche Amministrazioni italiane. Per tale motivo, alcuni avvocati hanno ritenuto che il contegno omissivo della Pubblica Amministrazioni li potesse in qualche modo “giustificare” ad utilizzare tale registro.

Tale convinzione risulta però non sostenuta dal dato normativo, in quanto il d.l. n. 90/2014 ha espunto il riferimento a IndicePA dall'art. 16-ter del d.l. n. 179/2012 (convertito con modificazioni in l. n. 221/2012).

È pertanto chiaro da tempo che indicePA non può più essere utilizzato come registro pubblico a norma di legge per estrarre gli indirizzi dei destinatari di notifiche telematiche, in quanto, sebbene pubblico elenco, non è ricompreso nell'elenco dei pubblici elenchi utilizzabili ai fini della notifica a mezzo PEC, dovendosi invece far riferimento al registro PP.AA., istituito dall'art. 16, comma 12, d.l. 179/2012.

La giurisprudenza amministrativa ha tuttavia ritenuto che il contegno omissivo dell'Amministrazione rilevi almeno per fondare l'errore scusabile del difensore, ai fini della rimessione in termini per la notifica cartacea,

Il TAR Napoli ha infatti concesso la rimessione in termini al ricorrente per effettuare nuovamente la notifica dal momento che, secondo il giudice partenopeo, la Pubblica Amministrazione inadempiente circa l'obbligo di comunicazione del proprio indirizzo PEC al Ministero della Giustizia non potrebbe trarre giovamento processuale, con la conseguenza che l'utilizzo dell'Indice PA dovrebbe essere considerato in buona fede (TAR Campania, 15 marzo 2018, n. 1653).
Secondo diverso orientamento, nell'ambito del processo civile telematico, la Corte di Cassazione ha invece affermato l'inutilizzabilità di IndicePA ai fini dell'effettuazione di notifiche di atti giudiziari, con interpretazione rigorosa dell'art. 16-ter del citato d.l. n. 179/2012 (Cass. civ., 9 giugno 2017, n. 14523).

Oltre alla rilevanza della mancata comunicazione ai fini della concessione dell'errore scusabile, un più recente orientamento giurisprudenziale ha tentato di individuare quali siano le conseguenze in sé del contegno omissivo delle Pubbliche Amministrazioni che impediscono il popolamento del Registro PP.AA.

La sentenza in commento, infatti, pur riconoscendo che la mancata comunicazione non impedisce totalmente la possibilità di effettuare la notifica, riconosce altresì che vincolare l'avvocato a effettuare la notifica con modalità cartacee costituisce una lesione del diritto di difesa, in quanto costituisce un aggravio in termini materiali ed economici.

Nel fondare la propria decisione, il TAR Catania ha richiamato la recente giurisprudenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia, che recentemente è intervenuto sulla questione riconoscendo che la mancata comunicazione dell'indirizzo PEC può atteggiarsi ad ostacolo all'agevole esercizio degli inviolabili diritti di difesa di cui all'art. 6 CEDU (CGARS, 12 aprile 2018, n. 216).

Pertanto, secondo il TAR Sicilia, la condotta dell'Amministrazione di violare il termine di legge, in assenza di margini di discrezionalità, rende più difficoltosa la notifica e costituisce una condotta da stigmatizzare.

Osservazioni

La mancata comunicazione degli indirizzi PEC da parte delle Pubbliche Amministrazioni ha costituito un grave handicap per la fase iniziale del processo amministrativo telematico.

Infatti, stante l'ondivaga giurisprudenza sull'ammissibilità delle notifiche a indirizzi estratti da IndicePA, il mancato popolamento del registro PP.AA. ha costituito un forte disincentivo all'utilizzo di notifiche telematiche.

Ciò ha avuto non poche ripercussioni, per gli avvocati, nel dover coordinare il momento analogico della notifica cartacea con il momento telematico del deposito degli atti.

Un processo, quello amministrativo, ancora sospeso tra due mondi, sebbene “pensato” per essere interamente digitale, a differenza del processo civile telematico, che tuttora consente la possibilità di depositare alcune tipologie di atto in forma cartacea in casi ordinari.

Sulla base di tali considerazioni, risulta importante la chiara affermazione del TAR Sicilia: l'omissione delle Pubbliche Amministrazioni vanifica il raggiungimento degli obiettivi di digitalizzazione della giustizia, che si traduce in processi più efficienti e, si spera, più efficaci.

La notifica cartacea non equivale alla notifica telematica, in quanto determina un aggravio sia in termini materiali che economici.

La pronuncia in commento riconosce, in conclusione, che la digitalizzazione del processo non riguarda esclusivamente l'avvocato e il suo tempo, ma favorisce una reale tutela dei diritti e interessi dei soggetti difesi e persegue, in senso lato, i principi costituzionali del giusto processo.