Voluntary disclosure e false dichiarazioni. Può configurarsi il delitto di autoriciclaggio?

Letizia D'Altilia
09 Luglio 2019

Integra il reato di autoriciclaggio la condotta del contribuente che nella voluntary disclosure dichiara il falso, regolarizzando beni che in realtà non erano all'estero, ma già in suo possesso in Italia? La Corte di Cassazione ha di recente affermato che si deve ritenere che l'eventuale integrazione del reato di esibizione di atti falsi e comunicazione di dati non rispondenti al vero previsto...

Integra il reato di autoriciclaggio la condotta del contribuente che nella voluntary disclosure dichiara il falso, regolarizzando beni che in realtà non erano all'estero, ma già in suo possesso in Italia?

La soluzione da fornire alla suddetta questione non può che articolarsi in termini negativi.

Come peraltro affermato di recente dalla Corte di Cassazione, si deve ritenere che l'eventuale integrazione del reato di esibizione di atti falsi e comunicazione di dati non rispondenti al vero previsto dall'art. 5-septies del d.l. 167/1990, forniti dal contribuente nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria (c.d. “Voluntary Disclosure”, introdotta con la l. 186/2014), non possa generare come “provento autoriciclato” quegli stessi beni che erano già esistenti e dichiarati sebbene falsamente, come collocati all'estero (v. Cass. pen., Sez. II, 1 aprile 2019, n. 14101, nel caso di specie oggetto si è trattato di opere d'arte falsamente dichiarate come collocate all'estero).

In una fattispecie del genere, non sono individuabili quelli che sono gli elementi materiali previsti dall'art. 648-ter.1 c.p., vale a dire: a) la commissione di un delitto non colposo; b) che dal suddetto delitto sia derivato un provento (denaro, beni o le altre utilità) economicamente apprezzabile; c) che il suddetto provento sia stato reinvestito in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative; d) che l'operazione di reinvestimento abbia costituito un ostacolo alla identificazione della provenienza delittuosa del provento del reato presupposto.

E, infatti, il preteso reato presupposto (il falso) non ha generato (e non può generare) alcun provento, in quanto i beni oggetto della falsa dichiarazione fanno già parte del patrimonio del contribuente e sono già stati dichiarati nell'ambito della Collaborazione volontaria.

Detto in altri termini, se il reato di falso consiste nell'avere il contribuente falsamente comunicato nella relazione di accompagnamento alla Voluntary Disclosure che certi beni (oggetto dell'eventuale autoriciclaggio) si trovavano all'estero quando, invece, erano rimasti nella sua disponibilità in Italia, è evidente che il suddetto falso non può avere generato (come provento) quegli stessi beni che erano già presenti nel patrimonio del ricorrente e che erano già stati dichiarati (sebbene, falsamente, come collocati all'estero). Da qui l'inconfigurabilità del delitto di autoriciclaggio.

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