Criteri di aggiudicazione: l'alternativa tra “prezzo più basso” e “rapporto qualità/prezzo” all'esame della Plenaria

11 Luglio 2019

L'Adunanza Plenaria è stata chiamata a pronunciarsi in materia di scelta del criterio di aggiudicazione da parte della stazione appaltante e, in particolare, sul rapporto fra due previsioni nell'ambito del medesimo art. 95 del codice dei contratti pubblici.
Massima

In caso di appalto di servizi ad alta intensità di manodopera che abbia, contemporaneamente, anche caratteristiche standardizzate, sussiste, con riferimento alla scelta del criterio di aggiudicazione da parte della stazione appaltante, un conflitto di norme (o concorso apparente) fra il comma 3, lett. a) e il comma 4, lett. b) dell'art. 95 del d.lgs. n. 50/2016, che prevedono, rispettivamente, il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo e quello del prezzo più basso. In tal caso, in ragione del rapporto fra le due disposizioni il conflitto deve essere risolto nel senso che la stazione appaltante è comunque tenuta a selezionare la migliore offerta sulla base del criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, nonostante il servizio, benché ad alta intensità di manodopera, presenti caratteristiche standardizzate.

Il caso

La vicenda trae origine dall'impugnativa degli atti indittivi di una procedura di affidamento di un servizio (nella specie il servizio di vigilanza antincendio) qualificabile ai sensi dell'art. 50 del d.lgs. 50/2016 come contratto ad alta intensità di manodopera che, al contempo, presentava caratteristiche standardizzate. Tale ultima peculiarità aveva indotto la stazione appaltante a prescegliere il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso avvalendosi della previsione di cui all'art. 95, comma 4, lett. b) del codice dei contratti pubblici il quale prevede che «4. Può essere utilizzato il criterio del minor prezzo […] b) per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato” e ciò nonostante il comma 3, lett. a), del medesimo articolo preveda che “sono aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo […] a) i contratti relativi […] ai servizi ad alta intensità di manodopera, come definiti all'articolo 50, comma 1». A seguito dell'annullamento disposto dal giudice di prime cure (TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 26 luglio 2018, n. 1872) e dell'appello la questione, attesi i contrasti giurisprudenziali sul punto è stata rimessa all'esame della Plenaria con sentenza (non definitiva), della Sez. III, 5 febbraio 2019, n. 882.

La questione

L'Adunanza Plenaria è stata chiamata a pronunciarsi in materia di scelta del criterio di aggiudicazione da parte della stazione appaltante e, in particolare, sul rapporto fra due previsioni nell'ambito del medesimo art. 95 del codice dei contratti pubblici: il comma 3, lettera a) che prevede “esclusivamente” il criterio miglior rapporto qualità/prezzo i servizi ad alta intensità di manodopera; ed il comma 4 lettera b) che, invece, contempla tra i casi in cui è facoltà ricorrere al criterio del minor prezzo, l'affidamento dei servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato.

Quid iuris, infatti, se il servizio da affidare rientra tra quelli ad alta intensità di manodopera (come definiti dall'art. 50 del codice), ma, al contempo, presenta anche caratteristiche standardizzate?

Al riguardo è bene precisare che nel caso deciso la qualificazione dei servizi da affidare nell'una e nell'altra tipologia sul piano fattuale e giuridico, non è stata in contestazione fra le parti.

La questione centrale, quindi, è quella del rapporto tra le predette disposizioni e in particolare, se tale rapporto vada declinato nei termini, rispettivamente, di specie a genere, con la conseguenza per cui, ove ricorrano le fattispecie di cui al comma 3 (servizi alta intensità di manodopera) sussista un obbligo cogente ed inderogabile di adozione del criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, o se diversamente, la facoltà riservata dal successivo comma 4 alle stazioni appaltanti, si ponga in un rapporto di complementarietà con la disposizione immediatamente precedente, consentendo quindi di derogare, previa motivazione, al predetto obbligo laddove il servizio sia comunque “standardizzato” e, quindi, di ricorrere al criterio del prezzo più vasso.

Il dubbio interpretativo spinge non solo ad una accurata esegesi del testo normativo – che, del resto, presenta una formulazione inedita rispetto al previgente art. 83, del d.lgs. n,. 163/2006, ma pone anche riflessioni di più ampio respiro.

Viene in gioco, infatti, la ratio stessa della netta scelta del Legislatore, operata con il nuovo codice degi contratti pubblici, e sottolineata unanimemente in dottrina:

  • per un verso, di prediligere criterio del miglior rapporto qualità/prezzo nell'ottica di perseguire interessi di diverso tipo (fra tutti, quelli di carattere sociale e di tutela del lavoro) e non più solo interessi legati a logiche di mercato o di contenimento della spesa pubblica, e
  • per altro verso, e conseguentemente, di riservare solo ad alcuni ambiti ristretti il criterio del prezzo più basso.

Il caso specifico all'attenzione della Plenaria, quindi, ha costituito l'occasione tanto per un opportuno intervento nomofilattico di stretto diritto positivo quanto per descrivere la cornice normativa e ordinamentale in cui la nuova disciplina del codice dei contratti in tema di individuazione del criterio di aggiudicazione si inserisce, con implicazioni quindi, potenzialmente estese ad altre parti della materia.

Le soluziono giuridiche

L'Adunanza Plenaria, dopo aver ripercorso il dato letterale dell'art. 95 (e in particolare i commi 2-5) riconosce l'esistenza in capo a ciascuna stazione appaltante di una discrezionalità nell'individuazione del criterio di aggiudicazione al fine di soddisfare nel miglior modo l'interesse pubblico sotteso al contratto da affidare. Tale discrezionalità incontra tuttavia il limite della preferenza accordata dalla legge a criteri di selezione che abbiano riguardo non solo all'elemento prezzo, ma anche ad aspetti di carattere qualitativo delle offerte (§§7-8).

La preferenza in questione, secondo Palazzo Spada, è enucleabile da una pluralità di elementi.

In primo luogo, viene richiamata la circostanza che mentre il comma 3 dell'art. 95 esprime un obbligo di fare ricorso per gli appalti di servizi ivi elencati al solo criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, all'opposto laddove l'amministrazione opti per il criterio del massimo ribasso nelle ipotesi invece previste nel comma 4 sussiste, ai sensi del comma 5 un preciso obbligo di motivazione.

In secondo luogo, si evidenzia la coerenza tra il favor per il criterio in questione con i principi e criteri direttivi previsti dalla legge delega 28 gennaio 2016, n. 11 (e, in particolare i criteri ci cui alle all'art. 1, comma 1, lett. ff) e gg) e fff).

In terzo luogo, si richiama l'art. 67 della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici (nonché i considerando 90, 92 e 93) a cui il Consiglio di Stato dà il merito di aver integrato l'alternativa tradizionale tra offerta economicamente più vantaggiosa e minor prezzo, prevista dall'art. 53 della previgente direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 con l'ulteriore criterio di selezione delle offerte con a base il costo, secondo «un approccio costo/efficacia, quale il costo del ciclo di vita» e che all'ultimo capoverso del paragrafo 2 ha riconosciuto al legislatore nazionale la facoltà di prevedere che le amministrazioni aggiudicatrici «non possano usare solo il prezzo o il costo come unico criterio di aggiudicazion

La Plenaria, quindi, pone in luce anzitutto il fondamento eurounitario del “divieto” di prezzo più basso, da individuarsi nell'alveo del margine di apprezzamento discrezionale attribuito sul punto ai legislatori nazionali e, che, ancor prima, va fatta risalire agli indirizzi di politica generale delle istituzioni sovranazionali. In proposito, il Consiglio di Stato, richiama la «strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva» denominata “Europa 2020” (di cui alla comunicazione COM/2010/2020 del 3 marzo 2010 della Commissione europea), per l'attuazione della quale gli appalti pubblici svolgono un ruolo fondamentale (cfr. considerando n. 2 della direttiva 2014/24/UE) nonché la risoluzione del 25 ottobre 2011 sulla modernizzazione degli appalti pubblici (2011/2048(INI)), prodromica all'approvazione delle direttive del 2014, con cui il Parlamento europeo ha manifestato l'avviso, fra l'altro, che il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso «non debba più essere il criterio determinante per l'aggiudicazione di appalti», ma debba essere sostituito «in via generale con quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa in termini di benefici economici, sociali e ambientali, tenendo conto dei costi dell'intero ciclo di vita dei beni, servizi o lavori di cui trattasi», salvo mantenere il primo «quale criterio decisivo in caso di beni o servizi altamente standardizzati», così da stimolare «l'innovazione e gli sforzi per ottenere la massima qualità e il massimo valore, promuovendo pertanto il rispetto dei criteri della strategia Europa 2020» (punto n. 13). L'indirizzo è stato ribadito a posteriori nella risoluzione del 4 ottobre 2018 sul pacchetto sulla strategia in materia di appalti pubblici (2017/2278(INI)).

Infine, a fondamento delle previsioni dell'art. 95, il Consiglio di Stato arriva a richiamare gli «imperativi di matrice costituzionale», espressi dal principio secondo cui l'iniziativa economica non può svolgersi in contrasto «con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana» (art. 41, comma 2), finalizzato a conciliare le esigenze della crescita economica, per la quale l'intervento pubblico mediante l'affidamento di contratti d'appalto costituisce un rilevante fattore, con quelle di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori e delle loro condizioni contrattuali.

Così ricostruite le premesse della pronuncia, la ratio decidendi si condensa nel grande risalto assegnato alle disposizioni in discorso lì dove la Plenaria ritiene che proprio l'art. 95, c. 3 del codice dei contrattisi pone ad un punto di convergenza di valori espressi in sede costituzionale e facoltà riconosciute a livello europeo ai legislatori nazionali, per la realizzazione dei quali nel codice dei contratti pubblici il miglior rapporto qualità/prezzo è stato elevato ad criterio unico ed inderogabile di aggiudicazione per appalti di servizi in cui la componente della manodopera abbia rilievo preponderante”.

Il Consiglio di Stato, quindi, individua esattamente le tre diverse regole applicabili al criterio di aggiudicazione a seconda dell'oggetto del contratto:

  • la regola generale, ai sensi del comma 2 dell'art. 95 è quella in base alla quale le amministrazioni possono aggiudicare i contratti di appalto pubblico secondo il criterio (ora denominato in generale) dell'offerta economicamente più vantaggiosa, individuata dal miglior rapporto qualità/prezzo o che abbia a base il prezzo o il costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia;
  • il successivo comma 3 pone invece una regola speciale, relativa tra l'altro ai servizi ad alta intensità di manodopera, derogatoria di quella generale, in base alla quale per essi è obbligatorio il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo;
  • al comma 4, e, in particolare, per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate si riespande invece la regola generale posta dal comma 2, con il ritorno alla possibilità di impiegare un criterio di aggiudicazione con a base l'elemento prezzo, e precisamente il «minor prezzo», purché questa scelta sia preceduta da una «motivazione adeguata» (cfr. comma 5).

Ebbene, a fronte di tali considerazioni nell'ipotesi peculiare in cui il servizio da affidare sia qualificabile come servizio ad alta intensità di manodopera ed abbia, contemporaneamente, caratteristiche standardizzate si realizza un concorso di disposizioni di legge tra loro contrastanti, derivante dal diverso ed antitetico criterio di aggiudicazione rispettivamente previsto per l'uno o l'altro tipo di servizio e dal diverso grado di precettività della norma. Si tratta tuttavia, di un concorso apparente di norme, che richiede di essere risolto con l'individuazione di quella prevalente. Il conflitto così prospettato non può che essere risolto a favore del criterio di aggiudicazione del miglior rapporto qualità/prezzo previsto dal comma 3, rispetto al quale quello del minor prezzo invece consentito in base al comma 4 è, per usare le parole della Plenaria, «subvalente».

E ciò, per l'appunto, in ragione del carattere speciale e derogatorio di quest'ultima regola (quella del comma 3) rispetto a quella generale (ovvero quella del comma 2), laddove il criterio del minor prezzo ai sensi del comma 4 ne segna invece il ritorno, con la riaffermazione della facoltà di scelta discrezionale dell'amministrazione di aggiudicare l'appalto secondo un criterio con a base il (solo) prezzo.

Viene quindi radicalmente rigettata l'ipotesi per cui anche il comma 4 costituisce disposizione, a sua volta, speciale, rispetto al precedente comma 3. Si tratterebbe di attribuire, quindi, una valenza di deroga alla norma a sua volta derogatoria contenuta nel precedente comma 3. Tuttavia, aa “deroga della deroga” così ipotizzata sortirebbe l'effetto di impedire che sia invece quest'ultima disposizione ad essere applicata per i servizi ad alta intensità di manodopera con caratteristiche standardizzate. In questo modo gli obiettivi di tutela del lavoro potrebbero essere sacrificati alle esigenze di carattere tecnico e alle determinazioni discrezionali dell'amministrazione, laddove invece sulla base degli indirizzi elaborati in sede europea e dei valori affermati nella Costituzione i primi costituiscono obiettivi primari da perseguire nel settore dei contratti pubblici.

Osservazioni

La Plenaria, nel dirimere il contrasto, condivisibilmente aderisce quindi all'orientamento, anche di recente riaffermato (Cons. St., Sez. V, 24 gennaio 2019, n. 605, nonché in precedenza cfr. id., sez. III, 2 maggio 2017, n. 2014, Sez. V, 16 agosto, 2018, n. 4945, nella parte in cui ha richiamato la cogenza del disposto di cui all'articolo 95 comma 3; TAR Lazio, Roma, Sezione Terza Ter, 12dicembre 2016. n. 12439; Sezione II Ter, 15 novembre 2016, n. 11323) circa il carattere speciale e inderogabile dell'art. 95, comma 3, lett. a) del codice e, per converso, sul carattere non ulteriormente derogatorio, del successivo comma 4. L'immediato precipitato della posizione assunta della Plenaria è che, una volta appurata la natura del servizio da affidare come appalto ad alta intensità di manodopera, la scelta del criterio di aggiudicazione diventa vincolata. Il margine di discrezionalità della stazione appaltante finisce per azzerarsi e, in tale prospettiva, non avrebbe alcun senso né alcuna indagine supplementare sulla natura del servizio (come standardizzato o meno) né a fortiori alcun aggiuntivo onere motivazionale in capo alla stazione appaltante stessa ai sensi dell'art. 95, comma 5, del codice, posto che né l'una né l'altra attività, potrebbero ‘sovvertire la gerarchia' nella scelta del criterio di aggiudicazione, che è, quindi, prestabilita dal legislatore.

Alla pronuncia della Plenaria, inoltre, va senz'altro il merito di aver ricostruito il rapporto tra le due disposizioni e la ricordata regola iuris in un contesto più ampio e quindi non solo sulla base di una pur estesa analisi normativa interna ed europea ma anche sulla base di quella che nella stesa pronuncia in commento viene definita la «cornice indirizzo politico-legislativo ad esse presupposta» (§17).

Proprio una diverso approccio nell'interpretazione della norma, infatti, - quasi ‘ricurvo' su sé stesso e su una atomistica lettura dei suoi commi nel loro avvicendarsi - pare essere alla base stessa del contrasto giurisprudenziale ora risolto, in quanto incentrato su una rigida dicotomia (norma speciale-norma generale) nel rapporto tra comma 3 e comma 4 dell'art. 95, più che su una diversa importanza “qualitativa” rivestita dai due criteri di aggiudicazioni per volontà del legislatore.

Proprio la stessa Sezione III (cfr. Cons. Stato, 13 marzo 2018, n. 1609), confermando l'indirizzo diffusamente ripreso in altre pronunce di primo grado (tra cui cfr. TAR Sicilia, Sez. III, 20 dicembre 2018, n. 2695; TAR Sicilia, Sez. II, 28 novembre 2018, n. 2519; TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 23 aprile 2018 n. 718; TAR Abruzzo, L'Aquila, Sez. I, 16 agosto 2018, n. 333; id. 13 gennaio 2017 n. 30) aveva pertanto affermato, in una fattispecie sovrapponibile a quella decisa dalla Plenaria e con il coinvolgimento dei medesimi operatori economici che l'art. 95 al comma 4 lett. b), in via di eccezione espressamente consente che «per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato»; possa farsi l'applicazione del criterio del «minor prezzo».

Del resto, si può dire che proprio la mera successione delle due regole poste nei suddetti commi quasi ‘suggerisca' la tesi del carattere ulteriormente derogatorio del comma 4 rispetto al precedente comma 3: ragionando in questa traiettoria argomentativa, il legislatore avrebbe relegato il criterio del prezzo più basso ad ipotesi residuali e tassativamente individuate senza realizzarne per una sorta di deminutio qualitativa rispetto alle criterio del rapporto qualità/prezzo previsto per i casi di cui al comma 3, ma solo una riduzione quantitativa, restando, infatti - anche al ricorrere di tali casi, delle condizioni fissate nel comma 4 nonché previa congrua motivazione - sempre possibile per la stazione appaltante aggiudicare al prezzo più basso. La Plenaria, tuttavia, fornisce ampia ed esaustiva risposta a tale possibile obiezione. Nello stesso senso si potrebbe ulteriormente obiettare che, pur essendo il rapporto qualità/prezzo indubitabilmente l'unico criterio in grado di contemperare l'esigenza di minor spesa pubblica con una pluralità di altri interessi (ambientali, sociali etc.), tale maggior ‘utilità' del criterio di aggiudicazione in questione tenda ad assottigliarsi, se non a sparire del tutto, proprio in presenza di servizi dalle caratteristiche standardizzate, ancorché ad alta intensità di manodopera. In tali casi, appare invero più difficile, almeno in teoria, ipotizzare su quali ambiti qualitativi i competitor potranno essere chiamati a concorrere. Ma è questo un gravoso compito che spetterà alle singole stazioni appaltanti dover adempiere, nel dar seguito all'insegnamento della pronuncia in commento.

Guida all'approfondimento

In dottrina , L. Seccia, Aggiudicazione per i settori ordinari, Commento sub Artt. 94-99, in I nuovi appalti pubblici, Commento al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, M. Corradino – S. Sticchi-Damiani (a cura di), Milano, Giuffrè, 2017, 411 ss.; G. Pescatore in La nuova disciplina degli appalti pubblici, R. Garofoli – G. Ferrari (a cura di), Roma, 2016, 614 e ss.; .; C. Lamberti, Commento all'art. 95, in Codice dei contratti pubblici commentato, a cura di L.R. Perfetti, II ed., Milano, Ipsoa, 2017, 831 ss.; R. De Nictolis, I nuovi appalti pubblici, Bologna, , 2017, 1345 ss., P. Chirulli, Commento all'art. 95, in Codice dei Contratti Pubblici, Commentario di dottrina e giurisprudenza, Torino, 2017, 1242 ss.; G. Taccogna, L'aggiudicazione degli appalti pubblici nel d.lgs. n. 50 del 2016, in www.giustizia-amministrativa.it, 2016; V. Zallocco, Servizi ad alta intensità di manodopera e con caratteristiche standardizzate: la scelta del criterio di aggiudicazione, in lamministrativista.it, 26 aprile 2018.

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