Il nuovo quesito medico legale all'esame dell'Osservatorio di Milano
16 Luglio 2019
Il quesito medico legale
L'Osservatorio di Milano, nell'aprile 2013, approvò un quesito medico legale da adottare sia nelle ipotesi di cogente applicazione dell'art. 139 cod. ass. sia in tutte le altre ipotesi di applicazione della Tabella milanese. Le ultime riforme normative e i recenti arresti della Cassazione hanno imposto un riesame di quel quesito. E' stato costituito un gruppo di studio, il gruppo 9, composto da giuristi e medici legali, dedicato all'approfondimento ed all'elaborazione di un quesito medico legale aggiornato e coerente agli sviluppi legislativi, giurisprudenziali e della Dottrina medico legale: il dibattito è intenso e proficuo ed i lavori sono tuttora in corso. Alla luce di quello che sta emergendo nel Gruppo 9, ma anche del bellissimo ed interessante confronto che si è avuto a Reggio Calabria (nell'ambito dell'Assemblea nazionale degli Osservatori sulla giustizia civile, 7-9 giugno 2019), tra giuristi (giudici e avvocati) e medici legali, cercherò qui di illustrare sinteticamente le questioni ancora sul tappeto e quelle sulle quali sembra possibile una soluzione condivisa, con riferimento alle seguenti problematiche: 1) Uno o più quesiti medico legali? 2) Con quali modalità il CTU dovrà procedere all'accertamento medico legale del danno biologico? 3) Qual è il ruolo del medico legale nell'accertamento della sofferenza soggettiva interiore?
Sulla prima questione l'intero Gruppo 9 ha ritenuto l'opportunità di elaborare un solo quesito medico legale. Ciò per un duplice ordine di ragioni: sia per armonia sistematica, sia per evitare che le stesse lesioni possano essere valutate diversamente (di regola in processi distinti, ma in casi eccezionali, addirittura nello stesso processo). Del resto già nel 2013 l'Osservatorio di Milano riuscì in questo difficile intento e, allora, perché non provarci anche nel 2019?
Accertamento clinico strumentale obiettivo ovvero visivo
L'Osservatorio di Milano si è chiesto con quali modalità il CTU dovrà procedere all'accertamento medico legale del danno biologico. Per dare una risposta adeguata a questa domanda, appare necessario illustrare i seguenti riferimenti normativi. L'art. 32 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 -convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012 n. 27- comma 3-ter, ed inserito nel testo dell'art. 139, comma 2, secondo periodo, del Codice, disponeva che «In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente». Il successivo comma 3-quater disponeva che «Il danno alla persona per lesioni di lieve entità di cui all'articolo 139 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, è risarcito solo a seguito di riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l'esistenza della lesione». Quest'ultimo comma è stato espressamente abrogato dalla “Legge Concorrenza”. Inoltre, l'art. 139, integralmente sostituito dall'art. 1, comma 19 della “Legge Concorrenza”, ora nel comma 2, secondo periodo, dispone: «In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l'ausilio di strumentazioni, non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente». Non è questa la sede per riesaminare le complesse problematiche poste dalla compresenza dei menzionati comma 3-ter e comma 3-quater (v. D. Spera, Art. 32, commi 3-ter e 3-quater, della l. 27/2012: problematiche interpretative, in Danno e Responsabilità, n. 2/2013, 216 ss.). Posso qui solo manifestare piena adesione all'abrogazione del comma 3 quater che ha posto fine così all'inconciliabilità dei due precedenti testi normativi. La norma ora vigente ripropone, invece, tutte le criticità già ampiamente esaminate dalla dottrina e dalla giurisprudenza sui tre aggettivi che qualificano l'accertamento del danno biologico permanente: “clinico strumentale obiettivo” (v., amplius, SPERA D., Il nuovo quesito medico legale approvato dall'Osservatorio sulla Giustizia Civile del Tribunale di Milano il 10 aprile 2013: l'opinione del giurista, in Ridare.it). La ratio della norma (introdotta già nel 2012) è certamente quella di ridurre il rischio di indennizzi conseguenti a frodi assicurative ovvero a negligenze colpose nell'accertamento medico legale delle micropermanenti e per diminuire, correlativamente, i costi dei premi assicurativi. Il secondo comma dell'art. 139 prevede la sussistenza di «lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo» stabilendo che le stesse «non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente». Dal tenore letterale della norma, sembrerebbe, quindi: che vi sia un'area di “franchigia”, in quanto, nonostante vi sia l'accertamento della lesione del bene salute, non consegue alcun risarcimento; oppure che non possa ravvisarsi un “danno ingiusto”, e quindi risarcibile (ex art. 2043 c.c.), se la menomazione non sia suscettibile di “accertamento clinico strumentale obiettivo” (v. SPERA D., Liquidazione del danno non patrimoniale per lesioni micropermanenti, in Ridare.it). Giova evidenziare che la normativa precedentemente in vigore aveva ricevuto un implicito vaglio positivo dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 235/2014, laddove la Corte ha affermato che le lesioni lievi comportano: «la necessità di un "accertamento clinico strumentale” (di un referto di diagnostica, cioè, per immagini) per la risarcibilità del danno biologico permanente; la possibilità anche di un mero riscontro visivo, da parte del medico legale, per la risarcibilità del danno da invalidità temporanea». Con la successiva ordinanza n. 242/2015, la Corte Costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dei menzionati comma 3-ter e comma 3-quater , in riferimento agli artt. 3, 24 e 32 della Costituzione. La Corte, richiamando la citata sentenza n. 235/2014, ha confermato l'esclusione della necessità del riscontro strumentale per il danno biologico temporaneo e la non censurabilità della prescrizione della (ulteriore e necessaria) diagnostica strumentale ai fini di ricollegare un danno “permanente” alle microlesioni. La Consulta, in relazione a tale seconda tipologia di danno, ha infatti affermato che la limitazione imposta al correlato accertamento (che sarebbe, altrimenti, sottoposto ad una discrezionalità eccessiva, con rischio di estensione a postumi invalidanti inesistenti o enfatizzati) è stata già ritenuta rispondente a criteri di ragionevolezza. In conclusione, deve quindi confermarsi l'efficacia delle cogenti modalità di prova del danno biologico permanente mentre, con l'espressa abrogazione del comma 3-quater, non vi è più alcun limite circa la prova del danno biologico temporaneo. Tuttavia, la Suprema Corte, con una interpretatio abrogans, ha sostanzialmente posto nel nulla le novità introdotte dal legislatore sulle descritte modalità di accertamento del danno biologico ex art. 139 novellato. La Cassazione, infatti, con la sentenza n. 18773/2016 aveva interpretato il comma 3-ter ed il comma 3-quater dell'art. 32 del d.l. n. 1/2012 nel senso di essere entrambi latori della necessità che il danno biologico sia «suscettibile di accertamento medico-legale» e, in tale prospettiva, di esplicare entrambi, «senza differenze sostanziali tra loro i criteri scientifici di accertamento e valutazione del danno biologico tipici della medicina-legale (ossia il visivo-clinico-strumentale, non gerarchicamente ordinati tra loro, né unitariamente intesi, ma da utilizzarsi secondo le leges artis), siccome conducenti ad una “obiettività” dell'accertamento stesso, che riguardi sia le lesioni, che i relativi postumi (se esistenti)». Anche con la sentenza n. 1272/2018 la Cassazione ha ribadito che il citato comma 3-ter deve essere interpretato nel senso che «l'accertamento della sussistenza della lesione temporanea o permanente dell'integrità psico-fisica deve avvenire con rigorosi e oggettivi criteri medico legali; tuttavia l'accertamento clinico strumentale obiettivo non potrà in ogni caso ritenersi l'unico mezzo probatorio che consenta di riconoscere tale lesione a fini risarcitori, a meno che non si tratti di una patologia, difficilmente verificabile sulla base della sola visita del medico legale, che sia suscettibile di riscontro oggettivo soltanto attraverso l'esame clinico strumentale» (v. anche Cass. civ., sent. n. 22066/2018). Da ultimo, la Cassazione (ord. n. 5820/2019) ha stigmatizzato che «Le nuove norme, in definitiva, esaltano (ma al tempo stesso gravano di maggiore responsabilità) il ruolo del medico legale, imponendo a quest'ultimo la corretta e rigorosa applicazione di tutti i criteri medico legali di valutazione e stima del danno alla persona. Pertanto sarà risarcibile anche il danno i cui postumi non siano "visibili", ovvero non siano suscettibili di accertamenti "strumentali", a condizione che l'esistenza di essi possa affermarsi sulla base di una ineccepibile e scientificamente inappuntabile criteriologia medico legale». Il consolidato indirizzo giurisprudenziale sulla descritta interpretatio abrogans della normativa in esame sembrava ormai appagante perché divenuta diritto vivente da tener presente nell'elaborazione del nuovo quesito medico legale. Tuttavia la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 98/2019 supera l'interpretazione della Suprema Corte e riafferma il contenuto precettivo, anche nel tenore letterale, del novellato art. 139 in esame. La Corte Costituzionale afferma, infatti, che «nell'art. 139 occorre distinguere tra lesioni micropermanenti di incerta accertabilità, il cui danno non patrimoniale non è risarcibile (come danno assicurato), e lesioni micropermanenti che invece sono ritenute – dal legislatore che ha novellato la disposizione – adeguatamente comprovate e quindi tali da escludere plausibilmente il rischio che siano simulate».
Ebbene, il quesito approvato nell'anno 2013 si ispirava, soprattutto, al citato comma 3 quater e prevedeva che il CTU accertasse il danno biologico “visivamente e/o strumentalmente e/o a mezzo del richiamo a rilevanti evidenze scientifiche”. Ora, con l'abrogazione del comma 3-quater, ed in linea con il consolidato indirizzo della Cassazione, l'Osservatorio di Milano sta valutando che nel quesito si chieda al CTU di accertare il danno biologico «a seguito di riscontro medico legale, con metodo clinico e/o strumentale e/o visivo». In considerazione della recente sentenza della Corte Costituzionale, potrebbe essere tuttavia prudente richiedere comunque al CTU, nelle ipotesi di cogente applicazione dell'art. 139 cod.ass., se l'accertamento sia anche rispondente al tenore letterale del criterio legislativo “clinico strumentale obiettivo” e, soprattutto, se sia stato anche “strumentalmente o visivamente” accertato. Con questa modalità, infatti, sarà poi il giudice ad avere tutti gli elementi per accertare e liquidare il danno, rimanendo libero di seguire ed applicare l'interpretazione accolta, scongiurando in radice il pericolo che la causa possa essere successivamente rimessa in istruttoria (anche in relazione a possibili ulteriori pronunce delle Supreme Corti).
Accertamento della sofferenza soggettiva interiore
Nel quesito medico legale dell'aprile 2013, sia per il danno biologico temporaneo che per quello permanente, si chiedeva al CTU di «indicare il consequenziale grado di sofferenza psicofisica, in una scala da 1 a 5». Il Gruppo 9 dell'Osservatorio di Milano si è interrogato sull'opportunità di ribadire questa prescrizione al CTU nel nuovo quesito medico legale. Il problema è nato perché nei punti 8) e 9) dell'ordinanza Cass. civ., n. 7513/2018 (c.d. “decalogo”) si afferma (tra l'altro) che rientrano nel danno non patrimoniale e devono essere oggetto di separata valutazione e liquidazionei «pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione)». Inoltre, il 6-7 aprile 2018, un gruppo di Esperti Specialisti Medico Legali Nazionali, componenti della Società Italiana di Medicina Legale (SIMLA), si è riunito a Padova per confrontarsi circa gli ambiti di competenza medico legale nell'accertamento e nella valutazione del danno non patrimoniale alla persona. Nel documento di sintesi, si assumono le seguenti conclusioni: - «la sofferenza morale da lesione/menomazione dell'integrità psicofisica è una componente del danno non patrimoniale alla persona, autonoma rispetto al danno biologico; - la sofferenza morale non può essere misurata con un automatismo matematico legato alla durata del danno biologico temporaneo ed alla percentuale di danno biologico permanente; - lo specialista in Medicina Legale possiede gli strumenti idonei per dare un contributo tecnico motivato all'accertamento e valutazione della sofferenza morale legata a lesioni/menomazioni psico-fisiche».
Il medesimo gruppo di lavoro della S.I.M.L.A. ha approvato altresì il documento denominato “Valutazione medico legale della sofferenza psico-fisica – proposta di statement”, in cui si formula questa distinzione sulla sofferenza: 1) “sofferenza pura”, conseguente alla lesione di un diritto costituzionalmente garantito, diverso dal bene salute e che, in quanto tale, non è di pertinenza valutativa medico-legale (come, ad esempio, in ipotesi di danno da perdita rapporto parentale); 2) “sofferenza menomazione-correlata”, conseguente al danno biologico temporaneo e permanente.
Nel documento si afferma che «È importante sottolineare come non sussista alcun rapporto diretto ed automatico tra entità della menomazione permanente/temporanea e la sofferenza da essa derivata» (v. su entrambi i documenti S.I.M.L.A., le pregevoli osservazioni di ZOIA “Sul Documento di Consenso della Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni in tema di dolore e sofferenza derivante da menomazione dell'integrità psico-fisica).
Il documento propone poi alcune tabelle di valutazione, distinguendo: - per il danno biologico temporaneo, i seguenti tre parametri: dolore fisico, aggressione terapeutica, allontanamento dai comuni e quotidiani piaceri della vita; - per il danno biologico permanente, i seguenti tre parametri: dolore fisico cronico e correlata terapia antidolorifica, interferenza sui generici atti della vita quotidiana, percezione del peggioramento della propria integrità psichica e/o fisica. Tutti i predetti parametri sono poi valutati in cinque diversi gradi: assente, lieve, medio, elevato, elevatissimo. È infine prevista una modalità di valutazione complessiva della sofferenza psico-fisica, che ricomprende i tre parametri predetti per giungere ad una valutazione epicritica finale del grado di sofferenza, sia per il danno biologico temporaneo che per quello permanente.
Sulla questione della competenza del medico legale a valutare la sofferenza psico-fisica, il Gruppo 9 dell'Osservatorio di Milano ha visto una contrapposizione tra giuristi (giudici ed avvocati) e medici legali, ritenendo in prevalenza i primi che debba essere solo il giudice ad accertare e valutare la sofferenza interiore. Anche io ho recentemente sostenuto che è opportuno rifuggire da valutazioni discrezionali (se non meramente soggettive), fondate su opinioni giuridiche della dottrina medico-legale e che, invece, le valutazioni squisitamente giuridiche rimangono “territorio ed oggetto di analisi da parte del giurista e non del medico legale”. Sul punto, aggiungevo inoltre che «il contributo del medico legale dovrebbe essere espresso solo in forma descrittiva, per coadiuvare il giudice (o le parti in sede stragiudiziale) nell'esatta quantificazione del danno non patrimoniale complessivamente subito dalla vittima. L'indicazione da parte del medico legale di un'ulteriore valutazione espressa in una scala di valori (da 1 a 5) si presta invece al rischio di duplicazione di risarcimento del medesimo pregiudizio: comporta un aumento percentuale dei valori standard previsti per il danno non patrimoniale, senza tener debitamente conto del danno sofferenziale medio, già inserito nella costruzione della curva Tabella milanese (dall'Edizione 2009 ad oggi)» (v. SPERA D.,Time out: il “decalogo” della Cassazione sul danno non patrimoniale e i recenti arresti della Medicina legale minano le sentenze di San Martino, in Ridare.it). Bisogna tuttavia ora considerare che, a seguito dell'appassionato dibattito tra giuristi e medici legali, svoltosi nel Gruppo 9 e nella recente Assemblea nazionale degli Osservatori di Reggio Calabria, sono state criticamente valutate le modalità di applicazione della Tabella milanese del danno da lesione del bene salute (v. SPERA D., Le novità normative e la recente giurisprudenza suggeriscono un ritocco della Tabella milanese del danno non patrimoniale da lesione del bene salute?, in Ridare.it).
E' accaduto, in taluni casi, infatti, che la Tabella, invece di essere usata per quello che è - e cioè uno strumento di ausilio al giudice, all'avvocato ed al liquidatore nel lavoro di discernimento dell'equa liquidazione del danno non patrimoniale da lesione del bene salute nel caso concreto – sia stata intesa come un comodo automatismo, una sorta di scorciatoia della motivazione, eludendo così la seguente verifica, doverosa in ogni processo: il danno da sofferenza soggettiva interiore è adeguatamente compensato - in questa fattispecie concreta - con l'importo indicato dalla Tabella in relazione a questo danno biologico patito da questo soggetto danneggiato? E' di tutta evidenza, invece, che la separata valutazione (propugnata dalla Cassazione nella citata ordinanza c.d. “decalogo”) del danno dinamico relazionale e di quello da sofferenza soggettiva interiore costringe gli avvocati, il CTU, il giudice, ad una maggiore attenzione ed accuratezza, rispettivamente, nella fase della allegazione e prova dei fatti, dell'accertamento del danno e della motivazione sulla congruità della liquidazione del danno da sofferenza interiore, tenendo conto delle peculiarità della fattispecie concreta comprovate nel processo. Inoltre, la Dottrina medico legale ed il proficuo dibattito sviluppatosi nel Gruppo 9 dell'Osservatorio di Milano hanno di recente fornito i seguenti ulteriori spunti di riflessione. È infatti emerso che una medesima percentuale di invalidità può essere riconosciuta dal CTU sulla base dell'accertamento delle patologie più diverse, suscettibili di differenti conseguenze dinamico relazionali, andando a incidere in vario modo, in tutto o in parte, sulla vita in concreto vissuta dalla vittima prima del sinistro. In considerazione di tutto quanto precede, ho di recente prospettato la possibilità di un possibile “ritocco” della veste grafica della Tabella milanese (elaborando una ipotesi di lavoro che sarà sottoposta al vaglio dell'Osservatorio di Milano): in particolare, fermi i valori monetari complessivi delle attuali Tabelle, con la nuova veste grafica sarebbero indicati separatamente i valori monetari relativi al danno biologico dinamico relazionale e quelli relativi al danno da sofferenza soggettiva interiore media presunta (v. SPERA D., Le novità normative e la recente giurisprudenza suggeriscono un ritocco della Tabella milanese del danno non patrimoniale da lesione del bene salute?, in Ridare.it). L'esplicitazione dei valori monetari compensativi delle due componenti, interiore e dinamico-relazionale dell'(unico) danno non patrimoniale, oltre ad essere in linea con il più recente orientamento della Cassazione, presenterebbe anche il vantaggio di escludere in radice la possibilità che il giudice liquidi due volte lo stesso pregiudizio costituito dalla sofferenza interiore: difatti, non essendo più inserita (quale danno medio presunto) nel punto “danno non patrimoniale”, la sofferenza soggettiva interiore dovrebbe sempre essere in concreto accertata dal giudice sulla base delle allegazioni e prove fornite dalle parti nonché delle altre risultanze processuali e, tra di esse, in primo luogo, le analitiche considerazioni esposte dal CTU medico legale nella relazione peritale. Alla luce di quanto esposto e della ribadita necessità di motivazione, da parte del giudice, della componente del danno non patrimoniale da sofferenza soggettiva interiore, vorrei contribuire alla elaborazione del nuovo quesito medico legale formulando la seguente proposta.
Nel quesito, si chiederà al medico legale, tenuto contro dell'età e dello stato di salute preesistente, di ben descrivere nella relazione, con riferimento al danno biologico temporaneo e permanente: - quali attività della vita quotidiana siano state precluse o limitate; - la capacità o meno del soggetto di percepire gli effetti della malattia e della menomazione permanente sul “fare quotidiano”; - quale baréme di valutazione medico legale abbia adottato; in proposito si registra un forte consenso ad imporre con il quesito medico legale, in tutte le ipotesi di micropermanenti, la «tabella delle menomazioni dell'integrità psico-fisica comprese tra 1 e 9 punti di invalidità», normativamente cogente solo per i fatti illeciti disciplinati dall'art. 139 cod. ass.; - quale sia il grado di sofferenza fisica, costituita dal dolore nocicettivo, specificando la eventuale terapia antidolorifica; - quale sia stato il trattamento terapeutico, specificando il tipo e l'entità delle medicazioni e degli interventi chirurgici necessari e le relative modalità (ad es.: se in anestesia generale o locale); - quali siano stati gli eventuali trattamenti riabilitativi; - quale sia stata la durata dei ricoveri ospedalieri; - la necessità di terapie continuative o di presidi protesici e/o dell'ausilio di terzi; - gli ulteriori elementi necessari o utili, in relazione alle peculiarità della fattispecie concreta.
In sostanza, nel dare risposta al quesito, il CTU dovrà offrire al giudice tutti gli elementi utili per accertare il grado di sofferenza menomazione-correlata. Inoltre, laddove il baréme preveda un range tra un minimo e un massimo, il CTU dovrà specificare se, nell'indicare in concreto il grado di invalidità temporanea e permanente, abbia tenuto conto della sofferenza fisica (dolore nocicettivo) e/o di altri parametri. Nel quesito si chiederà al CTU di valutare complessivamente tutti i parametri menzionati e tutti quegli altri ritenuti necessari in relazione alla specificità della fattispecie concreta e, sulla base di questi, di motivare il grado di sofferenza psico-fisica nella scala indicata da “assente” ad “elevatissimo” (criterio preferibile a quello della “scala da 1 a 5”, che nella prassi è stato talora inteso dal giudice come presupposto per operare un automatico aumento della liquidazione del danno biologico nella misura dal 10% al 50%). Dovrebbe essere assolutamente evitata l'ipotesi (allo stato purtroppo frequente) che il CTU apoditticamente indichi, accanto al dato numerico dell'invalidità permanente accertata ed ai giorni di invalidità temporanea, il grado di sofferenza soggettiva senza alcuna motivazione! Il giudice, sulla base delle motivate valutazioni tecniche del CTU medico legale e, tenuto conto dei documenti prodotti e dell'eventuale espletata istruttoria orale, potrà trarre - in questo modo davvero senza automatismi - da questa molteplicità di “fatti noti” la prova presuntiva dell'esistenza del “fatto ignorato” (ex art. 2727 c.c.) e, cioè, della sofferenza soggettiva interiore, per poi procedere alla conseguente liquidazione di questa componente del danno non patrimoniale.
Ritengo, invece, che il CTU medico legale: - non debba esprimere valutazioni giuridiche; - non debba sindacare il quantum risarcitorio; - non debba pronunciarsi sulla percezione di “degrado morale” conseguente alla lesione del bene salute, perché tale giudizio potrebbe scaturire da una mera valutazione soggettiva del CTU, essendo invece rilevante la obiettiva capacità di percezione, da parte del danneggiato, del peggioramento della propria integrità psico-fisica; - non debba pronunciarsi su pregiudizi, che, sebbene componenti della sofferenza interiore, non hanno base organica e che consistono nella tristezza, nel “dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione” (v. il citato punto 8 della c.d. “ordinanza decalogo”), elementi questi ultimi che, in casi eccezionali, potranno essere oggetto di CTU psicologica. Conclusioni
In definitiva, appare possibile affermare che, in relazione al danno non patrimoniale da sofferenza soggettiva interiore (categoria che necessita comunque di ulteriori approfondimenti), nella competenza di accertamento da parte del medico legale rientrano: la sofferenza fisica costituita dal dolore nocicettivo e la sofferenza menomazione-correlata, intesa quest'ultima come conseguenza immediata e diretta del danno biologico permanente e temporaneo. Gli altri pregiudizi ricompresi nella sofferenza interiore (come ad esempio: la tristezza, “il dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione”) sono invece rimessi all'accertamento del giudice con altre modalità e/o altri ausiliari. Spetta al giudice, infatti, la direzione del procedimento ed il potere-dovere di liquidare, senza automatismi e con congrua motivazione, il danno non patrimoniale subito dalla vittima sia nella componente dinamico relazionale sia in quella della sofferenza soggettiva interiore (v. SPERA D., Le novità normative e la recente giurisprudenza suggeriscono un ritocco della Tabella milanese del danno non patrimoniale da lesione del bene salute?, in Ridare.it). Ciò posto, si conferma in ogni caso fondamentale la prassi virtuosa del dialogo tra avvocati, medici legali e giudici: solo il confronto tra le diverse anime del processo consente di vagliare le questioni da molteplici punti di vista, tutti meritevoli di attenzione. E, ci tengo a ribadirlo ancora una volta, è proprio questa la vera forza degli Osservatori di Milano e degli altri distretti giudiziari. |