Sulla suddivisione in lotti e l'esigenza di garantire la partecipazione delle piccole e medie imprese

Diego Campugiani
23 Luglio 2019

Gli articoli 30, comma 7, e 51 del decreto legislativo n. 50 del 2016, a mente dei quali “i criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le microimprese, le piccole e le medie imprese”, nonché “…, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l'accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali .., ovvero in lotti prestazionali”, non configurano previsioni normative che possano essere lette o, anche, semplicemente interpretate come un “consenso a priori a che le piccole e medie imprese possano partecipare” alle gare pubbliche (cfr, tra le altre, TAR Piemonte, 6 luglio 2017, n. 793), essendo necessario tenere in considerazione le specificità del mercato e le concrete esigenze della stazione appaltante.

Il caso. Il Tar si è pronunciato sul ricorso proposto da una piccola impresa con la quale si contestava legittimità della determinazione della stazione appaltante di suddividere l'appalto oggetto di gara in “soli” quattro lotti, con un valore per “ogni lotto … di circa 10 milioni di euro su base annua, elevabili ad oltre 30 milioni in caso di esercizio della facoltà di ripetizione dei servizi analoghi”, infrangendo, secondo tale prospettazione, la regola fondamentale dell'art. 51 del d.lgs. n. 50 del 2016, impositiva di una suddivisione in “un numero di lotti tale da consentire la partecipazione delle piccole e medie imprese”. La suddivisione della gara in soli quattro lotti del valore di 10 milioni su base annua, combinata con la prescrizione di consentire la partecipazione alla sole imprese che potessero vantare un fatturato specifico per analoghi servizi pari ad almeno 1,5 volte il valore annuo del lotto per cui si chiedeva di partecipare, avrebbe pertanto illegittimamente precluso alle piccole e medie imprese del settore di presentate offerta. Il TAR ha respinto il ricorso facendo rilevare che “la lettura dei considerando n. 78 e ss. e n. 83 della direttiva 2014/24/UE dimostrano che - al fine di garantire la partecipazione delle medie e piccole imprese alle gare pubbliche – sono stati, tra l'altro, individuati due differenti istituti e, segnatamente, la suddivisione – in linea di principio - della gara in lotti e l'inibitoria di “requisiti eccessivamente severi relativi alla capacità economica e finanziaria” ovvero il divieto di prescrivere requisiti che si palesino “non attinenti o sproporzionati all'oggetto dell'appalto”, riservando particolare attenzione proprio al requisito del “fatturato” mediante la fissazione di un limite massimo (“il doppio del valore stimato dell'appalto”), operante “di norma” e, dunque, passibile di “deroga”, in ragione dell'espressa ammissione della persistenza in capo alle amministrazioni aggiudicatrici della “facoltà di decidere autonomamente se sia opportuno e pertinente stabilire requisiti di fatturato minimo più elevati”. Le descritte istanze sono stare riversate nell'art.58 della Direttiva 2014/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, a sua volta recepite nell'ordimento italiano, dagli articoli 30, comma 7, e 51 del decreto legislativo n. 50 del 2016. Tali previsioni normative, nonostante gli intenti perseguiti, non potrebbero comunque essere interpretate come un “consenso a priori a che le piccole e medie imprese possano partecipare” alle gare pubbliche (cfr, tra le altre, TAR Piemonte, 6 luglio 2017, n. 793)”, essendo necessario concentrare l'analisi sul piano del corretto esercizio del potere di individuare e, quindi, stabilire i requisiti di ammissione alle gare. Sotto tale profilo, infatti, è stato ricordato che – secondo l'orientamento ormai granitico della giurisprudenza in materia – la stazione appaltante gode di ampia discrezionalità nella determinazione dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnica di ammissione alla gara, sindacabili – in quanto tali – dal giudice amministrativo entro i ristretti limiti della logicità, proporzionalità, ragionevolezza, non abnormità e, comunque, continenza e non estraneità rispetto all'oggetto della gara, senza – ovviamente – possibilità alcuna per il giudice di sostituirsi in apprezzamenti che si presentano “di merito” dell'Amministrazione (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. III, 6 settembre 2018, n. 5229; C.d.S., Sez. V, 17 gennaio 2018, n. 279; C.d.S., Sez. V, 4 gennaio 2017, n. 9; TAR Lazio, Sez. II ter, 8 febbraio 2017, n. 2115; TAR Sardegna, Sez. I, 19 settembre 2014, n. 728).

Ciò posto è stato ritenuto infondato il motivo relativo alla suddivisione perché il principio della suddivisione in lotti previsto dall'art. 51 del d.lgs. n. 50 del 2016 (antecedente logico della previsione di un fatturato specifico) non è “posto in termini assoluti e inderogabili”, ovvero può ben essere temperato o – meglio dire - modulato dall'Amministrazione sulla base dell'esternazione di specifiche ragioni, le quali risultano, peraltro, sindacabili dal giudice amministrativo soltanto nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità (cfr., ancora, C.d.S, Sez. V, 21 marzo 2018, n. 1811). Nel caso di specie, l'Amministrazione non solo aveva proceduto alla suddivisione in lotti (seppure pari a solo 4) ma, nel contempo, aveva anche provveduto ad esternare precise giustificazioni a supporto di essa, le quali risultano – a differenza di quanto sostenuto dalla ricorrente – logiche, proporzionate e ragionevoli, in quanto dirette, non solo a contenere i costi, ma anche ad acquisire un servizio di qualità.

In conclusione, come affermato dal TAR le “controversie del tipo di quella in trattazione traggono origine dall'esistenza di due esigenze contrapposte, identificabili con l'interesse di piccole e medie imprese a partecipare alle gare pubbliche e l'interesse dell'Amministrazione a consentire l'ammissione alle procedure in esame alle sole imprese la cui idoneità tecnica sia comprovata da una valida esperienza nell'esecuzione di appalti analoghi. Orbene, tali esigenze debbono essere ragionevolmente contemperate e bilanciate, tanto da poter ribadire – strettamente in linea con quanto affermato dal Consiglio di Stato nella richiamata decisione n. 9 del 2017 – che “errerebbe l'amministrazione pubblica che, non facendosi carico” del già indicato “criterio di corrispondenza” tra i requisiti di partecipazione richiesti e l'oggetto del contratto, “aprisse incautamente la via dell'aggiudicazione a chi non dimostri inerenti particolari esperienze e capacità”.

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