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Casa familiare: fiscalità

11 Aprile 2025

Con la legge 27 dicembre 2019, n. 160 (art. 1 commi 738 e 780 - legge di bilancio per il 2020), il legislatore ha abolito, ad eccezione dell’imposta sui rifiuti (TARI), l’imposta unica comunale (IUC), che era stata introdotta nel nostro ordinamento con l'art. 1, comma 639, legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), ed è intervenuto, modificando, la disciplina relativa all’imposta municipale propria (IMU).

Inquadramento

La IUC si basava su due presupposti impositivi, uno costituito dal possesso di immobili, e collegato alla loro natura e valore, e l'altro riferito all'erogazione e alla fruizione di servizi comunali, e si articolava in tre diversi tributi comunali: l'IMU; la nuova tassa sui servizi indivisibili (TASI); la tassa sui rifiuti (TARI), destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti in sostituzione della TARES.

Ad oggi, in seguito ai diversi interventi del legislatore in materia, permangono solamente l’IMU e la TARI.

L’IMU (disciplinata da l. 160/2019 – art. 1 commi 739 -783) è applicabile in tutto il territorio nazionale, facendo salva, però, l’autonomia impositiva prevista dagli statuti delle regioni Friuli-Venezia-Giulia (l.r. 17/2022 ILIA) e delle province autonome di Trento (l.p. 14/2024 IMIS) e Bolzano (l.p. 3/2014 IMI).

Per espressa previsione di legge, tutti gli immobili sono soggetti all’imposizione dell’IMU, ad eccezione delle unità immobiliari destinate ad abitazione principale del contribuente e le relative pertinenze che godono dell'esenzione dall'imposizione (ai sensi dell’art. 1, comma 740, l. 160/2019). Fanno eccezione le abitazioni principali accatastate nelle categorie A/1, A/8 o A/9 (definite come di lusso), che rimangono comunque assoggettate all'IMU.

Nella presente trattazione verranno brevemente illustrati i presupposti impositivi e i soggetti passivi, con un focus specifico sul regime fiscale della casa familiare assegnata ad uno dei coniugi in sede di separazione e divorzio, nonché nei procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio.

Imposta municipale propria. Caratteristiche

L'imposta municipale propria (IMU) è stata introdotta nel nostro ordinamento dagli artt. 8 e 9 del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23,, «Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale» è attualmente disciplinata dalla legge 160/2019.

L'IMU sostituisce l'imposta comunale sugli immobili (ICI) e, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e le relative addizionali dovute in riferimento ai redditi fondiari concernenti i beni non locati (art. 8, comma 1, d.lgs. n. 23/2011).

Si tratta di un'imposta di natura patrimoniale dovuta dal possessore di immobili diversi dall’abitazione principale (art. 1, comma 639, l. n. 147/2013). 

La base imponibile dell'imposta è disciplinata dall’art. 1, commi 745 e 746 della legge 160/2019 e le aliquote sono disciplinate dall'art. 1, commi 748, 750 -757 della legge 160/2019.

Secondo quanto disposto dall’art. 1, commi 745 e 746 della legge 160/2019, la base imponibile è costituita dal valore degli immobili. Per i fabbricati iscritti in catasto, la base imponibile è costituita dal valore dell’immobile, determinato applicando all’ammontare della rendita catastale, il moltiplicatore previsto per la categoria catastale a cui è riconducibile l’immobile.

I Comuni, con apposita delibera del Consiglio Comunale, possono modificare, in aumento o in diminuzione, l'aliquota prevista dal legislatore. L'effettivo carico fiscale dipende dunque da ciò che i Comuni deliberano, seppur nel rispetto dei vincoli imposti dalla norma.

A titolo informativo, si ricorda che l'aliquota dell'IMU per l'abilitazione principale e relative pertinenze non è dovuta in quanto soggetta ad esenzione (immodificabile da parte dei Comuni) salvo che l’abitazione principale non rientri nella categoria catastale delle c.d. abitazioni di lusso (A/1, A/8 o A/9) per le quali l’aliquota stabilita dalla legge è pari allo 0,5%, e può essere aumentata dal Comune di 0,1 punti percentuali o diminuita fino all'azzeramento. Può inoltre essere aumentata fino ad un massimo dello 0,68%, se si considera anche l’ulteriore aumento stabilito in sostituzione della maggiorazione TASI (ai sensi dell’art. 1, comma 755, l. 160/2019).

L’art. 1, comma 743, l. 160/2019 stabilisce che i soggetti passivi dell'imposta sono il proprietario di immobili o il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi e superficie sugli stessi, oltre ad altre fattispecie particolari, quali il concessionario di aree demaniali, il locatario di immobili concessi in locazione finanziaria e il genitore assegnatario della casa familiare. In caso di possesso congiunto, ciascuno dei possessori deve considerarsi quale soggetto passivo ed è titolare di un’autonoma obbligazione tributaria e pertanto fruitore, in relazione alla propria quota, di eventuali agevolazioni o esenzioni indipendentemente dal ricorrere dei requisiti agevolativi in capo agli altri intestatari (art. 1, comma 743, l. n. 160/2019).

Per quanto riguarda il versamento, i soggetti passivi effettuano il versamento dell'imposta in due rate, entro il 16 giugno e il 16 dicembre di ogni anno, oppure in un'unica soluzione entro il 16 giugno (art. 1, comma 762, l. 160/2019).

La prima rata va calcolata in base all'imposta dovuta per il primo semestre applicando l’aliquota e la detrazione dei dodici mesi dell'anno precedente, mentre il versamento della seconda rata è effettuato a conguaglio dell'imposta dovuta per l'intero anno e deve essere determinato sulla base del prospetto delle aliquote pubblicate, alla data del 28 ottobre di ciascun anno, nel sito internet del Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia e delle Finanze (art. 1, comma 762, l.160/2019).

Il legislatore ha disposto l'esenzione dall'IMU per alcune tipologie di immobili di seguito indicate.

Esenzione IMU: abitazione principale

L'IMU non è dovuta sull'immobile adibito ad abitazione principale dal soggetto passivo e sulle relative pertinenze, fatta eccezione per le sole abitazioni principali classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 (immobili di pregio, ville e castelli) e le relative pertinenze (art. 1, comma 740, l. 160/2019). Pertanto, i proprietari o titolari di diritti reali sugli immobili appartenenti alle categorie A/1, A/8 e A/9 (definiti come “di lusso”), seppur adibiti ad abitazione principale, sono assoggettati ad IMU.

Ai fini del riconoscimento dell’agevolazione rileva la classificazione catastale e non la destinazione d’uso effettiva.

In evidenza

Per abitazione principale si intende l’unità immobiliare in cui il soggetto passivo e i risiede anagraficamente e dimorano abitualmente.

Inoltre, per pertinenze dell'abitazione principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un'unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità destinata ad uso abitativo.

Dal tenore letterale dell'art. 1, comma 741, l. n. 160/2019 che fornisce la definizione di “abitazione principale” emerge che:

  • il beneficio dell'abitazione principale e relative pertinenze è riferito al possessore;
  • per identificare l'abitazione principale è necessario che sussista il doppio requisito della residenza anagrafica e della dimora abituale.

Ai fini del riconoscimento dell’agevolazione, infatti, la destinazione ad abitazione principale non può avere un carattere meramente formale, ma deve coincidere con l’effettiva residenza, verificabile dal Comune mediante l’accesso ai dati delle utenze (Corte cost. 13 ottobre 2022, n. 209). Le risultanze anagrafiche possono essere superate da prova contraria, la cui valutazione è riservata al giudice di merito (Cass., ord. 17 aprile 2018, n. 9429). In virtù della decisione della Corte costituzionale n. 209/2022 è stata rivoluzionata l'esenzione IMU per l'abitazione principale. Ai fini dell'esenzione per "abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente". L'esenzione compete al verificarsi di due condizioni: la dimora abituale e la residenza anagrafica. Non c'è più il riferimento al nucleo familiare, la condizione che le abitazioni siano in due o in un solo comune, la necessità di indicare l'esenzione per una sola abitazione.

Pertanto qualora i due coniugi o gli uniti civilmente abbiano adibito ad abitazione principale e risiedano abitualmente in due immobili differenti avranno diritto ciascuno alla esenzione per abitazione principale.

Nel caso in cui l'immobile sia in comproprietà tra più soggetti, l'esenzione dall'IMU sarà riconosciuta a ciascun comproprietario nei limiti della quota e in proporzione ai mesi in cui l'unità immobiliare sia stata effettivamente destinata ad abitazione principale da ciascuno dei predetti soggetti.

Come anzidetto, invece, gli immobili classificati nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, seppur adibiti ad abitazione principale, sono assoggettate ad IMU, tuttavia godono di una detrazione dall’imposta di 200 euro, rapportati al periodo dell'anno durante il quale si protrae la destinazione ad abitazione principale, fino a concorrenza del suo ammontare. Qualora l'unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetterà a ciascuno di essi proporzionalmente alla sua quota (art. 1 comma 749 l. 160/2019).

Ulteriori esenzioni IMU

Il regime di esenzione IMU, previsto per l'abitazione principale e le relative pertinenze, può essere applicato anche ad altre fattispecie, che non integrano i requisiti normativamente posti, mediante adozione di apposita delibera comunale.

Il legislatore riconosce, infatti, ai Comuni la possibilità di considerare direttamente adibite ad abitazione principale e, dunque, esenti dal pagamento dell'IMU, le unità immobiliari possedute da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata. In caso di più unità immobiliari, la predetta agevolazione può essere applicata ad una sola unità immobiliare.

Inoltre, secondo quanto stabilito dall'art. 1, comma 741, lett. c), nn. da 1 a 5, l. 160/2019, sono assimilate alle abitazioni principali le successive fattispecie:

  1. le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari;
  2. le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in assenza di residenza anagrafica;
  3. i fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali, adibiti ad abitazione principale;
  4. la casa familiare assegnata al genitore affidatario dei figli, a seguito di provvedimento del giudice che costituisce altresì, ai soli fini dell'applicazione dell'imposta, il diritto di abitazione in capo al genitore affidatario stesso;
  5. un solo immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, posseduto e non concesso in locazione dal personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare e da quello dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile, nonché dal personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e dal personale appartenente alla carriera prefettizia, per il quale non sono richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica.

Invece, secondo quanto stabilito dall'art. 1, comma 759, l. 160/2019, sono esenti dall'imposta, per il periodo dell'anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte:

  1. gli immobili posseduti dallo Stato, dai comuni, nonché gli immobili posseduti, nel proprio territorio, dalle regioni, dalle province, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti, dagli enti del Servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali;
  2. i fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9;
  3. i fabbricati con destinazione ad usi culturali;
  4. i fabbricati destinati esclusivamente all'esercizio del culto (ai sensi degli art. 8 e 19 Cost.), e le loro pertinenze;
  5. i fabbricati di proprietà della Santa Sede indicati negli articoli 13, 14, 15 e 16 del Trattato tra la Santa Sede e l'Italia;
  6. i fabbricati appartenenti agli Stati esteri e alle organizzazioni internazionali per i quali è prevista l'esenzione dall'imposta locale sul reddito dei fabbricati in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;
  7. gli immobili posseduti e utilizzati dai soggetti di cui alla lettera i) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali delle attività previste nella medesima lettera i);
  8. gli immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all'autorità giudiziaria in relazione ai reati di cui agli articoli 614, secondo comma, o 633 c.p. o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale.

Immobili concessi in comodato a figli o genitori

In relazione agli immobili concessi in comodato d'uso ai parenti in linea retta entro il primo grado (genitori o figli), che li utilizzano come abitazione principale, l'art. 1, comma 747, lett. c), l. 160/2019 ha disposto la riduzione del 50% della base imponibile al ricorrere delle seguenti condizioni:

  1. il contratto di comodato sia registrato;
  2. il comodante possieda in Italia la sola abitazione concessa in comodato o, oltre a quest'ultima, un solo altro immobile adibito a propria abitazione principale che non sia classificata come di lusso;
  3. il comodante risieda anagraficamente nonché dimori abitualmente nello stesso comune in cui è situato l'immobile concesso in comodato.

Tale riduzione si applica anche al coniuge del comodatario, in caso di morte di quest'ultimo e in presenza di figli minori.

Inoltre, l'art. 3-quater del decreto-legge n. 34 del 2019, convertito in legge dall'art. 1, comma 1, l. 28 giugno 2019, n. 58, ha eliminato l'obbligo di inviare la dichiarazione IMU al fine di ottenere la riduzione del 50% della base imponibile derivante dalla concessione in comodato d'uso a parenti in linea retta di primo grado. Pertanto, al fine di ottenere l'agevolazione, non sarà più necessaria quest'informativa, in quanto sia l'Agenzia delle Entrate che il Comune sono già a conoscenza del presupposto per il diritto all'agevolazione e conoscono i requisiti che devono ricorrere per poter beneficiare di detta riduzione.

L'obbligo di presentare la dichiarazione IMU permane solo nel caso in cui siano intervenute delle variazioni rispetto a quanto risulta dalle dichiarazioni presentate in precedenza o quando ci siano delle variazioni di cui il Comune non può essere a conoscenza.

Il contratto di comodato redatto in forma scritta, deve essere assoggettato a registrazione nei 20 giorni dalla sua formazione con il pagamento dell'imposta fissa di registro di 200 euro e l'imposta di bollo pari a 16 euro (ogni quattro facciate), mentre la registrazione dei contratti verbali di comodato è effettuata tramite il pagamento dell'imposta fissa di registro di 200 euro e la presentazione del modello di richiesta di registrazione (modello 69), indicando, come tipologia di atto, la locuzione "Contratto verbale di comodato".

Va infine ricordato che l'IMU si applica per mesi “interi” e che viene computato come tale il mese per il quale il possesso, o la condizione agevolativa, sia durata per almeno quindici giorni nel periodo.

Assegnazione della casa familiare: esenzione IMU

Ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, comma 741, lett. c), n. 4, l. 160/2019, nella sua attuale formulazione, è considerata abitazione principale con conseguente regime di esenzione la «casa familiare assegnata al genitore affidatario dei figli, a seguito di provvedimento del giudice che costituisce altresì, ai soli fini dell'applicazione dell'imposta, il diritto di abitazione in capo al genitore affidatario stesso». Tale regime di esenzione è stato segnato da un travagliato iter normativo, oggetto di continue modifiche e ripensamenti. Pertanto, è possibile affermare che, rispetto alla disciplina previgente, nulla è cambiato, continuando a permanere l'esclusione dall'applicazione dell'IMU in relazione alla casa familiare (già assimilata all'abitazione principale) che è stata assegnata ad uno dei due coniugi con provvedimento del Giudice. Infine, si specifica che, nel caso in cui la separazione avvenga in assenza di figli o in presenza di figli maggiorenni e autosufficienti, la casa coniugale non può essere assegnata ad uno dei due coniugi a titolo di contributo al mantenimento, in sostituzione dell'assegno di mantenimento, non avendo l'assegnazione una funzione assistenziale (Cass. civ. 19193/2015 - Cass. civ.,25353/2024).

Dichiarazione IMU

I soggetti passivi sono tenuti a presentare, anche in modalità telematica, una dichiarazione al Comune sul cui territorio insistono gli immobili, entro il 30 giugno dell’anno successivo  a quello in cui ha avuto inizio il possesso degli immobili o si è verificata una variazione soggettiva o oggettiva rilevante ai fini della determinazione dell’imposta (art. 1, c. 769, l. n. 160/2019). Nello specifico, le modalità utilizzabili per la presentazione della dichiarazione sono le seguenti:

  • consegna diretta presso l’ufficio tributi del Comune;
  • posta raccomandata senza ricevuta di ritorno;
  • trasmissione PEC;
  • trasmissione mediante canali telematici dell’Agenzia delle Entrate.

La dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi, sempre che non si verifichino modificazioni dei dati ed elementi dichiarati cui consegua un diverso ammontare dell'imposta dovuta. In particolare, la dichiarazione deve essere inviata quando vi è una riduzione d'imposta (es. fabbricati dichiarati inagibili o inabilitabili) o si determina una esenzione (es. interviene un provvedimento giudiziario di separazione, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio) e in ogni caso ogni volta in cui il comune non sia in possesso delle informazioni necessarie per verificare il corretto adempimento dell'obbligazione tributaria (es. interviene una riunione di usufrutto non comunicata in catasto).

In merito ai provvedimenti di separazione, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio occorre evidenziare come gli stessi siano comunicati al solo Comune di celebrazione del matrimonio, il quale dovrà poi a sua volta informare i Comuni di nascita dei coniugi; pertanto, l'obbligo di dichiarazione sussisterà unicamente nel caso in cui l'immobile non sia ubicato né nel Comune di celebrazione del matrimonio né in quello di nascita del coniuge assegnatario. In tale ultimo caso l'obbligo di presentare la dichiarazione sarà a carico del coniuge assegnatario esclusivamente nell’ipotesi in cui l’immobile destinato ad abitazione principale non sia situato né nel Comune di nascita, né in quello di celebrazione del matrimonio.

Assegnazione della casa coniugale nella famiglia di fatto

In merito all'applicabilità del regime di esenzione dall'IMU e alla individuazione del  oggetto passivo nelle famiglie di fatto nel caso in cui l'immobile di proprietà di uno dei conviventi venga assegnato con provvedimento dell'autorità giudiziaria all'altro convivente con il quale vivano i figli della coppia, occorre evidenziare come il codice civile agli artt. 337-bis (ambito di applicazione) e 337-sexies c.c.(assegnazione della casa familiare e prescrizione in tema di residenza) equipari del tutto la disciplina della famiglia di fatto a quella basata sul matrimonio e l'art. 1, comma 42, l. n. 76/2016, che disciplina la convivenza di fatto, contenga un espresso rinvio all'art. 337-sexies c.c..

Ad oggi inoltre l’art. 1, comma 741, lett. c), n. 4, l. 160/2019, ha rimesso mano alla disciplina dell'immobile assegnato, sostituendo la dicitura di “casa coniugale” con quella di “casa familiare”. A fare chiarezza sul punto, è intervenuta la Circolare n.1/DF del 18 marzo 2020 del MEF che ha precisato che il «riferimento alla casa familiare e al genitore, e non più alla casa coniugale e al coniuge, è volta soltanto a chiarire che nell’ambito dell’assimilazione all’abitazione principale sono ricomprese anche le ipotesi di provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare in assenza di un precedente rapporto coniugale». 

In tal senso anche la Cassazione la quale ha chiarito l’applicazione della esenzione anche al caso di assegnazione dell’immobile tra genitori non coniugati in relazione alla individuazione del soggetto passivo del tributo, ritenendo che « Ai fini dell'IMU i benefici previsti per la casa coniugale (e relative pertinenze) assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si applicano anche per l'abitazione principale e le relative pertinenze della famiglia "di fatto" (conviventi more uxorio) in caso di separazione dei conviventi, allorché vi siano figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti.» (Cass. civ., sez. trib., 30 aprile 2019, n. 11416).

Tassa sui rifiuti (TARI). Applicazione al coniuge assegnatario

La TARI è la tassa comunale destinata a finanziare la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti: essa ha sostituito tutte le precedenti forme di imposizione, senza, tuttavia, introdurre grosse innovazioni sotto il profilo della disciplina del tributo.

Tale tributo ha come presupposto il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani (art. 1, comma 641, l. n. 147/2013). La TARI è dovuta dal possessore o detentore. In caso di pluralità di possessori o di detentori, essi sono tenuti in solido all'adempimento dell'unica obbligazione tributaria (art. 1, comma 642, l. n. 147/2013). In caso di detenzione temporanea (inferiore a 6 mesi nel corso dello stesso anno solare), il tributo è dovuto unicamente dal possessore dei locali e delle aree a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione o superficie (art. 1, comma 643, l. n. 147/2013).

La TARI è dovuta dall'assegnatario della casa familiare in quanto utilizzatore dell'immobile.

Assegnazione della casa familiare: benefici fiscali prima casa

Nell'ambito delle agevolazioni tributarie rientrano i benefici fiscali per l'acquisto della "prima casa" (ora definita “casa di abitazione non di lusso”), i quali consistono, per effetto dell'art. 10, d.lgs. n. 23/2011, a decorrere dal 1° gennaio 2014, nell'applicazione in misura ridotta dell'imposta di registro (pari al 2%) e delle imposte ipotecaria e catastale ognuna nella misura fissa di euro 50,00.

Tali agevolazioni sono precluse, a norma dell'art. 1 della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, «Approvazione del Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro», nota II-bis, comma 1, lett. a), b) e c), nel caso in cui:

  1. l'acquirente non abbia o non stabilisca, entro 18 mesi dall'acquisto, la propria residenza nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare;
  2. l'acquirente abbia la disponibilità di un altro immobile a titolo di proprietà o altro diritto reale (esclusivo o in comunione con il coniuge) nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare;
  3. l'acquirente sia titolare di un diritto di proprietà o altro diritto reale (esclusivo o in regime di comunione legale con il coniuge) su un altro immobile acquistato nel territorio nazionale con le agevolazioni.

La normativa prevede, inoltre, la decadenza dai benefici “prima casa” nel caso in cui l'immobile acquistato con i benefici venga trasferito per atto a titolo oneroso o gratuito nei primi cinque anni dall'acquisto, salvo che il contribuente, entro un anno dall'alienazione dell'immobile acquistato con i benefici, proceda all'acquisto di altro immobile da adibire ad abitazione principale (cfr. nota II-bis, comma 4, cit.).

Per dottrina e giurisprudenza costante (nonostante quanto affermato, ai fini IMU, nell'art. 4, comma 12-quinquies, d.l. n. 16/2012, cit.), l'assegnazione della casa familiare, disposta in sede di separazione o divorzio a favore di uno dei coniugi, configura in capo al coniuge assegnatario non un diritto reale, bensì un diritto personale di godimento di natura atipica poiché l'assegnazione non viene fatta di per sé al coniuge, ma nell'esclusivo interesse della prole al fine di «attribuire ai figli una certezza ed una prospettiva di stabilità in un momento di precario equilibrio familiare» (Cass. 07 gennaio 2025 n. 234).

Da ciò consegue che l'assegnazione della casa familiare, avvenuta in sede di separazione o divorzio, proprio in ragione della natura personale e non reale del diritto sulla casa coniugale, non preclude al coniuge assegnatario la possibilità di richiedere l'agevolazione per l'acquisto di un altro immobile come prima casa (Comm. trib. regionale Toscana Firenze, sez. VI, sent., 07 ottobre 2021, n. 1112; cfr. Cass. civ., n. 2273/2014, cit.).

Per quanto riguarda il coniuge non assegnatario, questi potrà usufruire delle agevolazioni fiscali per l'acquisto di un immobile solo se risulti in possesso dei requisiti richiesti dalla legge per usufruire di tali benefici fiscali: ossia non deve essere titolare di un diritto di proprietà, usufrutto, uso e abitazione, su altra casa nel territorio del Comune dove si trova l'immobile da acquistare, né deve aver già usufruito in passato delle agevolazioni per l'acquisto di un immobile.

Il requisito della mancanza di titolarità su tutto il territorio nazionale del diritto di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà di un'altra casa acquistata col medesimo beneficio non può essere inteso, atteso il chiaro tenore letterale della disposizione, come mancanza di disponibilità effettiva di essa, sicché non sussiste ove l'immobile di proprietà del contribuente sia stato assegnato, in sede di separazione o divorzio, al coniuge separato o all'ex coniuge, in quanto affidatario di prole minorenne (Cass. civ., sez. VI - 5, ord. 14 settembre 2022, n. 27088).

Stante il tenore letterale della norma, quindi, il coniuge non assegnatario non potrebbe usufruire nuovamente delle agevolazioni fiscali per l'acquisto di un immobile.

Tuttavia, sul tema, occorre richiamare il principio di diritto elaborato dalla Corte di cassazione, ord. 8 gennaio 2010, n. 100, secondo cui la non possidenza di altra abitazione, quale condizione per usufruire delle agevolazioni fiscali, «si riferisce, anche alla luce della ratio della disciplina, ad una disponibilità non meramente oggettiva, bensì soggettiva, nel senso che ricorre il requisito dell'applicazione del beneficio anche all'ipotesi di disponibilità di un alloggio che non sia concretamente idoneo, per dimensioni e caratteristiche complessive, a sopperire ai bisogni abitativi suoi e della famiglia». Secondo la tesi della Suprema Corte, la valutazione della idoneità dell'eventuale alloggio posseduto all'atto di una nuova compravendita è legata alle sue caratteristiche e dimensioni.

Aderendo all'interpretazione “soggettiva” della norma operata dalla Suprema Corte, potrebbe prospettarsi anche in capo al coniuge non assegnatario, in quanto proprietario di un immobile acquistato con le agevolazioni fiscali e non più rientrante nella sua disponibilità e, dunque, non idoneo a soddisfare le sue esigenze abitative, la possibilità di procedere all'acquisto della seconda abitazione usufruendo, nuovamente, delle agevolazioni prima casa. Tale impostazione, tuttavia, potrebbe non essere condivisa sul piano strettamente tributario.

Viceversa, la Suprema Corte ha escluso la compatibilità della separazione di fatto tra coniugi con le suddette agevolazioni fiscali: «I benefici fiscali "prima casa" di cui all'art. 1, nota II bis, lett. b), della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, spettano unicamente a chi possa dimostrare, in base a risultanze certificate, di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto o uso di altro immobile ubicato nel medesimo comune, senza che, a tal fine, possano rilevare situazioni di fatto contrastanti con le risultanze del dato anagrafico» (Cass. civ., sez. V, 26 marzo 2014, n. 7069).

Sul punto, la Suprema Corte è intervenuta per specificare ulteriormente il concetto di separazione di fatto, affermando che "occorre distinguere l'ipotesi in cui due coniugi non separati legalmente abbiano la propria abitazione in due differenti immobili, da quella, in cui risulti accertato che il trasferimento della dimora abituale di uno dei coniugi sia avvenuto per la frattura del rapporto di convivenza, cioè di una situazione di fatto consistente nella inconciliabilità della prosecuzione della convivenza, sotto lo stesso tetto, delle persone legate dal rapporto coniugale, con conseguente superamento della presunzione di coincidenza tra casa coniugale e abitazione principale” e precisando che solo nel secondo caso l'abitazione principale non potrà essere più identificata con la casa coniugale, in ragione della “frattura del rapporto di convivenza tra i coniugi, intesa quale separazione di fatto, che comporta una disgregazione del nucleo familiare» (Cass. civ., sez. V, 03 novembre 2020, n. 24294).

Per quanto riguarda, infine, il trasferimento, nell'ambito degli accordi di separazione o divorzio raggiunti in sede giudiziaria, dell'immobile acquistato con le agevolazioni fiscali “prima casa”, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito come, in tal caso, non si verifichi la decadenza dalle agevolazioni (prevista in linea generale nel caso in cui l'immobile venga trasferito per atto a titolo gratuito o oneroso nei primi 5 anni dall'acquisto).

In particolare, la Risoluzione del 09 settembre 2019, n. 80 dell'Agenzia delle Entrate, ha precisato quanto segue:

  1. le agevolazioni di cui alla citata legge n. 74/1987 (esenzione da imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa) sono applicabili anche nell'ambito dei procedimenti di separazione (Corte Costituzionale sent. del 10 maggio 1999, n. 154), in ragione della volontà del legislatore di favorire gli "atti e convenzioni che i coniugi, nel momento della crisi matrimoniale, pongono in essere nell'intento di regolare sotto il controllo del giudice i loro rapporti patrimoniali conseguenti alla separazione o divorzio, ivi compresi gli accordi che contengono il riconoscimento o il trasferimento della proprietà esclusiva di beni immobili all'uno o all'altro coniuge." Ciò, al fine "di favorire e promuovere, nel più breve tempo, una soluzione idonea a garantire l'adempimento delle obbligazioni che gravano sui coniugi" (Corte di cassazione, ordinanza del 21 settembre 2017, n. 22023, Corte di cassazione 22 maggio 2002, n. 7493 e Corte di cassazione 17 febbraio 2001, n. 2347).
  2. ove uno dei coniugi trasferisca nel quinquennio all'altro, per effetto di un accordo di separazione, l'immobile acquistato utilizzando le agevolazioni “prima casa”, la Corte di cassazione, con sentenza 29 marzo 2017, n. 8104, ha stabilito che il coniuge che effettua detto trasferimento non decade dalla possibilità di avvalersi delle suddette agevolazioni, in ragione di quanto stabilito dall'art. 19, l. 74/1987, in quanto "non può farsi derivare la decadenza dell'agevolazione connessa all'acquisto di un immobile dalla cessione di esso al coniuge in sede di separazione". Peraltro, la Corte di cassazione, con ordinanza 18 febbraio 2014, n. 3753, ha specificato che "L'attribuzione al coniuge della casa coniugale in adempimento di una condizione inserita nell'atto di separazione consensuale, non costituisce, infatti, una forma di alienazione dell'immobile rilevante ai fini della decadenza dei benefici prima casa; bensì una forma di utilizzazione dello stesso ai fini della migliore sistemazione dei rapporti tra i coniugi, sia pure al venir meno della loro convivenza (e proprio in vista della cessazione della convivenza stessa)".

Nello stesso senso la Corte di cassazione si è espressa nel senso della mancata decadenza dai benefici fiscali in caso di trasferimento in sede di modifica delle condizioni di separazione.

“In tema di agevolazioni "prima casa", il principio secondo cui - attesa la "ratio" dell'art. 19 della l. n. 74 del 1987, che è quella di favorire la complessiva sistemazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi in occasione della crisi, escludendo che derivino ripercussioni fiscali sfavorevoli dagli accordi intervenuti in tale sede - il trasferimento dell'immobile prima del decorso del termine di cinque anni dall'acquisto, se effettuato in favore del coniuge in virtù di una modifica delle condizioni di separazione, pur non essendo riconducibile alla forza maggiore, non comporta la decadenza dai benefici fiscali, non si estende ai conviventi more uxorio.” (Cass. 01/07/2022, n. 20956)

Dunque, anche il trasferimento a terzi, effettuato in virtù di clausole contenute in un accordo di separazione omologato dal giudice finalizzato alla risoluzione della crisi coniugale, della proprietà dell'immobile, acquistato con le suddette agevolazioni, prima del decorso del termine di 5 anni dall'acquisto, non comporta la decadenza dai suddetti benefici e agevolazioni.

Si segnala di contro che la cessione a terzi nell'ambito di un procedimento di separazione raggiunto innanzi all'ufficiale di stato civile, regolato dall'articolo 12 del d.l. n. 132 del 2014, è stata ritenuta dall'Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello n. 80 del 2020, idonea a produrre la decadenza dall'agevolazione.

Mutuo per l'acquisto della casa familiare: detraibilità degli interessi passivi

Tra le problematiche principali che si pongono in tema di assegnazione della casa familiare merita un breve cenno in questa sede quella relativa alle sorti del mutuo contratto in costanza di matrimonio per l'acquisto della stessa.

Sotto il profilo fiscale, si pone il problema della detraibilità degli interessi passivi pagati su tali mutui.

L'art. 15, comma 1, lett. b), d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, «Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)», riconosce una detrazione di imposta pari al 19% degli interessi passivi e relativi oneri accessori pagati in dipendenza di mutui garantiti da ipoteca su immobili, contratti per l'acquisto dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale entro un anno dall'acquisto stesso, per un importo non superiore a 4.000,00 euro. L'acquisto della unità immobiliare deve essere effettuato nell'anno precedente o successivo alla data della stipulazione del contratto di mutuo. Il contratto di mutuo può essere intestato ad entrambi i coniugi oppure ad uno solo di essi: se il mutuo è intestato ad uno solo dei coniugi, a questi spetta, evidentemente, l'intera detrazione; viceversa, se il mutuo è intestato ad entrambi i coniugi, ciascuno di essi può fruire della detrazione unicamente per la propria quota di interessi; mentre, in caso di coniuge fiscalmente a carico dell'altro, la detrazione spetta a quest'ultimo per entrambe le quote (art. 15, comma 1, lett. b), d.P.R. n. 917/1986).

Con Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 20/E del 13 maggio 2011, l'amministrazione finanziaria ha avuto modo di precisare che, nel caso in cui, in sede di separazione, l'immobile, di cui i coniugi siano comproprietari e cointestatari del relativo contratto di mutuo, venga ceduto a uno dei coniugi il quale si accolli il mutuo, la detrazione spetterà al coniuge che, a seguito di separazione, è diventato proprietario esclusivo dell'immobile e si è accollato le residue rate di mutuo, ancorché non sia intervenuta alcuna modifica del contratto di mutuo stipulato con l'Istituto di credito erogante, che continua a risultare cointestato ad entrambi i coniugi. Ciò a condizione che l'accollo risulti da un atto pubblico, ad esempio l'atto pubblico di trasferimento dell'immobile, o da una scrittura privata autenticata e che le quietanze relative al pagamento degli interessi siano integrate dall'attestazione che l'intero onere è stato sostenuto dal coniuge proprietario, anche per la quota riferita all'ex coniuge (cfr. par. 1.1).

L'Agenzia delle Entrate ha poi precisato che, anche nel caso in cui, in sede di separazione, l'immobile di proprietà di un coniuge, a cui è intestato il mutuo, sia trasferito all'altro coniuge, pur continuando il cedente a occupare l'immobile ceduto con i figli, il coniuge cessionario, il quale versi gli interessi passivi, può detrarli anche se il mutuo è intestato al coniuge cedente, a condizione che l'accollo risulti da atto pubblico o scrittura privata autenticata e che le quietanze siano integrate dall'attestazione che l'intero onere è stato sostenuto dal coniuge proprietario. «Ai fini in questione, va tenuto conto che la detrazione spetta per il mutuo contratto per l'acquisto dell'abitazione principale e che deve intendersi tale quella adibita a dimora principale del proprietario e dei suoi familiari. Rientra tra i familiari anche il coniuge separato, finché non intervenga la sentenza di divorzio; in questo caso la detrazione spetta quando nell'immobile dimorino i figli» (cfr. par. 1.2).

Fondo di garanzia per la prima casa

Con l'art. 1, comma 114, l. 30 dicembre 2024, n. 207 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027) è stato rifinanziato il Fondo di garanzia per la prima casa, di cui all'articolo 1, comma 48, lettera c), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, in virtù del quale il Fondo concede una garanzia a prima richiesta per il 50% della quota capitale per i mutui ipotecari di ammontare non superiore a 250 mila euro erogati per l'acquisto, o per l'acquisto e per interventi di ristrutturazione e accrescimento dell'efficienza energetica, di unità immobiliari site sul territorio nazionale, da adibire ad abitazione principale, con priorità ai mutui erogati a favore delle giovani coppie, dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, dei conduttori di alloggi di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, dei giovani di età inferiore ai trentasei anni.

Casistica

Abitazione principale: ipotesi di esenzione IMU

I coniugi hanno stabilito la

residenza e la dimora

abituale in immobili diversi

situati nello stesso comune o in comuni differenti

Risulta rivoluzionata l’esenzione IMU per l’abitazione principale. Ai fini dell’esenzione per “abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente”. L’esenzione compete al verificarsi di due condizioni: la dimora abituale e la residenza anagrafica. Non c’è più il riferimento al nucleo familiare, la condizione che le abitazioni siano in due o in un solo comune, la necessità di indicare l’esenzione per una sola abitazione (Corte cost., 13 ottobre 2022, n. 209).

Cambiamento di residenza del figlio

Il cambiamento di residenza del figlio comporta la variazione del nucleo familiare: il figlio non farà più parte della famiglia d'origine e andrà a costituire un nuovo nucleo familiare.

Nell'ipotesi in cui il figlio dimori e risieda anagraficamente in un altro immobile ubicato nello stesso comune, nel quale si trova la casa dei genitori, o in un diverso comune, le agevolazioni/esenzioni, qualora ne ricorrano i presupposti, saranno applicabili in relazione ad entrambi gli immobili.

Comproprietà

Tizio, Caio e Sempronio sono comproprietari di un immobile rispettivamente per le seguenti quote: Tizio 50%; Caio 30%; Sempronio 20%.

Solo Tizio e Caio hanno adibito l'immobile a propria abitazione principale. Tizio e Caio si gioveranno dunque dell'esenzione IMU, mentre Sempronio dovrà versare l'IMU calcolata sulla base della propria quota del 20% di comproprietà.

Abitazioni principali

classificate nelle categorie catastali

A/1, A/8 e A/9 (immobili di pregio, ville e castelli) e le relative pertinenze

In seguito all’emanazione della l. 160/2019, l'IMU è dovuta per l’intero, senza agevolazioni. È tuttavia riconosciuta una detrazione dall'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale nonché per le relative pertinenze, fino a concorrenza del suo ammontare, pari ad euro 200 rapportati al periodo dell'anno durante il quale si protrae tale destinazione.

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