Testimonianza de relato

Elisa Annamaria Daniele
31 Luglio 2019

Il tema della testimonianza indiretta o cd. de relato si pone quale vexata quæstio involgente una pluralità di sfaccettature, che muovono dalla disciplina dei limiti soggettivi alla prova testimoniale, finalizzata ad identificare chi non possa, per ragioni inerenti al suo possibile rapporto con taluna delle parti o con l'oggetto del giudizio, rendere testimonianza, per finire alla rilevanza probatoria da attribuirsi alle deposizioni di persone che hanno una conoscenza indiretta di un fatto rilevante per la causa riguardata dal punto di vista della ricerca della verità nel processo.
Inquadramento

Prima di affrontare il tema della testimonianza indiretta occorre premettere una breve notazione sull'istituto della testimonianza in generale.

Essa, come noto, consiste nella narrazione di fatti rilevanti per la causa resa dinanzi al giudice nel corso del processo da soggetti terzi, ossia che non siano parti del processo stesso e che non abbiano un interesse in relazione all'oggetto della causa che ne legittimi la partecipazione al giudizio.

Il legislatore del codice di rito del 1940 ha assunto una nozione di testimonianza che non può in alcun modo prescindere dalla terzietà ed estraneità del testimone rispetto agli interessi in gioco, intesa quale baluardo della obiettività ed attendibilità delle dichiarazioni rese, sicché l'ordinamento postula l'incompatibilità del testimone con il ruolo di parte in causa, vuoi in senso effettivo, vuoi in senso potenziale.

Il noto principio del nemo testis in causa sua rinviene il suo addentellato normativo nella previsione contenuta nell'art. 246 c.p.c., di cui non è dato dubitare l'applicabilità alla testimonianza della parte, nonostante il dato letterale, nel disporre l'incapacità a testimoniare delle persone «aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio», si riferisca letteralmente alle sole parti potenziali.

La testimonianza rientra tra i mezzi istruttori costituendi, formandosi in giudizio nel contraddittorio tra le parti e nel rispetto del procedimento di assunzione disciplinato dagli artt. 244 e ss. c.p.c., cui l'ordinamento attribuisce efficacia di prova libera, ossia di prova che il giudice è tenuto a valutare secondo il suo prudente apprezzamento.

Oggetto della prova testimoniale sono i fatti, rilevanti per l decisione, di cui il testimone è venuto a conoscenza per averne avuto percezione diretta o indiretta.

É sotto questo profilo che si è soliti distinguere la testimonianza diretta o de visu, in cui il testimone depone di scienza propria,da quella indiretta o de relato, in cui il teste riferisce fatti appresi da altre persone.

In evidenza

Si ha testimonianza de relato allorchè il teste depone su circostanze di fatto riferitegli da altre persone, la cui dichiarazione, se rivolta al giudice nel processo e nelle forme prescritte dalla legge, avrebbe a sua volta i caratteri della testimonianza, cosicchè il fatto riferito dal teste come a lui narrato da un terzo, risulta in via puramente indiretta (in termini, Cass. civ., 27 aprile 1968, n. 1333, cui si sono conformate le successive).

Si tratta di una distinzione non meramente classificatoria, posto che tanto in dottrina quanto in giurisprudenza se ne fa discendere la non rilevanza probatoria della testimonianza indiretta, seppure con le attenuazioni di cui si dirà infra.

Nonostante il manifesto intento del legislatore del 1940 di espungere dal sistema del processo civile la testimonianza di parte, il raffronto con il sistema penale, che ammette l'utilizzabilità della testimonianza indiretta a determinate condizioni, e con i sistemi di common law ha indotto, dapprima, la dottrina e, poi, anche la giurisprudenza ad abbandonare la presunzione assoluta di inattendibilità delle dichiarazioni del teste de relato, al fine di favorire la ricerca della verità nel processo attraverso una migliore conoscenza dei fatti.

Differenze con la testimonianza cd. di riferimento

Diversa dalla testimonianza indiretta è la testimonianza di riferimento, espressamente disciplinata dall'art. 257 c.p.c., che consente al giudice l'assunzione di testimoni non indicati dalle parti (e precisamente di terzi indicati da alcuno dei testimoni già escussi come a conoscenza dei fatti di causa), ma anche la deposizione di testimoni dei quali il giudice ha ritenuto superflua l'audizione o dei quali ha consentito la rinunzia o già interrogati.

Si tratta, a ben vedere, di due ipotesi ontologicamente distinte, posto che l'istituto di cui all'art. 257 c.p.c. non deroga in alcun modo né alla terzietà ed estraneità del soggetto chiamato a deporre, né alla percezione diretta da parte del teste delle circostanze oggetto di deposizione.

La testimonianza di riferimento deroga, piuttosto, al potere di deduzione probatoria della parte, desumibile dal combinato disposto degli artt. 244 e 245 c.p.c. (così esemplificativamente, Cass. civ.,sez. III,sent., 18 settembre 2015, n. 1832 secondo cui il potere officioso del giudice di disporre l'assunzione del teste di riferimento ai sensi dell'art. 257, comma 1, c.p.c., comportando una deroga al potere di deduzione probatoria della parte, può essere esercitato soltanto ove la conoscenza del fatto da parte del terzo si sia palesata nel corso di una testimonianza e non anche quando la stessa emergeva già dalle allegazioni di una delle parti).

Ad ogni modo, le facoltà concesse al giudice dall'art. 257 c.p.c. costituiscono estrinsecazione di un potere istruttorio discrezionale, non censurabile in sede di legittimità neppure sotto il profilo del difetto di motivazione (cfr., in termini, Cass. civ., 16 febbraio 1984, n. 1182, cui si sono conformate le successive).

Efficacia probatoria tra distinguo e incertezze

Dunque, come accennato, la distinzione tra testimonianza de visu e de relato non ha portata meramente classificatoria, incidendo, per contro, sulla rilevanza probatoria attribuita alla testimonianza indiretta.

A tal proposito, si rende necessario distinguere l'ipotesi in cui il teste de relato abbia attinto le informazioni oggetto di deposizione da una delle parti in causa o da terzi estranei alla causa.

Nel primo caso si parla di testimonianza de relato ex parte o ex actoris: ad essa, vertendo non sul fatto oggetto dell'accertamento, bensì sul fatto della dichiarazione di una parte del giudizio, non si attribuisce alcuna rilevanza probatoria; nel secondo caso, si discute di testimonianza de relato tout court e, considerato che i testi depongono su circostanze che hanno appreso da persone estranee al giudizio, quindi sul fatto della dichiarazione di costoro, vi si attribuisce una rilevanza attenuata, sicché tali deposizioni possono assumere rilievo ai fini del convincimento del giudice, nel concorso di altri elementi oggettivi e concordanti che ne suffragano la credibilità.

La testimonianza de relato tout court integra, dunque, una prova meramente indiretta, la quale può essere utilizzata, al fine della formazione del convincimento del giudice, solo se confortata da altri elementi, e sempreché riporti informazioni riferite da persone estranee alla controversia, di cui non sia possibile acquisire la deposizione (Cass. civ., 25 maggio 1985, n. 3179 e più di recente Cass. civ., ord., 17 febbraio 2016, n. 3137).

In evidenza

Le disposizioni testimoniali de relato ex parte actoris, se isolatamente considerate, sono prive di valore probante (Cass. civ., 10 gennaio 1974, n. 70).

Ed ancora, in tema di prova testimoniale, i testimoni de relato actoris sono quelli che depongono su fatti e circostanze di cui sono stati informati dal soggetto che ha proposto il giudizio, così che la rilevanza del loro assunto è sostanzialmente nulla, in quanto vertente sul fatto della dichiarazione di una parte e non sul fatto oggetto dell'accertamento, fondamento storico della pretesa; i testimoni de relato in genere, invece, depongono su circostanze che hanno appreso da persone estranee al giudizio, quindi sul fatto della dichiarazione di costoro, e la rilevanza delle loro deposizioni, pur attenuata perché indiretta, è idonea ad assumere rilievo ai fini del convincimento del giudice, nel concorso di altri elementi oggettivi e concordanti che ne suffragano la credibilità (cfr., ex multis, Cass. civ., 15 gennaio 2015, n. 569).

Sebbene questo sia l'orientamento assolutamente maggioritario in dottrina ed in giurisprudenza, non mancano orientamenti più permessivi, soprattutto nella giurisprudenza di merito, a mente dei quali se è vero che la deposizione de relato ex parte actoris, in se stessa, non ha alcun valore probatorio, nemmeno indiziario, essa tuttavia può assurgere a valido elemento di prova quando sia suffragata da circostanze oggettive o soggettive alle stesse estrinseche o da altre risultanze probatorie acquisite al processo, che concorrono a confortarne la credibilità (cfr., Cass. civ., 31 luglio 2013, n. 18352; Cass. civ., 19 maggio 2006, n. 11844; Cass. civ.,8 febbraio 1991, n. 1328 ed ancora, Trib. Ivrea, 27 gennaio 2016; Trib. Massa, 10 febbraio 2015; Trib. Milano, 22 ottobre 2013. Contra, Cass. civ., 18 maggio 2017, n. 12477).

Occorre, infine, rimarcare che, ove il teste indiretto riferisca dichiarazioni resegli dalla parte di contenuto contrario alla pretesa fatta valere in giudizio dalla parte stessa, tale deposizione "de relato ex parte assume la natura giuridica di prova testimoniale di una confessione stragiudiziale fatta a un terzo, sempreché supportata dal relativo elemento soggettivo, in quanto tale liberamente apprezzabile dal giudice ai sensi dell'art. 2735, comma 1, secondo periodo, c.c., nonché sufficiente a fondare, anche in via esclusiva, il convincimento del giudice ed a suffragare altra testimonianza de relato (ex multis, Cass. civ., Sez. lavoro, 19 gennaio 2017, n. 1320).

Casistica

La testimonianza de relato assume, invece, un particolare rilievo in tutti quei casi in cui i fatti riferiti dal teste indiretto attengano a comportamenti riservati delle parti, insuscettibili di percezione diretta dai testimoni o di indagine tecnica, sicché le dichiarazioni della parte, riferite dal teste, costituiscono l'unico mezzo attraverso il quale un determinato fatto o stato soggettivo viene esternato e può essere conosciuto dai terzi.

CASISTICA

Nella valutazione complessiva sono state considerate con maggior rigore le circostanze che i testimoni hanno dichiarato di aver appreso de relato (atteso che la deposizione de relato ex parte actoris non ha alcun valore probatorio, nemmeno indiziario, soltanto se riguardata di per sé sola), pur tenendo presente il principio, enunciato dalla Suprema Corte, secondo cui, soprattutto in tema di separazione personale dei coniugi, siffatte deposizioni possono concorrere a determinare il convincimento del giudice, ove valutate in relazione a circostanze obiettive e soggettive, o ad altre risultanze probatorie che ne suffraghino il contenuto, specie quando la testimonianza attenga a comportamenti intimi e riservati delle parti, insuscettibili di percezione diretta dai testimoni o di indagine tecnica.

Cass. civ., 19 marzo 2009, n. 6697

La declaratoria di esecutività della sentenza del tribunale ecclesiastico che abbia pronunciato la nullità del matrimonio concordatario per esclusione, da parte di un coniuge, dell'indissolubilità del vincolo postula che tale divergenza sia stata manifestata all'altro coniuge ovvero che questi l'abbia effettivamente conosciuta o che non l'abbia conosciuta per propria negligenza, atteso che, ove non ricorra alcuna di tali situazioni, la delibazione trova ostacolo nella contrarietà con l'ordine pubblico italiano, nel cui ambito va ricompreso il principio fondamentale della tutela della buona fede e dell'affidamento incolpevole. Ai fini di tale accertamento possono assumere rilievo, ove supportate da circostanze soggettive e oggettive idonee a conferire loro credibilità, anche le testimonianze de relato ex parte actoris assunte nel corso del procedimento davanti ai tribunali ecclesiastici, tenuto conto che le dichiarazioni della parte costituiscono l'unico mezzo attraverso il quale lo stato soggettivo della stessa, non altrimenti conoscibile, viene esternato e può essere conosciuto dai terzi.

Cass. civ., 14 febbraio 2008, n. 3709

Ed ancora, in tema di dichiarazione giudiziale di paternità, l'art. 269 c.c. – secondo cui la sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra questa ed il presunto padre all'epoca del concepimento non costituiscono prova della paternità naturale – non solamente non esclude che tali circostanze, nel concorso di altri elementi presuntivi, possano essere valutate dal giudice del merito come elementi di conferma del proprio convincimento circa la sussistenza della paternità naturale, ma a maggior ragione non preclude l'utilizzazione, quanto meno come fonte sussidiaria di prova, di testimonianza de relato, la cui attendibilità e rilevanza vanno verificate in concreto nel quadro di una valutazione globale delle risultanze di causa, specialmente quando i fatti riferiti siano stati appresi dai testi in epoca non sospetta.

Cass. civ., 9 giugno 1995, n. 6550

Guida all'approfondimento
  • Cappelletti, La testimonianza della parte nel sistema dell'oralità, I, Milano, 1974, 230;
  • Comoglio, Le prove civili, Torino, 2004, 252;
  • Montesano-Arieta, Trattato di Diritto processuale civile, I, 2, Padova, 2002, 1293;
  • Taruffo, Prova testimoniale, in Enc. Dir., XXXVII, Milano, 1988, 729 ss.

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