Gli strumenti di contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive nel decreto sicurezza bis

Maria Francesca Cortesi
31 Luglio 2019

Le disposizioni normative che governano gli istituti destinati a prevenire e reprimere episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive sono contenute nella l. 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di competizioni agonistiche). I meccanismi, ivi disciplinati, operano su fronti differenti: da un lato, si agisce nell'ambito del sistema di prevenzione penale con la previsione di strumenti volti ad impedire...
Considerazioni introduttive

Le disposizioni normative che governano gli istituti destinati a prevenire e reprimere episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive sono contenute nella l. 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di competizioni agonistiche).

I meccanismi, ivi disciplinati, operano su fronti differenti: da un lato, si agisce nell'ambito del sistema di prevenzione penale con la previsione di strumenti volti ad impedire, in presenza di specifici presupposti, a determinate categorie di soggetti l'accesso ai luoghi in cui si svolgono le competizioni sportive; dall'altro, si consente, nell'ambito della repressione penale, un largo ricorso alla misura precautelare dell'arresto, anche mediante l'elaborazione del controverso concetto della flagranza “differita”, a cui si collega la celebrazione del giudizio direttissimo, connotato da tratti di assoluta atipicità rispetto all'omologo rito codicistico nonché la prescrizione di ampi poteri decisori in capo al giudice penale.

Gli interventi novellistici contenuti nel c.d. decreto sicurezza bis coinvolgono diversi aspetti della disciplina vigente generando certo, come d'appresso verrà evidenziato, significative perplessità, ma anche, per certi versi, consentendo una approccio più chiaro ad un dettato normativo non sempre di facile intelligibilità.

I destinatari del D.A.SPO. “sportivo”

Gli interventi di modifica sull'assetto normativo dettato al fine di contrastare la violenza in occasione di manifestazioni sportive si incentra, in primo luogo, sulla riscrittura dell'art. 6, l. 401 del 1989, precetto centrale per la definizione degli strumenti ante delictum in materia.

Si tratta, invero, di un restyling più formale che sostanziale, quantunque non manchino alcune importanti novità.

L'esigenza di riformulare il contenuto dell'art. 6, comma 1, l. 401 del 1989 nasce dal fatto che il nucleo portante ha subìto, nel corso degli anni, continue modifiche al punto da vederne sacrificata la stessa organicità sistematica e rendendo, così, assai complessa l'interpretazione. Ora, invece, la ripartizione in lettere dei destinatari degli strumenti di prevenzione del divieto di accesso ai luoghi, peraltro, con un ordine differente rispetto a quello contenuto nella pregressa dizione, quasi a conferire una diversa importanza alle condotte di pericolosità ivi delineate, ne agevola la comprensione e garantisce una maggiore linearità espositiva.

Il disposto si apre, dunque, rammentando che il questore può disporre la misura di interdizione ai luoghi in cui si svolgono le manifestazioni sportive specificamente indicate nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, ai transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime, nei confronti di: a) coloro che risultano denunciati per avere preso parte attiva a episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza; b) coloro che, sulla base di elementi di fatto, risultino avere tenuto, anche all'estero, sia singolarmente che in gruppo, una condotta evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l'ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui alla lett. a) ovvero in occasione o a causa di manifestazioni sportive; c) coloro che risultino denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, nel corso dei cinque anni precedenti per alcuno dei reati di cui all'art. 4, commi 1 e 2, l. 18 aprile 1975, n. 110 (Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi); all'art. 5, l. 22 maggio 1975, n. 152 (Disposizioni a tutela dell'ordine pubblico), all'art. 2, comma 2, d.l. 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla l. 25 giugno 1993, n. 205 (Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa), all'art. 6-bis, commi 1 e 2, l. 401 del1989 (Lancio di materiale pericoloso, scavalcamento e invasione di campo in occasione di manifestazioni sportive), all'art. 6-ter, l. 401 del 1989 (Possesso di artifizi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive), all'art. 2-bis, d.l. 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 aprile 2007, n. 41 (Misure urgenti per la prevenzione e per la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche nonché norme a sostegno della diffusione dello sport e della partecipazione gratuita dei minori alle manifestazioni sportive), o per alcuno dei delitti contro l'ordine pubblico e dei delitti di comune pericolo mediante violenza, di cui al libro II, titolo V e titolo VI, capo I, c.p. o per il delitto di cui all'art. 588 c.p. ovvero per alcuno dei delitti di cui all'art. 380, comma 2, lett. f) ed h) c.p.p.ossia, rispettivamente, rapina (art. 628 c.p.) ed estorsione (art. 629 c.p.) e per il delitto di cui all'art. 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), ad eccezione dell'ipotesi di cui al comma 5, anche se il fatto non è stato commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive; d) i soggetti di cui all'art. 4, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 159 del 2011 ossia gli indiziati di uno dei reati previsti dall'art. 51, comma 3-quater, c.p.p. ed i soggetti che, operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, ovvero atti esecutivi diretti a sovvertire l'ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei reati previsti dal Capo I, Titolo VI, del Libro II del codice penale o dagli artt. 284, 285, 286, 306, 438, 439, 605, 630 c.p. nonché alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale ovvero a prendere parte ad un conflitto in un territorio estero a sostegno di una organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all'art. 270-sexies c.p., anche se la condotta non è stata posta in essere in occasione o a causa di manifestazioni sportive.

Le categorie soggettive di cui alle lett. a) e b), quantunque sistematicamente collocate in un ordine differente,ripetono la struttura lessicale pregressa. Si tratta, invero, anche alla luce del carattere distintivo contenuto nella novella normativa di cui appresso si darà conto, di coloro che hanno manifestato con le loro condotte forme di pericolosità per la sicurezza pubblica specificamente connesse con lo svolgimento di manifestazioni sportive e rispetto a cui, pertanto, gli strumenti di prevenzione di cui alla l. 401 del 1989 rappresentano i meccanismi più idonei al fine di neutralizzarne gli eventuali effetti pregiudizievoli per l'ordine pubblico.

Le categorie di cui alle lett. c) e d), invece, in siffatta prospettiva palesano tratti di chiara distonia.

Entrambe, infatti, sono accumunate dalla previsione della medesima locuzione, che costituisce una importante novità prevista proprio dalla decretazione d'urgenza in analisi, secondo cui le condotte ivi descritte, le quali, peraltro, ripetono in modo quasi pedissequo quelle già esistenti, rilevano anche se non sono state poste in essere in occasione o a causa di manifestazioni sportive.

Se, da un lato, tale scelta potrebbe snaturare la funzionalità dei mezzi ante delictum previsti nella l. 401 del 1989, concepiti solo quale contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive, dall'altro, contribuisce ad attribuire senso agli interventi normativi additivi susseguitesi negli anni, permettendo agli stessi di avere una concreta operatività. Già in precedenza, infatti, tra l'altro proprio con il decreto sicurezza del 2018, si era prevista l'introduzione tra i destinatari di soggetti indiziati di comportamenti poco compatibili con lo svolgimento di manifestazioni sportive. Il riferimento è, ad esempio, ad attività preparatorie al compimento di reati con finalità di terrorismo anche internazionale ovvero l'estorsione, comportamenti che con estrema difficoltà potrebbero realizzarsi in occasione o a causa di competizioni sportive, così come imposto alla luce della precedente dizione normativa, rendendoli di fatto concretamente inoperanti.

Il decreto in commento, da siffatto punto di vista, non determina, dunque, un vero e proprio allargamento dell'area soggettiva di cui alla l. 401 del 1989 con la previsione di ulteriori comportamenti sintomatici di pericolosità per la sicurezza pubblica, se si esclude il richiamo nell'ambito dell'art. 6, comma 1, lett. c), al reato di cui all'art. 588 c.p. (Rissa), ma consente di valutare condotte che non si sono realizzate nei ristretti ambiti spaziali delle manifestazioni sportive, determinando, di converso, un significativo potenziamento della portata applicativa del D.A.SPO. e della eventuale prescrizione di comparizione personale presso gli uffici di polizia, che si aprono verso manifestazioni di pericolosità assolutamente avulse rispetto all'ambito sportivo.

Da ciò, consegue, al di là di qualsivoglia valutazione di merito circa l'opportunità di tale scelta legislativa, che le motivazioni fornite dall'autorità di pubblica sicurezza, al fine di giustificare la congruenza dell'utilizzo di siffatti mezzi di prevenzione rispetto a condotte realizzate al di fuori delle manifestazioni sportive, costituiranno un profilo cardine del provvedimento applicativo, in particolare, allorquando alla misura di interdizione agli “stadi” si associ l'obbligo di comparizione personale, che, trattandosi di misura idonea ad incidere sulla libertà personale, deve essere eseguita con rigore ed in conformità con i limiti stabiliti dall'art. 13 Cost.

L'ambito di efficacia e la durata del D.A.SPO. “sportivo”

In ragione della riformulazione del disposto di cui all'art. 6, comma 1, l. 401 del 1989 il legislatore d'emergenza introduce un nuovo comma 1-ter, il quale, con una strutturazione lessicale più completa rispetto alla precedente, conferma che il divieto di accesso agli “stadi” può essere disposto anche per le manifestazioni sportive che si svolgono all'estero, specificamente indicate nonché può essere disposto, in riferimento alle competizioni che si svolgono in Italia, da parte delle competenti autorità degli altri Stati membri dell'Unione europea, con i provvedimenti previsti dai rispettivi ordinamenti, stante l'assenza di una regolamentazione uniforme nei diversi Paesi.

Si ribadisce, poi, che per i fatti commessi all'estero, accertati dall'autorità straniera competente o dagli organi delle Forze di polizia italiane che assicurano, sulla base di rapporti di cooperazione, il supporto alle predette attività nel luogo di svolgimento della manifestazione, la competenza per territorio è radicata nel questore della provincia del luogo di residenza ovvero del luogo di dimora abituale del destinatario della misura.

Si stabilisce, poi, un significativo innalzamento della durata delle misure di prevenzione in commento nei confronti delle persone che sono già state destinatarie del divieto di accesso di cui all'art. 6, comma 1, l. 401 del 1989, per le quali si impone che, oltre a dover sempre essere disposta la prescrizione di comparizione personale di cui al comma 2, possano essere previste per un periodo non inferiore ai sei anni e superiore a dieci anni, in luogo del precedente richiamo ad un periodo non inferiore a cinque anni e superiore ad otto anni (art. 6, comma 5, l. 401 del 1989).

Nell'ipotesi, invece, di sentenza di condanna per la violazione dei divieti e delle prescrizioni di cui all'art. 6, commi 1 e 2, l. 401 del 1989 e per quelli commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive o durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono dette manifestazioni, il giudice deve applicare le misure in commento per un periodo da due a dieci anni e non più da due a otto anni (art. 6, comma 7, l. 401 del 1989).

La “nuova” riabilitazione da D.A.SPO

Sensibili novità riguardano, ancora, l'art. 6, comma 8-bis, l. 401 del 1989, ove è contenuta la disciplina dedicata al meccanismo volto ad ottenere la cessazione degli ulteriori effetti pregiudizievoli derivanti dall'applicazione dalla misura interdittiva di cui all'art. 6, comma 1, l. 401 del 1989. A fronte, infatti, di una dizione piuttosto generica che omologava completamente la valutazione da effettuarsi da parte del questore a quella richiesta ai fini della riabilitazione penale ovvero della riabilitazione di prevenzione, si specifica oggi che il soggetto deve, altresì, aver adottato condotte di ravvedimento operoso, quali la riparazione integrale del danno eventualmente prodotto, mediante il risarcimento anche in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile, nonché la concreta collaborazione con l'autorità di polizia o con l'autorità giudiziaria per l'individuazione degli altri autori o partecipanti ai fatti per i quali è stato adottato il divieto.

Il richiamo ad una attività di collaborazione, a cui si subordina insieme alla prova costante ed effettiva di buona condanna il giudizio positivo del questore, desta, invero, qualche perplessità anche perché essa assume una ampiezza assai significativa in ragione della previsione introdotta dalla decretazione in commento, secondo cui con riguardo alle categorie soggettive di cui all'art. 6, comma 1, lett. c) e d), l. 401 del 1989 rilevano comportamenti non commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive.

L'estensione delle misure interdittive di cui all'art. 3, d.lgs. n. 159 del 2011

Ad inasprire ulteriormente gli strumenti di prevenzione utilizzabili per fare fronte a manifestazioni di pericolosità evidentemente connotate di maggiore gravità, il decreto legge introduce nel corpo dell'art. 6, l. 401 del 1989 il comma 8-ter, ove si prevede che nei confronti di coloro che risultano definitivamente condannati per delitti non colposi possano essere, altresì, disposti i divieti di cui all'art. 3, comma 6, d.lgs. 159 del 2011.

Si tratta, in particolare, di un provvedimento con cui il questore vieta «di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, radar e visori notturni, indumenti ed accessori per la protezione balistica individuale, mezzi di trasporto blindati o modificati al fine di aumentarne la potenza o la capacità offensiva, ovvero comunque predisposti al fine di sottrarsi ai controlli di polizia, armi a modesta capacità offensiva, riproduzioni di armi di qualsiasi tipo, compresi i giocattoli riproducenti armi, altre armi o strumenti, in libera vendita, in grado di nebulizzare liquidi o miscele irritanti non idonei ad arrecare offesa alle persone, prodotti pirotecnici di qualsiasi tipo, nonché sostanze infiammabili e altri mezzi comunque idonei a provocare lo sprigionarsi delle fiamme, nonché programmi informatici ed altri strumenti di cifratura o crittazione di conversazioni o messaggi». La violazione del suindicato divieto è punitacon la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164; gli strumenti, gli apparati, i mezzi e i programmi posseduti o utilizzati sono confiscati ed assegnati alle Forze di Polizia, se ne fanno richiesta, per essere impiegati per compiti di istituto (art. 76, comma 2, d.lgs. n. 159/2011).

Il provvedimento emesso dal questore può essere impugnato con opposizione davanti al tribunale in composizione monocratica. Seppur la disposizione di cui all'art. 3, comma 6, d.lgs. n. 159/2011 non indichi le modalità, i tempi ed i soggetti legittimati a proporre opposizione, si ritengono applicabili in via analogica le regole relative all'incidente di esecuzionecontenute all'art. 666 c.p.p., benché permanga una totale incertezza in ordine, ad esempio, ai limiti temporali entro cui proporre l'opposizione, essendo assente una precisazione in tal senso e non potendosi dedurre tale elemento da alcuna altra fonte normativa.

La stabilizzazione della flagranza “differita”

Costituisce, poi, una novità di estremo rilievo la stabilizzazione nel nostro ordinamento, dopo anni di proroghe, dell'istituto della flagranza “differita”.

L'art. 8, comma 1-ter, l. 401 del 1989 prescrive che nei casi di reati commessi con violenza alle persone o alle cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, per i quali è ammesso l'arresto ai sensi degli artt. 380 e 381 c.p.p. nonché nei casi di cui agli artt. 6, commi 1 e 6, 6-bis, comma 1 e 6-ter,l. 401 del 1989, quando non sia possibile procedere immediatamente all'arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica, si considera, comunque, in stato di flagranza, ai sensi dell'art. 382 c.p.p., "colui il quale, sulla base di documentazione video-fotografica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l'arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro le quarantotto ore dal fatto".

Sulla legittimità dell'istituto la dottrina si è, sin da subito, divisa.

Un primo orientamento ritiene l'istituto della "flagranza differita" conforme ai canoni costituzionali. I requisiti della eccezionalità, della necessità e dell'urgenza sarebbero connaturati nell'obiettiva impossibilità di procedere all'arresto nell'immediatezza per ragioni legate alla sicurezza o all'incolumità pubblica. La tassatività delle ipotesi sarebbe, invece, garantita dalle precise modalità da cui desumere le condizioni di applicabilità dell'arresto, rappresentate dall'utilizzo della documentazione videofotografica, da cui deve emergere in modo inequivoco il fatto, di cui l'arrestato si assume essere l'autore. Ulteriore garanzia, che consentirebbe di respingere i dubbi di costituzionalità, sarebbe, infine, rappresentata dalla circostanza che tutti questi elementi devono, prima, essere oggetto di specifica motivazione da parte della polizia giudiziaria, per poi, essere sottoposti al vaglio da parte del giudice competente per la convalida. Diverso orientamento, invece, valuta l'introduzione di questo istituto in senso opposto. Lo stesso concetto di "flagranza differita", secondo l'indirizzo de quo, sembrerebbe costituire un aggiramento della garanzia costituzionale contenuta all'art. 13 Cost., posto che la dilatazione temporale fino a quarantotto ore dal fatto che ad esso consegue consiste in una negazione implicita della sussistenza dell'eccezionale urgenza nel provvedere. Le ragioni di eccezionale necessità ed urgenza, secondo i canoni costituzionali, non possono, inoltre, sussistere se non si conoscono con precisione né gli elementi costitutivi del fatto di reato né il suo autore e se per colmare tali lacune è necessario ricorrere a documentazioni video-fotografiche.

La natura sostanziale della "flagranza differita", alla luce di tale impostazione, pare essere ontologicamente contrastante con i principi costituzionali. La stessa dizione letterale della norma dimostra, infatti, come siamo di fronte ad una fictio iuris, posto che il legislatore non elabora una nuova ipotesi di flagranza di reato legata al verificarsi di contingenze che possano far ritenere sussistente il collegamento tra il fatto ed il suo autore al pari di quanto contenuto all'art. 382 c.p.p., ma testualmente "considera" in flagranza anche coloro che sulla base di documentazione video-fotografica appaiano essere autori del fatto. L'apparente rigore linguistico cela, invero, una profonda debolezza sostanziale. La rilevazione video-fotografica non può, infatti, in alcun modo essere avvicinata alla tipicità delle fattispecie di flagranza che sono contenute nell'art. 382 c.p.p. e soprattutto essa è uno strumento che già nel suo utilizzo processuale palesa forti margini di errore e, di certo, la situazione non potrebbe essere diversa nella prospettiva della "flagranza differita".

Le riserve di costituzionalità sembravano essere state percepite dallo stesso legislatore, che ne aveva previsto una efficacia a tempo limitato, fino al "30 giugno 2005".

Le speranze per una rivisitazione della disciplina sono, però, progressivamente sfumate, poiché dapprima l'art. 6, d.l. 30 giugno 2005, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 agosto 2005, n. 168 (Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione) ha modificato l'art. 1-bis, d.l. n. 28 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 88 del 2003, prevedendo che le parole "30 giugno 2005" venissero sostituite con "30 giugno 2007"; l'art. 4, comma 2, d.l. 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 aprile 2007, n. 41 (Misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche, nonché norme a sostegno della diffusione dello sport e della partecipazione gratuita dei minori alle manifestazioni sportive) ha ulteriormente modificato il summenzionato articolo posticipando l'efficacia dell'istituto de quo al "30 giugno 2010"; l'art. 1, comma 1, d.l. 12 novembre 2010, n. 187, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2010, n. 217 (Misure urgenti in materia di sicurezza) ha esteso l'efficacia del precetto al “30 giugno 2013”; l'art. 7, d.l. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla l. 15 ottobre 2013, n. 119, ha previsto l'ulteriore termine del “30 giugno 2016”; infine, l'art. 10, comma 6-ter, d.l. 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla l. 18 aprile 2017, n. 48 (Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città) ha prorogato la durata fino al “30 giugno 2020”.

Il decreto sicurezza 2019 è intervenuto proprio su tale ultimo precetto eliminando l'inciso che stabiliva la durata dell'istituto in esame fino al giugno del 2020, consentendo, pertanto, di ritenerlo un meccanismo definitivamente assorbito nel nostro ordinamento, nonostante le fondate perplessità circa la sua legittimità costituzionale.

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