Il danno da illegittima aggiudicazione, anche se si presume avvenuto, deve essere congruamente provato sotto ogni profilo

Redazione Scientifica
27 Luglio 2019

Nelle controversie concernenti gli appalti pubblici, la prova in ordine alla quantificazione del danno può essere raggiunta mediante presunzioni, non occorrendo a tal fine che l'esistenza del fatto...

Nelle controversie concernenti gli appalti pubblici, la prova in ordine alla quantificazione del danno può essere raggiunta mediante presunzioni, non occorrendo a tal fine che l'esistenza del fatto ignoto rappresenti l'unica conseguenza possibile di quello noto, secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva, ma risultando sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull'id quod plerumque accidit, potendo il giudice trarre il suo libero convincimento dall'apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purché dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza, e non fondati su dati meramente ipotetici.

Si presume, in relazione al danno risarcibile che ne è conseguenza, che l'offerta presentata in gara abbia un minimo di remuneratività per l'impresa, sul presupposto da un lato che quest'ultima ricavi un profitto dall'esecuzione dell'appalto in base al valore contrattuale determinato negli atti di gara e per effetto del pagamento del corrispettivo dovuto da parte della stazione appaltante, dall'altro che l'offerta presentata non sia anomala e sottocosto, ma preveda un utile idoneo da un lato a coprire i costi sopportati per l'esecuzione delle prestazioni oggetto dell'appalto, dall'altro a remunerare i capitali investiti dell'impresa assicurandole un adeguato margine di profitto.

Non sono risarcibili le spese generali e quelle per l'ammortamento e deprezzamento dei beni da utilizzarsi nella esecuzione dello appalto, trattandosi di voci di costo che l'impresa comunque sostiene a prescindere dall'esecuzione di commesse pubbliche e che vanno a ridurre il risultato di esercizio annuo, secondo i principi e le regole di contabilità aziendale comunemente applicabili. Rispetto ad esse difetta dunque il rapporto di causalità con l'illegittima aggiudicazione del servizio.

Va respinta la richiesta di risarcimento del danno curriculare, per mancanza di prova nel caso in cui non venga dimostrato, ed in apice dedotto, che la mancata aggiudicazione ed esecuzione del servizio oggetto del giudizio ha precluso di acquisire ulteriori commesse pubbliche o quali sarebbero le negative ricadute, in termini di minore redditività, sulla propria immagine commerciale (sulla necessità di dare una prova specifica del danno curriculare si è ormai attestata la giurisprudenza, di cui si richiamano, tra le molte, le seguenti recenti pronunce: Cons. Stato, V, 2 gennaio 2019, n. 14; 26 aprile 2018, n. 2527; 16 dicembre 2016, n. 5322).

Per quanto riguarda il mancato utile, si tratta di un lucro cessante conseguente in via immediata e diretta, ai sensi dell'art. 1223 Cod. civ., alla mancata esecuzione di un contratto che l'impresa avrebbe invece avuto diritto di eseguire per quanto in precedenza accertato e che si presume correlata all'offerta presentata in gara ed al margine positivo in essa incorporato, quale differenza tra costi e ribasso sulla base d'asta.

Nondimeno, la misura «del 10% sul prezzo a base d'asta» non può trovare ingresso, perché a questo scopo deve aversi riguardo al margine di utile effettivo, quale ritraibile non già dalla base d'asta ma dal ribasso offerto dall'impresa. La misura percentuale correlata alla base d'asta fa riferimento ad un criterio forfettario e presuntivo, frutto della trasposizione di quanto in allora previsto in caso di recesso dell'amministrazione dal contratto di appalto (art. 134, comma 1, del previgente Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 163 del 2006), che la giurisprudenza amministrativa ha tuttavia ormai abbandonato (ex plurimis: Cons. Stato, III, 15 aprile 2019, n. 2435; IV, 16 agosto 2016, n. 3634; V, 30 ottobre 2017, n. 4968), in conformità al principio per cui il danno da mancata aggiudicazione deve essere «provato» (art. 124, comma 1, Cod. proc. amm.).

In difetto di allegazioni ulteriori, per la liquidazione del mancato utile a titolo risarcitorio si fa ricorso alla tecnica, propria del danno da illegittimità provvedimentale, della c.d. condanna sui criteri prevista dall'art. 34, comma 4, Cod. proc. amm..

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