La quantificazione del danno conseguente all’illegittima sottrazione di un affidamento al confronto concorrenziale

Roberto Fusco
07 Agosto 2019

La quantificazione dei danni patiti dall'operatore economico a causa del mancato espletamento di una procedura concorrenziale per l'affidamento di un servizio va liquidata in via equitativa e in percentuale rispetto all'importo erogato dall'amministrazione per il servizio affidato senza gara, qualora sia impossibile effettuare una valutazione prognostica sull'esito del confronto competitivo che si sarebbe dovuto svolgere.

La sentenza individua i criteri utilizzabili per la quantificazione del pregiudizio causato dalla illegittima determinazione, assunta da un'amministrazione comunale, di sottrarre al confronto concorrenziale l'affidamento di un servizio, ledendo il gestore uscente sia nella sua posizione economica connessa all'erogazione del servizio, che nella sua potenziale aspettativa di vedersi aggiudicato nuovamente lo stesso all'esito dello svolgimento di una gara.

Il giudice adito, in primo luogo, esclude la possibilità di liquidare, a titolo di risarcimento dei danni, le somme di denaro sopportate dalla parte appellante per instaurare la lite di primo grado. Le spese di giudizio non rappresentano una posta di danno emergente in quanto la difesa in giudizio non costituisce di per sé un comportamento illecito e la relativa liquidazione degli importi è di esclusiva competenza del giudice del giudizio nell'ambito del quale le spese sono state sostenute.

Ciò premesso sulle spese di lite del primo grado, il giudice d'appello evidenzia come, non essendosi svolta alcuna gara, non è possibile effettuare una valutazione prognostica e virtuale sull'esito della stessa. In questi casi, infatti, quando ad un operatore è preclusa in radice la partecipazione ad una procedura competitiva, la sola situazione soggettiva tutelabile è la chance, e cioè l'astratta possibilità di un esito favorevole (vedasi: Cons. St., sez. V, 2 novembre 2011, n. 5837 e Cons. St., sez. V, 18 aprile 2012, n. 2256).

In situazioni analoghe (per esempio vedasi: T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 20 maggio 2003, n. 5868 e T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 4 luglio 2006, n. 859) talvolta si è ritenuto di utilizzare il criterio secondo il quale il quantum del risarcimento per equivalente vada determinato ipotizzando, in via di medie e di presunzioni, quale sarebbe stato il numero di partecipanti se vi fosse stata la gara (sulla base dei dati relativi a gare simili indette dal medesimo ente) e dividendo l'utile d'impresa (quantificato in via forfettaria) per il numero di partecipanti. Il quoziente ottenuto costituisce, in tale prospettiva, la misura del danno risarcibile.

Nel caso di specie, però, tale criterio è inutilizzabile a causa della mancata allegazione dei dati necessari per svolgere detti calcoli. Quindi, non resta altro che ricorrere alla logica equitativa per quantificare il pregiudizio patito, pregiudizio che va correlato all'impossibilità del danneggiato di continuare (quale gestore uscente) nell'erogazione del servizio. E ciò in quanto, in assenza di ogni elemento idoneo a prefigurare le ipotetiche condizioni di un eventuale confronto competitivo, la quantificazione del risarcimento deve comunque tenere conto che la condotta serbata dall'amministrazione si è, di fatto, risolta nella sottrazione di un utile che sarebbe stato conseguito dal gestore precedente in ragione della continuazione del rapporto in essere.

Appare pertanto congrua, al giudice d'appello, la quantificazione effettuata dal giudice di prime cure pari alla misura del 2% dell'importo erogato dall'amministrazione comunale al gestore uscente nell'ultimo triennio precedente al nuovo affidamento, trattandosi dello stesso servizio e di condizioni economiche sostanzialmente analoghe a quelle in precedenza applicate.

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