Contratti continuativi di cooperazione: ciò che rileva è la “direzione” delle prestazioni aggiuntive

Paola Martiello
04 Settembre 2019

Nei rapporti di collaborazione la prestazione è resa a favore dell'affidatario del servizio e non della Stazione Appaltante, sicché ciò che rileva è la “direzione delle prestazioni aggiuntive” e cioè di carattere complementare ed aggiuntivo, pur essendo in ogni modo necessarie per la corretta esecuzione della prestazione principale.

Abstract:. Nei rapporti di collaborazione la prestazione è resa a favore dell'affidatario del servizio e non della Stazione Appaltante, sicché ciò che rileva è la “direzione delle prestazioni aggiuntive” e cioè di carattere complementare ed aggiuntivo, pur essendo in ogni modo necessarie per la corretta esecuzione della prestazione principale.

Il caso. La questione posta all'attenzione del Collegio affronta il delicato ed attualissimo tema inerente la distinzione fra “subappalto” e “prestazioni rese in favore dei soggetti aggiudicatari”(cd. contratti continuativi di cooperazione).

In particolare il Tribunale è chiamato a valutare se, in una gara avente per la produzione dei pasti per il servizio di ristorazione, le prestazione di analisi chimiche e di sanificazione ambientale nelle cucine e negli ambienti similari, oggetto di appositi accordi quadri stipulato dall'appaltatrice in data antecedente alla procedura di gara, possano essere ricondotte nell'alveo del comma 3 lettera “c bis” dell'art. 105, D.lgs. 50/2016 (codice dei contratti pubblici) che esclude possano essere configurate quali subappalti talune categorie di forniture e servizi, fra le quali “le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell'appalto.

La soluzione. il Collegio ha rigettato il ricorso proposto dalla seconda classificata la quale denunciava l'illegittimità dell'aggiudicazione in quanto, a parere della stessa, la prima classificata, che in sede di gara aveva dichiarato di non volere ricorrere all'istituto del subappalto non avrebbe potuto eseguire talune prestazioni oggetto del contratto in quanto non rientranti nell'oggetto sociale dell'aggiudicataria.

Sul punto il Collegio ha in primo luogo ritenuto che i succitati accordi quadro stipulati dalla società aggiudicatrice possano essere ricondotti all'ipotesi del comma 3 lettera “c bis” dell'art. 105 sopra menzionato, per cui gli stessi non configurano un subappalto, secondo la definizione di quest'ultimo data dal codice dei contratti pubblici.

Infatti, a parere del Tribunale, poiché gli accordi erano stati entrambi sottoscritti prima dell'indizione della gara non può che trattarsi di prestazioni rese a favore dell'affidatario e non direttamente della Stazione Appaltante.

In tal casi, sottolinea il Collegio, l'appaltatore è comunque responsabile contrattualmente verso il committente di tutte le prestazioni, anche di quelle svolte dalle imprese cooperanti, trattandosi in ogni modo di prestazioni comprese nell'oggetto complessivo del contratto.

Tale conclusione, chiarisce il Tribunale, non si pone in contrasto con quanto sostenuto dal Consiglio di Stato, Sez., V, n. 7256/2018, sulla portata del comma 3 lettera “c bis” dell'art. 105, D.lgs. 50/2016.

In tale occasione, il giudice amministrativo d'appello, difatti, aveva evidenziato che nei rapporti di collaborazione la prestazione è resa a favore dell'affidatario del servizio e non della stazione appaltante, sicché ciò che rileva è la “direzione delle prestazioni aggiuntive”.

Nel caso di specie l'oggetto espresso dell'appalto è unicamente quello della produzione dei pasti per il servizio di ristorazione, sicché le prestazione di analisi chimiche e di disinfestazione – pur comprese nel complessivo oggetto del contratto – appaiono di carattere complementare ed aggiuntivo, pur essendo in ogni modo necessarie per la corretta esecuzione della prestazione principale.

Ancora sulla citata ipotesi del comma 3 lettera “c bis”, art. 105, il TAR, richiama anche una recente pronuncia del Consiglio di Stato (cfr. Consilgio di stato, Sez. III, 18 luglio 2019, n. 5068) nella quale il Collegio sostenendo un'interpretazione meno restrittiva della norma rispetto a quella data dalla V sezione del Consiglio di Stato, statuiva che: “il riferimento della disposizione alle “prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari” non assume valenza restrittiva (della portata applicativa della previsione), come avverrebbe se si ritenesse che esso implica la necessità che l'utilità della prestazione ridondi ad esclusivo vantaggio, in senso materiale, dell'impresa affidataria (piuttosto che dell'Amministrazione), ma allude alla direzione “giuridica” della prestazione, ovvero al fatto che l'unica relazione giuridicamente rilevante, anche agli effetti della connessa responsabilità, è quella esistente tra stazione appaltante e soggetto affidatario”.

In conclusione. Facendo applicazione dei suesposti principi, i contratti continuativi di cooperazione, a parere del Tribunale, comunque sono ammissibili per i tipi di prestazioni accessorie richiesti in appalto, sia che si aderisca alla tesi più restrittiva del Consiglio di Stato, sia a quella più estensiva.

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