Responsabilità per danni cagionati da un impianto: responsabilità ex art. 2051 c.c. del proprietario o responsabilità dell'installatore/manutentore?

09 Settembre 2019

La condotta colposa dell'installatore costituisce caso fortuito rilevante ex art. 2051 c.c. per escludere la responsabile del custode? Si tratta di condotta idonea ad inserirsi autonomamente nella serie causale di produzione del danno e liberare così da responsabilità il custode?
Massima

Nella responsabilità ex art. 2051 c.c. integra il caso fortuito la condotta (nella specie, cattiva installazione/manutenzione di impianto addolcitore di acqua) del soggetto tenuto contrattualmente alla manutenzione di un impianto, di cui ha mantenuto la custodia a causa della inaccessibilità dell'impianto stesso, in quanto nella concatenazione causale la causa efficiente è riferibile in via esclusiva alla ditta manutentrice, la cui condotta è imprevedibile ed inevitabile, non potendo il committente percepire o prevedere la situazione di pericolo.

Il caso

Un guasto all'impianto di depurazione dell'acqua provocava un ingente fuoriuscita di acqua in un'unità immobiliare, arrivando ad allagare anche l'unità immobiliare sottostante.

I proprietari dell'unità immobiliare danneggiata convenivano in giudizio ex art. 2051 c.c. la proprietaria dell'immobile da cui si è verificata la perdita d'acqua, chiedendo il risarcimento dei danni all'immobile, ai beni ivi costuditi, oltre i danni indiretti derivanti dall'interruzione dell'attività lavorativa con conseguente perdita di avviamento e di guadagno.

Nel costituirsi in giudizio la convenuta evidenziava che l'allagamento era stato provocato da un guasto all'impianto installato dalla ditta incaricata e, in particolare, dal distaccamento di un filtro. Dunque, evidenziava che il danno era imputabile al comportamento colposo ed imprevedibile della società installatrice e ne chiedeva la chiamata in giudizio.

In particolare, dall'ATP e dalla CTU emergeva che la rottura riguardava un pezzo facente parte dell'impianto installato.

La società chiamata in causa rimase contumace.

Il Tribunale accertò la responsabilità della terza chiamata, condannandola al risarcimento dei danni, esclusi quelli indiretti.

La Corte di Appello confermava la sentenza di primo grado, evidenziando che il vizio era afferente all'apparecchiatura fornita ed installata ed introduceva una serie causale autonoma nella produzione del danno, connotata da imprevedibilità.

Contro la sentenza di secondo grado veniva proposto ricorso per cassazione.

La questione

La questione riguarda l'attribuzione di responsabilità per danni in caso di vizio inerente un'apparecchiatura: è responsabilità il proprietario ex art. 2051 c.c.? Oppure è possibile attribuire la responsabilità al soggetto installatore?

In particolare, occorre specificare che la particolarità del caso di specie risiede nel fatto che la rottura del pezzo dell'impianto era stato accertato derivante da colpa della ditta installatrice e addetta alla manutenzione dell'impianto.

Ed allora, la domanda di fondo è la seguente: la condotta colposa dell'installatore costituisce caso fortuito rilevante ex art. 2051 c.c. per escludere la responsabile del custode?

Si tratta di condotta idonea ad inserirsi autonomamente nella serie causale di produzione del danno e liberare così da responsabilità il custode?

Le soluzioni giuridiche

Questione preliminare è la natura della responsabilità ex art. 2051 c.c. L'orientamento prevalente in giurisprudenza attribuisce natura oggettiva alla responsabilità ex art. 2051 c.c.: La responsabilità del custode disciplinata dall'art. 2051 c.c. costituisce una ipotesi di responsabilità oggettiva e non di colpa presunta. Il danneggiato, pertanto, per ottenere il risarcimento da parte del custode, deve dimostrare unicamente l'esistenza del danno e la sua derivazione causale dalla cosa. Al custode, per contro, per andare esente da responsabilità non sarà sufficiente provare la propria diligenza nella custodia, ma dovrà provare che il danno è derivato da caso fortuito (Cass. civ., sez. III, 25 luglio 2008, n. 20427; Cass. civ., sez. III, 19 febbraio 2008, n. 4279; Cass. civ., sez. III, 10 marzo 2005, n. 5326; Cass. civ., sez. III, 10 agosto 2004, n. 15429).

Come anticipato, la questione è se la condotta colposa dell'installatore costituisce causa fortuito rilevante ex art. 2051 c.c. per liberare da responsabilità il custode, con conseguente affermazione di esclusiva responsabilità risarcitoria in capo all'installatore.

Al riguardo si evidenzia una pluralità di profili:

1) innanzitutto, per giurisprudenza consolidata la regola generale è che il rapporto contrattuale di manutenzione non fa venire meno, di regola, la responsabilità ex art. 2051 c.c. del proprietario-committente (Cass.civ., sez. III, 13 giugno 2019, n. 15860 per il caso di responsabilità solidale del Comune con la società appaltatrice del servizio rifiuti per il mal posizionamento di un cassonetto; App. Roma, sez. IV, 7 marzo 2012, n. 1301, per il caso di contratto di appalto di lavori di ristrutturazione edilizia; con particolare riferimento alla responsabilità della P.A. ex art. 2051 c.c. nel caso di affidamento in appalto della manutenzione, Cass., civ., sez. II, 14 maggio 2018, n. 11671; Cass. civ., sez. III, 23 gennaio 2009, n. 1691; Cass. civ., sez. III, 6 luglio 2006, n. 15383; in termini generali, Cass. civ., sez. III, 19 gennaio 2017, n. 1279, profilandosi anche una culpa in eligendo).

Ad esempio, si era ritenuto che nel caso di appalto del servizio di manutenzione continuativa o periodica di cose, macchinari o impianti non si verifica il passaggio dei poteri di custodia e degli oneri di vigilanza (e della connessa responsabilità ex art. 2051 c.c.) a carico dell'appaltatore: quando il bene resti in potere del committente, come nel caso di manutenzione dell'impianto di ascensore da parte di impresa specializzata, in quanto l'impianto continua a restare nella sfera di disponibilità dei condomini, che ne conservano il godimento con carattere di continuità d'uso, sui condomini stessi ricadono gli oneri di custodia e vigilanza con relativa responsabilità (Cass. civ., sez. III, 21 luglio 1979, n. 4385).

2) tale regola generale trova, poi, specificazioni. Ove l'appalto non implichi il totale trasferimento all'appaltatore del potere di fatto sull'immobile nel quale deve essere eseguita l'opera appaltata, non viene meno per il committente e detentore del bene il dovere di custodia e vigilanza e, quindi, la responsabilità ex art. 2051 c.c., che, essendo di natura oggettiva, sorge in ragione della sussistenza del rapporto di custodia (Cass. civ., sez. II, 14 maggio 2018, n. 11671; Cass. civ., sez. III, 28 ottobre 2015, n. 21938; Cass. civ., sez. III, 19 dicembre 2014, n. 26900; Cass. civ., sez. III, 18 luglio 2011, n. 15734, per un caso di lavori idraulici all'interno di un immobile; Cass. civ., sez. III, 9 luglio 2009, n. 16126, per un caso di appalto avente ad oggetto la manutenzione di un mezzo meccanico; Cass. civ., sez. III, 23 ottobre 1985, n. 5199).

3) in particolare, poi, in tema di appalto si distingue tra i danni derivanti dall'attività dell'appaltatore e i danni derivanti dalla cosa oggetto dell'appalto: per i primi si applica l'art. 2043 c.c. e ne risponde di regola esclusivamente l'appaltatore (in quanto la sua autonomia impedisce l'applicazione dell'art. 2049 c.c. al committente), salvo che il danneggiato provi una concreta ingerenza del committente nell'attività stessa e/o la violazione di specifici obblighi di sorveglianza e controllo; per i secondi risponde anche il committente ex art. 2051 c.c., perché l'appalto e l'autonomia dell'appaltatore non escludono la permanenza della qualità di custode della cosa da parte del committente.

In quest'ultimo caso, poi, il committente, per essere esonerato da responsabilità, deve fornire la prova liberatoria richiesta dall'art. 2051 c.c., ovvero dimostrare che il danno si è verificato esclusivamente a causa del fatto dell'appaltatore, quale fatto del terzo che egli non poteva prevedere e/o impedire (Cass. civ., sez. III, 28 settembre 2018, n. 23442; Cass. civ., sez. I, 22 agosto 2018, n. 20941; Cass. civ., sez. II, 25 gennaio 2016, n. 1234; Cass. civ., sez. III, 8 giugno 2015, n. 11798).

4) ed ancora, in caso di appalto, la responsabilità ex art. 2051 c.c. è esclusa solo dal caso fortuito, il quale non attiene ad un comportamento del custode stesso, ma al profilo causale dell'evento, riconducibile non alla cosa, ma ad un elemento esterno, che può consistere anche nel fatto di un terzo. Nel caso di affidamento di lavori in appalto per escludere la responsabilità del custode-committente, non occorre verificare se questi sia incorso in una culpa in eligendo nell'individuazione dei professionisti e delle maestranze, bensì se l'esecuzione dei lavori commissionati a terzi presenti quei caratteri di eccezionalità, imprevedibilità e autonoma incidenza causale rispetto all'evento dannoso, tali da integrare il caso fortuito (App. Napoli, sez. IX, 21 febbraio 2018, n. 866; Cass. civ., sez. VI, 30 settembre 2014, n. 20619).

5) in altri casi (in specie affidamento in appalto della manutenzione di beni pubblici) si è guardato alla causa concreta (identificandosene la natura e la tipologia) del danno. Se, infatti, quest'ultimo è stato determinato da cause intrinseche alla cosa (come il vizio costruttivo o manutentivo), l'amministrazione ne risponde ai sensi dell'art. 2051 c.c.; per contro, ove l'amministrazione - sulla quale incombe il relativo onere - dimostri che il danno sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi (come ad esempio la perdita o l'abbandono sulla pubblica via di oggetti pericolosi), non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, essa è liberata dalla responsabilità per cose in custodia in relazione al cit. art. 2051 c.c. (Trib. Velletri, 6 giugno 2018, n. 1374; Cass. civ., sez. III, 6 giugno 2008, n. 15042).

La sentenza annotata fa applicazione di tali principî, confermando la motivazione della sentenza gravata:

  • è regola generale che il rapporto contrattuale di manutenzione non incide sulla posizione di custode e sulla responsabilità ex art. 2051 c.c., che rimane in capo al proprietario-committente;
  • la custodia consiste nel poter di fatto sulla cosa, intesa come potere di controllo sulla stessa e, quindi, capacità di eliminare i pericoli da essa derivanti;
  • con riguardo all'impianto di depurazione dell'acqua, non è possibile individuare un rapporto di custodia in capo al proprietario-committente, che è rimasto sempre nella custodia e nella manutenzione della ditta incaricata, anche a causa della inacessibilità dell'apparecchiatura;
  • il caso fortuito non è integrato dall'esistenza di vizi nell'impianto, ma da un elemento esterno, costituito dalla condotta della ditta incaricata della manutenzione (cattiva installazione/manutenzione dell'impianto), condotta che aveva dato un impulso causale autonomo all'evento dannoso;
  • tale condotta era imprevedibile ed inevitabile, non avendo la committente la possibilità di percepire o prevedere la situazione di pericolo;
  • sotto quest'ultimo aspetto in particolare, la non colpevole conoscenza da parte del committente delle specifiche tecniche dell'impianto non rileva al fine di escludere l'elemento soggettivo (violazione del dovere di vigilanza) estraneo alla norma di cui all'art. 2051 c.c., ma per accertare la sussistenza del caso fortuito, inteso come fatto del terzo intervenuto nel processo causale con efficienza esclusiva.
Osservazioni

Apparentemente la sentenza sembra discostarsi da quel principio consolidato secondo cui l'affidamento in manutenzione della cosa non libera il proprietario dall'eventuale responsabilità ex art. 2051 c.c.

In realtà, come visto, la questione è più articolata e la sentenza riconosce la correttezza della motivazione impugnata, che si era adeguata proprio ai canoni giurisprudenziali in materia.

Infatti, in estrema sintesi sono due gli elementi valorizzati: il fatto del terzo e il concetto di custodia.

Partiamo da quest'ultimo.

Il concetto di custodia ex art. 2051 c.c. è inteso in senso assai ampio dalla giurisprudenza: non è limitato al concetto di derivazione contrattuale o alle figure del proprietario, dell'usufruttuario, del possessore o del detentore, bensì

si

guarda all'effettivo potere materiale sulla cosa, quale sussistenza di un rapporto tra il soggetto e la cosa tale da consentire il potere di controllarla e di eliminare le situazioni di pericolo (Cass. civ., sez. III, 20 luglio 2016, n. 15761), rilevando la disponibilità della cosa e i poteri di effettivo controllo sulla medesima (Cass. civ., sez. III, 27 giugno 2016, m. 13222; Cass. civ., sez. III, 20 gennaio 1981, n. 481).

Come visto, la sentenza evidenzia che la custodia consiste nel poter di fatto sulla cosa, intesa come potere di controllo sulla stessa e, quindi, capacità di eliminare i pericoli da essa derivanti

Il fondamento della responsabilità ex art. 2051 c.c. viene ravvisato nel rischio che grava sul custode, ossia nella necessità di addossare le conseguenze dannose in capo a chi sia concretamente in grado di controllare i rischi derivanti a prescindere dal titolo giuridico su cui si basa tale controllo (ZATTI P. – COLUSSI V., Lineamenti di diritto privato, Padova, 2017, 673; Carusi D., Forme di responsabilità e danno, in Dir. civ., diretto da Lipari e Rescigno, IV, Attuazione e tutela dei diritti, III, La responsabilità e il danno, Milano, 2009, 478).

In passato, si evidenziava la funzione sanzionatoria della norma e si riteneva costituisse una forma di responsabilità per colpa, sia pure aggravata, per omissione di adeguata custodia. Sul custode, in quanto esercitante il potere di controllo e governo sulla cosa con un particolare obbligo di vigilanza, gravava una presunzione iuris tantum di responsabilità. Coerentemente, si osservava che l'art. 2051 c.c. tutela, da una parte, l'interesse della collettività, dall'altra, il danneggiato stesso, in quanto l'inversione dell'onere della prova lo agevola, essendo difficile dimostrare l'imputabilità del fatto al custode medesimo, il quale, invece, avrebbe una maggior facilità di accertare la causa del danno, avendo appunto la potestà sulla cosa.

Tuttavia, si deve evidenziare che, quantunque si configuri un obbligo di sorveglianza, il custode si libera non provando la propria diligenza, bensì il caso fortuito.

Pertanto, l'odierna opinione prevalente preferisce parlare di responsabilità oggettiva, valorizzando la funzione riparatoria e non più sanzionatoria.

Tornando alla questione, abbiamo visto, però, che l'affidamento a terzi della manutenzione non fa venire meno l'eventuale responsabilità ex art. 2051 c.c. in capo al proprietario.

Apparentemente, quindi, la soluzione giuridica sarebbe dovuta essere ben diversa.

Occorre rilevare che il principio generale appena ricordato non può essere inteso (e non è inteso) in senso assoluto. A contrario, tale principio non consente di escludere ex se l'esistenza di un obbligo di custodia, ma non significa affatto che il committente sarà sempre e comunque responsabile ex art. 2051 c.c.

Ed ecco, allora, che nell'economia della decisione assume rilevanza il fatto del terzo e il concetto di custodia.

Pur trattandosidi responsabilità oggettiva, si valorizza l'obbligo di sorveglianza, al fine di indagare non certo la diligenza del custode, ma la ricorrenza di fatti estranei idonei ad interrompere autonomamente il nesso eziologico.

In questo senso il custode deve dimostrare di avere assolto al proprio dovere di vigilanza, al fine, però si badi bene, non di escluderne la colpa, ma per indagare che sia intervenuto un fattore esterno integrante il caso fortuito idoneo a interrompere da sé il nesso di causa.

Più precisamente, il concetto di caso fortuito viene inteso come specifico fatto idoneo a determinare autonomamente il danno.

Vi viene ricompreso anche il fatto del terzo, che abbia avuto efficacia causale esclusiva nella produzione dell'evento dannoso, con i caratteri della imprevedibilità ed inevitabilità.

Così è stato nel caso affrontato dalla sentenza:

  • il rapporto contrattuale di manutenzione non comporta che automaticamente il proprietario sia esente da responsabilità ex art. 2051 c.c.;
  • la custodia consiste nel poter di fatto sulla cosa, intesa come potere di controllo sulla stessa e, quindi, capacità di eliminare i pericoli da essa derivanti;
  • nel caso concreto, l'impianto di depurazione dell'acqua era rimasto sempre nella disponibilità della ditta installatrice a causa della inaccessibilità dell'apparecchiatura. Sul punto, invero, la sentenza della Suprema Corte, che riporta, confermandolo, il pensiero argomentativo della sentenza gravata, non è chiara, perché sembra escludere in radice il rapporto di custodia, salvo poi valorizzare gli elementi integranti il caso fortuito. Probabilmente, il concetto di potere di controllo sulla cosa, con riguardo alla specifica complessità dell'impianto, è stato usato non tanto per escludere il rapporto di custodia, quanto per valorizzare il fatto del terzo come autonomo ed esclusivo dato causale, non percepibile del committente proprio per la complessità e l'inaccessibilità dell'impianto.
  • infatti, il caso fortuito non è integrato dall'esistenza di vizi nell'impianto, ma da un elemento esterno, costituito dalla condotta della ditta incaricata della manutenzione (cattiva installazione/manutenzione dell'impianto), che aveva dato un impulso causale autonomo all'evento dannoso;
  • tale condotta era, appunto, imprevedibile ed inevitabile, non avendo la committente la possibilità di percepire o prevedere la situazione di pericolo. Sotto quest'ultimo aspetto in particolare, la non colpevole conoscenza da parte del committente delle specifiche tecniche dell'impianto non rileva al fine di escludere l'elemento soggettivo (violazione del dovere di vigilanza) estraneo alla norma di cui all'art. 2051 c.c., ma per accertare la sussistenza del caso fortuito, inteso come fatto del terzo intervenuto nel processo causale con efficienza esclusiva.

Pertanto, la sentenza risulta conforme ai principî generali in materia di responsabilità da cose in custodia, sopra richiamati.

Anche se la causa del danno non è stato, in sé, un vizio dell'impianto (ovvero la cosa), ma un fatto esterno (ovvero la cattiva installazione/manutenzione da parte della ditta incaricata), come sopra ricordato, in tema di appalto si distingue tra i danni derivanti dall'attività dell'appaltatore e i danni derivanti dalla cosa oggetto dell'appalto.

Per i primi si applica l'art. 2043 c.c. e ne risponde di regola esclusivamente l'appaltatore (in quanto la sua autonomia impedisce l'applicazione dell'art. 2049 c.c. al committente), salvo che il danneggiato provi una concreta ingerenza del committente nell'attività stessa e/o la violazione di specifici obblighi di sorveglianza e controllo.

Per i secondi risponde anche il committente ex art. 2051 c.c., perché l'appalto e l'autonomia dell'appaltatore non escludono la permanenza della qualità di custode della cosa da parte del committente. In quest'ultimo caso, tuttavia, il committente, per essere esonerato da responsabilità, deve fornire la prova liberatoria richiesta dall'art. 2051 c.c., ovvero dimostrare che il danno si è verificato esclusivamente a causa del fatto dell'appaltatore, quale fatto del terzo che egli non poteva prevedere e/o impedire (Cass. civ., sez. III, 28 settembre 2018, n. 23442; Cass. civ., sez. I, 22 agosto 2018, n. 20941; Cass. civ., sez. II, 25 gennaio 2016, n. 1234; Cass. civ., sez. III, 08 giugno 2015, n. 11798).

Nel caso di specie è stato determinante anche la circostanza che il fatto del terzo è stato un autonomo ed esclusivo dato causale, non percepibile del committente per la complessità e l'inaccessibilità dell'impianto, oltre che imprevedibile ed inevitabile.

Guida all'approfondimento

ALPA G. – BESSONE M. – ZENO-ZENCOVICH V., I fatti illeciti, in Tratt dir. priv., dir. da Rescigno, 14, Utet, 2004

APICELLA D., Responsabilità da cose in custodia, in Trattato della responsabilità civile, diretto da Stanzione, II, Padova, 2012

BIANCA C.M., Qualche spunto critico sugli attuali orientamenti (o disorientamenti) in tema di responsabilità oggettiva e di danni da cose, in Giust. civ., 2010, 19

CARUSI D., Forme di responsabilità e danno, in Diritto civile, diretto da Lipari e Rescigno, IV, Attuazione e tutela dei diritti, III, La responsabilità e il danno, Giuffrè, 2009

FRANZONI M., La responsabilità oggettiva, Padova, 1995

MORANO CINQUE E., La responsabilità per danni da cose in custodia ed il concorso di colpa del danneggiato: un dibattito non sopito, in Giur. merito, 2012, 2294

SALVI C., voce La responsabilità extracontrattuale (dir. vig.), in Enc. dir., XXXIX, Giuffrè, 1988

SPALLAROSSA M. R., Danno cagionato da cose in custodia, in Giur. sist. dir. civ. e comm., fondata da Bigiavi, La responsabilità civile, II, t. 2, Torino, 1987

TRIMARCHI P., Rischio e responsabilità oggettiva, Giuffrè, 1961

VISINTINI G., Trattato breve delle responsabilità civile, Padova, 1996

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