È possibile il rimborso del mantenimento elargito all'ex moglie per gli anni in cui ha convissuto segretamente con l'amante?
17 Settembre 2019
È possibile richiedere il rimborso del mantenimento elargito alla moglie sin da quando questa ha convissuto stabilmente con il proprio compagno nascondendo la convivenza all'ex marito, che per anni ha versato il mantenimento?
Si premette che è principio ormai consolidato quello per cui in tema di separazione personale dei coniugi, la convivenza stabile e continuativa, intrapresa con altra persona, è suscettibile di comportare la cessazione o l'interruzione dell'obbligo di corresponsione di mantenimento che grava sull'altro, dovendosi presumere che le disponibilità economiche di ciascuno dei conviventi more uxorio siano messe in comune nell'interesse del nuovo nucleo familiare, restando salva, comunque, la facoltà del coniuge percipiente l'assegno di provare che la convivenza di fatto non influisce in melius sulle proprie condizioni economiche e che i propri redditi rimangano inadeguati. La corte di Cassazione ha chiarito, infatti, che la convivenza more uxorio, se connotata da progettualità e stabilità, rescinde ogni legame col pregresso tenore di vita matrimoniale così da far venire meno, in maniera definitiva, ogni diritto all'assegno a carico del coniuge separato o divorziato (Cass. civ., 11 agosto 2011, n. 17195; Cass. civ., sez. I, 3 aprile 2015, n. 6855; Cass. civ., sez. I, 18 novembre 2013, n. 25845; Cass. civ., sez. I, 19 dicembre 2018, n. 32871) Quanto, invece, alla possibilità da parte dell'obbligato al mantenimento di ottenere la restituzione delle somme versate e non più dovute a far data dall'intervento delle circostanze sopravvenute (nel caso di specie la convivenza more uxorio stabile e sottaciuta all'ex marito) che giustificano la cessazione dell'obbligo economico la giurisprudenza è sempre stata univoca sul punto. Secondo l'orientamento dominante le somme versate a titolo di mantenimento nei confronti del coniuge economicamente più debole non sono ripetibili operando la presunzione che siano state consumate proprio per il sostentamento del medesimo (v. in questo senso anche Cass. civ., sez. I, 23 aprile 1998, n.4198; Cass. civ., sez. I, 10 dicembre 2008, n. 28987, Cass. civ., sez.I, 20 marzo 2009, n. 6864; Cass. civ., sez.I, 16 ottobre 2013, n. 23441; Cass. civ., sez. I, 4 dicembre 2012, n. 21675; Cass. civ., sez. VI, 20 luglio 2015, n. 15186). Lo stesso principio varrebbe per l'assegno divorzile allorché sia destinato nei fatti a soddisfare, per la sua non elevata entità, esigenze di carattere alimentare (Cfr. Cass. civ., sez. I, 9 settembre 2002, n. 13060). In altre parole, è inammissibile la richiesta di restituzione in quanto si considera che l'assegno sia stato versato per essere speso e non si può certo pretendere, quindi, che chi lo ha ricevuto lo abbia accantonato in tutto o in parte. (Cass. civ. sez. VI, 16 novembre 2015, n. 23409). Tuttavia, vi sono state anche pronunce di segno contrario, che hanno ribadito che il contributo versato al coniuge, quando sia di elevata entità, debba essere restituito per la parte eccedente la "quota alimentare". (Cfr. Cass. civ. sez. I, 28 gennaio 2009, n. 2182). In sostanza non dovrà essere restituita solo quella parte degli assegni che è servita al soddisfacimento delle esigenze basilari di vita. Il Giudice dovrà fare una verifica puntuale della singola situazione concreta tento conto soprattutto dell'entità dell'importo di cui si chiede la restituzione. È pacifico, comunque, che l'irripetibilità è sempre garantita quando la misura dell'assegno è di modesta entità operando la presunzione che le somme percepite siano state consumate per fini di sostentamento personale.
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