Il principio di equivalenza e onere della prova negli appalti di forniture

Giusj Simone
20 Settembre 2019

L'operatore economico che intende avvalersi della clausola di equivalenza ha l'onere di dimostrare l'equipollenza funzionale tra i prodotti, non potendo pretendere che di tale accertamento si faccia carico la stazione appaltante, la quale è vincolata alla regola per cui le caratteristiche tecniche previste nel capitolato di appalto valgono a qualificare i beni oggetto di fornitura e concorrono, dunque, a definire il contenuto della prestazione sulla quale deve perfezionarsi l'accordo contrattuale.

Il caso. Il TAR meneghino è chiamato a pronunciarsi sulla legittimità dell'esclusione da appalto specifico (suddiviso in più lotti), indetto ai sensi dell'art. 55 del D.lgs. n. 50/2016 per la fornitura di medicazioni generali a favore di enti del servizio sanitario regionale,disposta a carico di un concorrente per aver offerto prodotti carenti di un requisito essenziale.

Avverso la disposta esclusione – da due dei tre lotti cui aveva partecipato – ricorre il concorrente escluso lamentando la mancata applicazione del principio di equivalenza di cui all'art. 68, comma 8, del D.lgs. n. 50/2016, peraltro richiamato dal capitolato tecnico, in ragione del quale i prodotti offerti, pur in assenza del requisito stabilito dalla lex di gara, garantirebbero comunque le medesime prestazioni e, pertanto, avrebbero dovuto essere valutati idonei.

La giurisprudenza sul principio di equivalenza (introdotto dal legislatore prima nell'art. 68 del D.lgs. n. 163/2006, ora nell'art. 68 del D.lgs. n. 50/2016). Ove le offerte devono recare per la loro idoneità elementi corrispondenti a specifiche tecniche, è sufficiente che vi sia una conformità sostanziale e non formale con le specifiche tecniche. Spetta ai concorrenti che intendono avvalersi della clausola di equivalenza l'onere di dimostrare l'equipollenza funzionale tra i prodotti, non potendo pretendere che di tale accertamento si faccia carico la stazione appaltante. Il giudizio di equivalenza sulle specifiche tecniche dei prodotti offerti in gara, legato non a formalistici riscontri ma a criteri di conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte, costituisce pacificamente legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte della stazione appaltante e, pertanto, il relativo sindacato giurisdizionale deve attestarsi su riscontrati, e prima ancora dimostrati, vizi di manifesta erroneità o di evidente illogicità del giudizio stesso (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. III, 28 giugno 2019, n. 4459); Id. 3 agosto 2018, n. 4809; TAR Lazio, Sez. III, 3 dicembre 2018, n. 11727).

La sentenza. L'adito TAR, pertanto, muovendo dalla normativa e dal pacifico orientamento giurisprudenziale, rilevata la legittimità della richiesta della Stazione appaltante di prodotti con caratteristiche aggiuntive rispetto a quelle ordinariamente richieste per prodotti similari, dovendosi presumere – fino a prova contraria – che le prescritte ulteriori proprietà elevino lo standard prestazionale ai fini di un migliore soddisfacimento dell'interesse pubblico perseguito, mentre spetta all'offerente dimostrare, pur a fronte della più alta soglia imposta, l'equivalenza sostanziale/funzionale del diverso prodotto offerto e poi, in caso di giudizio negativo della Stazione appaltante, argomentatamente denunciare in sede giurisdizionale l'erroneità della determinazione amministrativa sfavorevole, e che nel caso di specie non risulta superata la presunzione di rilevanza sostanziale/funzionale della caratteristica tecnica prevista dalla legge di gara, non avendo la società ricorrente fornito alcun principio di prova circa l'asserita equivalenza tra i prodotti offerti e quelli richiesti dalla Stazione appaltante, né indicazioni utili a comprovare la pretesa inidoneità del requisito tecnico richiesto - e di cui la ricorrente medesima è carente - a garantire migliori prestazioni, ha ritenuto legittima l'esclusione di cui è causa e disposto, per l'effetto, il rigetto del ricorso.

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