Procedimento di divorzio pendente e domanda di trasferimento della residenza

Paola Silvia Colombo
20 Settembre 2019

In corso di giudizio di divorzio, è ammissibile la domanda della madre dei figli minori di richiesta di consenso dell'altro genitore per il trasferimento della residenza privilegiata degli stessi per motivi di lavoro?

In corso di giudizio di divorzio, è ammissibile la domanda della madre dei figli minori di richiesta di consenso dell'altro genitore per il trasferimento della residenza privilegiata degli stessi per motivi di lavoro?

La domanda è ammissibile e dovrà essere proposta con la forma del ricorso ex art. 709-ter c.p.c..

Il procedimento disciplinato dall'art. 709 ter, infatti, è funzionale ad assicurare il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento o la corretta attuazione o esecuzione dei preesistenti provvedimenti emessi in materia di esercizio della responsabilità dei genitori o di affidamento della prole minore.

Seguendo le indicazioni emergenti dalla giurisprudenza, il presupposto applicativo dell'articolo in commento è l'esistenza di un qualsiasi provvedimento - relativo all'esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità dell'affidamento, indipendentemente dall'eventuale carattere sommario, cautelare o provvisorio del provvedimento medesimo – (sul punto cfr. Tribunale di Bologna 19 giugno 2007 e Tribunale Napoli 11 marzo 2008) nonché di un procedimento in corso (come nel caso in esame).

Posto dunque che, nel caso di specie, è pendente il giudizio di divorzio ed esiste un provvedimento disciplinante la modalità di affidamento, ritengo che la domanda del genitore al fine di ottenere il trasferimento debba essere introdotta, appunto, nella forma prevista dall'art. 709-ter c.p.c..

Il ricorso ex art. 709-ter sarà funzionale a ottenere da parte del Giudice l'autorizzazione al trasferimento. Infatti, con il deposito del ricorso, si instaura un sub procedimento di competenza del giudice del merito nel quale vi sarà un contraddittorio e la controparte dovrà specificare e motivare le ragioni del suo dissenso.

La richiesta di trasferimento della residenza del minore dovrà, dunque, essere adeguatamente motivata e dovrà sempre tenere conto dell'interesse dei minori. Non potrà essere giustificata solo da motivi lavorativi pur riconoscendosi che il trasferimento, giustificato da ragioni lavorative, costituisce espressione dei diritti fondamentali della persona (Cass. civ. n. 18087/2016).

Il Giudice sarà dunque tenuto a stabilire se tale soluzione sia opportuna per i minori ovvero se sia nel loro interesse mantenere la residenza abituale.

Il Tribunale di Milano a questo proposito, con l'ordinanza del 12 agosto 2014, ha individuato e applicato otto criteri che dovrebbero sussistere ed essere valutati dal Giudice nello statuire sulla domanda di trasferimento della residenza.

Un primo criterio attiene all'analisi “delle motivazioni del trasferimento del genitore prevalentemente collocatario che deve avere ‘sostanziali' ragioni per trasferirsi altrove non determinate (solamente) da più remunerative chance lavorative ovvero da un mero ‘cambio di ambiente sociale' che offra (all'adulto e solo all'adulto) una più generale sicurezza rispetto a quella offerta dall'ambiente in cui ha convissuto con la prole fino al momento della richiesta”.

Il secondo aspetto da valutare secondo i Giudici riguarda, invece,“i tempi e le modalità di frequentazione tra il figlio/a ed il genitore non collocatario che il genitore, che intende trasferirsi, ritiene di poter garantire e che devono presentare profili di realistica fattibilità, che non costringano il genitore a stravolgere le proprie abitudini di vita ovvero ad affrontare sforzi economici insostenibili ovvero del tutto sproporzionati ai propri redditi”.

Il terzo criterio è stato individuato nella “manifestata disponibilità del genitore non collocatario di trasferirsi per consentire di mantenere la propria funzione genitoriale”.

Il quarto criterio riguarda, invece, “la necessità di verificare come e con quali modalità siano salvaguardate e garantite le relazioni del minore con le altre figure chiave della propria esistenza, che, in rapporto di parentela con il genitore non collocatario, ne definiscano la sua identità familiare\parentale e ne preservino la riconoscibilità (e la necessaria memoria) delle proprie origini geografiche, sociali e culturali (cfr. art. 337-ter comma 1 c.c.)”.

Il quinto criterio invece si riferisce alla valutazione degli “effetti del trasferimento sulla stabilità ambientale, emotiva, psicologica, di relazione del minore risultando rilevante la verifica se la dislocazione possa essere definitiva ovvero temporanea” mentre il sesto criterio richiama all'analisi “le caratteristiche dell'ambiente sociale e familiare in cui il genitore collocatario intende trasferirsi rispetto a quelle attuali”.

Infine va considerata l'età dei figli e la volontà del minore di volersi trasferire: per il Tribunale di Milano “maggiore sarà l'età e con essa maggiore il grado di maturazione e di sviluppo psicofisico del minore, maggiore rilevanza avranno, nella decisione giudiziale, il suo parere ed i suoi desideri.”

Non è sufficiente, quindi, fondare la richiesta di trasferimento su mere ragioni lavorative e/o remunerative a meno che, ad esempio, il genitore che intenda trasferirsi non sia l'unico a provvedere al mantenimento dei figli. In questo caso, ritengo che la richiesta di trasferimento risulterebbe legittimamente e oggettivamente motivata dalla possibilità di accettare una proposta di lavoro magari più remunerativa finalizzata a un miglioramento delle condizioni economiche della famiglia ovvero del minore stesso.

Pertanto, più la domanda sarà giustificata maggiori saranno le possibilità di accoglimento, proprio perché il Giudice dovrà considerare l'interesse del minore e l'impatto che l'eventuale trasferimento potrà avere sulla sua vita e sul suo sviluppo psico-fisico.

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