È diffamatorio inviare un esposto offensivo al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati?

Lucia Randazzo
02 Ottobre 2019

È diffamatorio inviare un esposto offensivo al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati? Secondo l'ultimo arresto giurisprudenziale della Sezione quinta della Suprema Corte (Cass. pen., Sez. V, 6 luglio 2018, n. 39486): «l'invio di una missiva o di un esposto gratuitamente offensivo al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati integra gli estremi del reato di diffamazione...

È diffamatorio inviare un esposto offensivo al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati?

Secondo l'ultimo arresto giurisprudenziale della Sezione quinta della Suprema Corte (Cass. pen., Sez. V, 6 luglio 2018, n. 39486): «l'invio di una missiva o di un esposto gratuitamente offensivo al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati integra gli estremi del reato di diffamazione: sussiste, infatti, il requisito della comunicazione con più persone atteso che il Consiglio è un organo collegiale».

La Corte ha ritenuto, inoltre, di precisare che l'esimente prevista dall'art.598 c.p. (rubricato Non punibilità delle offese contenute in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie e amministrative) non possa in questo caso trovare applicazione in quanto l'autore dell'esposto non è parte nel successivo giudizio disciplinare e la suddetta esimente riguarda gli scritti difensivi in senso stretto, con esclusione di esposti e denunce.

Quanto all'argomentazione del ricorrente in ordine alla circostanza che l'esposto fosse diretto al Consiglio dell'ordine e non a più persone la Corte ha evidenziato che il Consiglio dell'Ordine professionale è un organo collettivo composto da più persone e dunque «il requisito della pluralità dei destinatari è intrinsecamente soddisfatto dal solo fatto che la missiva sia stata rivolta a tale organo, di per sé idoneo a raggiungere la sfera di conoscenza di tutti i suoi componenti» (si veda ì, inoltre, in tal senso Cass. pen. sez. V, 14 dicembre 2018, n. 6114 «Una lettera denigratoria inviata al Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati può integrare l'ipotesi di diffamazione. Il requisito della comunicazione a più persone, necessario per integrare il reato di diffamazione, sussiste nel caso di una lettera denigratoria inviata al Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati. Siffatta comunicazione dà infatti origine ad un procedimento che, per legge, deve essere portato a conoscenza di più persone»).

Sebbene la Corte abbia più volte affermato che non integra il delitto di diffamazione l'invio un esposto al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati nel quale siano contenuti dubbi e perplessità sulla correttezza professionale di un avvocato, in quanto ricorre la causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p. dell'esercizio del diritto di critica “preordinato ad ottenere il controllo di eventuali violazioni delle regole deontologiche, per il quale valgono i limiti ad esso connaturati - occorrendo, in primo luogo, che le accuse abbiano un fondamento o, almeno, che l'accusatore sia fermamente e incolpevolmente (ancorché erroneamente) convinto di quanto afferma (Cass. pen., Sez. V, n. 42576 del 20 luglio 2016, Crimaldi, Rv. 268044; Cass. pen., Sez. V, n. 28081 del 15 aprile 2011, Taranto, Rv. 250406; Cass. pen., Sez. V, n. 33994 del 5 luglio 2010, Cernoia, Rv. 248422)”.

La suddetta causa di giustificazione dell'esercizio del diritto di critica costituzionalmente tutelato dall'art. 21 è stata ritenuta prevalente rispetto al bene della dignità personale, seppur tutelato dalla Costituzione agli artt. 2 e 3, considerato che senza la libertà di espressione e di critica la dialettica democratica non può realizzarsi (Sez. 5, n. 13549 del 20/02/2008, Pavone, Rv. 239825, sempre in tema di esposto di carattere disciplinare).

La causa di giustificazione dell'esercizio di un diritto non può essere applicata nel caso dell'invio di una missiva gratuitamente denigratoria ad un Ordine professionale: «sussiste, infatti, in tal caso il requisito della comunicazione con più persone, considerato che la destinazione alla divulgazione può trovare il suo fondamento oltre che nella esplicita volontà del mittente-autore, anche nella natura stessa della comunicazione, in quanto propulsiva di un determinato procedimento (giudiziario, amministrativo, disciplinare) che deve essere portato a conoscenza di altre persone, diverse dall'immediato destinatario, sempre che l'autore della missiva prevedesse o volesse la circostanza che il contenuto relativo sarebbe stato reso noto a terzi; nè in tal caso può ricorrere l'esimente del diritto di critica, che sussiste solo allorché i fatti esposti siano veri o quanto meno l'accusatore sia fermamente e incolpevolmente, ancorché erroneamente, convinto della loro veridicità. (Sez. 5, n. 26560 del 29/04/2014, Rv. 260229)»

Il soggetto che presenta un esposto al Consiglio dell'Ordine richiede il controllo del rispetto di regole deontologiche da parte del professionista ma non è legittimato dalla tutela di una sua specifica posizione soggettiva, non è contraddittore in seno al procedimento, non riceve notizia dei provvedimenti emessi nei confronti del difensore e non ha diritto di impugnare i provvedimenti oltre a non avere diritto a ricevere notizie in ordine allo stato del procedimento.

«Non è quindi la natura del procedimento, meramente amministrativo, che preclude l'applicabilità della causa di non punibilità dell'art.598 cod.pen. all'autore dell'esposto, ma la sua veste soggettiva: ben potrebbe invece invocare l'esimente il professionista sottoposto a procedimento disciplinare, che è parte interessata e contraddittore a pieno titolo»

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