È costituzionalmente legittimo escludere la mandataria di un RTI che si trova in concordato preventivo con continuità aziendale?

Paola Martiello
09 Ottobre 2019

La questione affrontata dalla sentenza in commento attiene alla legittimità costituzionale dell'art. 186-bis, comma 6, R.d. 16 marzo 1942, n. 267, nella parte in cui prevede che “fermo quanto previsto dal comma precedente, l'impresa in concordato può concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purché non rivesta la qualità di mandataria e sempre che le altre imprese aderenti al raggruppamento non siano assoggettate ad una procedura concorsuale”.
Massima

È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 186–bis, comma 6, del R.d. 16 marzo 1942, n. 267, in riferimento agli articoli 3, 41 e 97, della Costituzione, nella parte in cui prevede un divieto assoluto nei confronti dell'impresa in concordato preventivo con continuità aziendale a partecipare a procedure di affidamento di contratti pubblici quando nell'ambito di raggruppamenti temporanei di imprese la stessa assuma la qualità di mandataria.

Il caso

La controversia posta all'attenzione del Collegio trae origine dal ricorso presentato davanti al Tar Toscana dalla seconda classificata, la quale censura la mancata esclusione dalla gara di un raggruppamento temporaneo d'imprese, la cui mandataria si trova in concordato preventivo con continuità aziendale omologato dal competente Tribunale.

La ricorrente deduce la violazione dell'art. 186-bis, comma 6, R.D. 16 marzo 1942, n. 167 per la parte in cui prevede la possibilità per l'operatore economico in concordato preventivo con continuità, di partecipare alle gare purché privo della qualifica di mandatario del raggruppamento temporaneo di imprese.

Sul punto il Tar Toscana (cfr. sent. 2 aprile 2019, n. 491) , ravvisando l'esistenza di un contrasto tra l'art. 80, comma 5, lett. b) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (codice dei contratti pubblici) e l'art. 186–bis, comma 6, della legge fallimentare rigettava il ricorso . A sostegno di tale decisione il giudice di prime cure rilevava la differenza tra quanto previsto dal Codice dei Contratti pubblici, relativamente all'esclusione dalla partecipazione alle procedure di gara delle imprese che si trovano in stato di concordato preventivo, ( facendo salvo il caso di concordato con continuità aziendale e “fermo restando quanto previsto dall'art. 110” del medesimo codice) e la disposizione contenuta nella legge fallimentare, invece estensiva dell'esclusione dalla partecipazione alle procedure di gara anche alle imprese in stato di concordato preventivo con continuità aziendale che rivestano la posizione di mandataria all'interno del raggruppamento temporaneo di imprese . Tale conflitto, osservava il Collegio, era in realtà risolto dalla applicazione del criterio cronologico e, dunque, dall'avvenuta abrogazione implicita della norma di divieto posta dall'art. 186 – bis, comma 6, legge fallimentare (ed ivi inserita dal d.l. 23 giugno 2012, n. 83 conv. in l. 7 agosto 2012, n. 134), per opera del sopravvenuto art. 80, comma 5, lett. b), del codice contratti pubblici. Quest'ultimo, nel disciplinare integralmente la materia delle cause di esclusione in senso innovativo, non ha fatto più alcun riferimento alla posizione che assume l'impresa in concordato preventivo con continuità, con cio' escludendo ogni rilievo a tale condizione .

Avverso tale decisione veniva proposto appello davanti al Consiglio di Stato.

La questione

La questione affrontata dalla sentenza in commento attiene alla legittimità costituzionale dell'art. 186-bis, comma 6, R.d. 16 marzo 1942, n. 267, nella parte in cui prevede che “fermo quanto previsto dal comma precedente, l'impresa in concordato può concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purché non rivesta la qualità di mandataria e sempre che le altre imprese aderenti al raggruppamento non siano assoggettate ad una procedura concorsuale”.

I dubbi di legittimità costituzionale si appuntano sul fatto che tale disposizione pone un divieto assoluto nei confronti dell'impresa in concordato preventivo con continuità aziendale a partecipare a procedure di affidamento di contratti pubblici quando nell'ambito di raggruppamenti temporanei di imprese la stessa assuma la qualità di mandataria, mentre l'art. 80 comma 5, lett. b). prevede che è escluso l'operatore economico che «si trovi in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo», con una deroga per l'operatore che sia in stato di concordato con continuità aziendale.

Le soluzioni giuridiche

il Supremo Consesso – sconfessando la decisione assunta dal Tar toscano, ha ritenuto non implicitamente abrogato l'art. 186-bis, comma 6, Legge fallimentare a seguito dell'entrata in vigore dell'art. art. 80, comma 5 lett b) , valutandolo, al contrario, ancora vigente e rilevando la possibile interpretazione combinata delle due disposizioni.

Ed invero, l'art. 80, comma 5, lett. b) del codice dei contratti pubblici, - sottolinea il Consiglio- nel disciplinare i motivi di esclusione degli operatori economici dalle procedure di gara, stabilisce la regola generale per la quale è escluso l'operatore economico che «si trovi in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo», fissando, poi, la deroga: non è escluso l'operatore che sia in stato di concordato con continuità aziendale. Invece, l'art. 186-bis, comma 6, della legge fallimentare disciplina lo specifico caso dell'operatore economico che, in stato di concordato con continuità aziendale, che intenda partecipare ad una procedura di gara per l'affidamento di commesse pubbliche, nella forma del raggruppamento temporaneo di imprese.

A parere del Collegio, la regola posta dal Legislatore è che la partecipazione è consentita ma a due condizioni: a) che, nel raggruppamento temporaneo, non rivesta il ruolo di impresa mandataria e b) che, nel caso in cui rivesta il ruolo di mandante, le altre imprese (evidentemente mandanti) aderenti al raggruppamento non siano assoggettate ad altra procedura concorsuale.

Il rapporto tra l'art. 80, comma 5, lett. b) del codice dei contratti pubblici e l'art. 186 – bis, comma 6, della legge fallimentare è, osserva il Collegio, un rapporto di specialità, il quale, presuppone la contemporanea vigenza delle due disposizioni.

Il Collegio non condivide neanche la tesi del ri-acquisto della piena capacità contrattuale dell'operatore economico a seguito alla pronuncia di omologazione del concordato che avrebbe quale conseguenza la sottrazione al regime previsto per l'impresa in stato di concordato preventivo con continuità aziendale che intenda partecipare alle procedure di gara per l'affidamento di commesse pubbliche dal codice ( contra Cons. Stato, sez. V, 29 maggio 2018, n. 3225).

A sostegno di tale tesi il Collegio adduce in primis che l'art. 181 della legge fallimentare, al primo periodo, stabilisce che «La procedura di concordato preventivo si chiude con il decreto di omologazione ai sensi dell'art. 180»mentre nulla è detto circa la situazione dell'impresa nel periodo temporale successivo all'omologazione del concordato. In secondo luogo, osserva il Collegio, l'art. 80, comma 5, lett. b) codice dei contratti pubblici distingue tra operatore economico che “si trovi in stato” di concordato preventivo, e operatore che abbia “in corso un procedimento per la dichiarazione” di tale situazione e poiché per espressa indicazione dell'art. 181 citato, il procedimento si chiude con l'omologazione del concordato, l'operatore “in stato di concordato preventivo” non potrà che essere quell'operatore già ammesso al concordato, con conseguente sua sottoposizione alle norme che disciplinano le cause di esclusione degli operatori in procedura concorsuale.

Ciò posto, è così riconosciuto che, avvenuta l'omologazione del concordato, l'operatore economico non riacquista la piena capacità di agire, che avrebbe quale inevitabile conseguenza la facoltà di presentare liberamente domanda di partecipazione alle procedure di gara, ma svuoterebbe di significato la disposizione contenuta nell'art. 110, comma 3, citato, cui, invece, lo stesso articolo 80, comma 5, lett. b), c.c.p. rimanda per definire le condizioni di partecipazione alle procedure di gara.

Dalle considerazioni di cui sopra discende la rilevanza della questione, atteso che il giudizio non potrebbe essere definito se non facendo applicazione dell'art. 186-bis della legge fallimentare, con conseguente esclusione dell'impresa mandataria in concordato di continuità;

Ciò posto, il Consiglio, rilevando un possibile il contrasto con gli artt. 3, 41 e 97 Cost., solleva la questione di legittimità costituzionale dell'art. 186-bis,comma 6, della Legge Fallimentare, davanti alla Corte Costituzionale.

In ordine al canone della ragionevolezza ed uguaglianza ai sensi dell'art. 3 Cost,. il Collegio osserva che per talune imprese l'affidamento di commesse pubbliche è fonte primaria di ricavi da (re)investire nell'attività imprenditoriale per superare lo stato di crisi; il legislatore consente all'impresa in concordato con continuità la partecipazione alle procedure di gara con adeguate cautele, incentrate sulla prognosi circa le capacità (all'atto in cui interviene la richiesta) di dar attuazione all'impegno da assumere (o assunto) nei confronti della stazione appaltante.

L'impresa può partecipare alla procedura di gara con l'autorizzazione del Tribunale, su parere del commissario giudiziale, se nominato, qualora la richiesta di partecipazione intervenga successivamente al deposito del ricorso ovvero, nel caso in cui sia già stata disposta l'ammissione al concordato, con l'autorizzazione del giudice delegato), o con la relazione di un professionista attestante la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto e con la dichiarazione di altro operatore che si impegni a mettere a disposizione le risorse necessaria all'esecuzione dell'appalto per il caso di fallimento o di incapacità sopravvenuta all'esecuzione.

A parere del giudice amministrativo non si giustifica la diversa disciplina per l'operatore economico che partecipi in forma aggregata del RTI, assumendo il ruolo di mandataria: anche per questa impresa i ricavi derivanti dall'esecuzione della parte di commessa pubblica possono consentire il superamento di una situazione di crisi.

Ad avviso del Collegio, non pare giustificare un diverso trattamento la posizione che la mandataria assume nei confronti della stazione appaltante ove confrontata con quella dell'impresa che contratti uti singula: il mandatario, munito di mandato collettivo speciale con rappresentanza conferito dalle altre imprese costituenti il raggruppamento, «esprime l'offerta in nome e per conto proprio e dei mandanti», ha «la rappresentanza esclusiva, anche processuale, dei mandanti nei confronti della stazione appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall'appalto, anche dopo il collaudo o atto equivalente fino alla estinzione di ogni rapporto».

In sostanza, il mandatario del raggruppamento temporaneo contratta con la stazione appaltante come un operatore economico che abbia partecipato singolarmente, con la sola differenza che gli effetti dei suoi atti si riverberano nella sfera giuridica dei mandanti.

Allo stesso modo, non pare giustificare un diverso trattamento il regime di responsabilità dei mandatari nei confronti della stazione appaltante, posto che ai sensi dell'art. 48, comma 5, prima parte del codice dei contratti pubblici: «L'offerta degli operatori economici raggruppati o dei consorziati determina la loro responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante, nonché nei confronti del subappaltatore o dei fornitore» e che, pertanto, la stazione appaltante potrà richiedere al mandatario (ma anche a ciascuno dei mandanti) l'intera prestazione oggetto del contratto (art. 1292 Cod. civ.), come pure il risarcimento del danno in caso di inadempimento, e, siccome, normalmente, si tratterà di prestazione indivisibile (art. 1316 c.c.), ove intenda richiedere l'esatto adempimento, dovrà rivolgere richiesta per intero ad una delle imprese (art. 1317 c.c.). Solo nel caso in cui le mandanti abbiano assunto l'impegno all'esecuzione di lavori scorporabili ovvero prestazioni secondarie (in caso di servizi e forniture), il mandatario è responsabile solidalmente con il mandante la cui responsabilità è limitata all'esecuzione delle prestazioni di rispettiva competenza (seconda parte dell'art. 48, comma 5, citato).

Il regime di responsabilità del mandatario (come pure dei mandanti) - osserva il Collegio- è, dunque, identico a quello dell'impresa che abbia stipulato il contratto singolarmente e consiste nell'obbligo all'esecuzione per intero della prestazione in contratto o all'integrale risarcimento del danno per inadempimento.

In ordine alla possibile violazione dell'art. 41 Cost., il divieto contenuto nell'art. 186 – bis, comma 6, legge fallimentare- a parere del Collegio - potrebbe costituire una limitazione alla autonomia privata dell'imprenditore che non può assumere la rappresentanza delle imprese mandanti e, in ultima analisi, non può rendersi parte di un contratto di appalto con un soggetto pubblico. Per questo, osserva il Consiglio, l'imprenditore è limitato nel libero spiegarsi della sua capacità contrattuale.

La ragione, spiega il Consiglio, è individuata nell'intento di tutelare i creditori da scelte non ponderate dell'impresa, in grado di aggravare lo stato di crisi esistente, e risponde all'utilità sociale di evitare la completa dispersione del patrimonio dell'imprenditore con conseguente impossibilità di soddisfazione dei creditori; tuttavia, l'impresa che è ammessa a concordato preventivo con continuità aziendale è impresa che, pur in stato di crisi, è in grado di continuare ad operare sul mercato proponendo beni e servizi, ed anzi, mediante la continuazione dell'attività, potenzialmente di rientrare dalla situazione di difficoltà medio tempore vissuta.

Risponde, allora, all'utilità sociale non già limitarne la sua libertà contrattuale, ma anzi favorirla al massimo per l'acquisizione di clientela di sicura solvibilità, e, così giovarsi di denaro da reimpiegare nell'attività di impresa. Per queste considerazioni, la limitazione all'autonomia privata finisce coll'essere ingiustificata e in contrasto con il dettato costituzionale.

Infine, Collegio dubita della compatibilità tra il divieto posto dall'art. 186 –bis, comma 6, legge fallimentare alla partecipazione ad una procedura di gara del mandatario in concordato preventivo con continuità aziendale – che determina una ingiustificata limitazione del potere di scelta spettante in via generale alle pubbliche amministrazioni - ed il principio di buon andamento, ai sensi dell'art 97 Cost., dell'azione amministrativa.

Osservazioni

La normativa prevista dalla Legge fallimentare lascia perplessi sia sotto il profilo della ragionevolezza, sia sotto quello della restrizione della libertà di iniziativa economica e di libera concorrenza per quanto attiene la proibizione, per le imprese sottoposte al regime del concordato preventivo con continuità aziendale, a partecipare alle gare per l'aggiudicazione di commesse pubbliche rivestendo il ruolo di capogruppo mandataria.

Come anche sottolineato dal Consiglio di Stato la proibizione mal si concilia con la facoltà, riconosciuta dal Codice dei Contratti pubblici alle imprese in concordato preventivo in continuità di partecipare alle medesime gare come imprese singole.

Ancora, a sostegno di tale tesi il Consiglio prende spunto anche dagli indirizzi fatti propri dal Legislatore nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici, ove non risulta più presente un richiamo alla disciplina fallimentare, ammettendosi tout court la libera partecipazione delle imprese ammesse al concordato preventivo in continuità.

In ogni caso va osservato che, qualora le osservazioni effettuate dal Consiglio di Stato dovessero essere condivise ed accolte dalla Corte costituzionale, se da una parte si avrebbe, l'effetto di estendere ulteriormente le capacità di partecipazione dei soggetti ''in crisi'' garantendo, di conseguenza, l'ampliamento massimo della concorrenzialità, dall'altra ciò potrebbe rivelarsi fortemente rischioso, in quanto potrebbe penalizzare le imprese “sane” che si trovano in situazioni di stabilità economica. Queste ultime, infatti, non potendo disporre di forme di protezione dai creditori analoghe a quelle che accompagnano le procedure liquidatorie verrebbero penalizzate.

La Corte, nel giungere ad una corretta soluzione, dovrebbe, dunque, operare un contemperamento tra la tutela delle ragioni della stazione appaltante ad avere contraenti affidabili ed in grado di eseguire l'opera e la volontà di non frustrare i tentativi di preservazione dell'operatività aziendale delle imprese in crisi.