La “revoca” ed il recupero dei finanziamenti in caso di sopravvenuta interdittiva antimafia

15 Ottobre 2019

L'art. 11, comma 2, d.P.R. 232/1998 - che prevede che in caso di interdittiva sopravvenuta in corso di esecuzione di un appalto di lavori pubblici, per i lavori eseguiti prima della comunicazione prefettizia, trovino applicazioni le pattuizioni contrattuali, e quindi debba essere corrisposto all'appaltatore il compenso pattuito per le opere fin lì eseguite – non può essere applicato estensivamente alle sovvenzioni o alle agevolazioni.

Il caso. La vicenda trae origine dall'impugnazione della sentenza di primo grado (TAR Calabria, Reggio Calabria, n. 119/2013) con la quale era stato accolto il ricorso proposto dalla società ricorrente avverso il decreto con il quale il Ministero dello Sviluppo Economico aveva revocato il contributo in conto impianti, precedentemente concesso alla ricorrente, disponendo il recupero dell'importo complessivamente erogato.

Il Ministero impugna la pronuncia del TAR lamentando l'errore di giudizio in cui sarebbero incorsi i giudici di prime cure nell'applicare alla fattispecie sottoposta all'esame l'art. 11, comma 2, d.P.R. 232/1998, applicabile unicamente ai contratti di appalto, non già alle agevolazioni.

La soluzione del Collegio. L'art. 11 del suddetto d.P.R prevede che, in caso di interdittiva sopravvenuta in corso di esecuzione di un appalto di lavori pubblici, per i lavori eseguiti prima della comunicazione prefettizia, trovano applicazioni le pattuizioni contrattuali, e quindi deve essere corrisposto all'appaltatore il compenso pattuito per le opere fin lì eseguite.

A detta del Collegio, tuttavia, tale norma non è suscettibile d'estensione applicativa alle sovvenzioni o agevolazioni risolutivamente (ab origine) condizionate, nelle quali “il pagamento effettuato dall'istituto bancario concessionario è espressamente liquidato a titolo provvisorio, fatte salve tutte verifiche di legge”.

Per tali ragioni, inoltre, il provvedimento di “revoca” andrebbe qualificato come atto dichiarativo di sopravvenuta causa di decadenza, suscettibile di travolgere, nella sua interezza, l'erogazione agevolata.

Il divieto previsto dalla disciplina – preordinato a garantire l'ordine pubblico economico e strumentalmente anche la parità di concorrenza degli operatori nel mercato – ha carattere tassativo, sì da dover trovare applicazione sia nel caso in cui l'erogazione non sia stata ancora corrisposta, sia nell'ipotesi, come quella in esame, in cui essa sia già stata (provvisoriamente salvo verifica ex post) effettuata in favore di un'impresa sospettata di essere soggetta ad infiltrazioni criminali.

Ne discende che la revoca del finanziamento agevolato comporta, ai sensi dell'art. 11, comma 8, del decreto attuativo DM 1.2.2006, oltre la risoluzione (prevista dall' 11 attraverso la “condizione risolutiva”), la restituzione dell'importo del beneficio di cui l'impresa ha goduto fino alla data del provvedimento di revoca.

Infine, la corretta qualificazione giuridica del provvedimento impugnato quale atto dichiarativo di sopravvenuta decadenza, invece che di revoca (anche in considerazione della natura vincolante della certificazione prefettizia non impugnata dall'impressa resistente e dell'assenza di discrezionalità del Ministero, nel recepimento della nota della competente Prefettura), non consente l'applicazione dell'art. 21-quinquiesl. 241/90 e con esso dei principi che governano l'autotutela c.d. decisoria.

In conclusione. Il Collegio ha accolto l'appello.

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