Il valore probatorio delle dichiarazioni contenute nella constatazione amichevole d’incidente
18 Ottobre 2019
Massima
Nel giudizio promosso per ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza di un incidente stradale, il Giudice può desumere i fatti anche dalla circostanza che gli stessi non siano stati contestati dalle parti durante la compilazione del modulo di constatazione amichevole d'incidente. Il caso
La proprietaria di una vettura rimasta coinvolta in un sinistro stradale con un altro veicolo, assumendo la concorrente responsabilità delle rispettive conducenti nella sua causazione, agiva nei confronti della propria compagnia di assicurazione e della proprietaria il veicolo antagonista per ottenere il parziale risarcimento dei danni subiti. Sia il Giudice di Pace che il Tribunale di Trieste ne rigettavano la domanda osservando che, a fronte della pacifica circostanza della violazione dell'obbligo di dare la precedenza da parte della conducente la propria vettura, nessuna responsabilità potesse ascriversi alla conducente l'altro veicolo nella causazione dell'incidente non essendole stata neppure contestata, in sede di compilazione della constatazione amichevole, contenente la dichiarazione della stessa di essere in fase di rallentamento all'incrocio, l'eventuale elevata velocità. Avverso la sentenza del Tribunale, la danneggiata proponeva ricorso per Cassazione. La questione
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in commento, rigetta il ricorso della danneggiata e conferma la decisione del Tribunale. Per quanto è qui di interesse, la Suprema Corte, pur rilevando l'inammissibilità di entrambi i motivi di ricorso (“omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione” e “violazione e falsa applicazione di una norma di diritto”), ritiene di precisare che il Tribunale, correttamente, nell'ambito dell'attività di valutazione delle prove secondo il proprio prudente apprezzamento, abbia escluso che la velocità della vettura antagonista, al momento dell'incidente, fosse eccessiva e, pertanto, foriera di un concorso di responsabilità. In particolare, il Tribunale, ben potendo attribuire rilevanza preminente ad un elemento probatorio piuttosto che ad un altro e ben potendo, altresì, ritenere assorbente il valore di un determinato accertamento, è pervenuto alla logica ed ineccepibile conclusione che la vettura antagonista non stesse procedendo a velocità eccessiva sulla base di quanto dichiarato dalle conducenti nella constatazione amichevole di incidente. Inoltre, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, il Tribunale non ha affatto apprezzato le dichiarazioni della conducente la propria vettura in quanto “confessorie” bensì ha argomentato dal fatto che nelle sue dichiarazioni non avesse affermato che l'altra conducente viaggiava ad elevata velocità laddove quest'ultima aveva, invece, dichiarato di essere in fase di rallentamento. In pratica il Tribunale, peraltro, dopo avere condiviso la valutazione del Giudice di Pace di inattendibilità di due testi, ha desunto che la velocità tenuta dalla conducente la vettura antagonista non fosse elevata dalla circostanza che, di fronte alla dichiarazione della stessa di essere in fase di rallentamento all'incrocio, la conducente il veicolo della danneggiata non avesse contestato, nella costatazione amichevole, tale dichiarazione o, comunque, la velocità eccessiva. Alla luce di quanto precede, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione del Tribunale che aveva confermato la sentenza del Giudice di Pace. Le soluzioni giuridiche
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in commento, rigetta il ricorso della danneggiata e conferma la decisione del Tribunale. Per quanto è qui di interesse, la Suprema Corte, pur rilevando l'inammissibilità di entrambi i motivi di ricorso (“omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione” e “violazione e falsa applicazione di una norma di diritto”), ritiene di precisare che il Tribunale, correttamente, nell'ambito dell'attività di valutazione delle prove secondo il proprio prudente apprezzamento, abbia escluso che la velocità della vettura antagonista, al momento dell'incidente, fosse eccessiva e, pertanto, foriera di un concorso di responsabilità. In particolare, il Tribunale, ben potendo attribuire rilevanza preminente ad un elemento probatorio piuttosto che ad un altro e ben potendo, altresì, ritenere assorbente il valore di un determinato accertamento, è pervenuto alla logica ed ineccepibile conclusione che la vettura antagonista non stesse procedendo a velocità eccessiva sulla base di quanto dichiarato dalle conducenti nella constatazione amichevole di incidente. Inoltre, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, il Tribunale non ha affatto apprezzato le dichiarazioni della conducente la propria vettura in quanto “confessorie” bensì ha argomentato dal fatto che nelle sue dichiarazioni non avesse affermato che l'altra conducente viaggiava ad elevata velocità laddove quest'ultima aveva, invece, dichiarato di essere in fase di rallentamento. In pratica il Tribunale, peraltro, dopo avere condiviso la valutazione del Giudice di Pace di inattendibilità di due testi, ha desunto che la velocità tenuta dalla conducente la vettura antagonista non fosse elevata dalla circostanza che, di fronte alla dichiarazione della stessa di essere in fase di rallentamento all'incrocio, la conducente il veicolo della danneggiata non avesse contestato, nella costatazione amichevole, tale dichiarazione o, comunque, la velocità eccessiva. Alla luce di quanto precede, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione del Tribunale che aveva confermato la sentenza del Giudice di Pace. Osservazioni
Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, pare poter affermare che il giudice del merito possa desumere i fatti anche dalla circostanza che gli stessi non siano stati contestati dalle parti durante la compilazione del modulo di constatazione amichevole d'incidente. Ciò, in quanto, in materia di valutazione delle prove, nel nostro ordinamento, fondato sul principio del libero convincimento del giudice, non esiste una gerarchia di efficacia delle prove, nel senso che, fuori dai casi di prova legale, esse, anche se hanno carattere indiziario, sono tutte liberamente valutabili dal giudice di merito per essere poste a fondamento del suo convincimento, del quale il giudice deve dare conto con motivazione il cui unico requisito è l'immunità da vizi logici (Cass. civ., 8 maggio 2006, n. 10499; Cass. civ., 6 febbraio 2003, n. 1747; Cass. civ., 12 maggio 1999, n. 4687). Del resto, la valutazione delle risultanze istruttorie e la scelta, tra di esse, di quelle che siano idonee a sorreggere la decisione è riservata - salvo alcune specifiche ipotesi di prova legale - al giudice del merito, il quale è soggetto solo al limite legale di dover dare, delle determinazioni prese, congrua ed esatta motivazione che consenta il controllo del criterio logico seguito. Ne consegue che non può essere considerato vizio logico della motivazione la maggiore o minore rispondenza del fatto nei suoi vari aspetti, o un migliore coordinamento dei dati, o un loro più opportuno o appagante collegamento, rientranti appunto nell'ambito dell'apprezzamento a tale giudice riservato, salvo il limite del contrasto con la logica e la razionalità (Cass. civ., 2 aprile 2004, n. 6519; Cass. civ., sez. Lav., 1 settembre 2003, n. 12747; Cass. civ., 9 maggio 2003, n. 7058; Cass. civ., sez. Lav., 9 novembre 2001, n. 13910). La violazione del principio di cui all'art. 116 c.p.c. sulla valutazione delle prove è censurabile in cassazione, ai sensi dell'art. 360, n. 4, c.p.c., solo se il giudice di merito valuta una prova e in genere una risultanza probatoria non già secondo il suo prudente apprezzamento, ma sulla scorta di altri e diversi valori, oppure attribuisca ad essa un valore legale tipico che il legislatore preveda per una diversa risultanza probatoria (Cass. civ., 20 dicembre 2007, n. 26965). Orbene, nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto che nulla potesse ragionevolmente eccepirsi al Tribunale stante la logicità della conclusione cui era pervenuto all'esito del prudente apprezzamento delle dichiarazioni delle parti contenute nella constatazione amichevole di incidente che gli avevano consentito di desumere che la velocità della vettura scontratasi con quella della ricorrente non fosse elevata. Pertanto, la doglianza della ricorrente secondo cui il Tribunale non avesse adeguatamente argomentato il perché dell'esclusione della corresponsabilità della conducente il veicolo antagonista è stato dichiarato inammissibile. Da quanto precede, si potrebbe ritenere che la constatazione amichevole di incidente sottoscritta da tutte le parti coinvolte in un sinistro faccia prova della dinamica dell'incidente indicata nel modulo che la contiene, presumendosi concordata tra le parti che hanno apposto la loro sottoscrizione in calce alla medesima. In tal caso, anche le dichiarazioni delle parti, laddove non contestate in sede di compilazione della constatazione amichevole di incidente, possono costituire circostanze dalle quali il giudice può desumere elementi di prova nell'accertamento delle responsabilità. Ovviamente, è sempre possibile contestare quanto riportato nella constatazione amichevole di incidente a mezzo di prove che sostengano la diversa dinamica dei fatti, quali ad esempio le dichiarazioni di testimoni presenti al momento dell'incidente, preventivi/fatture di riparazione e fotografie dei danni. Le prove contrarie, laddove attendibili, precise e concordanti, ben potranno consentire di superare le dichiarazioni delle parti contenute nella constatazione amichevole di incidente. |