Imperizia medica nell’intervento di mutamento di sesso e lesione dell’identità sessuale
28 Ottobre 2019
Massima
In caso di fallimento dell'intervento di cambiamento del sesso provocato da imperizia medica, è risarcibile sia il pregiudizio derivante dalla lesione alla salute, che il danno provocato dalla lesione dell'identità sessuale della persona. Il caso
Dopo aver ottenuto l'autorizzazione al cambiamento di sesso da quello maschile a quello femminile, una persona si rivolge a un ospedale ligure per sottoporsi al relativo intervento. Una decina di giorni dopo l'operazione – a causa di una lacerazione del retto, con conseguente comparsa di una fistola – si manifesta la necessità di procedere a una serie di ulteriori interventi, i quali si susseguiranno nei mesi successivi, senza che gli stessi riescano a ottenere il risultato sperato. Essendo vittima dell'imperfetta ricostruzione del nuovo organo sessuale, la donna agisce in giudizio nei confronti dell'Asl, cui viene imputato il fallimento dell'intervento medico di cambiamento di sesso, nonché un'inadeguata informazione con riguardo al consenso espresso in relazione al trattamento sanitario. La questione
Qualora un intervento di cambiamento di sesso sia stato eseguito in maniera imperita, per cui all'esito del trattamento consegua un'imperfetta ricostruzione del nuovo organo sessuale, si tratta di definire quale sia il danno risarcibile, prospettandosi l'eventualità di ristorare - oltre al pregiudizio alla salute - anche il danno derivante dalla lesione dell'identità sessuale. Le soluzioni giuridiche
Il tribunale di Savona, dopo aver stabilito la responsabilità della Asl con riguardo al fallimento dell'intervento di cambiamento di sesso - in ragione dell'insorgenza di una lacerazione, che viene imputata all'imperizia del personale medico, all'esito della quale risulterà un'imperfetta ricostruzione del nuovo organo sessuale – affronta la questione del danno da risarcire. Richiamando l'orientamento delle Sezioni Unite del novembre 2008, il giudice appare orientato a liquidare il danno non patrimoniale in un'unica voce di danno, ponderata in modo da ricomprendere tutti i pregiudizi oggetto di allegazione e prova. Per quanto riguarda la lesione alla salute patita dalla donna, il tribunale sottolinea la necessità di tener conto dell'invalidità permanente riportata dalla paziente, nonché delle sofferenze emotive riscontrate a seguito della stessa. La componente biologica del pregiudizio viene liquidata applicando le tabelle del Tribunale di Milano: le quali, a parere del giudice, fanno riferimento – oltre alla menomazione dell'integrità psico-fisica – alla compromissione, valutata in termini standard, della sfera dinamico-relazionale della vittima. Viene, invece, considerata estranea alle tabelle la posta morale del danno, da porre a oggetto di separata liquidazione. Il danno biologico viene quantificato in una somma complessiva di 214.618 euro, in corrispondenza a un'invalidità permanente del 30%. Tale importo risulta dall'applicazione della tabella e dalla consistente personalizzazione applicata dal giudice: giustificata in ragione delle sofferenze fisiche patite dalla paziente, del lungo periodo di degenza ospedaliera e delle difficoltà relazionali legate all'imperfetto passaggio da un genere all'altro, tali da provocare difficoltà non comuni nelle relazioni sentimentali e in ogni situazione in cui l'intimità della persona risulta esposta. Il danno alla sfera interiore, ritenuto estraneo alla valutazione tabellare, viene liquidato in via autonoma. Considerato che l'intervento di cambiamento di sesso comporta – in ragione della sua gravosità – un notevole travaglio interiore, la persona che vi si sottopone senza ottenere il risultato sperato subisce, ad opinione del tribunale, un trauma insuperabile. Il giudice osserva, infatti, che alla base della rettificazione del sesso vi è un atteggiamento di rifiuto dei propri organi sessuali, il cui cambiamento è condizione essenziale per raggiungere uno stabile equilibrio psicofisico; ne consegue che una situazione di protratta ambiguità sessuale – provocata dall'intervento non riuscito - è tale da ostacolare l'acquisizione della propria identità sessuale. Sulla base di tali considerazioni, il tribunale riconosce sussistere una lesione che, oltre a coinvolgere il diritto alla salute, incide sul diritto all'identità sessuale, inquadrato quale “diritto della persona di scegliere la propria identità sessuale, femminile o maschile, a prescindere dal dato biologico e di essere riconosciuta ed identificata, sia nell'ambiente sociale in cui opera che nella famiglia, in modo corrispondente al sesso cui sente di appartenere”. Posto che il mancato perfezionamento del passaggio da un genere sessuale all'altro rappresenta un impedimento a vivere appieno la propria femminilità, la vittima viene a patire – secondo il giudice - una lesione dell'identità sessuale, nonché della dignità della persona, a fronte della quale sarà liquidata, in via equitativa, un'ulteriore somma pari a 150.000 euro. Viene, inoltre, ravvisato l'inadempimento degli obblighi informativi volti a ottenere il consenso all'intervento, in mancanza di prova quanto all'effettivo contenuto delle informazioni fornite alla paziente, che aveva sottoscritto un modulo del tutto generico e privo di indicazioni sulle modalità dell'intervento, sulle alternative, sul periodo di convalescenza, ecc. Alla luce dell'invasività del trattamento e delle complicanze verificatesi, viene liquidata in via equitativa la somma di 10.000 euro. Osservazioni
Il tribunale di Savona, dopo aver stabilito la responsabilità della Asl con riguardo al fallimento dell'intervento di cambiamento di sesso - in ragione dell'insorgenza di una lacerazione, che viene imputata all'imperizia del personale medico, all'esito della quale risulterà un'imperfetta ricostruzione del nuovo organo sessuale – affronta la questione del danno da risarcire. Richiamando l'orientamento delle Sezioni Unite del novembre 2008, il giudice appare orientato a liquidare il danno non patrimoniale in un'unica voce di danno, ponderata in modo da ricomprendere tutti i pregiudizi oggetto di allegazione e prova. Per quanto riguarda la lesione alla salute patita dalla donna, il tribunale sottolinea la necessità di tener conto dell'invalidità permanente riportata dalla paziente, nonché delle sofferenze emotive riscontrate a seguito della stessa. La componente biologica del pregiudizio viene liquidata applicando le tabelle del Tribunale di Milano: le quali, a parere del giudice, fanno riferimento – oltre alla menomazione dell'integrità psico-fisica – alla compromissione, valutata in termini standard, della sfera dinamico-relazionale della vittima. Viene, invece, considerata estranea alle tabelle la posta morale del danno, da porre a oggetto di separata liquidazione. Il danno biologico viene quantificato in una somma complessiva di 214.618 euro, in corrispondenza a un'invalidità permanente del 30%. Tale importo risulta dall'applicazione della tabella e dalla consistente personalizzazione applicata dal giudice: giustificata in ragione delle sofferenze fisiche patite dalla paziente, del lungo periodo di degenza ospedaliera e delle difficoltà relazionali legate all'imperfetto passaggio da un genere all'altro, tali da provocare difficoltà non comuni nelle relazioni sentimentali e in ogni situazione in cui l'intimità della persona risulta esposta. Il danno alla sfera interiore, ritenuto estraneo alla valutazione tabellare, viene liquidato in via autonoma. Considerato che l'intervento di cambiamento di sesso comporta – in ragione della sua gravosità – un notevole travaglio interiore, la persona che vi si sottopone senza ottenere il risultato sperato subisce, ad opinione del tribunale, un trauma insuperabile. Il giudice osserva, infatti, che alla base della rettificazione del sesso vi è un atteggiamento di rifiuto dei propri organi sessuali, il cui cambiamento è condizione essenziale per raggiungere uno stabile equilibrio psicofisico; ne consegue che una situazione di protratta ambiguità sessuale – provocata dall'intervento non riuscito - è tale da ostacolare l'acquisizione della propria identità sessuale. Sulla base di tali considerazioni, il tribunale riconosce sussistere una lesione che, oltre a coinvolgere il diritto alla salute, incide sul diritto all'identità sessuale, inquadrato quale “diritto della persona di scegliere la propria identità sessuale, femminile o maschile, a prescindere dal dato biologico e di essere riconosciuta ed identificata, sia nell'ambiente sociale in cui opera che nella famiglia, in modo corrispondente al sesso cui sente di appartenere”. Posto che il mancato perfezionamento del passaggio da un genere sessuale all'altro rappresenta un impedimento a vivere appieno la propria femminilità, la vittima viene a patire – secondo il giudice - una lesione dell'identità sessuale, nonché della dignità della persona, a fronte della quale sarà liquidata, in via equitativa, un'ulteriore somma pari a 150.000 euro. Viene, inoltre, ravvisato l'inadempimento degli obblighi informativi volti a ottenere il consenso all'intervento, in mancanza di prova quanto all'effettivo contenuto delle informazioni fornite alla paziente, che aveva sottoscritto un modulo del tutto generico e privo di indicazioni sulle modalità dell'intervento, sulle alternative, sul periodo di convalescenza, ecc. Alla luce dell'invasività del trattamento e delle complicanze verificatesi, viene liquidata in via equitativa la somma di 10.000 euro. |