La prescrizione dell'azione di responsabilità esercitata dal curatore

29 Ottobre 2019

L'azione di responsabilità dei creditori sociali, anche quando esercitata dal curatore del fallimento, si prescrive nel termine di cinque anni con decorrenza dal momento dell'oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell'insufficienza dell'attivo a soddisfare i debiti.
Massima

L'azione di responsabilità dei creditori sociali, anche quando esercitata dal curatore del fallimento, si prescrive nel termine di cinque anni con decorrenza dal momento dell'oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell'insufficienza dell'attivo a soddisfare i debiti.

Il caso

Il fallimento di una Società per azioni conveniva in giudizio i componenti del C.d.A. della società in bonis che si erano avvicendati nel periodo compreso tra il 1991 ed il 1993, deducendo che la società fallita avesse costituito, due anni prima il loro avvicendamento (1989), una società di diritto francese partecipata nella misura del 99,6% al fine di acquistare un terreno edificabile ed ivi costruire un insediamento turistico. Successivamente (1992) la partecipazione azionaria era stata ceduta ad una società terza ad un prezzo da pagarsi ratealmente a mezzo di effetti. Peraltro, la società poi fallita vantava nei confronti della partecipata un grosso credito e la cessionaria si era impegnata affinché fossero rilasciati a tal fine titoli a favore della cedente.

La curatela imputava agli amministratori della società in bonis di aver condotto con estrema negligenza la predetta operazione immobiliare, con costi eccessivi e cedendo, infine, quote ad una società di diritto lussemburghese non in grado di offrire garanzie riguardo al pagamento di un debito.

I convenuti eccepivano, tra l'altro, l'intervenuta prescrizione dell'azione di responsabilità esercitata dalla curatela. L'eccezione veniva respinta, a conclusione del giudizio di primo grado, dal tribunale di Treviso il quale condannava tre dei convenuti al risarcimento dei danni.

Il successivo gravame veniva respinto dalla Corte d'appello di Venezia.

La questione giuridica

Con uno dei motivi del ricorso in Cassazione successivamente proposto è stata prospettata la falsa applicazione degli articoli 2394 e 2949 del codice civile e dell'articolo 146 della legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942). I ricorrenti hanno sostenuto che la Corte d'appello di Venezia non avrebbe dato rilievo alla circostanza che il bilancio dell'anno 1993, approvato dall'assemblea dei soci l'11 ottobre di quello stesso anno, era stato regolarmente depositato e pubblicato. Pertanto, già dalla data della pubblicazione del bilancio la situazione di insufficienza patrimoniale della società sarebbe stata conoscibile dai creditori, per cui da tale termine sarebbe cominciato a decorrere il periodo prescrizionale.

La Corte di Cassazione ha risolto la questione risalendo a monte del problema: l'azione di responsabilità dei creditori sociali – hanno sostenuto i supremi giudici - si prescrive nel termine di cinque anni anche se esercitata dal curatore fallimentare ed il termine decorre dall'oggettiva percepibilità da parte dei creditori dell'insufficienza dell'attivo a soddisfare i debiti. Il termine decorre, cioè, dal momento in cui l'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti risulti da qualsiasi fatto che possa essere conosciuto. Ora, poiché la Corte d'appello di Venezia aveva sostenuto che non vi fosse prova in atti che il bilancio d'esercizio fosse stato pubblicato, la Corte di Cassazione ha escluso che potesse assumere rilievo il dato dell'incapienza patrimoniale attestato in quel documento. Di conseguenza, vista anche la mancanza di ulteriori elementi dai quali desumere la conoscibilità, per i terzi, dell'insufficienza patrimoniale per fatto attribuibile agli amministratori, ha respinto l'eccezione di prescrizione. Ed attenendo questo dato ad un tipico giudizio di merito ha escluso che potesse essere valutato dalla Corte di Cassazione. Comunque, hanno chiarito i supremi giudici, se è vero che un bilancio di esercizio che riporti una situazione patrimoniale negativa è idoneo a rendere palese lo stato di incapienza della società, è altrettanto vero che se il bilancio non è oggetto di pubblicazione ai sensi dell'articolo 2435 del codice civile, la conoscenza della situazione patrimoniale negativa rimane circoscritta agli organi sociali. In conseguenza di ciò la sua conoscibilità da parte dei terzi non può essere utilmente affermata.

Pertanto, da quanto sostenuto dalla Suprema Corte, se ne deduce che se dalle risultanze processuali relative al giudizio di merito fosse emersa la prova della effettiva pubblicazione del bilancio e questa fosse stata adeguatamente dedotta nel ricorso per cassazione, l'eccezione di prescrizione sarebbe stata giudicata positivamente.

Osservazioni

L'articolo 146 della legge fallimentare attribuisce al curatore l'esercizio delle azioni di responsabilità contro gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i direttori generali e i liquidatori. La norma, che a differenza del nuovo codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza – il quale, peraltro, ha creato una norma ad hoc, l'articolo 255 (Azioni di responsabilità) – non specifica espressamente i vari tipi di società, si riferisce alle azioni esperibili verso gli organi sociali ex articolo 2393 del codice civile nonché all'azione dei creditori sociali disciplinata dall'articolo 2394, in tema di società per azioni, sempre dal codice civile. Il successivo articolo 2394-bis chiarisce che in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria le azioni di responsabilità previste dagli articoli precedenti spettano al curatore del fallimento, al commissario liquidatore e al commissario straordinario. L'articolo 146 della legge fallimentare attribuisce poi al curatore l'azione di responsabilità contro i soci a responsabilità limitata nei casi previsti dall'articolo 2476, comma settimo, del codice civile.

Per completezza è bene precisare che il nuovo codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, come già anticipato, ha meglio specificato il ruolo del curatore in questo ambito, creando una norma specifica (articolo 255), ed indicando puntualmente le azioni a lui spettanti: l'azione sociale di responsabilità; l'azione dei creditori sociali prevista dall'articolo 2394 e dall'articolo 2476, sesto comma, del codice civile; l'azione prevista dall'articolo 2476, settimo comma, del codice civile; l'azione di cui all'articolo 2497, quarto comma, sempre del codice civile e tutte le altre azioni di responsabilità che gli sono attribuite da singole disposizioni di legge.

Orbene, tornando al tema in discussione, mentre l'azione sociale di responsabilità ex articolo 2393 del codice civile ha natura contrattuale, poiché si basa sul rapporto intercorrente tra organo gestionale e società, sicché è il convenuto a dover dimostrare di essere esente da responsabilità, l'azione dei creditori sociali ha invece natura extracontrattuale in quanto ha come presupposto l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale. In questo caso spetta al curatore l'onere della prova relativa al fatto dannoso ed al nesso di causalità tra fatto ed evento. Non va comunque taciuta l'opinione di una parte delle dottrina che considera tale azione, se non concessa direttamente ai creditori sociali, come un'azione surrogatoria connessa ad un rapporto di carattere contrattuale (Ragusa Maggiore, La responsabilità individuale degli amministratori, Milano, 1969).

La legge fallimentare, per opinione diffusa, attribuisce al curatore la possibilità di agire con una sola azione, cioè di cumulare sia l'azione di responsabilità spettante alla società che quella spettante ai creditori sociali. Si tratta di un'azione unitaria ed inscindibile (Galgano, Il fallimento delle società – Bernoni, Pajardi, Bocchiola, Gocini, Il curatore del fallimento), finalizzata al recupero di quanto sottratto al patrimonio sociale a causa della cattiva gestione degli organi sociali. Ma il curatore può, anche separatamente, formulare domande risarcitorie tanto con riferimento ai presupposti dell'azione sociale, che come detto ha natura contrattuale, quanto con riferimento ai presupposti della responsabilità verso i creditori, che ha natura extracontrattuale. Tali azioni, infatti, non perdono la loro originaria identità giuridica, rimanendo tra loro distinte sia nei presupposti di fatto che nella disciplina applicabile, essendo differenti la distribuzione dell'onere della prova, i criteri di determinazione dei danni risarcibili ed il regime di decorrenza del termine di prescrizione (Cass. Civ., Sez. I, 4 dicembre 2015, n. 24715). Non è tuttavia irrilevante stabilire quale delle due azioni il curatore intenda effettivamente far valere, attesa la diversa disciplina alla quale sono sottoposte. Infatti, con espresso riferimento ai termini prescrizionali oggetto di discussione nella sentenza in commento, l'azione sociale di responsabilità ex articolo 2393 del codice civile può essere esercitata entro cinque anni dalla cessazione dell'amministratore dalla carica e rientra nel regime della sospensione della prescrizione per rapporti tra le parti ex art. 2941 n. 7 del codice civile. Invece l'azione di responsabilità dei creditori sociali verso gli amministratori si prescrive sempre in cinque anni, ex articolo 2949 comma 2 del codice civile, ma il termine decorre dal momento in cui si è verificata l'insufficienza del patrimonio sociale (Provinciali Ragusa Maggiore, Istituzioni di diritto fallimentare) o, più precisamente, dal momento in cui questa insufficienza patrimoniale diviene oggettivamente conoscibile da tutti i creditori (Cass. Civ., 14 dicembre 2015, n. 25178).

Dalla sentenza in commento si evince che l'azione di responsabilità esercitata dalla curatela è quella disciplinata dall'articolo 2394 del codice civile, in base alla quale gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio. I supremi giudici considerano inammissibile il motivo di ricorso basato sulla presunta prescrizione dell'azione di responsabilità rifacendosi ai precedenti pressoché unanimi della Corte di Cassazione incentrati sulla conoscibilità da parte dei creditori dell'incapienza patrimoniale. Per cui diventa rilevante la “oggettiva percepibilità” da parte dei creditori dell'insufficienza dell'attivo a soddisfare i debiti – e non anche la sua effettiva conoscenza - che a sua volta, dipendendo dalla insufficienza della garanzia patrimoniale generica ex articolo 2740 del codice civile, non corrisponde allo stato di insolvenza di cui all'articolo 5 della legge fallimentare che presupporrebbe l'impossibilità di ottenere ulteriore credito (Cass. Civ., Sez. I, 12 giugno 2014, n. 13378). Il riferimento allo stato di insolvenza non è privo di significato posto che il curatore dovrebbe, in tal caso, esercitare l'azione ex articolo 2393 del codice civile (Provinciali Ragusa Maggiore, Istituzioni di Diritto Fallimentare, Padova, 1988). Altra autorevole giurisprudenza ha inoltre sostenuto che il termine prescrizionale di cinque anni decorre dal momento in cui il danno diventa oggettivamente percepibile all'esterno – dunque, aggiungiamo noi, dai terzi in generale – manifestandosi nella sfera patrimoniale della società (Cass. Civ., Sez. I, 4 dicembre 2015, n. 24715).

Alla conoscibilità da parte dei terzi in generale fa riferimento la sentenza in commento allorché sostiene espressamente che, nel caso in cui la conoscenza della situazione patrimoniale deficitaria resta circoscritta agli organi sociali, la sua conoscibilità da parte dei terzi non può essere utilmente affermata; ponendosi così in linea con l'ormai consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui è sufficiente che l'incapienza del patrimonio sociale emerga da qualunque fatto che possa essere conosciuto, non richiedendosi che emerga da un bilancio approvato dall'assemblea (Cass. Civ., Sez. I, 14 dicembre 2015, n. 25178). Tra questi fatti rientrano certamente quelli rivelatori di una situazione patrimoniale deficitaria quali, per esempio, la chiusura della sede, i bilanci fortemente passivi, l'assenza di cespiti suscettibili di espropriazione forzata (Cass. Civ. 8 aprile 2009, n. 8516); purché, ovviamente, siano fuoriusciti dalla stretta sfera sociale e siano divenuti conoscibili ai terzi. Se invece non risulta alcun fatto o elemento rivelatore dell'incapienza patrimoniale dal quale iniziare a far decorrere il termine di prescrizione, l'elemento tranchant è costituito dalla dichiarazione di fallimento ed è da tale giorno che il termine di prescrizione comincia a decorrere (Trib. Milano, 13 ottobre 1988, Trib. Roma, 5 dicembre 1986).

In conclusione, la sentenza in commento si aggiunge all'ormai consolidato filone giurisprudenziale che, in tema di azione di responsabilità dei creditori sociali nei confronti degli amministratori (articolo 2394 C.C.), fa decorrere il termine quinquennale di prescrizione dell'azione, anche se esercitata dal curatore del fallimento, dal momento in cui l'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti risulti da qualunque fatto che possa essere conosciuto e sia, quindi, oggettivamente percepibile da parte dei creditori. Ponendo così un ulteriore tassello a sostegno di un dato interpretativo a questo punto sempre meno opinabile.

Riferimenti giurisprudenziali e dottrinali

Giurisprudenza richiamata

Cass. Civ., Sez. I, 4 dicembre 2015, n. 24715; Cass. Civ., Sez. I, 14 dicembre 2015, n. 25178; Cass. Civ., Sez. I, 12 giugno 2014, n. 13378; Cass. Civ. 8 aprile 2009, n. 8516; Trib. Milano, 13 ottobre 1988, Trib. Roma, 5 dicembre 1986

Dottrina consultata

Ragusa Maggiore, La responsabilità individuale degli amministratori, Milano, 1969; Galgano, Il fallimento delle società; Bernoni, Pajardi, Bocchiola, Gocini, Il curatore del fallimento; Provinciali Ragusa Maggiore, Istituzioni di Diritto Fallimentare, Padova, 1988; Alberto Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare.