Sms e mail: piena prova in sede giudiziale
11 Novembre 2019
Massima
Lo “short message service” (“SMS”) contiene la rappresentazione di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti ed è riconducibile nell'ambito dell'articolo 2712 c.c., con la conseguenza che forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne contesti la conformità ai fatti o alle cose medesime. Tuttavia, l'eventuale disconoscimento di tale conformità non ha gli stessi effetti di quello della scrittura privata previsto dall'articolo 215 c.p.c., comma 2, poiché, mentre, nel secondo caso, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo della stessa, la scrittura non può essere utilizzata, nel primo non può escludersi che il giudice possa accertare la rispondenza all'originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. Il caso
La vicenda riguarda il pagamento di alcune spese straordinarie e in particolare della retta dell'asilo nido, in relazione alla quale una donna richiedeva il rimborso al padre del suo bambino. L'uomo si opponeva al decreto ingiuntivo con cui gli era stato imposto di contribuire a dette spese. Il tribunale in appello rigettava l'opposizione. La madre infatti aveva prodotto in giudizio alcuni SMS dai quali risultava che l'uomo aveva aderito all'iniziativa dell'iscrizione al nido e aveva acconsentito a contribuire alle spese pagando metà della retta dovuta. Secondo i giudici di appello i messaggi erano stati inviati dal convenuto e non erano stati contestati tempestivamente in quanto a provenienza e contenuto. Contro il giudizio d'Appello, il padre proponeva ricorso per cassazione sostenendo l'erroneità del riconoscimento dell'efficacia probatoria quale scrittura privata dei tre messaggi telefonici riprodotti meccanicamente, che sarebbero stati a lui attribuiti erroneamente pur essendo privi di sottoscrizione e del numero di cellulare sia del mittente che del destinatario. Con il provvedimento in esame la Corte respinge il ricorso. La questione
L'ordinanza in esame concerne una questione che è divenuta molto dibattuta in campo processuale dal momento dell'avvento dei nuovi strumenti digitali, ossia l'efficacia probatoria della e-mail e degli sms. Com'è noto l'art. 2712 c.c. stabilisce che le riproduzioni informatiche formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime. La norma si riferisce in particolar modo al documento elettronico, che mira alla rappresentazione informatica, di atti, fatti o altri dati aventi rilevanza giuridica. Il dibattito riguarda dunque la possibilità di far rientrare tra queste riproduzioni anche gli short message service, ossia i messaggi trasmessi con lo smartphone, meglio conosciuti con l'abbreviazione di SMS. Le soluzioni giuridiche
La Cassazione richiamando i suoi precedenti di legittimità afferma che lo short message service contiene la rappresentazione di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti ed è pertanto riconducibile nell'ambito dell'art. 2712 c.c., con la conseguenza che forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne contesti la conformità ai fatti o alle cose medesime (Cass. civ., sez. II, 21 febbraio 2019, n. 5141). Gli ermellini includono inoltre tra le riproduzioni informatiche di cui all'art. 2712 c.c. il messaggio di posta elettronica c.d. e-mail, seppure privo di firma, che pertanto forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime (Nello stesso senso Cass. civ., sez. VI, 14 maggio 2018, n.11606). Peraltro, si aggiunge nell'ordinanza, il disconoscimento idoneo a far perdere alle riproduzioni informatiche la qualità di prova, deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito e si deve concretizzare nell'allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra la realtà fattuale e quella riprodotta. Tale disconoscimento comunque non ha gli stessi effetti del disconoscimento relativo alla scrittura privata previsto dall'articolo 215 c.p.c., comma 2, poiché, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo della scrittura privata, la stessa non può essere utilizzata, mentre nel caso di SMS non si esclude che il giudice possa accertare la rispondenza all'originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. Nella specie il giudice di merito aveva dato rilievo al contenuto di tre SMS, relativi all'impegno del padre di accollarsi la metà delle spese dell'asilo nido. Si rilevava altresì che l'invio ed il contenuto di tali messaggi erano stati contestati dall'opponente, se non tardivamente ed inammissibilmente con la comparsa conclusionale. Il ricorrente sosteneva che ai tre messaggi telefonici riprodotti meccanicamente il Tribunale non avrebbe potuto riconoscere efficacia probatoria, quale scrittura privata, essendo privi di sottoscrizione e del numero di cellulare del soggetto che li aveva inviati e del soggetto che li aveva ricevuti. Al più, tali produzioni potevano avere efficacia meramente indiziaria in presenza di contestazione della parte contro cui erano state prodotte. La Cassazione invece, respingendo il ricorso, conclude attribuendo piena efficacia ai messaggi in questione, riconducibili nell'ambito dell'art. 2712 c.c. e conferma pertanto la condanna dell'uomo al rimborso delle spese straordinarie da lui dovute. Giova comunque sottolineare che gli Ermellini non prendono in considerazione nell'ordinanza in commento il Codice dell'Amministrazione Digitale secondo il quale il requisito fondamentale richiesto, ai fini probatori, è quello della firma elettronica per l'identificazione informatica. Osservazioni
Si evidenzia che l'oggetto della controversia riguardava le spese straordinarie. Si rileva in proposito che la più recente giurisprudenza chiarisce che, anche nel caso “di decisione di maggiore interesse", non è configurabile a carico del genitore affidatario o collocatario un obbligo di informazione e di concertazione preventiva con l'altro, in ordine alla determinazione delle spese straordinarie (Cass. civ., sez. I, 26 settembre 2011, n. 19607). Sussiste così, a carico del genitore non affidatario un obbligo di rimborso qualora non abbia tempestivamente addotto validi motivi di dissenso. Tali spese peraltro, si precisa, devono essere compatibili con i mezzi economici di cui i genitori dispongono (Cass. civ., sez. I, 26 settembre 2011, n. 19607) e corrispondere all'interesse del minore (Cass. civ. sez. VI, 30 luglio 2015, n. 16175). Pertanto, mentre le spese straordinarie concordate danno sicuramente diritto al rimborso, nel caso di mancata concertazione preventiva e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del genitore che non le ha effettuate, spetterà al giudice verificare la rispondenza delle spese all'interesse del minore (così è stato ad esempio nel caso di spese di soggiorno all'estero, corsi di lingua, cameretta nuova). L'organo giudicante dovrà in particolare valutare essenzialmente due aspetti: che le spese corrispondano all'interesse del minore in rapporto all'utilità derivante al figlio da tale spesa e che siano sostenibili in relazione alla situazione economica dei genitori (Cass. civ. sez. VI, 03 febbraio 2016 n. 2127).
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