La ristrutturazione dei debiti del consumatore nel Codice della crisi

Valentina Baroncini
13 Novembre 2019

L'Autrice analizza la disciplina della procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, come tratteggiata dal nuovo Codice della crisi d'Impresa e dell'Insolvenza, ponendo in luce, in particolare, le differenze riscontrabili rispetto al piano del consumatore di cui alla legge 27 gennaio 2012, n. 3.
Premessa

L'Autrice analizza la disciplina della procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, come tratteggiata dal nuovo Codice della crisi d'Impresa e dell'Insolvenza, ponendo in luce, in particolare, le differenze riscontrabili rispetto al piano del consumatore di cui alla Legge 27 gennaio 2012, n. 3.

Il quadro normativo

Anche la disciplina del sovraindebitamento, come noto, è stata oggetto di riscrittura ad opera della riforma organica delle procedure concorsuali attuata dal d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (cd. Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza). In particolare, in una con la disposta abrogazione della legge 27 gennaio 2012, n. 3, il d.lgs. n. 14/2019in parte qua destinato a entrare in vigore il prossimo 15 agosto 2020 -, ha ricondotto la disciplina del sovraindebitamento all'interno del CCI, e dunque nell'ambito dello stesso testo normativo disciplinante le altre (principali) procedure concorsuali previste nell'ordinamento domestico.

In particolare, la disciplina della procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, destinata a sostituire il “vecchio” piano del consumatore ex l. n. 3/2012, è racchiusa negli artt. da 67 a 73 del CCI, cui devono essere aggiunte le norme di carattere generale di cui ai precedenti artt. 65 e 66.

I presupposti di accesso alla ristrutturazione dei debiti del consumatore

Sviluppando l'analisi secondo una scansione tradizionale, è opportuno muovere dall'identificazione dei presupposti, soggettivo e oggettivo, di accesso alla procedura in esame.

Per quanto riguarda il primo di essi, il comb. disp. degli artt. 65 e 67 del CCI individua, quale soggetto ammesso alla ristrutturazione dei debiti, il consumatore.

Della qualifica di consumatore, l'art. 2, lett. e) del CCI provvede espressamente a fornire una definizione, nei termini di «persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta». La scelta del legislatore delegato, allora, è nel senso di abbandonare la nozione autonoma e speciale presente nell'art. 6 della l. n. 3/2012, a favore di quella adottata dal Codice del Consumo (d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206), una scelta, questa, che appare degna di apprezzamento. La definizione di cui alla l. n. 3/2012, infatti, ha un carattere restrittivo, identificando quale consumatore la persona fisica che ha assunto obbligazioni «esclusivamente» per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta: tale nozione, come noto, è potenzialmente idonea a escludere dalla possibilità di accesso al piano tutti i consumatori che registrino, nella propria situazione debitoria, anche passività derivanti dall'attività imprenditoriale o professionale svolta. Sull'esatta interpretazione da fornire a tale definizione è intervenuta la stessa Corte di Cassazione che, con sentenza 1869 del 1° febbraio 2016, ha chiarito come detta nozione non escluda coloro che esercitino o abbiano esercitato attività di impresa o professionale, purché al momento della presentazione del piano non residuino obbligazioni assunte nell'esercizio di dette attività: con conseguenziale esclusione della possibilità di comporre, nell'ambito del piano del consumatore, il c.d. debito promiscuo. L'adozione, in materia di sovraindebitamento, della nozione propria del Codice del Consumo pare dunque esprimere non solo una volontà di estendere l'ambito applicativo della procedura – permettendo di considerare consumatore anche chi presenti, nella propria situazione debitoria, obbligazioni non aventi carattere personale o familiare -, ma anche un mutamento di rotta, nella misura in cui si dovrebbe rendere componibile all'interno della nuova procedura anche il c.d. debito promiscuo, ossia derivante da obbligazioni aventi carattere sia personale o familiare, sia imprenditoriale o professionale. In tali casi, la possibilità di qualificare un soggetto quale consumatore – e non come imprenditore minore -, al fine della possibilità di ricorrere allo strumento ad esso riservato, dovrebbe avvenire (presumibilmente) sulla base di un criterio di prevalenza dei debiti assunti, appunto, in veste di mero consumatore.

In attuazione di una delle direttive racchiuse nella legge delega – e a scioglimento di uno dei dubbi che attualmente interessano la disciplina di cui alla l. n. 3/2012 -, l'art. 2, lett. e) del CCI, appena esaminato, prosegue ricomprendendo nella nozione di consumatore le persone fisiche che siano soci illimitatamente responsabili di s.n.c., s.a.s. e s.a.p.a., «per i debiti estranei a quelli sociali»: in altri termini, il socio illimitatamente responsabile persona fisica può essere qualificato consumatore, con conseguente possibilità di accesso alla ristrutturazione dei debiti, allo scopo di provvedere alla composizione dei propri debiti (anche c.d. promiscui, ferma sempre l'applicazione del poc'anzi illustrato principio di prevalenza) purché diversi da quelli sociali.

Un'altra novità, poi, è resa possibile da quanto previsto dall'art. 66 del CCI, anch'esso dettato in attuazione di un'espressa direttiva racchiusa nella legge delega, e dedicato alla disciplina del sovraindebitamento familiare. In virtù di tale norma, in particolare, sarà possibile, per i membri di una stessa famiglia, sia presentare un unico progetto di risoluzione del proprio dissesto (ferma la necessità che i familiari siano conviventi e il sovraindebitamento abbia un'origine comune), sia prevedere strumenti di coordinamento tra le molteplici e separate richieste di risoluzione della crisi da sovraindebitamento presentate da ciascun membro.

Passando, infine, all'analisi del presupposto oggettivo di accesso alla ristrutturazione dei debiti del consumatore, anche nell'ambito del nuovo CCI esso viene identificato nella situazione di «sovraindebitamento» in cui versa il consumatore, ma di tale presupposto la lett. c) del già menzionato art. 2 provvede a fornire una nuova nozione. In particolare, non si fa più ricorso – come avviene mediante l'attuale art. 6 della l. n. 3/2012 - a una nozione autonoma e speciale, bensì tale definizione viene individuata facendo riferimento alle tradizionali categorie dello stato di crisi o di insolvenza in cui verte il debitore assoggettabile a procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (d'ora in poi, anche «PCC»).

Il procedimento di accesso alla ristrutturazione dei debiti del consumatore

L'art. 65, comma 2, del CCI prevede che alle PCC si applichino, nei limiti della compatibilità, le norme di cui al Titolo III del Codice medesimo, destinate allora a regolamentare la fase di accesso a tali procedure e, nei modi che verranno di seguito illustrati, alla ristrutturazione dei debiti del consumatore.

La scelta, come si vedrà, non è del tutto felice, specie per gli sforzi interpretativi che, necessariamente, sono richiesti all'interprete.

In ogni caso, l'applicabilità di tali norme consentirà almeno di colmare una lacuna oggi esistente nella l. n. 3/2012 che, come noto, non offre alcun rimedio per fronteggiare il fenomeno del forum shopping: l'art. 28 del CCI, infatti, prevede che il trasferimento del centro degli interessi principali («COMI») del debitore (nel caso di specie, si tratterà fondamentalmente della residenza del consumatore, ex art. 27 del CCI) non rilevi ai fini della competenza quando sia intervenuto nell'anno antecedente al deposito della domanda di accesso a una procedura di regolazione della crisi o dell'insolvenza.

La domanda di accesso alla ristrutturazione dei debiti del consumatore è proposta con ricorso, da presentare presso il tribunale, in composizione monocratica, competente ai sensi dell'art. 27 del CCI, con la specificazione, rinvenibile nell'art. 68 del CCI, secondo cui «non è necessaria l'assistenza di un difensore». Più precisamente, le norme destinate a trovare applicazione in tale fase dovrebbero essere quelle di cui all'art. 40 del CCI, da coordinare con i successivi artt. 67, 68 e 70. Ciò dovrebbe significare che il consumatore deve presentare la domanda di ammissione a tale procedura nelle forme di cui all'art. 40, da integrare con: a) la documentazione di cui all'art. 67, comma 2 (ossia: l'elenco di tutti i creditori, con l'indicazione delle somme dovute e delle cause di prelazione; l'elenco della consistenza e della composizione del patrimonio del consumatore; l'elenco degli atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi cinque anni; le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni; l'indicazione degli stipendi, delle pensioni, dei salari e di tutte le altre entrate del debitore e del suo nucleo familiare, con l'indicazione di quanto occorre al mantenimento della sua famiglia); b) la relazione particolareggiata dell'OCC di cui all'art. 68, 2° co. (contenente l'indicazione delle cause dell'indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell'assumere le obbligazioni; l'esposizione delle ragioni dell'incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte; la valutazione sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda; l'indicazione presunta dei costi della procedura); c) il piano, redatto con l'ausilio dell'OCC, e avente contenuto libero.

A seguito del deposito della domanda, l'art. 70 del CCI richiede al tribunale di effettuare il vaglio di ammissibilità della proposta e del piano e, in caso positivo, che venga disposta con decreto: a) la loro pubblicazione sul web e la loro comunicazione entro trenta giorni, a cura dell'OCC, a tutti i creditori, i quali potranno presentare osservazioni nei venti giorni successivi; b) su istanza del debitore, la sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata che potrebbero pregiudicare la fattibilità del piano ovvero il divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del consumatore e le altre misure idonee a conservare l'integrità del patrimonio fino alla conclusione del procedimento; le misure protettive concesse, peraltro, sono revocabili su istanza dei creditori o d'ufficio, in caso di atti in frode, sentite le parti. Entro i dieci giorni successivi alla scadenza del termine per la presentazione di osservazioni da parte dei creditori, l'OCC, sentito il debitore, riferisce al giudice e propone le modifiche al piano che ritenga necessarie.

Il comma 7 dell'art. 70 disciplina poi, direttamente, il contenuto del giudizio di omologazione, senza dettare un raccordo con la fase precedente, sin qui vista; è da ritenere, peraltro, che possa operare, mutatis mutandis, la disciplina di cui all'art. 48, comma 1, del CCI, e pertanto, omesso il riferimento all'approvazione della proposta da parte dei creditori, una volta che l'OCC abbia riferito al tribunale, tale autorità provvede a fissare l'udienza in camera di consiglio per la comparizione delle parti e dell'OCC. A tale udienza, verificata l'ammissibilità giuridica e la fattibilità economica del piano e risolte le osservazioni, il tribunale omologa il piano e dichiara chiusa la procedura.

Le principali novità riscontrabili nella disciplina sostanziale della ristrutturazione dei debiti del consumatore

È tempo ora di dedicarci a un'analisi più specificamente focalizzata sulla disciplina sostanziale della ristrutturazione dei debiti del consumatore.

A tal riguardo, alcune novità apportate dal CCI possono essere riscontrate con riguardo al contenuto che può assumere il piano, predisposto dal consumatore con l'ausilio dell'OCC.

Anzitutto, l'art. 67, comma 3, del CCI, prevede che tale piano possa comprendere anche la sistemazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del TFR o della pensione. Si tratta di una previsione tramite la quale il legislatore prende espressamente posizione sulla questione, oggi assai sentita, inerente alla sorte dei ratei oggetto della cessione, in particolare aderendo a quell'orientamento secondo cui i singoli ratei maturati successivamente all'apertura della PCC non sono da considerarsi quali elementi già fuoriusciti dal patrimonio del debitore al momento della stipula del contratto di cessione, bensì quali elementi rientranti a pieno titolo nell'attivo concorsuale, dei quali, pertanto, il debitore ben potrà servirsi per elaborare il proprio piano di composizione della crisi.

Il comma 5 dell'art. 67 consente inoltre di prevedere nel piano anche il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo garantito da ipoteca iscritta sull'abitazione principale del debitore se lo stesso, alla data del deposito della domanda, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito per capitale e interessi scaduto a tale data.

Altra novità attiene al contenuto che deve presentare la relazione redatta dall'OCC che, come si è già visto, anche nell'ambito della rinnovata normativa deve essere allegata alla domanda di accesso alla procedura. Tuttavia, non è più richiesto al gestore della crisi di effettuare un giudizio sulla probabile convenienza del piano rispetto all'alternativa liquidatoria: tale modifica probabilmente si ricollega alla circostanza per cui i creditori, nella procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, non sono chiamati a esprimere un voto sulla proposta. Inoltre, nel caso in cui il consumatore abbia beneficiato di un finanziamento, si richiede all'OCC di indicare, all'interno della propria relazione, se il soggetto finanziatore abbia tenuto conto, al momento della concessione del finanziamento stesso, del merito creditizio del debitore. La previsione, probabilmente, si ricollega a quella norma che commina determinate sanzioni in capo ai creditori che abbiano colpevolmente determinato la situazione di sovraindebitamento o il suo aggravamento ovvero, per l'appunto, violato l'art. 124-bis del TUB in materia di verifica del merito creditizio del consumatore: in tali ipotesi, è previsto che il creditore non possa presentare opposizione in sede di omologa, né presentare reclamo avverso il provvedimento di omologa, né far valere cause di inammissibilità della proposta che non derivino da comportamenti dolosi del debitore.

Il successivo art. 69 del CCI prevede sanzioni e limitazioni anche a carico del consumatore. Da un lato, infatti, il legislatore cerca di limitare i ricorsi c.d. seriali alla procedura, precludendo l'accesso alla ristrutturazione dei debiti del consumatore nel caso in cui l'istante sia già stato esdebitato nei cinque anni precedenti la domanda ovvero abbia già beneficiato dell'esdebitazione per due volte; dall'altro, si puniscono determinate condotte tenute dal consumatore stesso, comminando la medesima sanzione per l'ipotesi in cui risulti che tale soggetto abbia determinato la situazione di sovraindebitamento con grave colpa, frode o malafede.

Altra novità riguarda il contenuto della valutazione richiesta al giudice in sede di giudizio di omologazione, che, come si evince dall'art. 70, comma 7 del CCI, non si estenderà più ai profili riconducibili alla c.d. “meritevolezza” del consumatore, bensì risulterà limitato alla verifica circa l'ammissibilità e la fattibilità del piano, nonché alla risoluzione delle contestazioni sollevate dai creditori, eventualmente anche in punto di convenienza della proposta.

L'omologazione è disposta con sentenza – e non più con decreto -, con la quale viene altresì dichiarata chiusa la procedura; il provvedimento è comunicato ai creditori, pubblicato entro quarantotto ore sul sito web del tribunale o del Ministero della giustizia ed è impugnabile ai sensi dell'art. 51 del CCI.

Nel caso in cui il tribunale neghi l'omologazione, provvede con decreto motivato (reclamabile ex art. 50 del CCI) dichiarando contestualmente l'inefficacia delle misure protettive accordate. In tal caso, su istanza del debitore – ovvero pure di un creditore o del pubblico ministero, in caso di riscontro di atti in frode -, verificata la sussistenza dei presupposti di legge, dichiara aperta la procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato.

Sicuramente meritevole di condivisione è, poi, la scelta di disciplinare le fasi di esecuzione e di eventuale risoluzione delle vicende patologiche che possono interessare le PCC con autonomo riguardo a ogni singola procedura, e non più mediante una normativa unica e unitaria, come nella l. n. 3/2012.

Per quanto concerne l'esecuzione del piano omologato all'esito della ristrutturazione dei debiti del consumatore, l'art. 71 del CCI affida direttamente al debitore il compimento di ogni atto necessario a darvi attuazione; l'OCC, in tale fase, è incaricato di vigilare sull'operato del debitore e di risolvere le eventuali difficoltà che abbiano a insorgere, sottoponendole al giudice laddove necessario. Ogni sei mesi, inoltre, l'OCC è tenuto a riferire al giudice per iscritto sullo stato dell'esecuzione.

Una volta terminata l'esecuzione, l'OCC, sentito il debitore, presenta al giudice il rendiconto. In caso di approvazione, il tribunale procede alla liquidazione del compenso dell'OCC e ne autorizza il pagamento. In caso di mancata approvazione del rendiconto, il tribunale indica gli atti necessari per l'esecuzione del piano e un termine per il loro compimento. Laddove tali prescrizioni non siano adempiute nel termine assegnato, il giudice procederà a revocare l'omologazione ai sensi del successivo art. 72. Peraltro, il compenso spettante all'OCC può essere escluso nell'ipotesi, appena vista, di mancata approvazione del rendiconto.

Per quanto riguarda la disciplina delle vicende patologiche che possono interessare il piano omologato, apprezzabile è la scelta del legislatore delegato di abbandonare la molteplicità di istituti utilizzati, non senza una certa confusione, nella l. n. 3/2012 – dove si fa riferimento ad annullamento, risoluzione, revoca, cessazione degli effetti dell'omologazione -, a vantaggio del ricorso alla unitaria categoria della revoca dell'omologazione. In particolare, si prevede che l'omologazione possa essere revocata, d'ufficio dal giudice o su istanza di un creditore, del pubblico ministero o di qualsiasi altro interessato, in contraddittorio con il debitore, con sentenza reclamabile ex art. 50 del CCI, quando è stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo ovvero dolosamente simulate attività inesistenti o se risultano commessi altri atti diretti a frodare le ragioni dei creditori. La domanda di revoca non può essere proposta decorsi sei mesi dall'approvazione del rendiconto (atto conclusivo della fase di esecuzione del piano), e ciò, presumibilmente, al fine di garantire alla procedura una sorta di stabilizzazione degli effetti prodotti, evitando che gli stessi possano essere caducati a distanza di tempo. Infine, anche in caso di revoca dell'omologazione può essere disposta la conversione in liquidazione controllata, su istanza del debitore ovvero, in caso di atti di frode o inadempimento, di un creditore o del pubblico ministero.

In conclusione

Riassumendo, la nuova procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore – destinata a sostituire, nell'ambito del CCI, il precedente piano del consumatore di cui alla l. n. 3/2012 -, presenta alcuni profili di novità che possono essere accolti con indubbio favore.

Anzitutto, si provvede a risolvere alcune criticità presenti nel vigore dell'appena citata l. n. 3/2012. Si sceglie, infatti, di ricorrere ad una nozione più ampia di consumatore, ciò che dovrebbe consentire l'accesso alla procedura in situazioni prima escluse dall'ambito applicativo del piano del consumatore; si risolve, almeno in parte, il dubbio interpretativo legato alla soggezione in proprio alle procedure de quibus del socio illimitatamente responsabile, ammettendolo alla ristrutturazione dei debiti laddove possa essere qualificato come consumatore; si provvede assai opportunamente a introdurre la possibilità di trattare congiuntamente le situazioni di sovraindebitamento che riguardino più membri della stessa famiglia; si introduce espressamente la possibilità di comporre all'interno del piano le obbligazioni nascenti da contratti di finanziamento con cessione del quinto; infine, si offre una disciplina più completa e organica in materia di esecuzione del piano e revoca dell'omologazione dello stesso.

D'altro canto, non appare del tutto felice la scelta di rinviare, per la regolamentazione di alcuni profili procedurali, alle norme racchiuse nel Titolo III del CCI, stante le faticose operazioni interpretative che detto rinvio, inevitabilmente, comporta; inoltre, non può tacersi delle perplessità che suscita la scelta, reiterata, di non munire una procedura di natura concorsuale di misure protettive generali e ad ampio respiro, ché, come visto, quelle disciplinate dal CCI presentano carattere circoscritto, eventuale e, comunque, non sono fruibili nella fase precedente all'ammissione alla procedura.

In ogni caso, sarà solo l'applicazione pratica a rivelarci se la disciplina riformata potrà effettivamente godere di un successo maggiore rispetto a quella di cui alla l. n. 3/2012.

Riferimenti bibliografici

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