Notificazione a mezzo PEC – Pubblici registri utilizzabili

Giuseppe Vitrani
18 Novembre 2019

La nota analizza congiuntamente la sentenza n. 24110/2019, la sentenza n. 24160/2019 e l'ordinanza di correzione dell'errore materiale n. 29749/2019.
Massima
  • Ai sensi del combinato disposto dell'art. 149-bis c.p.c. e dell'art. 16-ter del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, introdotto dall'art. 1, comma 18, n. 2 della legge di conversione 24 dicembre 2012, n. 228, l'indirizzo del destinatario al quale dev'essere trasmessa la copia informatica dell'atto, ai fini della notificazione a mezzo della posta elettronica certificata, è, per i soggetti diversi da quelli inclusi negli elenchi previsti dagli artt. 4 e 16, comma 12, del d. l. n. 179 cit. (cittadini residenti e amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165), dall'art. 16, comma 6, del dl. 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 (imprese costituite in forma societaria), e dall'art. 6-bis del d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (imprese e professionisti), quello risultante dal Registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal Ministero della giustizia, ReGindE (sentenza n. 24110/2019).
  • Per una valida notifica tramite PEC si deve estrarre l'indirizzo del destinatario solo dal Pubblico registro ReGIndE e non dal Pubblico registro INI-PEC (sentenza n. 24160/2019).
  • L'affermazione generica della inattendibilità del registro INI-PEC, quale obiter dictum apparentemente appoggiato al precedente, isolato, n. 3709 del 2019, non è suscettibile di mettere in discussione il principio enunciato dalle S.U. n. 23620/2018 (ma, nello stesso senso, già Cass. civ., n. 30139/2017), per cui «in materia di notificazioni al difensore, in seguito all'introduzione del “domicilio digitale”, previsto dall'art. 16-sexies del d.l. n. 179 del 2012, è valida la notificazione al difensore eseguita presso l'indirizzo PEC risultante dall'albo professionale di appartenenza, in quanto corrispondente a quello inserito nel Pubblico elenco di cui all'art. 6-bis del d.lgs. n. 82/2005, atteso che il difensore è obbligato, ai sensi di quest'ultima disposizione, a darne comunicazione al proprio ordine e quest'ultimo è obbligato ad inserirlo sia nei registri INI PEC sia nel ReGindE, di cui al d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, gestito dal Ministero della Giustizia» (ordinanza di correzione di errore materiale n. 29749/2019).
Il caso

I casi scrutinati dalla Corte di Cassazione traggono origine da contenziosi diversi tra loro, uno avente ad oggetto un giudizio di responsabilità di un magistrato, l'altro un giudizio di protezione internazionale ed umanitaria.

In entrambi i giudizi si è affrontato il tema della notificazione effettuata a mezzo della posta elettronica certificata, con particolare attenzione al tema dei pubblici elenchi dai quali estrarre l'indirizzo per la notificazione.

Nel caso di Cass. civ., n. 24110/2019 ci si è trovati di fronte ad una notificazione effettuata ad un indirizzo PEC (dell'Avvocatura dello Stato) non presente nel ReGindE ed utilizzato dalla difesa erariale per altre forme di comunicazioni di carattere amministrativo. Verificato ciò, si è ritenuto che la mera disponibilità da parte dell'Avvocatura dello Stato di altri indirizzi di posta elettronica certificata ad essa intestati presso ciascuna sede, e destinati ad usi diversi, non consente di declassare a mera irregolarità la trasmissione ad un indirizzo diverso da quello risultante dal ReGindE, vertendosi in realtà in ipotesi di nullità della notifica.

Nel caso di Cass. civ., n. 24160/2019 ci si è trovati di fronte ad una notificazione di un ricorso per regolamento di competenza effettuata ad un indirizzo PEC intestato al Tribunale di Firenze ipotizzando (in maniera indubbiamente errata) che il magistrato contro il quale si agiva potesse essere domiciliato presso tale indirizzo.

La questione

La questione giuridica che merita di essere approfondita verte dunque intorno ad un punto essenziale e cioè quali siano i Pubblici registri utilizzabili per la notificazione a mezzo PEC da parte degli avvocati.

In entrambe le pronunce in commento, invero, la Corte di Cassazione esprime un favor pressoché assoluto per il ReGindE e addirittura nel caso della pronuncia n. 24160/2019 giunge (nuovamente) a dichiarare la non utilizzabilità del registro INI-PEC.

Le soluzioni giuridiche

La soluzione giuridica fornita dalla Suprema Corte, di predilezione per l'utilizzo del ReGindE, è apparsa da subito errata in quanto si è giunti ad affermare un principio di diritto, la prevalenza del suddetto Pubblico registro sull'altrettanto Pubblico registro INI-PEC, che non trova alcun fondamento nella normativa vigente e che è infondato anche a livello tecnico in quanto le basi di dati utilizzate per popolare entrambi sono le stesse, ovvero gli indirizzi di posta elettronica certificata comunicati dagli Ordini professionali.

Inoltre, l'assunto si pone in radicale contrasto con la previsione dell'art. 16-ter d.l. n. 179 del 2012, che identifica entrambi i registri in questione come validi ai fini della notificazione a mezzo PEC

Per quanto chiaramente non facente parte della ratio decidendi, la pronuncia contenuta in Cass. civ., n. 24160/2019 è apparsa immediatamente errata e foriera di costituire un pericoloso precedente.

Più sfumata, ma ugualmente non aderente al dettato normativo, appare Cass.civ., n. 24110/2019 che identifica come utilizzabile ai fini della notificazione l'indirizzo PEC dell'Avvocatura dello Stato censito sul ReGindE e non sul Registro delle Pubbliche Amministrazioni. Anche in tal caso si tratta, in concreto, di una questione più che altro formale dal momento che l'indirizzo censito su entrambi i registri è lo stesso, però è bene osservare come anche in tal caso il registro di cui all'art. 16, comma 12, d.l. n. 179/12 sarebbe stato pienamente utilizzabile.

Osservazioni

La pronuncia più pericolosa a fini dottrinari è apparsa comunque sin da subito quella di Cass. civ., n. 24160/2019, posto che con la stessa si è enunciato un principio in radicale contrasto con l'art. 16-ter d.l. n. 179/2012.

È stato dunque più che opportuno l'intervento in correzione materiale effettuato dalla stessa Suprema Corte, oltretutto con un'ordinanza che ben esplica le ragioni dell'errore in cui si era caduti in occasione della redazione della sentenza.

Si è così chiarito che l'intenzione era solo quella di evidenziare che era stato utilizzato un indirizzo telematico non riferibile ad un magistrato, non potendosi configurare una sua domiciliazione presso un ufficio giudiziario.
In sostanza, afferma chiaramente la Suprema Corte, al di là delle espressioni utilizzate, l'intenzione era quella di affermare che l'indirizzo estratto dall'INI-PEC (peraltro, non diversamente da quello reperito sul ReGindE) non poteva essere utilizzato quale luogo virtuale di domiciliazione elettiva del magistrato in servizio presso un determinato ufficio giudiziario.

Per meglio ribadire il concetto la Corte di Cassazione ha anche chiarito che l'obiter dictum relativo alla generica affermazione di inattendibilità del cosiddetto “elenco INIPEC”, seppur all'apparenza appoggiato al precedente isolato di Cass. civ., n. 3709/2019, non è in grado di mettere in discussione il principio affermato a chiare lettere dalle Sezioni Unite della stessa Suprema Corte secondo cui è pienamente valida la notificazione effettuata presso un domicilio reperito sul Pubblico elenco di cui all'art. 6 bis del Codice dell'Amministrazione Digitale, ovvero e per l'appunto l'INI-PEC.

In modo da non lasciare adito a dubbi residui, con l'ordinanza in commento, si è affermato doversi ritenere espunta dal testo della sentenza n. 24160/2019, la seguente affermazione:

«questo a prescindere dal fatto che il ricorso è stato notificato a mezzo PEC al Minniti…..a un indirizzo di posta elettronica certificata…estratto dall'indice nazionale INI PEC elenco che, oltre a non essere riferibile alla posizione del Minniti, è stato dichiarato non attendibile da Cass. n. 3709 del giorno 8 febbraio 2019».

E si è conseguentemente affermato che il periodo in questione deve leggersi nel modo seguente:

«questo a prescindere dal fatto che il ricorso è stato notificato a mezzo PEC al Minniti…..a un indirizzo di posta elettronica certificata….estratto dall'indice nazionale degli indirizzi INIPEC, senza che essi siano riferibili alla posizione del Minniti, tenuto conto che la notifica a un magistrato non si comprende come possa essere validamente effettuata presso l'indirizzo di posta elettronica certificata della Cancelleria dell'immigrazione o presso l'ufficio del protocollo del Tribunale di appartenenza sul presupposto di una inesistente elezione di domicilio da parte del magistrato ai sensi dell'art. 141 c.p.c.».

Come noto, la Suprema Corte ha il pieno potere, per consolidato orientamento giurisprudenziale, di correggere le proprie sentenze, ove inficiate da errore materiale.

Si è recentemente ribadito che «in tema di ricorso per cassazione, in caso di mero errore materiale nella motivazione della sentenza pronunciata dalla Corte di Cassazione, ne va disposta la correzione, che dà vita ad un procedura avente natura amministrativa, non integrando essa un'impugnazione in senso tecnico, neppure nel caso in cui fosse introdotta ad istanza di parte, con la conseguenza che non si dà luogo a provvedimenti sulle spese» (Cass. SS. UU. n. 11510/2019).

Nel caso di specie, la particolarità è senza dubbio rappresentata dal fatto che l'iniziativa è stata intrapresa d'ufficio e al fine di intervenire su di una parte di motivazione che costituiva chiaramente un obiter dictum.

In tal modo la Corte di Cassazione ha dimostrato di aver preso atto dell'allarme che aveva destato la pronuncia poi corretta, unitamente alla precedente n. 3709/2019; allarme peraltro assolutamente giustificato dal momento che si era giunti ad affermare principi in radicale contrasto con il disposto normativo di cui all'art. 16-ter d.l. n. 179/2012 e che avevano destato gravi timori nel mondo dell'avvocatura.

L'iniziativa assunta dalla Corte di Cassazione va dunque salutata con estremo favore e con l'auspicio che abbia potuto sopire ogni possibile discussione circa l'attendibilità del registro INI-PEC ai fini della notificazione a mezzo posta elettronica certificata.