Negato assegno divorzile: la sola età del coniuge richiedente non esclude la possibilità di garantirsi mezzi adeguati
19 Novembre 2019
Massima
Anche in seguito alla pronuncia delle Sezioni Unite del 2018 può comunque affermarsi in astratto e in specifiche ipotesi l'esistenza del diritto all'assegno divorzile con finalità unicamente assistenziale sennonché in tale ipotesi, in assenza di prova del nesso di causalità tra stato di disoccupazione e attività resa in ambito familiare, l'impossibilità oggettiva per il coniuge richiedente di procurarsi mezzi adeguati deve essere parametrata alla possibilità di reperire attività lavorativa idonea a garantire l'autosufficienza. Il caso
Nel 1995 le parti contraevano matrimonio, dall'unione nasceva una figlia attualmente maggiorenne ed economicamente indipendente. Nel 2010 i coniugi decidevano di separarsi consensualmente e concordavano a carico del marito un assegno di mantenimento in favore della moglie. Successivamente nel 2017 il marito depositava un ricorso per la cessazione degli effetti civili del matrimonio svolgendo domanda di revoca dell'assegno di mantenimento in favore della moglie stante il peggioramento delle sue condizioni economico - patrimoniali. La moglie, costituendosi in giudizio, richiedeva il riconoscimento di un assegno divorzile, quantificandolo come l'assegno di separazione già concordato. Con l'ordinanza presidenziale veniva confermato, in via temporanea e urgente, l'assegno in favore della moglie, provvedimento poi revocato dalla Corte d'Appello, sul presupposto della precaria situazione economica del marito e della capacità lavorativa della moglie. La causa veniva istruita solo su base documentale. In sede di precisazione delle conclusioni la moglie insisteva per la domanda di assegno divorzile mentre il marito ne chiedeva il rigetto. La questione
Alla luce del peggioramento delle condizioni economiche del coniuge già tenuto al versamento dell'assegno concordato in sede di separazione, atteso lo stato di disoccupazione del beneficiario, sussiste o meno il diritto di quest'ultimo a percepire l'assegno divorzile? Le soluzioni giuridiche
La Corte di Cassazione, con la sentenza del 10 maggio 2017 n. 11504, ha chiaramente disatteso in relazione al riconoscimento dell'assegno divorzile la tradizionale interpretazione del concetto di mezzi adeguati, valutandolo nell'ottica dell'indipendenza economica del coniuge richiedente l'assegno e non più al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Tale pronuncia ha affermato che il criterio dei mezzi adeguati da valutarsi al momento della pronuncia della sentenza di divorzio deve essere parametrato non più al tenore di vita dei coniugi goduto durante il matrimonio, ma ad una situazione reddituale che garantisca l'autosufficienza economica. Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 18287/2018 prevedono una valutazione concreta ed effettiva dell'adeguatezza dei mezzi e dell'incapacità di procurarseli per ragioni oggettive, valutazione che deve avere come base l'analisi delle condizioni economiche e patrimoniali dei coniugi. Tale verifica è da collegare causalmente alla valutazione degli altri indicatori individuati dalla legge, al fine di accertare se l'eventuale rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi, all'atto dello scioglimento del vincolo sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti, in funzione dell'assunzione di un ruolo trainante endofamiliare e, in relazione alla durata del matrimonio; fattore, quest'ultimo, di cruciale importanza nella valutazione del contributo di ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune e/o del patrimonio dell'altro coniuge, oltre che delle effettive potenzialità professionali e reddituali valutabili alla conclusione della relazione matrimoniale, anche in relazione all'età del coniuge richiedente ed alla conformazione del mercato del lavoro. L'assegno divorzile deve consentire il raggiungimento non soltanto di un grado di autonomia economica tale da garantire l'autosufficienza del richiedente, secondo un parametro astratto ma, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell'età del richiedente. Il giudizio di adeguatezza ha, perciò, anche un contenuto prognostico riguardante la concreta possibilità di recuperare il pregiudizio professionale ed economico derivante dall'assunzione di un impegno diverso. Sotto questo specifico profilo – osserva il Tribunale di Novara – il fattore età del richiedente è di indubbio rilievo al fine di verificare la concreta possibilità di un adeguato ricollocamento sul mercato del lavoro. Nel caso in esame, al momento della proposizione del ricorso, il marito dichiarava di essere disoccupato e di essere ospite presso l'abitazione di una propria zia. Anche la moglie si dichiarava disoccupata, salvo lo svolgimento di saltuari lavori e sottolineava la propria difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro a causa dell'età (quarantotto anni) e la durata del matrimonio (dal 1995 al 2017) con la precisazione che l'unione affettiva era preesistente al matrimonio. In nessuno degli scritti difensivi la moglie aveva allegato la prova del nesso di causa tra il proprio stato di disoccupazione e le scelte assunte in costanza di matrimonio circa la conduzione della vita familiare. Il Tribunale di Novara, in linea con la giurisprudenza di merito, formatasi in seguito alla pronuncia delle sezioni unite del 2018, affermava che «l'assenza di detta correlazione eziologica non determina automaticamente il venir meno della finalità solidaristica perseguita dalla norma che pare legittimare il riconoscimento della prestazione patrimoniale anche in un'ottica meramente assistenziale in presenza di tutti i presupposti ivi testualmente indicate» (Trib. Torino 9 novembre 2018). La domanda della moglie veniva tuttavia respinta per l'assenza di puntuale allegazione in merito alla impossibilità oggettiva di procurarsi mezzi adeguati. Osservazioni
La sentenza in commento rappresenta un'apprezzabile analisi da parte del Tribunale, che cerca di fornire un criterio sempre più concreto per valutare la concessione dell'assegno divorzile. La sentenza richiama – e applica – il recente arresto giurisprudenziale delle Sezioni Unite (sentenza n. 18287/2018) in merito alla funzione dell'assegno divorzile e ai presupposti richiesti per la sua erogazione, soprattutto nella parte in cui si specifica che il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione di criteri (quali le condizioni dei coniugi, le ragioni della decisione, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, il reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio) di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione. Il Tribunale, pur evidenziando che in nessuno degli scritti difensivi la moglie aveva allegato la prova della correlazione tra il proprio stato di disoccupazione e le scelte assunte in costanza di matrimonio circa la conduzione della vita familiare, ha comunque affermato che l'assenza del nesso di causalità non determina automaticamente il venir meno della finalità solidaristica perseguita dalla norma che riconosce l'assegno divorzile, anche in un'ottica meramente assistenziale, in presenza delle condizioni indicate. È invece necessario, e da qui il rigetto della domanda, che chi chiede il riconoscimento dell'assegno divorzile dia la prova dell'impossibilità oggettiva di procurarsi mezzi adeguati. |