Dalle Sezioni Unite un assist al controllo giudiziario delle imprese in odor di mafia
21 Novembre 2019
Nonostante i silenzi dell'art. 34-bis d.lgs. n. 159/2011, è impugnabile in appello il provvedimento reiettivo della misura del controllo giudiziario chiesto dal titolare dell'impresa destinataria di informativa prefettizia antimafia – pur di evitare confische, sequestri e poter continuare l'attività. Così le Sezioni Unite, con sentenza n. 46898/2019, depositata il 19 novembre.
L'istituto del controllo giudiziario antimafia: una possibilità di redenzione per l'impresa in odore di infiltrazione. Come noto, nell'ottica di tutelare il libero esercizio dell'attività economica e la produzione nazionale, l'art. 34-bis d.lgs. n. 159/2011 consente alle imprese destinatarie di informativa antimafia interdittiva ai sensi dell'art. 84 del d.lgs. cit. di poter chiedere al Tribunale l'applicazione del “controllo giudiziario sulle aziende”. La misura, pur ponendo limiti operativi e fissando obblighi informativi nei confronti dell'impresa sottoposta, consente la continuazione dell'attività economica dell'impresa e ne evita la dissoluzione della capacità di generare reddito. Tuttavia, nonostante il titolare dell'impresa sottoposta a misura possa, ai sensi dell'art. cit. – commi 5 e 6 -, chiedere per la prima volta l'applicazione del controllo giudiziario o la revoca del provvedimento nei modi e secondo le forme dell'art. 127 c.p.p., nulla riferisce in caso di reiezione della domanda di controllo giudiziario proposta al fine di poter continuare ad operare nel mercato di riferimento ed evitare misure di prevenzione patrimoniale ben più invasive, quali confische e sequestri. Covando sul punto una incertezza giurisprudenziale, alle Sezioni Unite il compito di dirimere ogni dubbio sull'impugnabilità del provvedimento.
La prima e la seconda (rigettate entrambe) soluzioni. Non è testualmente prevista alcuna impugnabilità contro il provvedimento reiettivo del controllo giudiziario ex art. cit. L'art. 27 del d.lgs. n. 159/2011 cit. non ne fa menzione ed il principio di tassatività gravante sulle impugnazioni osterebbe a ipotesi analogiche ed estensive. Quando ha (successivamente) voluto, il legislatore ha introdotto specifici mezzi d'impugnazione - come nel caso dell'ipotesi di impugnabilità previste in caso di amministrazione giudiziaria dei beni ex art. 34, comma 7, d.lgs. cit. E, comunque, il relativo provvedimento di diniego del controllo giudiziario ex art. 34-bis cit. può essere rivisto dall'Autorità emittente, se mutate le condizioni fondative sostanziali per l'emissione della misura. Altra (sconfessata) ipotesi era di ritenere impugnabile il provvedimento reiettivo della misura ai soli sensi dell'art. 127 c.p.p. – per i soli vizi di violazione di legge -, giovandosi del riferimento testuale previsto in corpo all'art. 34-bis, comma 6, c.p.p. che disciplina la procedura per la (diversa ed antecedente) richiesta del controllo giudiziario da parte delle imprese destinatarie di informazione antimafia.
Invece, è proponibile (nel merito) anche appello. Va esclusa la tassatività delle ipotesi d'impugnazione dei soli provvedimenti previsti ex art. 27 d. lgs. n. 159/2011 cit. – aventi ad oggetti confische, sequestri, cauzioni – e va ammessa una interpretazione analogica su casi non testualmente contemplati (quanto meno per superare una evidente lacuna normativa). Per i Giudici non avrebbe senso – e foriero di inammissibili disparità – consentire l'appello ed il ricorso avverso il provvedimento applicativo del controllo giudiziario e nulla prevedere in caso di diniego della medesima misura se proposta dalla stessa parte privata destinataria di informativa antimafia – che ha interesse ad eludere la possibilità di vedersi applicare misure più incisive, quali confische e sequestri -. Il giudice invocato in appello, pur nulla potendo statuire in punto di interdittiva antimafia emanata dal prefetto (per limiti di giurisdizione), ben può sindacare su tutti gli altri requisiti e modalità applicative previste dall'art. 34 bis cit. In tal modo i Giudici della nomofilachia, parificano ai fini impugnatori parte pubblica a parte privata (destinataria della misura antimafia) e mostrano un evidente favore nei confronti dell'istituto del controllo giudiziario, spesso volto a consentire la continuità della produzione di reddito in contesti economicamente difficili.
Fonte: dirittoegiustizia.it |